Se la "questione" meridionale è che il Sud può trainare il Nord Centrali elettriche (anche da fonti rinnovabili), multinazionali, progettualità: lo stereotipo del Mezzogiorno arretrato viene smentito dai fatti. Un esempio per il resto del Paese di Federico Pirro
D
iciamolo con chiarezza: ci sembra che sia giunto il momento di analizzare le questioni socioeconomiche dell’Italia meridionale – per chi ne avesse il desiderio o la necessità - superando vecchi schemi, stereotipi e visioni non più rispondenti alla realtà. Lo impongono del resto gli effetti macroeconomici della guerra in Ucraina, il forte incremento dei costi energetici, le difficoltà negli approvvigionamenti di materie prime agricole e di semilavorati per l’industria, e di conseguenza la necessità di valorizzare in un momento di crescenti difficoltà per l economia nazionale le risorse naturali, produttive e tecnologiche di tutto il Paese ed in
144
particolare delle sue aree meridionali. Naturalmente con tali affermazioni non si vogliono in alcun modo nascondere le diffuse criticità tuttora esistenti nel Mezzogiorno IL SUD DISPONE DI INGENTI FONDI COMUNITARI CHE LE IMPRESE DEL NORD ED ESTERE IMPIEGANO CREANDO OCCUPAZIONE E SVILUPPO
in diversi ambiti della società politico-amministrativa, nelle business community, nel mondo della ricerca e sotto il profilo infrastrutturale, o almeno per alcune specifiche infrastrutture in determinati ambiti territoriali. Ma non si può ignorare tuttavia che il Sud
pone a disposizione dell’Italia non solo derrate agricole strategiche come grano duro, ortofrutta, olive, uva da vino, risorse ittiche - trasformate nel eridione da una fiorente industria agroalimentare ormai di standing qualitativo e dimensionale europeo - ma anche il petrolio della Basilicata e della Sicilia, energia da fonte eolica e fotovoltaica - con i primati nazionali in questi due campi della Puglia, entrambi inoltre migliorabili sulla terraferma e soprattutto off-shore con i giganteschi investimenti annunciati nei mari del Sud da big player come ad esempio la Falck Renewables. Il Mezzogiorno inoltre pone a disposizione dell’Italia 3 centrali a carbone (tornate prepotentemente alla ribalta) ed altre a gas, oltre – è appena il caso di rilevarlo – alla produzione di autoveicoli di Stellantis, aeromobili di Leonardo e delle sue Divisioni Aerostrutture ed Elicotteri, convogli ferroviari della Hitachi-Rail-STS, prodotti farmaceutici delle multinazionali erc , anofi, Pfizer, ovartis, costruzioni navali, raffinazione petrolifera di aras, Lukoil, Sonatrach, Ram ed Eni, chimica di base della Versalis, materiali per l’edilizia: produzioni che concorrono non solo a soddisfare la domanda interna, ma che alimentano anche robuste esportazioni. Non si dimentichi inoltre che in Sicilia, in Puglia e in Abruzzo approdano tre grandi metanodotti sottomarini, due elettrodotti da Grecia e Montenegro, mentre rilevanti giacimenti di gas sono stimati da anni sui fondali prospicienti la Puglia e la Basilicata: giacimenti che è necessario iniziare a sfruttare finalmente , data la situazione di allerta se non di vera e propria emergenza energetica in cui versa il Paese. Il Sud inoltre dispone di altri ingenti fondi comunitari ‘strutturali’ – che anche tante imprese del Nord ed estere vengono ad utilizzare, creando occupazione e sviluppo – e può contare su elevate quote di risparmio che potrebbe essere impiegato in loco in misura ben maggiore nel campo degli investimenti. E poi ribadiamolo con altrettanta chiarezza: