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REGIMENTAL

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La visione: i futuri possibili in un dialogo tra due sistemi

Interreg Skill Mismatch ITA SOCIALI ECOLOGICI PURI

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IMPATTI OPPORTUNITÀ

Ragionare a medio-lungo termine (15 anni) Glocal Insubria Legenda Le sfide del mismatch

Revisione dei sistemi di Welfare

Maggiore senso di solidarietà e responsabilità sociale Revisione dei parametri della qualità di vita

Riforma fiscale e possibili regole «globali» Riscoperta della prossimità, del locale e dei lavori essenziali

Ridefinizione delle forme e modalità di rappresentanza degli interessi Evidenza del ruolo chiave dell'integrazione interregionale del mdl (fisica-virtuale) Sistemi sociali ed economici capaci di apprendere

Reshoring e smart working sostenibili

ECONOMICI

Senso etico della esistenza nelle sue componenti

Forte riconfigurazione di settori economici Nuovi modelli di business (produzione- distribuzione)

Spinta dai consumi dei paesi in via di sviluppo Medio

Breve AI IOT Diffusione spontanea di TIC e comptenze collegate per digitalizzazione accelerata

«Ibridazione» umana

Lungo Rapporto etico con le TIC in Persone valorizzate ambito di R&S sulle macchine per le e di utilizzo loro competenze soft

Tecnologie specifiche

TECNOLOGICI

Sviluppo di attività formative per la creazione di tecnologie HW e SW personalizzati Sviluppo armonioso di coscienza ambientale ed economia circolare

Riduzione della mobilità fisica Investimento diretto in progetti ambientali, green

Sviluppo della ricerca grazie alla sensibilità verso l'econologia Minore inquinamento e maggiore spazio alla natura COMPORTAMENTALI

Aumento del senso critico verso modelli si sviluppo economico attuali! Diffusione di imprenditori schumpeteriani e lungimiranti

Attenzione agli altri come persone, non risorse o capitale

Nuove regole (es. SW) e revisione politiche lavoro transfrontaliere in ottica UE Ricerca di nuovi punti di riferimento, valori, e di forme di vita economico/ sociali Consapevolezza di un possibile nuovo equilibrio vita lavoro con opposizione resiliente allo stato attuale

Sburocratizzazione accelerata Acquisizione di senso di responsabilità verso gli altri e verso il futuro

Investimento pubblico «costruttivo»

Capacità di sviluppo di nuovi modelli educativi e percorsi scolastici Centralità delle competenze nei ruoli di indirizzo

POLITICI

dimento, non più legato a conoscenze monolitiche e immutabili ma alla capacità di conoscere e imparare per tutta la durata della vita adattandosi al cambiamento. In particolare, le

competenze devono mutare adattandosi al cambiamento costante dello scenario la-

vorativo, implementando tutte le soft skill necessarie per creare nelle persone un pensiero critico e trasversale, ibridando diverse forme di conoscenza non solo per quanto concerne le hard skill ma anche le abilità sociali che si possono sviluppare in ambienti informali. In ultima analisi, la sfida consiste nel cambiamento della forma mentis dell’individuo, che deve essere anche un cambio della cultura della conoscenza e delle modalità di acquisizione. Il disallineamento delle competenze è il problema capitale tra il Canton Ticino e la regione Lombardia per quanto concerne il mercato del lavoro, di conseguenza sollecitarne la consapevolezza tra le istituzioni e gli attori sociali del

LA SFIDA DELLO SKILL MISMATCH CONSISTE NEL CAMBIAMENTO DELLA CULTURA DELLA CONOSCENZA E DELLE MODALITÀ DI ACQUISIZIONE

territorio è uno snodo strategico. Tale obiettivo generale si declina in obiettivi specifici per singoli destinatari dell’azione: questo tocca direttamente il sistema educativo-formativo, il sistema economico-produttivo, il sistema economico-sociale e il sistema politico. Tra le analisi condotte nell’ambito del progetto, che ha impegnato i ricercatori per quasi un quadriennio, vi sono due grandi survey orientate sulle aziende del territorio (Skillmatch-Survey Ticino dal lato svizzero e indagine Excelsior dal lato lombardo) per conoscere le caratteristiche dei profili professionali ricercati a cui hanno fatto seguito

oltre 150 interviste ad aziende italiane e svizzere in cinque settori chiave per

l’economia del territorio (meccanico, chimico-farmaceutico, edilizio, informatico e bancario), non solo al fine di comprendere le cause del disallineamento esistente nel mercato del lavoro insubrico, ma anche per evidenziarne le conseguenze economiche

e per studiare le strategie adottate dalle aziende per farvi fronte.

Mega-trend e competenze

Diversi fattori oltre alla lingua accomunano il Canton Ticino con la vicina Lombardia, tra questi vi sono quelli che sono chiamati “mega-trend”, eventi socioeconomici di scala planetaria che investono quindi anche la regione insubrica. I mega-trend sono quindi una sfida da affrontare che si proietta verso il futuro e che necessita di un attento presidio per non diventare un problema fuori controllo con effetti distruttivi. Tra di essi vi è sicuramente l’evento della pandemia Covid19. La pandemia è stata l’occasione per evidenziare ancora di più le criticità già presenti nel mercato del lavoro e nel sistema produttivo transfrontaliero. Ma ha costituito anche il catalizzatore di alcuni processi tecnologico-organizzativi preesistenti nel sistema, che sono ora stati definitivamente riconosciuti e accettati dalle aziende che li hanno implementati, quali ad esempio lo smart working. Come ogni evento ad alto impatto esso non contiene solo criticità ma anche opportunità pronte per essere colte. Gli elementi che si sono destabilizzati per la pandemia, se guidati in una direzione positiva, possono portare numerosi benefici, come la riqualificazione di attività e il ripensamento delle strategie delle imprese, orientandole verso una maggiore sostenibilità ambientale e sociale. Inoltre, data la natura della crisi che ha colpito numerose dimensioni della vita sociale, è possibile cogliere l’opportunità della riorganizzazione aziendale per investire maggiormente nel capitale umano, con una prospettiva di lungo termine, soprattutto attraverso il rafforzamento delle competenze dei lavoratori. La maggiore criticità, nonché la maggiore opportunità, creata dalla spinta della pandemia si giocherà infatti sul versante della formazione del capitale umano. La formazione interna dei dipendenti assume ora un ruolo cruciale per consentire al sistema lavorativo di evolvere da un metodo di controllo diretto, basato sul neo-taylorismo, a un modello flessibile che garantisca autonomia e creatività come valori chiave sul posto di lavoro. Ma certamente la precondizione perché ciò possa avvenire è che il middle management sia in grado di gestire questa transizione. Come già assodato, l’avvento di nuove tecnologie nella nostra epoca ha modificato anche la domanda di lavoro, creando nuove professioni e ridefinendo le competenze di quelle già presenti. La digitalizzazione è uno dei mega-trend che in questi anni sta cambiando radicalmente il mondo del lavoro, tanto da diventare un’esigenza ineludibile per molte aziende. Le tecnologie emergenti, come quelle considerate nel programma Industria 4.0, permettono una sempre maggiore integrazione tra processi fisici e tecnologie digitali e con esse vengono a scomparire molte figure lavorative mentre ne emergono di nuove. Questo processo di creazione e distruzione dei posti di lavoro potrebbe causare nel breve-medio periodo un forte skill mismatch, dovuto alla consistente differenza tra i profili persi e quelli ricreati. La digitalizzazione, dunque, produce un incremento della richiesta di qualifiche e competenze elevate a scapito di competenze medie e basse, più facilmente sostituibili con le macchine. In questo senso, il rischio di esclusione dal mercato del lavoro viene amplificato dalla carenza di adeguate competenze digitali. Questo mega-trend, come quello precedente, rende anch’esso il ruolo della formazione sempre più importante. A dimostrazione di questo, vi sono i risultati delle analisi eseguite sui cinque settori chiave della regione insubrica. Per esempio, nel settore bancario sono richieste ora figure esperte che sappiano gestire le tecnologie digitali di cyber security. Queste figure sono ricercate anche nel settore metalmeccanico ed edilizio, in quanto l’avvento delle nuove tecnologie ha sviluppato le mansioni inerenti alla programmazione e al disegno tecnico, incrementando la richiesta di personale altamente qualificato. Il tema della sostenibilità ambientale è un altro mega-trend ormai ineludibile che impatta altamente sul tessuto produttivo della regione insubrica. Cercare di mitigare questo problema è quindi un imperativo categorico per lo stesso sistema economico, attivando processi di transizione ecologica all’interno delle aziende. Questo presuppone un cambio di paradigma culturale, economico e imprenditoriale che porterà fuori mercato imprese insostenibili

Il nuovo rapporto poiché obsolete e conservatrici e creerà un di referenziazione all’EQF: nuovo mercato per imprese e professionalità genesi, obiettivi, prospettive

Andrea Simoncini andrea.simoncini@anpal.gov.it

Il nuovo rapporto di referenziazione all’EQF: genesi, obiettivi, prospettive

Andamento della popolazione nelle fasce di età 20-24 e 60-64 nell'area insubrica Saldi naturali e migratori della popolazione nelle diverse fasce di età - Ticino 2019

145 140 135 130 125 120 115 110 105 100 95

2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022 2023 2024 2025 2026 VA-CO-LC 20-24 TI 20-24 Insubria 20-24 VA-CO-LC 60-64 TI 60-64 Insubria 60-64

ANNO INDICE 2016. FONTE: ELABORAZIONI PTSClas E SUPSI SU DATI ISTAT E USTAT DATI POPOLAZIONE

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FONTE: STATPOP, UFFICIO FEDERALE DI STATISTICA, NEUCHATEL

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innovative. Questo processo di transizione impone dei vincoli all’azione dell’impresa che dovrà anche apprendere come agire secondo utilità sociale e secondo utilità e sostenibilità ambientale. Secondo il progetto Skillmatch-Insubria l’area insubrica necessita di un’azione collettiva che rappresenti al contempo gli interessi economici e coinvolga nei sistemi di governance i portatori degli interessi delle future generazioni e della biosfera, delle parti sociali e della società civile. Sarà anche necessario che il mondo della formazione professionale e il sistema scolastico sostengano lo sviluppo

delle competenze in ambito digitale e Stem

(science, technology, engineering and mathematics), quello delle conoscenze in materia di transizione ecologica, conoscenze umanistiche, e un pensiero critico e riflessivo. Sarà, inoltre, necessaria un’azione delle Università e delle Scuole universitarie professionali verso la formazione di un management responsabile orientato alla transizione ecologica. Questa azione collettiva dovrà essere pianificata e dotata di strumenti correttivi e d'implementazione adeguati, per essere presidiata e verificata nel tempo. Come soluzione si è pensato all’introduzione di un Indice di Benessere equo e sostenibile specifico dell’area transfrontaliera con conseguente predisposizione di eventuali strumenti correttivi e aggiuntivi, per sostenere e accrescere i processi di transizione ecologica. Ultimo ma non per importanza vi è il mega-trend dell’invecchiamento della popolazione, che causa nella regione insubrica un netto declino demografico e un forte disallineamento tra domanda e offerta di lavoro. Nello specifico, i dati delle province insubriche della Lombardia confermano questa tendenza, che colloca l’Italia tra le nazioni “super-anziane”, vale a dire quelle in cui più̀ del 20% della popolazione è sopra i 65 anni. Nel Canton Ticino la popolazione residente è sempre cresciuta fino alla prima metà degli anni ´60; da allora l’incremento delle nascite si è però arrestato ma fino a oggi l’andamento della popolazione non ne ha risentito grazie al contributo delle migrazioni dall’estero. L’invecchiamento della popolazione mina

L'INVECCHIAMENTO la sostenibilità dei DELLA POPOLAZIONE MINA LA SOSTENIBILITÀ DEI SISTEMI sistemi previdenziali

PREVIDENZIALI NAZIONALI nazionali, poiché la quota di popolazione attiva si riduce e al contempo gli anziani inattivi crescono, peggiorando il rapporto di dipendenza della popolazione. Tuttavia, le conseguenze dell’invecchiamento non riguardano solo i sistemi di welfare ma anche l’assetto del mercato del lavoro, da un lato modificando l’offerta di competenze e dall’altro la domanda di lavoro, da parte delle imprese, conseguente a una accresciuta domanda di beni e servizi legati all’invecchiamento. Quanto all’offerta di lavoro, l’aumento del numero di persone che nei prossimi anni abbandonerà l’attività lavorativa per raggiunti limiti di età determinerà una carenza di forza lavoro. Già attualmente il fenomeno è particolarmente sentito in alcuni settori industriali come, per esempio, l’informatica e l’istruzione per il Ticino, la metalmeccanica, l’informatica, i servizi avanzati e le costruzioni per la Lombardia. Anche in questo caso la formazione giocherà un ruolo sempre più centrale nel contrasto agli impatti dell’invecchiamento della popolazione sul mercato del lavoro insubrico. Questa dovrà rispondere alla necessità crescente di aggiornamento e di acquisizione di nuove competenze da parte di lavoratori sempre più anziani, e dovrà consentire la riqualifica di coloro che dovranno cambiare professione. Al contempo, l’orientamento dovrà assicurare nuove leve ai settori in espansione per contrastare l’inevitabile carenza di forza lavoro specializzata.

Quale sistema educativo?

Al fine di individuare un modello di azione per affrontare il problema, il progetto SkillMatch-Insubria ha indagato i sistemi formativi italiano e del Canton Ticino, per comprendere modalità di coordinamento sul fronte dell’i-

struzione e della formazione professionale, anche su base volontaria e sperimentale, e per suggerire azioni efficaci e generali. Il confronto tra i due sistemi educativi insubrici evidenzia da un lato un approccio umanistico che permea la scuola italiana e dall’altro la centralità della formazione tecnica e professionale che caratterizza il sistema elvetico. Tuttavia, le sfide di oggi evidenziano come entrambi i sistemi si stiano in realtà interrogando sulle trasformazioni da introdurre. Per esempio, molte aziende tra quelle intervistate nel settore metalmeccanico lamentano la mancanza di operai specializzati, periti meccatronici, periti meccanici, elettronici, informatici, collaudatori e manutentori. Infatti, la richiesta da parte del mondo del lavoro riguarda persone in grado di gestire la discontinuità, apprendendo e riqualificandosi lungo l’arco della vita, dotate di alfabetizzazione digitale avanzata e in possesso di una sempre maggiore quantità di soft skill e attitudini personali. Inoltre, sono richieste conoscenze solide, costantemente aggiornate, e capacità di affrontare in modo creativo varianze e decisioni sempre diverse. Nonostante le diversità, entrambi i sistemi formativi sono segnati da contraddizioni e squilibri tra output educativi ed esigenze delle imprese, che impongono una riflessione sulla necessità di ripensare la relazione tra istruzione e lavoro. Nell’ottica di creare un percorso comune transfrontaliero che sappia riconoscere e valorizzare il capitale umano in base agli stessi parametri, è necessario far fronte alle sfide comuni, rispettando e valorizzando le differenze. Sarà necessario quindi realizzare una maggiore permeabilità dei sistemi dell’istruzione e della formazione professionale basata sulla valorizzazione della maturità personale e professionale. Quindi è richiesta la partecipazione attiva delle istituzioni formative, per favorire percorsi condivisi e il riconoscimento dei titoli di studio e dei crediti. Il coinvolgimento degli attori sociali è invece determinante per la messa in trasparenza del patrimonio di competenze delle persone da una parte del confine all’altra. Al fine del raggiungimento di questi propositi e per l’implementazione di uno stile di formazione all’avanguardia, che favorisca l’apprendimento continuo delle competenze digitali e innovative, nonché il rafforzamento delle soft skill richieste dal mercato del lavoro, è indispensabile che vi sia un terreno di dialogo comune e continuo che travalichi il confine in modo da promuovere la collaborazione tra professionisti della formazione per l’innovazione della didattica a tutti i livelli.

FEDERICO VISCONTI, ROSSELLA LOCATELLI, ELIANA MINELLI, ORNELLA LARENZA, GIOACCHINO GAROFOLI, TATIANA LURATI, ALFREDO GRASSI

Un cambiamento culturale

In conclusione, il progetto Skillmatch Insubria ha permesso uno studio approfondito e inedito del tessuto socioeconomico della regione insubrica, attraverso l’analisi degli impatti dei mega-trend e le indagini qualitative e quantitative che hanno messo in luce le criticità e i punti di forza del tessuto aziendale transfrontaliero. Inoltre, la ricerca ha portato alla luce le richieste delle aziende e i problemi legati al disallineamento del mercato del lavoro proponendo non solo degli obiettivi strategici sul medio-lungo termine ma anche adeguati strumenti per raggiungere tali obiettivi. Un fattore fondamentale per il successo di questo progetto, che è anche un esperimento che ha l’ambizione di essere trasferibile ad altre realtà transfrontaliere, sarà la volontà degli attori coinvolti di mantenere viva la collaborazione nel tempo, sia da parte delle aziende sia da parte degli enti di formazione che potranno usufruire di tali strumenti per migliorare la competitività e l’attrattività della regione. La componente cruciale in questo quadro rimane la consapevolezza che il mercato del lavoro richiede nuove competenze e nuovi ruoli a fronte di fenomeni esogeni quali innovazione tecnologica, transizione ecologica e cambiamento demografico. Figure che dovranno avere una forte componente di hard skill digitali, costruite con una solida formazione, ma che dovranno anche fare proprie le soft skill. Differenti dalle hard skill, le soft skill, non possono per loro natura essere apprese in un’aula scolastica, bensì dovranno essere sviluppate creando una nuova forma mentis nell’affrontare gli eventi della vita lavorativa: il pensiero critico, le capacità relazionali e in generale sociali, la proattività, la capacità di “apprendere ad apprendere”, la capacità di gestire il cambiamento accettando la sua onnipresenza nel corso dell’esistenza e il problem solving. Il cambiamento dei ruoli lavorativi, quindi, assume la valenza di una trasfromazione culturale che va a mutare anche la qualità della vita, con un doppio significato: rendersi competitivi sul mercato del lavoro ed essere capaci di affrontare questa fase di discontinuità nella storia umana.

Milioni di lavoratori in smart working

9

1,3 4,5 6,2

Prepandemia Lockdown Periodo successivo Futuro

LA STIMA DI 6,2 MILIONI È BASATA SUL SONDAGGIO TRA I LAVORATORI COMMISSIONATO DA CONFESERCENTI A SWG

Non è tutto oro quello smart working che luccica

Un dossier di Confesercenti stima in 6,2 milioni il numero degli smart workers nel futuro prossimo. È in corso uno spostamento di persone e attività dai centri storici alle periferie: un processo che va gestito

di Riccardo Venturi

Dagli 1,3 milioni di smart workers pre-pandemia agli attuali 4,5, fino ai 6,2 di un possibile futuro prossimo, stimati sulla base di un sondaggio condotto da Swg tra i lavoratori - 4,1 lavorerebbero totalmente da remoto e 2,1 in modalità ibrida. Non torneremo alla cifra record di 9 milioni del lockdown, ma la pandemia ha comunque portato a una forte crescita dello smart working. Un fenomeno che sta provocando importanti cambiamenti nei consumi, negli spostamenti, nella struttura stessa delle città. Da un lato crollano pubblici esercizi, ristorazione e ricettività, dall’altro cresce la vendita di prodotti alimentari e la spesa in utenze domestiche; c'è una tendenza allo spostamento verso abitazioni più spaziose in zone periferiche a scapito di quelle centrali, verso i piccoli centri dalle grandi città, e al rilancio nelle stesse aree dei negozi di prossimità. A questa trasformazione Confesercenti, che rappresenta più di 350mila Pmi del commercio, del turismo, dei servizi, dell’artigianato e dell’industria, ha dedicato un corposo dossier, “Cambia il lavoro, cambiano le città”, con il quale chiede di non subire, bensì di gestire un processo asimmetrico e quindi iniquo. «Le imprese della ricettività, i pubblici esercizi, le imprese di trasporto pubblico locale e ferroviario, nonché gli esercizi del commercio al dettaglio di abbigliamento e calzature, sono quelle che perderanno anche quote rilevanti del proprio fatturato» si legge nel dossier. «Il quadro descritto porterà alla chiusura di quasi 21mila attività e alla perdita di oltre

93mila occupati, in particolare nei pubblici esercizi (-11.840 imprese e -47.360 occupati) e nella ricettività (-9.150 imprese, -45.750 occupati)». Ma alcune di quelle imprese possono salvarsi se sapranno seguire le nuove richieste del mercato: «Per le imprese del commercio ed i pubblici esercizi c’è un improvviso cambiamento dei vantaggi localizzativi, che si spostano a favore dei quartieri periferici e dei centri urbani di minori dimensioni, penalizzando i centri storici e le aree di precedente destinazione del pendolarismo quotidiano» rimarca il dossier di Confesercenti. Secondo il sondaggio condotto da Swg tra i lavoratori, il 50% sarebbe interessato a lavorare totalmente da remoto, il 26% a una parziale presenza in azienda o ufficio, il 15% invece vorrebbe svolgere completamente l’attività nella sede aziendale - il 9% non si è pronunciato. La propensione a lavorare in smart working riguarda soprattutto i giovani: il 56,5% dei millennials direbbe infatti sì al lavoro da remoto, percentuale superiore del 25% rispetto alla media dei lavoratori. Il problema è che ci sono settori che vengono duramente colpiti dal cambiamento. A partire dalla ristorazione: la spesa per consumi finali delle famiglie in servizi di ristorazione è diminuita di 30,4 miliardi nel 2020, e dopo il recupero di 8,5 miliardi registrato lo scorso anno, a fine 2021 eravamo ancora 21,9 miliardi sotto il livello del 2019. Secondo l’analisi di Confesercenti, il bilancio tra maggiori e NEI PUBBLICI ESERCIZI E NELLA RICETTIVITÀ CHIUDERANNO 21MILA minori consumi è neATTIVITÀ E SI PERDERANNO OLTRE gativo: i 4,5 milioni 90MILA POSTI DI LAVORO di lavoratori oggi in smart working portano a una riduzione della spesa di circa 800 milioni di euro al mese, per un totale di 6,4 miliardi in meno tra gennaio e agosto di quest’anno. Se diventasse strutturale, lo smart working porterebbe le famiglie a spendere complessivamente 9,8 miliardi di euro l’anno in meno rispetto ai livelli pre-pandemia, tra riduzioni (15,5 miliar-

di) e aumenti di consumi (5,7 miliardi). A crescere sarebbe soprattutto la spesa per l’acquisto di beni alimentari (+4,3 miliardi di euro), seguita da quella per le utenze domestiche e della casa (+1,1 miliardi). A diminuire, invece, soprattutto la spesa per ricettività e ristorazione (-7,9 miliardi di euro), seguita da quella in carburanti e trasporto (-6,1 miliardi). Ma calerebbero anche i consumi in abbigliamento (-1,2 miliardi) e per la cura della persona (-300 milioni di euro). Per quanto riguarda le imprese, la riduzione di personale in presenza può portare a un sensibile risparmio, dai costi sostenuti per l’acquisto e gli affitti dei locali a quello del consumo di energia elettrica e gas, oltre alle spese di trasporto e spostamento e a tutto l’insieme dei costi indiretti. Secondo le stime di Confesercenti, uno scenario di lavoro da remoto come quello ipotizzato potrebbe generare un risparmio per il sistema imprenditoriale di circa 12,5 miliardi di euro l’anno. Ma il risultato finale sarebbe ancora una volta negativo: la riduzione di fatturato in trasporti, ricettività, turismo e abbigliamento è infatti stimata in 25 miliardi di euro, e l’aumento di fatturato nel commercio alimentare di 4,3 miliardi non impedisce che la perdita netta complessiva raggiunga gli 8,2 miliardi. La grande parte della riduzione di spesa si concentrerebbe nelle grandi città che hanno attività di terziario avanzato, sia amministrativo che di servizi alle imprese. Per questi centri si potrebbe assistere ad una ripresa del turismo vacanziero ma ad una flessione strutturale dei flussi di tipo lavorativo: sono proprio le città più densamente abitate ad avere più attività che possono essere svolte da remoto (circa il 45%), mentre nelle città a minore densità abitativa tale percentuale è di circa il 20%. Complessivamente, in un regime di smart working strutturale, considerando chi resterebbe a casa tutta la settimana e chi solo per 2-3 giorni, circa 4,9 milioni di lavoratori al giorno non si sposterebbero più da casa. Di questi 1 milione che utilizzano un mezzo di trasporto pubblico, mentre 3,9 milioni un mezzo privato, auto o moto, con una consistente riduzione dei livelli di inquinamento atmosferico. Le dinamiche segnalate dal rapporto dell’Osservatorio del mercato immobiliare nel quarto trimestre del 2021 sembrano in linea con l’ipotesi di un effetto centrifugo a favore dei centri minori. Rispetto allo stesso trimestre del 2019, si assiste infatti a una crescita delle compravendite di abitazioni maggiormente concentrata nei comuni minori (+30,9%), rispetto ai capoluoghi (+16,5%). Sulla base delle indicazioni che arrivano dall’associazione di agenti e mediatori immobiliari di Confesercenti, lo smart working ha dato il via anche ad un effetto centrifugo all’interno delle grandi città, in particolare a Roma. Il 60% degli agenti intervistati segnala la tendenza a cercare abitazioni più spaziose, che si trovano a condizioni di mercato favorevoli soprattutto fuori dai centri storici. Secondo il dossier, lo smart working strutturale potrebbe ridurre del 10% il differenziale medio dei prezzi centro-periferia: una riduzione sintesi dell’aumento dei costi in periferia e della diminuzione nei centri storici. Secondo Confesercenti, per gli esercizi a rischio di chiusura devono essere approntati strumenti per la riconversione e la rilocalizzazione. Il mutamento delle abitudini di consumo è stato infatti improvviso e il suo costo non può essere scaricato sulla sola impresa. A livello nazionale la confederazione auspica la nascita di un apposito Fondo rotativo per la riconversione degli esercizi commerciali, che finanzi progetti di investimento almeno a 5 anni a un tasso agevolato, da collegare a investimenti in nuove tecnologie e nel segno della sostenibilità ambientale. Confesercenti propone inoltre la creazione di un’agenzia per il sostegno dell’impresa di vicinato e delle imprese diffuse. Una collaborazione tra pubblico e associazioni di imprese con un obiettivo ambizioso: ridare forza ed energia alla cultura d'impresa.

3,9 MILIONI DI LAVORATORI SOLITI SPOSTARSI CON UN MEZZO PRIVATO LAVORERANNO DA CASA, CON UNA RIDUZIONE DELL'INQUINAMENTO MINORE FATTURATO PER LE IMPRESE acquisti carburante trasporti pubblici pubblici esercizi e ristorazione Ricettività Turismo d'affari e congressuale, esclusa ricett. Acquisti abbigliamento e calzature

TOTALE MINORE FATTURATO

MAGGIORE FATTURATO PER LE IMRPRESE acquisti alimentari e bevande TOTALE MAGGIORE FATTURATO Risparmi dovuti a lavoratori da remoto

BILANCIO PER LE IMPRESE CON SMART WORKING STRUTTURALE

VARIAZIONE RISPETTO AL 2019

MLD € -6,5 -1,5 -7,9 -6,5 -1,4 -1,2

-25

+4,3

+4,3

+12,5 RISULTATO NETTO -8,2

FONTE: ELABORAZIONE CONFESERCENTI

La managerialità al servizio del Paese

Di fronte alla doppia transizione, ambientale e digitale, i dirigenti italiani sono pronti a guidare il Paese fuori dalla crisi contando sull'esperienza e le capacità di innovare. Anche se stessi

di Sergio Luciano

«IL MOVIMENTO DEI MANAGER È CRESCIUTO MOLTO IN QUESTI ULTIMI ANNI NEL QUADRO DEL SISTEMA DELLA RAPPRESENTANZA IN ITALIA GRAZIE ALLA CAPACITÀ DEI MANAGER DI INVESTIRE SU SE STESSI, scommettendo sulla crescita di quelle competenze che oggi sono richieste, dai mercati, per rispondere alla doppia transizione, ambientale e digitale, tracciata anche dal Pnrr», dice Stefano Cuzzilla, presidente di Federmanager e da poco anche di Cida. «Competenze che si rivelano oggi indispensabili per gestire l’attuale fase economica e sociale, caratterizzata da crisi che impattano fortemente sull’intero sistema Paese. Dopo oltre due anni di emergenza pandemica, siamo stati colpiti anche da una destabilizzante crisi energetica, ulteriormente aggravata dal conflitto in corso in Ucraina. Nel mese di giugno il prezzo del gas ha superato i 120 euro al Megawattora e l’inflazione rilevata a maggio ha sfiorato il 7% su base annua. Ma è ancor più nei momenti difficili che si manifesta la stoffa dei manager, abituati a operare nelle complessità. Altri sistemi di rappresentanza stanno sperimentando probabilmente momenti di smarrimento ancora più intensi. Noi cerchiamo di mantenere la barra dritta, per portare il Paese fuori dalle crisi e per consolidare solidi percorsi di crescita».

E dunque, nella doppia veste di presidente sia di Federmanager che di Cida, a quale ruolo candiderà il management italiano, in questo contesto?

L’incarico di Presidente di Cida mi onora profondamente, perché la Confederazione costituisce storicamente il vertice della rappresentanza manageriale pubblica e privata in Italia. Il mio obiettivo oggi è quello di aprire per Cida una nuova stagione, che la veda protagonista di un crescente accreditamento istituzionale. Lavorerò, insieme alla grande squadra confederale, affinché Cida sia presente in tutti i tavoli istituzionali promossi per dare attuazione agli obiettivi del Pnrr. Il Piano è la grande occasione che l’Italia ha di fronte, non si può pensare di realizzarla al meglio senza l’apporto decisivo della classe

LA FORMAZIONE È ESSENZIALE manageriale, che è la PER RISPONDERE ALLA RICHIESTA DI MODERNITÀ AVANZATA DAI MERCATI E DA UN MONDO IN EVOLUZIONE spina dorsale di questo Paese. La storia lo insegna, basti pensare, ad esempio, ai grandi dirigenti che sono stati protagonisti del boom economico nel Dopoguerra. Ecco, se il Paese vuole puntare davvero a una ripresa effettiva, bisogna restituire, nel pubblico e nel privato, assoluta centralità alla figura dei manager.

Cosa intende fare come presidente Federmanager e Cida per la formazione manageriale?

La formazione manageriale è essenziale per rispondere alla richiesta di modernità avanzata dai mercati e da un mondo del lavoro in continua evoluzione. Lo sviluppo tecnologico detta l’agenda mondiale: Zuckerberg punta a connettere oltre 1 miliardo di persone nel metaverso entro la fine dell’attuale decennio. I manager devono saper tenere i ritmi imposti dal progresso e cercare di anticipare le future tendenze. In un quadro del genere, ben si comprende quindi l’importanza di concentrarsi sullo sviluppo di competenze digitali in grado di rispondere alle sfide globali. Ma la formazione, per rilanciare il Paese nella competizione internazionale, deve ripartire dalla scuola e lo dico con rinnovato senso di responsabilità da Presidente di Cida. La scuola è infatti la prima palestra in cui allenare conoscenze e competenze, per riprendere un’immagine propria della cultura classica. Oggi dobbiamo fare i conti con un tasso di analfabetismo funzionale, rilevato non solo in età scolare, davvero preoccupante. Serve una decisa inversione di rotta. Ripartiamo dalle scuole, quindi, per formare cittadini consapevoli e professionalità altamente qualificate.

STEFANO CUZZILLA

Recentemente lei ha auspicato un’Unione europea più equa. Cosa intende?

Come è sotto gli occhi di tutti, i processi decisionali all’interno dell’Ue sono estremamente laboriosi e spesso ingabbiati in estenuanti trattative tra gli Stati membri. Basta esaminare gli schieramenti formatisi in fase di definizione delle risorse del Next Generation Eu e le diverse reazioni che si registrano oggi sui temi dell’energia e della crisi bellica. Per un’Europa più equa bisogna stabilire innanzitutto una coesione effettiva, tra i diversi Stati membri e tra le aree geografiche in cui l’Ue è articolata. Si pensi al nostro Sud, a cui oggi è destinato almeno il 40% delle risorse territorializzabili dal Pnrr e dal Fondo complementare. Sulla carta ci sono grandi risorse per rilanciare il ruolo del Mezzogiorno, come “piattaforma nel Mediterraneo” capace di convogliare opportunità nuove nel campo dell’energia, dei trasporti, delle infrastrutture e di fermare l’emorragia di “talenti in fuga” dal suo territorio. L’Ue, tenendo fede al suo motto, deve

LE OCCASIONI DEL PNRR NON POSSONO ESSERE COLTE SENZA L’APPORTO DELLA CLASSE MANAGERIALE

STEFANO CUZZILLA ALLA GUIDA DI CIDA

Cida, la Confederazione sindacale alla cui presidenza è appena stato eletto Stefano Cuzzilla, rappresenta unitariamente a livello istituzionale dirigenti, quadri e alte professionalità del pubblico e del privato. Le Federazioni aderenti a Cida sono: Federmanager (industria), Manageritalia (commercio e terziario), FP-Cida (funzione pubblica), CimoFesmed (Medici Ssn), Sindirettivo Banca Centrale (Dirigenza Banca d’Italia), Fidia (Assicurazione), Fenda (Agricoltura E Ambiente), Federazione 3° Settore (Sanità non profit), Saur (Università e ricerca), Sindirettivo Consob (dirigenza Consob). Ecco la nuova governance di Cida. Presidente: Stefano Cuzzilla; vicepresidenti: Mario Mantovani (Presidente Manageritalia), Giorgio Rembado (Presidente FpCida), Guido Quici (Presidente Federazione Cimo-Fesmed). Tesoriere: Maurizio Argentieri (Sindirettivo Banca Centrale). Revisori: Nicolò Pennino (Manageritalia), Ermanno Comegna (Fenda), Marco Saltarelli (Cimo), Florio Corneli (Federmanager). Probiviri: Sabato Simonetti (FpCida), Giovanni Marianacci (Fidia), Renato Martelletti (Manageritalia), Tiziano Neviani (Federmanager). Direttore Generale: Teresa Lavanga.

essere quindi davvero “unita nella diversità” e riscoprire quella base di valori comuni e solidarietà cooperativa che ispirò i padri fondatori. Le crisi e i sovranismi hanno fortemente minato la consapevolezza identitaria dell’Unione, ma la comune reazione all’emergenza pandemica è riuscita a dare nuovo slancio allo spirito europeo.

La classe dirigente del Paese esce mortificata dagli ultimi anni di storia politica. Che contributo darà il management?

La politica negli anni ha accusato un indebolimento complessivo, perdendo spesso la capacità di parlare alle persone e di comprendere i bisogni collettivi. Parallelamente, sembra essersi smarrita quell’attitudine a guidare l’avvenire, pensando al futuro delle giovani generazioni. Per reazione, si registra quindi una disaffezione verso la politica attiva, ma anche nei confronti della partecipazione elettorale, precipitata a livelli preoccupanti. Lo dimostrano le elezioni a carattere nazionale e locale, così come i momenti di consultazione referendaria. Eppure, è proprio dalla “politica”, nell’accezione più alta, che deve partire l’individuazione “delle politiche” che proiettino l’Italia verso gli orizzonti della modernità. Mi riferisco alle politiche economiche e sociali, in breve alla direzione da dare al Paese. In questa prospettiva, è fondamentale ristabilire una piena sinergia tra decisori istituzionali e rappresentanze manageriali. Chi decide ha bisogno di essere supportato da chi ha l’esperienza e le conoscenze per incidere.

Il passaggio generazionale nelle imprese familiari italiane sta favorendo o no la loro managerializzazione?

Certamente qualcosa si sta muovendo, ma c’è ancora molto da fare. Soprattutto nell’ottica della costruzione di una nuova cultura della managerialità che superi una visione obsoleta e “familistica” della gestione aziendale. Il tessuto produttivo italiano, composto prevalentemente da Pmi, risente spesso di retaggi culturali improntati al conservatorismo della proprietà, che ostacolano, nei fatti, le possibilità di crescita delle aziende nel segno dell’inclusione, della sostenibilità e dell’innovazione. Spesso le nuove competenze richieste dai mercati non sono reperibili nel perimetro familiare, le imprese devono avere quindi il coraggio di affidarsi a manager “esterni”, da considerare non come una minaccia, ma come creatori di opportunità.

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