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APPALTI, SARÀ UNA RIFORMA... O SOLO UN RESTYLING?

Dall'e-procurement alle premialità per le imprese virtuose, le premesse sono ottime. «Ma dipenderà da come verrà declinata in concreto la delega», avverte l'avv. Anna Romano, name partner dell'omonima boutique legale

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di Marina Marinetti

Tra PA e imprese le regole del gioco sono cambiate: «C'è voluto il Covid per rivedere la normativa sugli appalti pubblici», spiega a Economy l'avv. Anna Romano, name partner dello studio Satta Romano & Associati di Roma, da oltre 40 anni punto di riferimento in tema di diritto amministrativo. Una "boutique" tecnica altamente specializzata: «Il nostro non è il classico approccio standardizzato dei grandi studi legali», sottolinea Anna Romano, «non sforniamo pareri di trenta pagine, ma cerchiamo di trovare il modo per soddisfare l'esigenza del cliente. Una visione globale è indispensabile, ma poi bisogna trovare una soluzione: questo ci rende un po' compagni di viaggio delle aziende». E da "compagni di viaggio", Anna Romano e Filippo Satta - professore emerito di diritto amministrativo che ha insegnato presso le Università di Perugia, Roma Tor Vergata e Roma La Sapienza - monitorano con attenzione la riforma dei contratti pubblici avviata con il disegno di legge delega licenziato dalla Camera nelle scorse settimane: «Un passo importante. E il fatto che la riforma degli appalti sia stata inserita dal governo in assenza di novità a livello comunitario indica una vera volontà di cambiamento», esordisce Anna Romano.

Avvocato, ci serve una lezione di diritto pubblico...

La normativa in materia di appalti è di derivazione comunitaria. Il codice attuale venne adottato nel 2016 in conseguenza delle direttive Ue del 2014. In questo caso invece il governo, per attuare gli obiettivi del Pnrr ha indicato come azione necessaria la riforma del settore degli appalti. Si tratta del riconoscimento ufficiale che l'attuale sistema non è in grado di perseguirli.

E ora? Niente sarà più come prima?

Quella appena entrata in vigore non è ancora una riforma, ma solo una legge delega: vedremo come verrà declinata in concreto. Entro marzo 2023 dovrà entrare in vigore il decreto legislativo attuativo della delega per la revisione del Codice dei contratti pubblici, a giugno 2023 tutte le leggi, regolamenti e provvedimenti attuativi (anche di diritto privato) per la revisione del sistema degli appalti pubblici e a dicembre 2023 il sistema nazionale di e-procurement.

Ovvero?

Uno dei punti critici del vecchio codice è la mancata attuazione di un sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti, che pure era stato previsto dalla normativa del 2016. Ciascuna PA - parliamo di un numero imprecisato che va da 35 a 40 mila enti o anche più - dovrebbe avere una sorta di certificazione della propria capacità di affrontare la fase di procurement e di gestire il contratto. Era un'idea già presente nel vecchio codice del 2016 ma mai attuata: ci sono state resistenze politiche perché perdere la propria capacità di spesa comporta una limitazione di potere.

In compenso abbiamo la Consip.

Il primo passo verso la professionalizzazione dell'acquisto pubblico secondo criteri tecnici. Ora però occorre creare un sistema che semplifichi la parteci- pa -

LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE SPAVENTA MA L'OBIETTIVO DI QUESTA RIFORMA È DI ATTRARRE ANCHE LE PMI

L'avv. Anna Romano è name partner dello Studio Satta Romano

zione delle imprese agli appalti pubblici e che miri ad avere operatori economici più qualificati.

Come?

Attraverso la digitalizzazione delle procedure, uno dei principi cardini del nuovo sistema: il famoso e-procurement, che va di pari passo con la semplificazione delle informazioni che gli operatori economici devono fornire per partecipare alle gare. L'idea è che Anac crei un fascicolo virtuale dell'operatore economico e lo gestisca attraverso una banca dati unica nazionale. In questo modo, nel momento in cui una PA ammette l'impresa, crea una sorta di presunzione di affidabilità e ne facilita poi la partecipazione ad altre gare. Gli elementi abilitanti saranno non solo i contratti di punta, ma anche i cosiddetti requisiti generali che riguardano capacità economica e tecnica, onorabilità e virtuosità dell'impresa.

La legalità premia, insomma.

Sì, finalmente, sebbene la legalità sotto forma di 'rating' attribuito dall'Agcm fosse già previsto nel nostro sistema degli appalti pubblici come possibile requisito premiante, ma con poco successo. Inoltre, la terza direttrice della riforma riguarda la struttura e l'impegno degli operatori economici nel partecipare alle gare. Su questo fronte il sistema italiano è sempre stato troppo rigido. Pensiamo alla normativa antimafia: ha vietato il subappalto solo perché non era possibile il controllo oggi attuabile con la digitalizzazione. Tant'è che la Corte di Giustizia europea ha più volte dichiarato illegittimo il divieto di subappalto e le limitazioni in materia di avvalimento, che consiste nella possibilità dell'operatore economico di colmare i requisiti economici, finanziari, tecnici e professionali mancanti ma necessari per partecipare ad una procedura di gara facendo ricorso alle capacità di altri business centrale gli appalti pubblici si trovano in grande difficoltà. Un errore che apparentemente potrebbe essere solo formale può diventare una violazione sostanziale, che non può essere sopperita dall'intervento della stazione appaltante perché si ritorcerebbe in danno degli altri concorrenti. Ci vuole precisione, servono competenze specifiche e occorre sempre, anche per evitare contenziosi successivi, farsi assistere da professionisti fin dall'inizio. La consulenza pre-gara, l'interpretazione delle clausole, le varie dichiarazioni, la comprova dei requisiti, sono tutti elementi tecnici che difficilmente l'impresa riesce a soddisfare al suo interno.

D'altronde, non è il loro mestiere: è il vostro.

Esattamente: l'impresa deve concentrarsi solo su come concepire l'offerta sul piano operativo ed economico. La PA spaventa, ma uno degli obiettivi di questa riforma è proprio quello di attrarre la platea delle Pmi e delle imprese innovative: la digitalizzazione e la semplificazione agevolano il rapporto tra stazione appaltante e operatori e costituiscono un antidoto alla disparità di trattamento, inoltre sia la divisione in lotti degli appalti, sia la maggior flessibilità dell'organizzazione dell'impresa, sia gli elementi di premialità incentivano le Pmi a partecipare all'appalto anche in un'ottica di crescita. E questo vorrà dire che riusciremo ad avere un mercato più forte e più sano.

soggetti. L'operatore economico dev'essere libero di organizzare la propria impresa nella materia che ritiene più funzionale.

E il tradizionale "braccino corto" della PA?

Si dovrà allungare. Peraltro, le direttive europee del 2014 già consentivano in termini generali agli Stati membri di valorizzare nell'affidamento degli appalti anche requisiti premianti sotto il profilo ambientale o di impegno sociale e di inclusione, ma noi abbiamo adottato solo il risparmio come criterio di utilizzo della spesa pubblica. Già in vista dell'adozione del Pnrr alcune norme specifiche hanno previsto criteri premianti differenti, come la sostenibilità, l'adozione del building information modeling che consente il controllo reale da parte della stazione appaltante sull'esecuzione dell'appalto, la certificazione della parità di genere, l'impegno per l'occupazione giovanile, l'adozione dei corretti Ccnl di categoria. Un sistema che privilegia la qualità del lavoro è un sistema che ammette il costo del lavoro o quantomeno limita la concorrenza degli operatori su questo fattore.

INTERPRETAZIONE DELLE CLAUSOLE,

DICHIARAZIONI E COMPROVA DEI REQUISITI RICHIEDONO IL SUPPORTO

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