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ANNAMARIA PARENTE
«Così riformeremo il sistema sanitario»
Continuità assistenziale, digitalizzazione, riassetto dei Lea e della regionalizzazione: ecco la roadmap per il Ssn per la presidente della commissione Igiene e Sanità del Senato, Annamaria Parente
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di Francesco Condoluci
Èstata eletta presidente della dodicesima commissione Igiene e Sanità del Senato proprio nel bel mezzo dell’emergenza pandemica. Luglio 2020, primo annus horribilis dell’era-Covid. Catapultata sul pianeta sanità dopo anni passati a occuparsi di lavoro, prima con la Cisl e poi nel Partito Democratico, Annamaria Parente – napoletana, oggi senatrice del gruppo di Italia Viva – si è messa di buzzo buono a lavorare sul piano legislativo sui punti critici del nostro sistema sanitario. Quelli che il Covid ha messo impietosamente a nudo con una sorta di effetto-luminol. «Superato lo stato di emergenza – dice – nessuno può pensare di ripartire da dove eravamo rimasti. Il Covid ci ha imposto una profonda riflessione, ha evidenziato tutte le lacune del nostro Ssn, portandole all’estremo. Dobbiamo intervenire subito per riformarlo».
La ripartenza ancora non si vede, infatti.
Se c’è una cosa che abbiamo imparato in questi due anni e mezzo è che la sanità è un investimento e non un costo. Governo, parlamento e Regioni devono perciò sedersi allo stesso tavolo e cominciare a lavorare per sistemarla seriamente, partendo dalla costruzione della medicina territoriale e dall’abbattimento delle diseguaglianze tra nord e sud. Il Dm 71 al quale ha lavorato il governo, è un pilastro importante ma la collaborazione istituzionale sarà fondamentale per combattere i “vizi” che hanno afflitto la sanità in tutti que-
sti anni e per individuare i fabbisogni reali del personale che sarà necessario per le case di comunità e nel sistema sanitario in generale, a partire dagli ospedali di periferia e dai pronto soccorso.
Ritiene che il Parlamento abbia fatto tutto il possibile in questo terribile biennio?
Nonostante sia il depositario del potere legislativo e svolga un'importante funzione di indirizzo e controllo a tutela dei cittadini, penso che nella gestione dell’emergenza abbia avuto un ruolo marginale. Tra decreti-legge, maxiemendamenti e fiducie di fatto è riuscito a intervenire direttamente solo su un numero limitato di atti. Adesso però, superata questa fase, deve recuperare la sua centralità e riprendere saldamente in mano l’attività legislativa. In commissione Igiene e Sanità al Senato abbiamo molti disegni di legge che riguardano lo psicologo di cure primarie, lo sport come cura della salute, i disturbi alimentari, l’infermiere di comunità, la medicina veterinaria, la prevenzione cardiologica, l’epilessia e il long Covid. Bisogna fare in modo di approvarli prima della fine della legislatura.
Il tempo è poco però. E anche le risorse: nel Pnrr la missione con la copertura finanzia-
ria più esigua è proprio la salute!
Sono stati assegnati complessivamente 18,5 miliardi, l’8,16% dell’intera dotazione. E di questi 15,6 fanno parte del Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza e 2,9 del Fondo complementare. Sì, la cifra è ancora troppo bassa per colmare le lacune del nostro Ssn che per anni è stato soggetto a tagli e a riduzione dei posti letto. Voglio ricordare però che il ministero, con un apposito decreto, ha già assegnato alle Regioni i primi 8 miliardi. Fondi destinati soprattutto alla medicina territoriale e in particolare alla realizzazione delle nuove case di comunità, che dovrebbero alleggerire il carico sugli ospedali. Ma dobbiamo lavorare sul personale, sui modelli e su investimenti veri in prevenzione, mettendo a sistema tutto ciò che già esiste sul territorio a cominciare dai medici di medicina generale, altrimenti queste strutture rischiano di rimanere delle scatole vuote. E soprattutto è fondamentale garantire la continuità assistenziale tra casa, territorio e ospedale e viceversa.
Serviranno tanti altri soldi…
Penso che sia necessario accedere al Mes sanitario per il bene della nostra salute e di quella di tutti gli altri, altrimenti non ce la faremo.
Qualche mese fa Economy, intervistando stakeholder e aziende, ha stilato un bilancio della sanità post-Covid. Le priorità richieste da esperti e addetti ai lavori sono state: più integrazione tra servizio pubblico e settore privato, più fondi per la ricerca, interoperabilità dei dati per digitalizzare il settore, investimenti sulla medicina di precisione.
Sono d’accordo. Sussidiarietà e integrazione tra pubblico e privato sono fondamentali per creare un modello di sanità che funzioni veramente. Durante l’emergenza abbiamo visto quanto è stato importante l’apporto delle strutture private accreditate. Ora dobbiamo fare in modo che possano continuare a lavorare meglio, affrontando subito il tema delle tariffe, che vanno riviste e aggiornate. Quanto alla ricerca non ci stancheremo mai di ripetere che va trattata alla stregua della difesa del nostro Paese. All’inizio della pandemia ci siamo ritrovati a combattere contro il virus a mani nude, senza vaccini e dispositivi di protezione e ora se stiamo tornando
È IMPORTANTISSIMO GARANTIRE LA CONTINUITÀ ASSISTENZIALE TRA CASA, TERRITORIO E OSPEDALE E VICEVERSA
alla normalità è solo grazie alla scienza e ai risultati raggiunti in campo farmaceutico.
Anche sulla trasformazione digitale c’è molto da lavorare. L’indice Desi colloca l’Italia al 20esimo posto nell’Eurozona per digitalizzazione…
Sì, è un altro tema cruciale. Dobbiamo far uscire il Paese e la sanità da una situazione da anni ‘50. L’accesso al dato è un pezzo della costruzione della democrazia moderna. Nel decreto “Sostegni” un emendamento a mia firma ha inserito una norma molto precisa sul fascicolo sanitario elettronico che rende obbligatorio l’inserimento di tutte le prestazioni pubbliche e private eseguite dai pazienti. Dovremo arrivare a un mondo nel quale il cittadino avrà la sua carta d’identità sanitaria e quando andrà a fare una visita non dovrà mai più preoccuparsi di ritrovare le vecchie radiografie e analisi. Penso sia giusto anche incentivare la medicina di precisione che può avvalersi dei grandi rivolgimenti scientifici del nostro tempo, dai big data, all’intelligenza artificiale. Analogamente è da sostenere la multidisciplinarità delle professioni, anche nei percorsi universitari.
Tornando alla gestione emergenziale, cosa non ha funzionato nella catena di comando Stato-Regioni?
L’attuale assetto costituzionale rischia di non garantire il diritto alla salute sancito dall’articolo 32 della Costituzione che “tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. Ci sono attualmente 21 sistemi sanitari diversi, troppo spesso un paziente viene trattato in maniera differente da una regione all’altra e penso soprattutto alle malattie rare. C’è una ‘migrazione’ sanitaria che non è più tollerabile. Attraverso i Lea poi non riusciamo a superare questa differenziazione. È un assetto che va cambiato, soprattutto a tutela dei territori e delle persone più deboli.
Il servizio sanitario ha mostrato è vero, grandi limiti rispetto alla domanda di salute ma anche esaltato sul piano umano le professionalità. È da qui che bisogna ripartire?
Non finiremo mai di ringraziare tutto il personale sanitario e sociosanitario che durante la pandemia ha affrontato una situazione tanto tragica quanto imprevista con sacrificio e coraggio. Ora però, dopo averli definiti ‘eroi’ non dobbiamo abbandonarli. L’immagine di quei volti segnati dalla stanchezza dopo interminabili ed estenuanti turni di lavoro non deve cadere nel dimenticatoio. Bisogna superare l’enorme carenza di personale e, in particolare, di medici e infermieri. È necessario elaborare un vero e proprio piano ‘industriale’ della sanità con relativi progetti di assunzioni e formativi, a partire dai percorsi universitari sia per i medici che per le professioni sanitarie e sociosanitarie. E bisogna farlo insieme agli ordini, ai sindacati, alle società scientifiche con una grande concertazione sulla sanità che metta al centro i pazienti e i professionisti.