vii. fra i selvaggi della toscana
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niva una prassi attualizzata nella coscienza del mestiere. La virtuosa mescolanza delle risorse del «paratesto» – per riprendere il concetto estensivo di Genette – innescava un registro parodistico che prendeva la forma dell’iperbole, dell’allusione compiaciuta, della dilettazione artificiosa e della satira. Quella per la regia di Maccari fu la tentazione di una commedia umana, non poco contrastata dal temperamento di Soffici, che nel frattempo, riavvicinatosi a Papini, stava invece vivendo un profondo dramma interiore. Homo rusticus Segno concreto della continuità del lavoro di Soffici, «Il Selvaggio» ospitò l’ultimo articolo della serie Roma-Napoli-Pompei, resoconto del viaggio di Soffici con il pittore Armando Spadini, pubblicato inizialmente su «Galleria». Ancora una volta, il confronto con l’arte antica suggeriva un paragone con la situazione attuale. L’arte cristiana e bizantina, pur nelle sue scorrettezze di disegno e di colore, di sproporzione delle forme, e nonostante lo smarrimento della tecnica classica, emanava per Soffici una forza di comunione, «un senso di verginità primaverile, con qualcosa di popolaresco e di appassionato». In questa voluta assenza di perfezione si poteva così ravvisare «l’elemento doloroso, tragico del cristianesimo, quello che apre ed approfondisce l’anima umana, nello stesso tempo che vi ripone i germi dell’amore e della carità fraterni, i germi dell’Humanitas». Soffici cercava, ora, di riformulare il proprio canone estetico alla luce di un ritrovato senso di religiosità. Secondo lo sperimentato modello di critica che diveniva determinazione di poetica, egli notava così che i volumi e le masse si rassodavano nella «chiarificazione aerea», nella «casta attenuazione del colorito», nella «drammatizzazione del colore», confermando, ancora una volta, quell’ampio paradigma di continuità – già storicizzato, da parte sua, nel Longhi delle lezioni romane del 191422 – che correva da Masaccio a Piero, Tiziano, Tintoretto 22 R. Longhi, Breve ma veridica storia della pittura italiana (1914), Milano, Rizzoli, 1994; Piero dei Franceschi e lo sviluppo della pittura veneziana, «L’Arte», XVII, 1914, pp. 198-222. L’impatto della monografia di Longhi su Piero della Francesca