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Lo slogan politico
Lo slogan politico
Se lo schema generale del manifesto è riconducibile a forme grafiche ampiamente percorse dai pittori futuristi, le scelte lessicali si possono rintracciare nella poesia e nella prosa di Marinetti.
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Un Primo manifesto politico futurista era stato infatti pubblicato nel 1909 in occasione delle elezioni politiche nazionali: paventando la vittoria delle forze conservatrici e clericali, si dichiarava come «unico programma politico l’orgoglio, l’energia e l’espansione nazionale». Nel successivo proclama, intitolato Uccidiamo il chiaro di luna!, il poeta traduceva i temi politici in una prosa di ricca invenzione simbolica. Dinanzi agli abitanti della città immaginaria di «Paralisi» Marinetti dichiarava la guerra come unica forma d’espressione artistica. Alla testa d’un plotone di poeti, si recava così a liberare i reclusi d’un manicomio e, insieme ad essi, raggiungeva la città di «Podagra». Qui l’orda dei folli liberava un serraglio di belve feroci e compiva un saccheggio. I metalli preziosi depredati venivano fusi in un grande «Binario militare» sospinto fino ad un’immaginifica Asia, conquistata dall’orda dei pazzi e delle belve. Da qui partiva una spedizione aerea. Nella descrizione dell’assalto si esibiva una cruda metafora sessuale: «Ecco la furibonda copula della battaglia, vulva gigantesca irritata dalla foia del coraggio, vulva informe che si squarcia per offrirsi meglio al terrifico spasimo della vittoria imminente!»6. Il conflitto diveniva così una festosa forma di agonismo erotico. L’immagine della macchina era tradotta in metafora dell’amante, mentre le armi da fuoco soggiacevano ad interpretazioni falliche. La compenetrazione del cuneo e del cerchio poi adottata nella Sintesi futurista della guerra rifletteva, con ogni evidenza, analoghe simbologie7 .
Come si è visto nel primo capitolo, Marinetti aveva abbracciato con entusiasmo la politica coloniale del governo italiano, sfociata nell’attacco libico che suggerì al poeta il manifesto Tripoli italiana. Dinanzi allo spettacolo della guerra pittori e poeti erano esortati
6 F. T. Marinetti, Uccidiamo il chiaro di luna!, Milano, Edizioni futuriste di «Poesia», 1911. 7 M. Isnenghi, Il mito della grande guerra, Bologna, Il Mulino, 1997, pp. 173183 e cfr. M. Serra, Al di là della decadenza. La rivolta dei moderni contro l’idea della fine, Bologna, Il Mulino, 1994, p. 61.
ad accantonare le creazioni artistiche: «nulla possiamo ammirare, oggi, se non le formidabili sinfonie degli shrapnels e le folli sculture che la nostra ispirata artiglieria foggia nelle masse nemiche»8 .
Naturalmente, il suo scopo era quello di infondere un tale vitalismo estetizzante nelle forme della poesia. Nel Supplemento al Manifesto tecnico della Letteratura futurista Marinetti offrì dunque un saggio di «parole in libertà» (Battaglia peso+odore) dove una sintassi integralmente nominale fu per la prima volta applicata al resoconto di una battaglia sul teatro di guerra libico.
L’argomentazione politica trovò compimento nel Programma politico futurista, diffuso l’11 ottobre 1913 in occasione delle elezioni politiche. Il manifesto rilanciava i principali snodi politici del movimento, con il solito stravagante elenco: «una più grande flotta e un più grande esercito; un popolo orgoglioso di essere italiano, per la Guerra, sola igiene del mondo […] Politica estera cinica, astuta e aggressiva – Espansionismo coloniale – Liberismo – Irredentismo – Panitalismo – Primato dell’Italia». La prolissa elencazione di slogan, opposti al programma clerico-moderato e a quello repubblicano-socialista, difettava tuttavia di un’efficiente impaginazione grafica. Cosicché, la retorica della comunicazione politica non sembrava ancora capace di integrarsi con l’essenzialità visiva dell’affiche. La Sintesi futurista della guerra colmò questo scarto, polarizzando due fronti cruciali: l’appello ad un rinnovato spirito nazionale e, di conseguenza, la disumanizzazione del nemico.
Ben più delle dispute intorno a pseudoconcetti formalistici, quali «dinamismo» o «simultaneità», che pure avevano qualificato la discussione dei circoli futuristi fino al 1914 inoltrato, fu l’accesa campagna interventista a modificare l’orientamento dell’estetica del movimento, secondo un modello visivo di cui il manifesto da cui siamo partiti è uno dei migliori esempi.
Interventismo lacerbiano
Sin dal principio del conflitto, Soffici e Papini avevano indicato con estrema chiarezza, dalle pagine di «Lacerba», quelle che rite-
8 F.T. Marinetti, Tripoli italiana, 11 ottobre 1911, ora in Teoria e invenzione futurista, cit., p. 339.