Il primo periodo dell’occupazione bulgara (autunno 1915-primavera 1916) L’arrivo delle truppe bulgare Mentre una massa confusa di civili, soldati, prigionieri e membri di missioni mediche straniere si dirigevano verso le regioni meridionali del regno, mentre lunghi cortei di funzionari tentavano di mettere in salvo lo Stato – i suoi valori e i suoi archivi - e il governo arrancava di fronte alla sempre più chiara evidenza di un abbandono da parte delle potenze alleate, la popolazione rimasta nelle proprie case non dovette attendere molto per far la conoscenza dell’occupante. In poche ore, a volte anche in pochi minuti, il vuoto lasciato dalle autorità serbe fu colmato dall’arrivo delle avanguardie militari nemiche e dal passaggio delle truppe comandate dal generale von Mackensen. Quale fosse lo stato d’animo dei civili che si trovavano lungo l’avanzata degli eserciti austro-ungarico e tedesco appare chiaro dalle parole di Dragiša Lapčević, rimasto a Jagodina su decisione del partito socialdemocratico: […] E il 21 ottobre se ne andarono anche le nostre ultime truppe di difesa. Quello fu il momento più duro della mia vita: un dolore amaro mi avvolse e le lacrime scesero spontaneamente. Fui abbattuto dalla coscienza del fatto che da quel preciso istante erano terminate la nostra indipendenza e la nostra libertà, che stavamo diventanto schiavi degli occupanti […] Poco dopo entrarono in città le pattuglie tedesche e di seguito le truppe che continuavano ad inseguire il nostro esercito.1
La desolazione e la tristezza per gli avvenimenti in corso si unirono alla paura, soprattutto dove le truppe di Vienna avevano lasciato una traccia indelebile della loro presenza. Per la terza volta in poco più di un anno la popolazione della Mačva e della Pocerina, stremata dalle continue sofferenze, fu costretta a rivedere le stesse uniformi, a sentire la stessa lingua, a provare la stessa paura 1
Dragiša Lapčević, op. cit., p. 35.
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