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A Parigi
zione. A metà dicembre del 1918 il Ministero degli Esteri serbo aveva infatti chiesto l’arresto immediato di coloro che vennero ritenuti come i maggiori carnefici bulgari, tra i quali figuravano Protogerov e Aleksandrov:19 ma la richiesta si trasformò immediatamente in un nulla di fatto.
Dei procedimenti citati nella risposta del ministro Teodorov a Chrétien alla fine di dicembre non si seppe più nulla. L’unica «consolazione» giunse alla fine febbraio, quando il governo bulgarò comunicò la condanna di due ufficiali colpevoli di crimini: il maggiore Kulčin, condannato a morte dal tribunale militare di Sofia il 17 febbraio per «abuso di potere e omicidio premeditato commesso a Ćuprija dove era comandante della città», e il capitano Samardžijev, il tristemente famoso comandante del campo di Gornje Paničarevo, condannato anch’egli a morte dal tribunale militare di Stara Zagora per «abuso di potere, appropriazione illegale di beni altrui e ferimenti di grave natura». Kulčin venne effettivamente giustiziato; nel caso di Samardžijev invece la pena fu commutata in 15 anni di carcere.20
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A Parigi
Una settimana dopo l’apertura dei lavori della Conferenza di Pace a Parigi, nel pieno della formazione e dell’organizzazione dei vari organi che avrebbero dovuto portare all’elaborazione finale dei trattati di pace, alla quantificazione delle riparazioni e al nuovo assetto internazionale, i rappresentanti delle grandi potenze presero la decisione di costituire una Commissione sulle Responsabilità della guerra e sull’Applicazione della sanzioni.
Partendo dalle Convenzioni dell’Aia del 1899 e del 1907 e basandosi sui rapporti che nel corso del conflitto e nell’immediato dopoguerra erano stati elaborati dai vari paesi, la Commissione avrebbe dovuto elaborare delle nuove norme giuridiche che per la prima volta avrebbero significato la punizione dei responsabili dei crimini di guerra e dei crimini commessi durante la guerra, ovvero nuove forme di diritto internazionale che si erano dimostrate indispensabili in seguito agli avvenimenti accaduti tra il 1914 e il 1918.21 Una
19 AS, MID-PO, 1918, III/764, br. 10965, da prefetto dipartimento Bregalnica a Ministero degli Interni, 4/17 dicembre 1918. 20 AJ, 336-23-1264, da Ministero degli Esteri serbo a delegazione a Parigi, 9/22 aprile 1919 (si invia in allegato la nota del Ministero degli Esteri bulgaro al generale Chrétien del 25 febbraio 1919). 21 Si veda: Bruna Bianchi I civili: vittime innocenti o bersagli legittimi?, in Bruna Bianchi (a cura di), La violenza contro la popolazione civile nella Grande Guerra, Unicopli, Milano, 2006, pp. 13-82.
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delle questioni di maggior rilievo fu la condotta degli Imperi centrali e dei loro alleati nei confronti delle popolazioni civili: e fu proprio su questo tema che i rappresentanti serbi cercarono di incentrare le rivendicazioni nei confronti della Bulgaria. Nel primo rapporto della Commissione, presentato il 29 marzo 1919, vennero codificate 32 violazioni di «leggi di guerra e dell’umanità» e si concludeva che «la guerra è stata condotta dagli Imperi centrali e dai loro alleati, la Turchia e la Bulgaria, secondo metodi barbari e illegittimi, in violazione delle leggi e dei costumi di guerra e dei princípi elementari dell’umanità».22 Il caso della Serbia risultò da subito uno dei più complessi: nell’allegato al rapporto venivano fatti espliciti riferimenti allo sterminio della popolazione serba e di quella armena.23
La Commissione era composta da quindici membri, dei quali dieci erano rappresentanti della grandi potenza (due a testa per Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Italia e Giappone) e cinque dei paesi europei che più avevano sofferto le occupazioni nemiche (uno a testa per Belgio, Serbia, Romania, Grecia e Polonia).
Il governo serbo (ovvero del Regno SHS)24 scelse come suo esperto di diritto internazionale e membro della Commissione Slobodan Jovanović, accompagnato da Kumanudi e Novaković come sostituti; la sua nomina lo costrinse pertanto ad interrompere il suo lavoro come vicepresidente della Commissione interalleata d’inchiesta, alla quale peraltro lo stesso presidente Protić aveva chiesto di terminare le inchieste al più presto.25
Jovanović e i suoi sostituti, ai quali in febbraio era stato aggiunto anche Reiss, presentarono a Parigi il rapporto della Commissione interalleata d’in-
22 Rapport présenté à la Conférence des preliminaires de paix par la Commission des responsbilités des auteurs de la guerre et sanctions, 29 marzo 1919, pp. 14-15. 23 Bruna Bianchi, Torture inflitte ai civili nella Serbia occupata, in La tortura nel nuovo millennio. La reazione del diritto, CEDAM, Padova 2010, p. 149. 24 La Serbia entrò alla Conferenza di pace come Regno di Serbi, Croati e Sloveni, Stato di «un unico popolo con tre nomi» nato il 1 dicembre 1918. Tuttavia l’idea jugoslava non era accettata da tutti, e i problemi emersero sia nei rapporti con le altre delegazioni sia all’interno della delegazione stessa del Regno SHS, tanto che fu più utilizzata l’espressione «delegazione serba» che «delegazione di serbi, croati e sloveni»; e del resto erano gli uomini politici serbi, in quanto rappresentanti di un paese vincitore e drammaticamente colpito dal conflitto, ad determinare la politica dei delegati. A livello internazionale, il posto tra i paesi che sedevano intorno al tavolo delle trattative era per il Regno di Serbia: e soltanto da giugno in poi, dopo il riconoscimento della nuova entità statale da parte inglese e francese, anche nei documenti ufficiali venne usata la denominazione di Regno di Serbi, Croati e Sloveni. Si veda: Andrej Mitrović, Jugoslavija na Konferenciji Mira (1919-1920), Zavod za izdavanje udžbenike Socijalističke republike Srbije, Beograd, 1968, p. 62. 25 AS, MID-PO, 1918, III/807 e 808, br. 6262, da presidente Protić a Commissione interalleata d’inchiesta, 28 dicembre 1918/ 10 gennaio 1919. Nel comunicato si aggiunge che Jovanović, Kumanudi e Novaković dovrebbero essere pronti a partire entro quindici giorni.
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chiesta, mentre già formulavano le prime ipotesi sulle modalità per ottenere la punizione dei criminali.
Una delle opzioni, probabilmente la più desiderata ma allo stesso tempo la meno realizzabile, prevedeva l’inserimento nel futuro trattato di pace con la Bulgaria delle clausole estremamente rigide. Il governo bulgaro si sarebbe infatti dovuto impegnare a consegnare al Regno SHS tutti i colpevoli di violazioni del diritto delle genti, delle convenzioni internazionali e delle leggi e dei costumi di guerra; inoltre, avrebbe dovuto allegare anche tutti gli ordini, i piani, i documenti, i rapporti, le corrispondenze, i documenti dei tribunali e delle inchieste effettuate dallo Stato maggiore necessari all’accertamento dei fatti e dei responsabili. I processi nei loro confronti sarebbero stati condotti da tribunali militari del Regno SHS, senza distinzione di rango tra gli imputati: se fosse stato necessario, avrebbero potuto giudicare anche il capo di Stato.26
Nella formulazione di questa prima ipotesi aveva avuto probabilmente una forte influenza la volontà del governo e del parlamento di Belgrado di punire severamente e autonomamente i responsabili delle enormi sofferenze alle quali era stato costretto il popolo serbo.
Il deputato serbo Agatonović, in un’appassionata interpellanza parlamentare presentata per chiedere al presidente del Consiglio Protić che cosa avesse fatto il governo in merito alla punizione dei criminali di guerra, fu in un certo senso il rappresentante più in vista di tale politica:
[…] Quello che hanno fatto i bulgari nei nostri territori oltrepassa i limiti delle leggi comuni e delle convenzioni internazionali […]. Confina invece con il sadismo della più incivile e della più perversa stirpe dell’umanità. Nell’interesse del popolo, nell’interesse stesso dell’umanità, un tale popolo non può rimanere impunito. (Si sente: «Giusto!»). Signori, qui non sono colpevoli solo singoli – funzionari o soldati -, ma tutti: dal presidente del Consiglio, dal Re, fino all’ultimo dei bulgari. (applausi e grida: «Giusto!»). [...] Signori, l’intero popolo bulgaro non merita di essere iscritto nel libro dell’umanità, non merita che gli si porga la mano come ad un uomo, non merita di far parte della civiltà, ma merita invece di essere punito e di subire la vendetta che si merita [...]. Molte famiglie e molti orfani, rimasti senza genitori e affidatari a causa della rabbia bulgara, meritano non solo la soddisfazione di vedere puniti i loro carnefici, ma anche di ricevere da essi una decente ricompensa materiale. Questa non potrà sostituirsi alla perdita di un genitore. Noi dobbiamo - la Serbia deve preoccuparsi di questi orfani, che sono diventati tali non a causa della guerra, non perché i loro genitori siano morti in guerra, ma a causa del-
26 AJ, 336-22-1718, progetto sulle responsabilità dei crimini commessi dalla Bulgaria, senza data (probabilmente marzo/aprile 1919).
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la volontà dei bulgari di sterminare il popolo serbo. Questa è barbarie.[...].27
Il presidente del Consiglio Protić rispose molto chiaramente di fronte al parlamento: «Grazie al deputato che ha appena parlato avete avuto ora l’opportunità di ascoltare alcuni esempi dei crimini, ma vi assicuro, signori, che in Occidente non ci credono. Loro ritengono che gli esseri umani non possano commettere tali crimini, e ci ascoltano con diffidenza quando gliene parliamo». Per questo, aggiunse, era stata formata la Commissione interalleata d’inchiesta, il cui rapporto era già stato inviato alle delegazioni alleate, mentre i documenti erano in corso di stampa .
Il passo successivo consisteva nella punizione dei criminali, cosa della quale si stava occupando la delegazione a Parigi.28
La risposta del presidente non nascondeva le difficoltà cui si sarebbe andati incontro a Parigi. La diffidenza dei paesi occidentali si manifestò infatti non sul piano della veridicità delle accuse, quanto sulla capacità stessa che il Regno SHS o qualsiasi altro paese balcanico fosse in grado di gestire da solo la questione. D’altra parte, nulla poteva prescindere dalle condizioni che sarebbero state imposte al principale accusato, la Germania: e tutta la politica della delegazione serba fu intenta a seguire soprattutto quello che veniva intrapreso dalle grandi potenze nei confronti del principale responsabile dei tedeschi. Questo avrebbe rappresentato un precedente per le misure da prendersi nei confronti della Bulgaria, verso la quale vi era da parte serba molto più interesse a punirne i criminali piuttosto che nel caso dell’Austria-Ungheria.29
Nel frattempo all’interno della delegazione e nel governo di Belgrado si erano profilate delle posizioni diverse sulla questione di chi dovesse essere indicato come il responsabile principale: da una parte infatti vi era chi sosteneva l’accusa nei confronti di Ferdinando, dall’altra chi vedeva in tale atto una negazione delle responsabilità del governo, dell’esercito e del popolo intero. Quest’ultima posizione era rappresentata dallo stesso Nikola Pašić, il quale sostenne che i crimini erano stati commessi da persone comuni e non nel corso dei combattimenti, mentre nessuna voce si era alzata dal parlamento di Sofia. Punire il sovrano come colpevole avrebbe signifcato, secondo Pašić, liberare automaticamente tutti gli altri dalle proprie responsabilità.30
27 Stenografske beleške privremenog Narodnog predstavništva Kraljestva Srba, Hrvata i Slovenaca (d’ora in poi: SB, PNP), 1919, knj. I, XIV seduta ordinaria, 8/21 aprile 1918, intervento deputato Radoslav Agatonović, pp. 293-294. 28 SB privremenog Narodnog predstavništva Kraljevstva Srba, Hrvata i Slovenaca, 1919, knj. I, XIV seduta ordinaria, 8/21 aprile 1918, risposta presidente Protić, pp. 295-296. 29 Andrej Mitrović, Jugoslavija…, cit., p. 193. 30 Ivi, pp. 194-195.
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Per cercare di imprimere una svolta alle discussioni e dare un ruolo di primaria importanza a Belgrado, il 15/28 aprile Jovanović lanciò nella seduta plenaria della Commissione una proposta che prevedeva la formazione di un tribunale interalleato al posto di singoli tribunali nazionali, composto da tre membri per ognuna delle grandi potenze e da uno per gli altri paesi interessati; tale proposta sembra venne inizialmente accettata, insieme ad una serie di altri elementi che sarebbero stati molto vantaggiosi nel momento in cui sarebbero iniziate le trattative con la Bulgaria. Tra questi figuravano la possibilità di accusa nei confronti di capi di Stato e l’obbligo di consegna dei criminali anche se già processati e condannati dai tribunali dei loro paesi.31
Jovanović presentò inoltre una prima lista contenente i nomi dei 25 principali accusati che la Bulgaria avrebbe dovuto consegnare al Regno SHS. Tra questi figuravano Protogerov, Tasev e Drvingov, i maggiori responsabili della repressione in Toplica; Petrov, il comandante dell’Area d’Ispezione militare Macedonia, ma anche il metropolita di Skopje Neofit, Kalkadžijev, Ilkov e alcuni capi comitadji. 32
Tuttavia, già pochi giorni dopo, il Consiglio dei Quattro, l’organo centrale della Conferenza, non fece alcun cenno alle conclusioni della Commissione: nel piano preliminare per la questione delle responsabilità tedesche, i criminali venivano infatti rimessi alla competenza dei singoli tribunali alleati, mentre il Kaiser rimaneva l’unico per il quale veniva ancora presa in considerazione l’ipotesi di un tribunale interalleato. Qualora questo fosse stato il modello da seguire anche in tutti gli altri casi, le conseguenze per gli interessi serbi sarebbero state pericolose: mentre infatti nel caso della Germania il Consiglio dei Quattro aveva messo in evidenza l’inattività da parte della competenti autorità tedesche nel ricercare e condannare i criminali, la Bulgaria avrebbe potuto far valere il fatto che aveva già costituito dei tribunali propri e aveva già condannato singoli responsabili, evitando così eventuali consegne a Belgrado.33
Per questo Jovanović riuscì a costituire un fronte comune insieme ai rappresentanti dei paesi che avevano subito l’occupazione bulgara: Regno SHS, Grecia e Romania presentarono infatti ai primi di luglio un progetto comune, che riproponeva l’istituzione di un tribunale interalleato, la cui autorità avrebbe garantito che la Bulgaria avrebbe rispettato le decisioni prese; le sentenze emesse sarebbero inoltre state di fronte all’«intero mondo civile» l’indiscutibile prova della responsabilità bulgara. L’obiettivo infatti non era solo la punizione di coloro che si erano macchiati di crimini di guerra e di violazioni del diritto internazionale, ma anche dimostrare che tale punizione era stata
31 AJ, 336-23-1718, nota da Slobodan Jovanović a delegazione, 25 aprile/8 maggio 1919. 32 AJ, 336-23- 1718, lista di persone accusate dal Regno SHS. 33 Ibidem.
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«meritata».34
Inoltre, nel testo della proposta congiunta greci e rumeni recedevano definitivamente dal proposito d’accusa nei confronti di Ferdinando: ciò fu probabilmente dovuto alle pressioni greche, secondo le quali dalla sigla dell’armistizio i bulgari tentavano di presentare agli alleati un quadro completamente distorto della realtà. Infatti, il nuovo governo e le vecchie autorità cercavano di attribuire l’intera responsabilità dell’ingresso in guerra della Bulgaria su Ferdinando e Radoslavov, dimostrando così che la loro politica non era appoggiata dal popolo (cosa che avvenne realmente in Grecia con il re Costantino).35 La posizione serba rimase apparentemente neutrale: pochi giorni dopo però Protić comunicò da Belgrado che il gabinetto aveva deciso, seppur con una debole maggioranza, di cercare comunque l’accusa e il processo di Ferdinando.36
Il fronte comune delle tre delegazioni balcaniche si estese allora anche alle altre questioni da discutere alla Conferenza: era infatti ormai chiaro che le grandi potenze non avrebbero concesso alcuna autonomia ai paesi minori, e che avrebbero stabilito anche per loro le clausole dei futuri trattati di pace.
Nella discussione sul progetto dei tribunali interalleati il Consiglio supremo, organo che avrebbe dovuto approvare o meno i progetti riguardanti le responsabilità e le sanzioni, non perse molto tempo. Era infatti avvenuto un cambiamento cruciale nella politica di persecuzione dei criminali, destinato a rappresentare il precedente per tutte le discussioni future: era infatti stato deciso che i responsabili tedeschi avrebbero dovuto essere giudicati innanzitutto da tribunali tedeschi.37
Fu la brusca fine di tutti i tentativi di punire i criminali di guerra; e di fatto tutto il lavoro della Commissione, tutte le nuove norme proposte – le 32 violazioni innanzitutto – anche se avrebbero avuto in futuro un ruolo importante, per il momento venivano messe da parte. Le grandi potenze rinunciarono a perseguire i criminali di guerra:38 e gli altri paesi non avrebbero potuto certo intraprendere un’altra strada.
Il 18/31 luglio il Presidente della Commissione Scialoja comunicò a Jovanović la decisione del Consiglio supremo. Questo, dopo aver letto il 12/25 luglio il progetto proposto dalla Commissione relativo alle sanzioni da inserire nel trattato di pace con la Bulgaria, aveva rifiutato la sua approvazione, comu-
34 AJ, 336-22-2366. 35 Ibidem. 36 AJ, 336-22-2665, senza numero, da Protić a Pašić, 2/15 luglio 1919. 37 Andrej Mitrović, Jugoslavija…, cit., p. 196. 38 Sul disinteresse per la punizione dei colpevoli si veda: 1982 James Willis, in Prologue to Nuremberg. The politics and diplomacy of punishing war criminals of the First World War, città, 1982.
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nicando che le clausole sarebbero state identiche a quelle già stabilite per la Germania.39
Poco tempo dopo venne redatto in maniera definitiva il trattato di pace con la Bulgaria.
Alla questione dei crimini vennero dedicati tre articoli:
PART VI. PENALTIES
ARTICLE 118. The Bulgarian Government recognises the right of the Allied and Associated Powers to bring before military tribunals persons accused of having committed acts in violation of the laws and customs of war. Such persons shall, if found guilty, be sentenced to punishments laid down by law. This provision will apply notwithstanding any proceedings or prosecution before a tribunal in Bulgaria or in the territory of her allies. The Bulgarian Government shall hand over to the Allied and Associated Powers or to such one of them as shall so request, all persons accused of having committed an act in violation of the laws and customs of war, who are specified either by name or by the rank, office, or employment which they held under the Bulgarian authorities.
ARTICLE 119. Persons guilty of criminal acts against the nationals of one of the Allied and Associated Powers will be brought before the military tribunals of that Power. Persons guilty of criminal acts against the nationals of more than one of the Allied and Associated Powers will be brought before military tribunals composed of members of the military tribunals of the Powers concerned. In every case the accused will be entitled to name his own counsel.
ARTICLE 120. The Bulgarian Government undertakes to furnish all documents and information of every kind, the production of which may be considered necessary to ensure the full knowledge of the incriminating acts, the discovery of offenders and the just appreciation of responsibility.40
39 AJ, 336-23-3199, senza numero, da segretariato generale Commissione per le Responsabilità a Jovanović, 31 luglio 1919. 40 Treaty of Peace between the Allied and Associated Powers and Bulgaria, and Protocol and Declaration signed at Neuilly-sȗr-Seine, 27 novembre 1919. Si usa qui la versione ufficiale del trattato in lingua inglese poiché non si è riusciti a reperire l’originale in italiano.
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Sulla base di questi articoli il Regno SHS consegnò alla Bulgaria una lista di 500 criminali di guerra per i quali chiedeva l’estradizione.41 Nessuno venne consegnato; e fatta eccezione per il maggiore Kulčin e per il capitano Samardžijev, nessuno venne punito in Bulgaria (ma lo stesso avvenne in generale per tutti i criminali di guerra tedeschi, austro-ungheresi e turchi).
La decisione di non perseguire i criminali di guerra fece crollare ogni speranza di giustizia, ma soprattutto mise a tacere tutto quello di cui la Bulgaria si era resa responsabile tra il 1915 e il 1918. Venne infatti sostanzialmente legittimata la negazione di qualsiasi responsabilità dello Stato bulgaro sostenuta ormai dal 1915 in piena continuità.
Durante il conflitto Ferdinando, Radoslavov, il Comando supremo, i comandanti della Morava e della Macedonia e tutti gli altri responsabili della bulgarizzazione forzata dei serbi, dei massacri, delle eliminazioni sistematiche e pianificate, degli stupri di massa, dell’internamento di oltre 100.000 civili e di tutto il resto, non avevano mai ammesso l’esistenza di tali fenomeni; nell’immediato dopoguerra, quando le truppe dell’Intesa si stabilirono a Sofia, le autorità bulgare tentarono in tutti i modi di nascondere le dimensioni dell’internamento e le terribili condizioni degli internati, mentre venivano negati o giudicati come atti isolati i crimini commessi contro i religiosi e la popolazione civile in Morava, e veniva respinta ogni accusa di saccheggio al momento della ritirata; e ora, alla Conferenza di Pace, questa ostinata negazione poteva essere sbandierata anche di fronte al mondo.
Già in maggio, i rappresentanti bulgari, invitati solo ad assistere ma non a partecipare alle discussioni, come le delegazioni degli altri paesi sconfitti, esordirono proprio in questo modo.
Denunciando innanzitutto la faziosità e la non serietà delle inchieste condotte da serbi e greci, i bulgari affermarono che ciò di cui si accusava la Bulgara era già stato effettivamente accertato a carico dei suoi accusatori dalla Commissione Carnegie a proposito delle guerre balcaniche. La differenza era sostanziale: da una parte accuse provenienti dai rapporti di inaffidabili commissioni, dall’altra certezze dimostrate dalla Commissione Carnegie. Per questo le accuse lanciate da serbi e greci vennero respinte. A proposito dei massacri contro la popolazione civile, i bulgari sostennero che:
Non c’è dubbio che nella regione della Morava durante la guerra furono commesse delle infrazioni al diritto delle genti. Ma è altrettanto certo che gli individui colpevoli di violazioni delle leggi di guerra non sono sfuggiti alla giustizia bulgara. Alcuni di loro sono stati puniti dai tribunali militari durante l’occupazione stessa, mentre contro gli altri sono in corso dei proce-
41 Si veda: AJ, 336-23-6194, Liste del personnes accusees par l’Etat Serbe-Croate-Slovene…, cit.
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dimenti penali […]. Il governo bulgaro non ha mai offerto protezione a coloro i quail si sono resi responsabili di crimini in Morava. Quando si viene a conoscienza di tali casi, si insiste sulla punizione esemplare dei colpevoli, indipendentemente dalla carica che ricoprivano.42
A sostegno di queste parole vennero citati i processi in corso contro responsabili di crimini, uno dei quali, il maggiore Kulčin, era già stato giustiziato.
Ancora più netta fu la negazione di qualsiasi crimine durante la repressione in Toplica:
Durante il movimento insurrezionale in Morava nel febbraio del 1917, che, come si vedrà in seguito, fu istigato e diretto dal quartier generale serbo e minacciò seriamente l’unica via di collegamento tra le retrovie e il fronte dell’esercito bulgaro, le autorità bulgare perseguirono soltanto i ribelli e i comitadji; alcuni di loro oltrepassarono entrarono in Bulgaria e si diedero ad uccidere e saccheggiare la popolazione […]. L’esercito bulgaro fu in realtà magnanimo con i ribelli […]. Le autorità bulgare fecero il massimo per proteggere gli abitanti dalle attività dei capibanda rivoluzionari e si sforzarono anzi di sconfiggere i ribelli con la benevolenza e la persuasione, emanando in tal senso una serie di amnestie.. È tipico della condotta e dei metodi usati dai serbi il fatto che i comitadji serbi abbiano sempre tentato di addebitare alle autorità bulgare i crimini che essi stessi commettevano […].43
Citando alcuni esempi di crimini commessi da bande di serbi, la delegazione bulgara insinuò che buona parte delle resonsabilità di eventuali crimini ricadeva proprio sui serbi, e che i responsabili delle atroci torture ascritte ai bulgari erano in realtà i cetnici serbi di Pećanac.
Essendo impossibilitati a negare il fenomeno dell’internamento, date le sue dimesioni che ormai erano diventate evidenti a tutti, i bulgari negarono qualsiasi trattamento crudele nei confronti degli internati, e ricordarono a tutti che «Internments are not sanctioned either by International Law or by the Hague Conventions; nevertheless they have been practised by all the belligerents. We therefore believe that it would be unjust to hold none but the Bulgarians strictly answerable for them».44
In conclusione del memorandum presentato dalla delegazione bulgara le
42 Statement by the Bulgarian Peace Delegation on Alleged Bulgarian Atrocities in Serbia, 1919, liberamente consultabile all’indirizzo internet www.firstworldwar.com. 43 Ibidem. 44 Ibidem.
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responsabilità dei crimini in Macedonia venivano non solo negate ma anzi addossate agli accusatori:
Il minimo che si possa dire in merito a tali accuse da parte dei serbi è che sono fuori luogo. Vi fu certamente un periodo in cui le strade della Macedonia erano intralciate, ma ciò avvenne nei luttuosi giorni dell’esodo dei macedoni che nel 1913 e nel 1914 fuggirono a migliaia in Bulgaria per scappare dalle “benevolenze” con le quali i loro “liberatori” serbi speravano di sopraffarli. Ci sono stati pure assassinii e orribili massacri; ma ciò avvenne durante il triste periodo dell’occupazione serba, quando intere popolazioni furono scacciate perché volevano rimanere bulgare, e quando tutti quelli che osavano mostrare il loro affetto per la Bulgaria, la madrepatria che aveva appena sacrificato i suoi figli migliori per la loro liberazione, venivano perseguiti e sterminati senza pietà. Non abbiamo intenzione di dilungarci su tali fatti; l’onorevole Conferenza potrà trovare un eloquente resoconto su di essi nell”Inchiesta nei Balcani” della Commissione Carnegie, così come nel memorandum intitolato “La questione bulgara e gli stati balcanici”. Il nostro unico scopo è di mostrare l’assurdità di un’accusa che potrebbe essere rivolta con maggior causa a coloro che l’hanno formulata.45
La decisione del Consiglio supremo e del Consiglio dei Quattro sul non perseguimento dei criminali tedeschi, austro-ungheresi, bulgari e turchi permise alla Bulgaria di continuare a negare ogni coinvolgimento, ma anche di presentarsi come una sorta di vittima della politica filotedesca di Radoslavov e Ferdinando. Ancora una volta si riuscì a ribaltare le posizioni del Regno SHS, della Grecia e della Romania: non solo i crimini non vennero accettati da «tutto il mondo civile», come avevano auspicato i loro delegati alla presentazione del progetto congiunto sul tribunale interalleato, ma la responsabilità della guerra stessa venne addossata ai vertici del paese, ribadendo la contrarietà del popolo alle decisioni da loro imposte.
Al momento della consegna del trattato di pace ai rappresentanti bulgari, il ministro Teodorov sostenne infatti che il paese era stato trascinato in guerra dal sovrano e dal presidente del Consiglio, ammettendo solo che nei territori occupati si erano verificati degli «eccessi» e ribadendo che i colpevoli erano già stati puniti o si trovavano sotto processo. Secondo il ministro, l’intero popolo bulgaro aveva subito l’alleanza impostagli con la Germania, e sempre secondo quanto affermato dal ministro, la Bulgaria si era lanciata in due guerre per liberare le sue parti smembrate dal Congresso di Berlino e che invocavano
45 Ibidem.
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