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I crimini dopo l’armistizio
I crimini dopo l’armistizio
Dopo lunghe preparazioni e interminabili attese, dopo quasi tre anni nei quali soldati dell’esercito serbo erano rimasti lontano dai propri familiari e dalla propria terra, l’1/14 settembre il fuoco d’artiglieria degli eserciti dell’Intesa cominciò a colpire le posizioni nemiche su tutto il fronte di Salonicco, da Ohrid al Mar Egeo. Il giorno successivo, nei pressi di Dobro Pole, serbi e francesi si lanciarono nell’offensiva finale, conquistando in breve tempo gran parte della Macedonia. L’esercito bulgaro, appoggiato da 30.000 tedeschi e da due divisioni e mezzo austro-ungariche in Albania, non fu in grado di reggere per molto tempo, mentre dall’altra parte greci e inglesi si unirono ai loro alleati.
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I soldati bulgari, affamati e stremati, furono protagonisti di diserzioni di massa, e lo stesso Comando supremo riportò che molti di loro erano «più interessati a raggiungere Sofia e punire i responsabili dell’entrata in guerra del paese che ad impedire l’avanzata delle truppe inglesi e francesi», mentre in altri casi reparti interi si rivolsero imbestialiti contro il Comando stesso a Ćustendil.94 Malinov, il nuovo presidente del governo che si era sostituito in giugno a Radoslavov su decisione di Ferdinando, per tentare di calmare la situazione, il 12/25 settembre ordinò il rilascio del capo del partito agrario Stamboliiski, che era stato arrestato poco prima dell’ingresso in guerra della Bulgaria per le sue posizioni neutraliste e repubblicane. E tuttavia i disordini peggiorarono trasformandosi in una rivolta aperta: Daskalov, membro dello stesso partito di Stamboliiski, si mise alla testa delle truppe di stanza a Radomir e il 14/27 settembre proclamò la Repubblica, mettendosi pochi giorni dopo in marcia verso la capitale. Ma giuntovi il 17/30 settembre si trovò di fronte un gran numero di truppe lealiste appoggiate dall’esercito tedesco e guidate dalla persona alla quale ormai veniva affidato sempre il compito di sedare le insurrezioni, il generale Protogerov, e venne in breve sconfitto. Due giorni dopo si contarono tra gli insorti 2.500 morti e altri 2.500 i prigionieri.95
Nel frattempo, il 16/29 settembre fu firmato l’armistizio, dopo alcune brevi trattative a Salonicco, durante le quali i delegati bulgari, spaventati da probabili vendette, premettero affinché le truppe serbe e greche non oltrepassassero il confine con la Vecchia Bulgaria.96
Continuarono invece a combattere tedeschi e austro-ungheresi, che però erano ormai allo stremo delle forze: dopo aver riconquistato la Macedonia, l’esercito serbo entrò il 18 settembre/1 ottobre a Vranje, il 28 settembre/11
94 Richard Crampton, op. cit., p. 468. 95 Francesco Guida, op. cit., pp. 338-339; Richard Crampton, op. cit., p. 469. 96 Nikola Damjanović (a cura di), op. cit., p. 365.
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ottobre a Niš, e poi a Kruševac, Kragujevac e in tutte le altre città, finché il 19 ottobre/1 novembre raggiunse la capitale Belgrado.
In quei giorni compresi tra l’inizio dell’offensiva dell’Intesa e l’ingresso delle truppe serbe nelle varie città, che vedevano finalmente la fine di un regime estremamente duro e di grandi sofferenze, dovute soprattutto alla fame, ebbe luogo una fuga di massa dell’intero apparato bulgaro. Soldati, organi di polizia, funzionari e loro famiglie, maestri, religiosi, comitadji e tutti coloro che in un modo o nell’altro erano compromessi tentarono di raggiungere al più presto i confini della Vecchia Bulgaria. Questa fuga di massa però in molti casi non avvenne in maniera indolore: molti furono infatti i casi di ultime estreme violenze contro la popolazione, e ancora più numerosi furono i casi di saccheggio.
In Macedonia tutto ciò avvenne molto rapidamente, dal momento che lo sfondamento del fronte e la conseguente avanzata furono molto rapidi. E tuttavia le truppe bulgare ebbero il tempo di riversarsi contro i civili inermi.
Il 1/14 settembre 1918, giorno dell’inizio del bombardamento dell’Intesa, una compagnia bulgara entrò a Valandovo e ordinò alla popolazione di allontanarsi. Molti si rifugiarono nei villaggi vicini, ma la maggiori parte andò sulle montagne nascondendosi tra rocce e anfratti. Per tre giorni ufficiali e soldati bulgari saccheggiarono e gozzovigliarono nella cittadina; prima di andarsene, la notte del terzo giorno, diedero alle fiamme l’intero paese.97 A Kičevo fu lo stesso comandante della città ad ordinare alle sue truppe, la notte stessa in cui abbandonarono la cittadina, di saccheggiare e distruggere i negozi.98
La sigla dell’armistizio avvenne mentre le truppe serbe e francesi si trovavano ormai nella Macedonia settentrionale. La situazione non cambiò, anzi per molti versi divenne più drammatica, nonostante il primo articolo prevedesse esplicitamente l’evacuazione immediata dai territori occupati in Serbia e in Grecia, con l’obbligo di non portare via alcun bene né di commettere furti.99
Già il 22 settembre/5 ottobre il comandante della I Armata serba aveva comunicato:
Sono venuto a conoscenza del fatto che i bulgari anche dopo la firma dall’armistizio, nell’abbandonare i territori occupati, prendono in massa alla nostra popolazione il bestiame, il cibo e molte altre cose, portandole con sé in Bulgaria. Si prega di agire energicamente per impedire tutto ciò e per far compensare tutti i danni causati da questo comportamento vandalo.100
97 Rapport…, cit., tomo III, doc. 333, testimonianza di Thomas Kristovitch, pp. 242-243. 98 AJ, MIP-DU, 334-19, testimonianza di Memed Džemajilović, 19 ottobre 1918. 99 AJ, 336-22-7853, Acccordo armistizio con Bulgaria. 100 AJ, 336-46-7113, o. br. 18659, Comando I Armata, 22 settembre/5 ottobre 1918.
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Questo però non fu possibile. Quando i primi reparti serbi entrarono a Kriva Palanka, comunicarono ai propri superiori il saccheggio generale che i bulgari stavano mettendo in atto, in aperta violazione del trattato d’armistizio. I responsabili non erano però soldati semplici o bande di comitadji, al contrario tutto veniva orchestrato da alti ufficiali:
In base alla relazione dei nostri reparti a Kriva Palanka, la II e la IV Divisioni bulgare sono riuscite a trasportare in Bulgaria tutto il bestiame, sia il loro che quello preso alla popolazione: 2.700 pecore, 500 capre, 4.000 cavalli, 1.300 buoi, 60 bufali, 900 asini, 120 muli, 1.500 carri. I nostri reparti hanno tentato di trattenere tutto il bestiame, ma il generale Nikolov si è rifiutato di consegnarlo. Dal momento che le nostre truppe erano poco numerose non hanno potuto prenderlo con la forza. In base ad un’altra relazione un capitano bulgaro delle unità già disarmate ha incendiato un magazzino pieno di cereali a Stracin, infrangendo le clausole dell’armistizio. Nel passaggio attraverso il paese i bulgari hanno preso tutto il bestiame.101
Avanzando verso la Serbia le scene incontrate furono sempre le stesse. E questo anche se il comando tedesco ordinò ai bulgari di abbandonare entro il 23 settembre/6 ottobre la regione della Morava, vietando di requisire bestiame, prodotti agricoli e legno e di entrare nei paesi in cui si trovavano truppe tedesche,102 in modo da non creare ulteriori problemi e lasciare alle proprie truppe le risorse disponibili.
I primi a riportare le notizie sul comportamento dei bulgari furono ancora una volta gli ufficiali serbi, che diedero un chiaro quadro della situazione: in questione era una sorta di grande saccheggio generale, in cui i contadini vennero derubati spesso di tutto il bestiame e dei prodotti agricoli, mentre i cittadini furono vittime di rapine e minacce. A Vranje, un capitano osservò:
[i bulgari, nda] Hanno effettuato diverse requisizioni, anche ora, dopo la firma della convenzione di pace, perché hanno preso il bestiame e vi hanno caricato il cibo che hanno preso sulla via per la Bulgaria, a Leskovac e Surdulica. Al momento dell’evacuazione da Vranje, sia soldati che ufficiali bulgari hanno fatto irruzione nelle case minacciando le persone di ucciderle se non avessero consegnato denaro e preziosi.103
101 AJ, 336-46-7113, o. br. 21800, Comando II Armata, 23 settembre/6 ottobre 1918. 102 Andrej Mitrović, op. cit., p. 474. 103 VA, p. 4/1, k. 43, f. 3, 35/12. Rapporto capitano Pavličević, 23 settembre/5 ottobre 1918, inviato dal Comandante della I Armata al Comando supremo.
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Scene confermate da un suo commilitone:
Anche ora, dopo la firma dell’armistizio, i bulgari hanno requisito la maggior parte del bestiame e dei carri, e attraverso Surdulica e Leskovac hanno portato via tutto il cibo che si poteva trovare in queste zone. Tutto ciò è contro le clausole dell’armistizio. Inoltre, al momento dell’evacuazione di Vranje, i bulgari, sia i soldati che gli ufficiali, hanno fatto irruzione nelle case con i fucili puntati contro i tranquilli cittadini estorcendo somme notevoli, minacciandoli di morte se non avessero consegnato loro il denaro. In questo modo molti sono stati costretti a dare anche l’ultimo centesimo per salvare la propria vita.104
Questi ultimi momenti dell’occupazione bulgara furono accompagnati anche da altri momenti di violenza, in cui ancora una volta furono le donne a subire le conseguenza peggiori. Nei pressi di Surdulica infatti,
[…] Un nostro ex soldato della I Compagnia I Battaglione VII Reggimento fuggito dalla prigionia in Bulgaria ha visto lungo il percorso tra il paese di Božica e quello di Vlasina due bande bulgare che commettevano violenze a Vlasina. Hanno preso alle contadine, dopo averle picchiate, i cavalli e i bovini105 .
Che non si trattasse di episodi isolati bensì di un fenomeno di massa venne confermato da un altro ufficiale serbo, che risalendo la strada verso Niš lungo la Morava vide:
Passando attraverso alcuni villaggi lungo il fiume Morava, i contadini si sono lamentati spesso del fatto che i bulgari li hanno obbligati a trasportare dai propri villaggi sui propri carri il grano, il formaggio, il grasso e altri generi alimentari, il tutto dopo la firma dell’armistizio. Da alcuni villaggi hanno portato via anche il bestiame e i carri che non erano stati presi in precedenza, cosicché in più di uno non è rimasto nemmeno un carro e nemmeno un bue[…].106
E anche a Niš, che fino a pochi giorni prima era stata il cuore dell’Area d’Ispezione militare Morava e il centro d’irraggiamento della politica di bulgarizzazione, i bulgari ripeterono le stesse azioni nei confronti dei loro «fratelli della Morava» che avevano «liberato» tre anni prima:
104 AJ, 336-46-7113, o. br. 18699, Comando I Armata, 24 settembre/7 ottobre 1918. 105 AJ, 336-46-7113, o. br. 18688, Comando I Armata, 24 settembre/7 ottobre 1918. 106 AJ, 336-46-7113, o. br. 2943, Comando Divisione «Morava», 29 settembre/12 ottobre 1918.
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Dopo la firma dell’armistizio, durante l’evacuazione, i bulgari hanno preso i carri da Niš e dintorni, caricandovi sopra il cibo e tutto quello che sono riusciti a portare via. In questo modo fino all’ultimo hanno commesso rapine e saccheggi a danno della povera popolazione, che impotente guardava i bulgari portar via i propri beni. I loro funzionari invece hanno portato via tutte le cose dalle case in cui abitavano, come se fossero di loro proprietà e non dei legittimi proprietari nelle cui case si erano insediati [..].107
Sembra però che nella città, i bulgari, alla fine, non riuscirono nei loro intenti. Il vice console austro-ungarico a Niš osservò infatti in quei frenetici momenti vissuti in prima persona:
Gli ufficiali bulgari tentano di portare via tutto quello che hanno usato, compresi i mobili delle case serbe in cui hanno abitato. Tuttavia, non hanno mezzi di trasporto. All’ultimo momento hanno requisito tutti i buoi, ma i tedeschi glieli hanno presi. È intervenuta anche la popolazione [...]. Appena è stato portato via il bestiame da traino, i serbi hanno preso ai bulgari tutto quello che avevano caricato sui carri, e anche i fucili.108
Quanto riferito dagli ufficiali serbi fu confermato anche dallo stesso Reiss, che durante l’avanzata si trovò sempre tra i primi ad entrare nelle città liberate. Nelle sue inchieste scrisse che a Ćuprija le truppe bulgare – sia soldati che ufficiali - presero tutto ciò che volevano facendo irruzione nelle case,109 mentre a Vlasotince il tenente Genov ordinò ai soldati di recarsi nei comuni e prendere tutto, dal bestiame ai cereali ai viveri; meglio andò, almeno in apparenza, a Leskovac e ad Aleksinac, dove venne preso soltanto il bestiame (anche dai tedeschi).110
Una delle prime conclusioni su quanto avvenne in quei giorni fu data dal comandante della I Armata serba, che scrisse:
Anche dopo la firma dell’armistizio i bulgari, abituati alla rapina, non sono riusciti a farne a meno. Durante la loro evacuazione da queste zone, le autorità e i soldati bulgari hanno portato via oltre 3.000 carri trainati da cavalli e buoi; i distretti più colpiti sono quello di Leskovac, della Jablanica e di Vlasotince. Anche all’ultimo momento, i bulgari, calpestando l’armistizio firmato, da fedifraghi di vecchia data hanno privato questa popolazione non
107 AJ, 336-46-7113, o. br. 18885, Comando I Armata, 3/16 ottobre 1918. 108 Andrej Mitrović, op. cit., p. 475. 109 Rapport…, cit., tomo I, doc. 38, inchiesta di R. A. Reiss, «Ville de Tchoupria», pp. 134-135. 110 Rapport…, cit, tomo I, doc. 33, inchiesta di R. A. Reiss, «Ville de Vlassotintze», pp. 104105; doc. 34, «Ville de Leskovatz», p. 110; e doc. 36, «Ville d’Alexinatz», p. 123.
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solo dei carri e del bestiame, ma hanno anche portato via i cereali e tutto quello che al momento della partenza hanno potuto rubare, privandola fino all’ultimo dei mezzi di prima necessità. Hanno anche fatto irruzione nelle case e hanno chiesto il denaro a uomini e donne, minacciando di sgozzare subito chi non voleva pagare. E cos’altro poteva fare la gente se non consegnare al proprio carnefice anche l’ultimo centesimo guadagnato a fatica per salvarsi la vita. Ecco cosa hanno fatto i bulgari negli ultimi momenti partendo dalla Serbia.111
Del «grande saccheggio» di cui fu vittima la popolazione, i bulgari furono certamente i principali responsabili, ma non gli unici. Anche tedeschi e austriaci si macchiarono degli stessi crimini, e perfino le stesse truppe dell’Intesa.
A Djevdjelija, distrutta definitivamente proprio dai bombardamenti degli eserciti dell’Intesa, i magazzini ancora pieni di beni e generi alimentari sequestrati dai bulgari divennero bottino di francesi e greci;112 scene simili si videro anche nei distretti di Bitola e Ohrid, da dove tutto il bestiame preso dalle truppe di Ferdinando vennero razziati dai soldati francesi, nonostante i loro alleati serbi cercassero di restituirlo alla popolazione.113 Episodi simili vennero segnalati anche in altre zone, come nel caso di Vladičin Han, dove sempre le truppe francesi maltrattarono i civili e presero 1.200 chili di farina e fieno in balle.114
Anche le truppe serbe ebbero le loro responsabilità. Civili di Bašino selo, Sopota, Čološevo, Novačane e dintorni, nel distretto di Veles, lamentarono presso il comando francese nella città che i soldati serbi della II Armata si abbandonavano a rapine e maltrattamenti;115 problemi causati dalle truppe serbe vennero segnalati anche a Skopje, dove sempre soldati della II Armata rubarono bestiame e beni privati dalle case.116
111 AJ, 336-46-7113, o. br. 18811, Comando I Armata, 29 settembre/ 12 ottobre 1918. 112 VA, p. 3, k. 145, f. 1, 4/3, f. dj. Br. 24503, relazione capo srez Djevdjelija, da Ministero della Guerra a Comando supremo, 23 settembre/6 ottobre 1918. 113 VA, p. 3, k. 145, f. 1, 4/1, da colonnello Pešić a maggiore Marinković, 25 settembre 1918. 114 VA, p. 3, k. 145, f. 1, 5/1, da capo stazione militare Vladičin Han a Comando supremo, 8 ottobre 1918. 115 VA, p. 3, k. 145, f. 1, 4/2, da maggiore Petrović a Comando supremo, 4 ottobre 1918. 116 VA, p. 3, k. 145, f. 1, 4/4, br. 494, da prefetto dipartimento Skopje a Comando supremo, 6/19 ottobre 1918.
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