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La violenza contro i civili

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Bibliografia

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La violenza contro i civili

Se la rapida avanzata delle truppe cristiane fu da un lato il simbolo di una serie di successi militari e politici, dall’altro rappresentò l’inizio del calvario dei civili musulmani che di volta in volta si trovavano a contatto con la nuova situazione. La «liberazione» dei territori turchi fu infatti accompagnata da una serie di massacri, saccheggi e violenze contro i civili musulmani.22 Proteste contro presunti crimini commessi dalle truppe ottomane contro civili cristiani giunsero anche dal governo serbo, secondo il quale man mano che si ritiravano da Novi Pazar, Kumanovo, Kriva Palanka e dalle altre città, le truppe turche lasciavano dietro di sé villaggi bruciati, civili massacrati e donne violentate.23 Tutto questo mentre erano in corso i combattimenti. La situazione più critica però fu quella che si sviluppò tra il momento della «liberazione» di un dato territorio e l’instaurazione nello stesso delle nuove autorità; si creò cioè un vuoto di potere che durò alcune settimane.

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In particolare nel caso serbo e bulgaro infatti, con la rapida avanzata militare non si era verificata una altrettanto rapida istituzione delle nuove autorità amministrative in grado di esercitare un controllo del territorio, in una situazione che si presentava estremamente delicata fin dall’inizio: per alcune settimane, cacciate le autorità turche, le regioni conquistate rimasero senza controllo, e le comunità musulmane furono alla mercé delle bande di cetnici e comitadji (anche i greci però non si comportarono diversamente).

I bulgari avevano scacciato i turchi dal Tikveš, nella Macedonia centrale. Alcuni di loro si recarono al consolato serbo a Salonicco per cercare aiuto, sostenendo che i bulgari avevano minacciati di sgozzarli tutti se fossero tornati e che diffondevano voci secondo cui questo veniva fatto dall’esercito serbo. Il console serbo disse loro di tornare alle loro case, perché il Tikveš era passato sotto l’autorità serba, promettendo loro protezione. Il console tedesco, che aveva ricevuto l’incarico da Berlino di raccogliere dati sugli omicidi commessi sui civili musulmani, gli confidò che i bulgari avevano perpetrato delle terribili stragi in paesi musulmani, e che avevano completamente distrutto i villaggi turchi nei pressi di Drama, Kavala e Serres uccidendo tutti. Disse che anche i greci avevano commesso omicidi, ma in misura molto minore, e che nessun turco della Macedonia si era lamentato dell’esercito serbo, anzi ne lodavano il

22 Report..., cit., pp. 71-72 e p. 76. 23 Arhiv Srbije (d’ora in poi: AS), Varia (V), 1525, Pregled telegrafskih saopštenja srpkse kraljevske vlade u slavnoj dobi rata Balkanskog saveza protiv Turske carevine o sjajnim pobedama junačke srpske vojske 1912., telegrammi da Ministero Esteri a Consolato Budapest, 23 ottobre/5 novembre 1912, p.6; 26 ottobre/8 novembre 1912, p. 21; 31 ottobre/13 novembre 1912, p. 48.

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comportamento.24

Tuttavia, i villaggi albanesi nei pressi di Kumanovo e sulla strada per Skopje, dopo essere stati attraversati dall’esercito serbo, furono dati alle fiamme,25 mentre a Skopje e dintorni i cetnici uccisero 5.000 albanesi e turchi; contemporaneamente, poco più a nord, in Kosovo, nelle zone di Gjakova (Djakovica in serbo), Prizren e Gjilan (Gnjilane in serbo), i civili albanesi furono oggetto di un terrore scatenato questa volta dalle truppe regolari serbe e montenegrine.26 Vennero registrati anche casi in cui anche i civili serbi furono protagonisti dei saccheggi, come quando dalla città di Vranje si riversarono nei circostanti villaggi albanesi portando via dalle abitazioni anche porte e finestre.27

Lo scontro assunse carattere di guerra civile: in Macedonia turchi e albanesi si diedero al saccheggio e alla distruzione di numerosi villaggi cristiani, in particolare quelli dei cetnici e dei comitadji, torturando gli abitanti28 e provocando le vendette dei cristiani che, con l’evidente approvazione del clero locale, si ritorsero contro i musulmani.29

Ci furono anche casi in cui la popolazione musulmana fu oggetto di una persecuzione sistematica e organizzata, come testimoniato per la città di Strumica, nella Macedonia orientale. Le truppe bulgare vi entrarono il 4/17 novembre, ma già il giorno dopo proseguirono verso sud. Il loro comportamento fu corretto, al contrario delle autorità civili e soprattutto delle bande di comitadji che ebbero il controllo della città quando l’esercito regolare si allontanò. Il 5/18 novembre furono uccisi per la città una trentina di musulmani, mentre il 6/19 venne formata dai notabili bulgari locali, insieme all’autorità militare serba e a quella civile bulgara (formata però da militari), una commissione speciale che, senza interrogazioni, ma solamente sulla base delle decisioni dei propri membri (per ogni persona sotto processo diceva semplicemente «buono»o «cattivo») mandò a morte, secondo le testimonianze più affidabili, tra i 700 e gli 800 uomini (mentre le più ardite parlano di 3.000-4.000 musulmani della città e dei dintorni) non prima di aver estorto loro cifre esorbitanti.30

24 AS, Ministero degli Affari esteri, Sezione Politica (MID-PO), 1913, XVIII/262, pov. br. 20, da Consolato serbo Salonicco a Ministero Esteri, 10/23 aprile1913. 25 Leon Trotsky, The Balkan Wars 1912-1913, Anchor Foundation, New York-Sydney, 1980, p. 267. 26 Egidio Ivetić, op. cit., p. 95. 27 Leon Trotsky, op. cit., p. 269. 28 Henry Barby, Srpske pobede, (orig. Les victoires serbes, Bernard Grasset, Paris 1913), S. B. Cvijanović, Beograd, 1913, pp. 75-76 (sui crimini albanesi a Kumanovo), p. 206. 29 Ivi,p. 206 e p. 210. 30 Report..., cit., pp. 73-74, e Appendix A, documento 1 – testimonianza di Rahni Effendi, p. 277. Della commisione citata facevano parte il maggiore Grbić, comandante della guarnigione serba, che ricopriva il ruolo di presidente; due giovani ufficiali serbi, il vice-prefetto bulgaro tenente

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Quale fu il bilancio totale di quei giorni di terrore non ci è ancora dato saperlo; tuttavia possiamo ipotizzare che si trattò di un fenomeno di ampie dimensioni, se ad esempio, secondo alcune fonti inglesi, l’80% dei villaggi musulmani nei dintorni di Bitola venne distrutto, e simile fu la sorte dei villaggi nei pressi di Salonicco, mentre diverse migliaia di musulmani fuggirono o furono scacciate dalle principali città – Skopje, Bitola, e Salonicco e si diressero in Asia minore.

Una sorte drammatica ebbero i civili delle città assediate. Ad Adrianopoli, che cadde il 13/26 marzo 1913, circa 100.000 civili furono esposti non solo ai bombardamenti ma alla mancanza di cibo e alle epidemie di colera, tifo, dissenteria e scorbuto,31 mentre i civili turchi furono vittime dei saccheggi sia durante l’assedio, ad opera dei concittadini greci, sia quando entrarono le truppe bulgare.32 Il culmine venne toccato proprio al termine dell’assedio, quando i bulgari lasciarono morire di fame sull’isola di Sarai Eski, in mezzo al fiume Tundža, circa 5.000 dei 15.000 soldati e 5.000 civili turchi che vi erano stati portati in attesa di essere spostati in Bulgaria.33 Scutari, assediata dalle truppe serbo-montenegrine, cadde il 10/23 aprile. I circa 35.000 civili, quasi tutti albanesi, vissero in condizioni igienico-sanitarie disastrose, e la carenza di ogni genere alimentare provocò la lotta per il pane. Non solo, ma le truppe assedianti si erano rese responsabili di saccheggi, violenze e distruzioni dei villaggi nei dintorni della città.34

Le violenze furono tali che Trotsky chiese, in una lettera di risposta a Todorov, deputato bulgaro, dopo avergli elencato le distruzioni messe in atto contro i musulmani:

I fatti, indubbi e irrefutabili, non Le fanno forse concludere che i bulgari in Macedonia e i serbi nella Vecchia Serbia, nel loro sforzo di correggere le statistiche etnografiche non proprio a loro favorevoli, sono impegnati semplicemente in un sistematico sterminio della popolazione musulmana nei villaggi, nelle città e nelle province?35

Nikolas Vulčev, il vojvoda (capo) dei locali comitadji bulgari Čekov (o Jekov) e alcuni notabili locali. 31 B. Ratković-M. Đurišić-S. Skoko, op. cit, p. 147. 32 Report...., cit., pp. 113-114. 33 Report..., cit., p. 326. 34 Sull’assedio di Scutari esistono delle importanti testimonianze: Gino Berri, L’assedio di Scutari. Sei mesi dentro la città accerchiata. Diario di un corrispondente di guerra, Fratelli Treves, Milano, 1913; Mary Edith Durham, The struggle for Scutari (Turk, Slav and Albanian), E. Arnold, London, 1914. 35 Leon Trotsky, op. cit., p. 286.

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