erano sparsi ovunque, sia dentro l’edificio che fuori. I parassiti, in particolari i pidocchi del corpo, erano onnipresenti.62
La lotta per la sopravvivenza Una prima risposta alla carenza di personale e di conoscenze fu data attraverso il reclutamento del personale medico tra i prigionieri. A Niš l’esercito serbo incorporò nelle sue fila 50 ufficiali medici austriaci; tuttavia la loro lotta, al pari di quella dei medici serbi, fu quasi invana data la mancanza di medicinali e mezzi di disinfezione, di strutture e di letti, di vestiti e biancheria per gli ammalati.63 Poco dopo i medici chirurghi stranieri già presenti nel paese, come Van Tienhoven, venne ro distolti dai loro incarichi e destinati alla cura del tifo, ma anche in questo caso i risultati non furono molti. In breve tempo divenne chiaro sia tra i membri del governo che tra i vertici dell’esercito che la Serbia da sola non avrebbe potuto sconfiggere l’epidemia e che anzi l’esito poteva essere catastrofico. Appelli vennero nuovamente lanciati tra i paesi alleati e neutrali, come già era stato fatto in precedenza per ottenere degli aiuti per i soldati feriti, mentre la questione divenne di pubblico dominio anche all’estero grazie a nuove corrispondenze. A tutti fu evidente il fatto che ad essere colpiti dall’epidemia non erano solo i soldati ma anche larghe masse di civili, la cui condizione richiedeva un’immediato intervento. Eppure, né i governi alleati né le numerose organizzazioni che già erano attive nell’organizzazione di aiuti alle popolazioni civili di Belgio e Francia settentrionale sotto occupazione tedesca si dimostrarono pronte a raccogliere gli appelli di Belgrado: la costante convinzione che gli alleati riconoscessero l’importanza del fronte meridionale e delle vittorie dell’esercito serbo, ancora una volta si sarebbe dovuta infrangere nel nulla. Per cercare di far fronte al più presto all’epidemia, nell’attesa che i governi alleati intraprendessero qualche azione per alleviare perlomeno le sofferenze delle truppe serbe, venne allora messo in atto un vero e proprio reclutamento di medici, infermieri e specialisti stranieri a condizioni particolarmente vantaggiose per chi avesse accettato. Il 13/26 gennaio 1915 il Ministero della Guerra si rivolse al Ministero degli Affari esteri con la richiesta di reperire, tramite i vari rappresentanti diplomatici nei paesi alleati e neutrali, almeno cinquanta
Testimonianza del dottor Butler, citata in Richard Strong, op. cit., p. 10. Arnaldo Fraccaroli, op. cit., p. 42. Nel gennaio, annota, già 29 medici austriaci erano morti a causa del tifo. 62
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