3. Eroe di guerra
Londra, novembre 1918. La piccola corsia dell’ospedale militare era illuminata da un pallido sole nordico. «Ecco qua, la faccenda è meno grave di quanto pensassimo. Dategli ancora dieci gocce, mattino e sera. Domani faremo con lui una chiacchierata.» Il medico con il lungo camice bianco che quasi lambiva il pavimento, pontificava, beandosi del suo sapere davanti alla sua corte fatta di infermiere, suore e giovani assistenti. Poi andò via, seguito dal bianco codazzo. Il nuovo arrivato, oggetto del consulto, ancora stordito si tirò su. «Ma dove sono? Questo è un letto!» Si guardò intorno. E scoprì che ci stavano altri letti occupati oltre al suo, esattamente quattro, con delle persone che lo stavano fissando. «Ti stupisci di essere ancora vivo amico?» «Siamo in un ospedale militare qui?» fece il nuovo arrivato. «Sei un asso ad indovinare.» Continuò quello alla sua destra, un tizio enorme con la faccia piatta, di nome James. «Una volpe», fece eco Walter, quello che stava alla sua sinistra, un piccoletto lentigginoso con i capelli rossi. «Ma non so ancora che cosa non va in me. Non riesco a muovermi.» «Noi invece si. Lo sappiamo più che bene.» «Sei stato ferito, forse l’ultimo ferito di questa guerra, e poi per l’urto della granata hai avuto una compressione toracica, con una paresi a sinistra, che però guarirà.» «E chi ve l’ha detto?» «La mattina passa il medico accompagnato dalla nostra fatina, l’infermiera dai capelli turchini, e lui si fa bello con lei, raccontandole tutto.» «E noi ascoltiamo.» 21