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7. J.J.R.Macleod

Toronto, novembre 1920. Fred Banting stava aspettando di essere ricevuto dal Professor JamesJohn Rickard Macleod all’Università di Toronto. Glielo aveva consigliato un amico,alqualeavevaraccontatoquelloche avrebbe voluto fare. «Mettiti in contatto col professor Macleod di Toronto, che è un grande espertodelmetabolismo, echiediglidisupportartiinuna ricerca.» Banting voleva provare ad isolare quell’ormone. Ottenutol’appuntamentodesideratocon Macleod,Bantingsiera precipitato aToronto per incontrare il professore. La segretaria, che si chiamava Maynard, seduta davanti a lui, faceva finta di occuparsi di una pratica, ma in realtà con la coda dell’occhio scrutava incuriosita Fred. Il quale poco prima di entrare si era reso conto di avere unamacchiasullagiaccaedallora avevamessolebracciaincollatealcorpo inmodotaledanasconderla.Maynard non si potevadire fosse bella,aveva un che di troppoarcignoneilineamentimaquellochesinotavasubitoerano degli splendidi occhi azzurri incorniciati dai capelli biondi che portava a caschetto.AppenaMaynardsmisedicontrollarloperrispondere altelefono, Bantingcolsel’occasioneper allentarsila cravatta. Un’altra cosa che aveva notato erano le svariate mascherine di cotone che stavano sul tavolo della ragazza. Da alcuni mesi non le portava più nessuno anche se non era scomparsa completamente la paura della influenza spagnola. Ancora erano negli occhi delle persone le immagini degli obitori pieni, della chiusura di scuole, teatri, taverne, chiese, e la necessità di chi eracostrettoalavorare diindossaregrandimascherinedicotone.Perfortuna chi sputava, tossiva o faceva degli starnuti non rischiava più l’arresto o una sanzione.Chissàperchéletenevaancorasultavolo.Scaramanzia? Un attimo dopo, arrivò un segnale sonoro e Maynard si alzò aprendo la porta. «Prego, dottore, il professore la può ricevere. Si accomodi.»

«Grazie professore per avermi concesso questa opportunità.» Gli disse tutto d’un fiato, ancora in piedi, con l’urgenza di chi nonsipuò permetterediperderetempo,appenavennefattoaccomodare nello studio. «Professore, seaprovocareildiabeteèlacarenzadiunasecrezione interna ormonale del pancreas, sappiamo che il pancreas ha anche una secrezione esterna, il succo pancreatico, che serve per la digestione. Allora, io che sono chirurgo, penso che dopo l’asportazionedelpancreas,sipossa isolare l’ormone,chevorrei chiamare isletina…» Macleod lo squadrò ben bene, e gli fece un bonario cenno di sedersidifronte a lui: «Caspita come siamo veementi. Vedo che va subito al sodo. Quindi l’ormoneIsletina.No,nonsuonabenechiamarloIsletina.Sarebbepiùbello Insulina,vistocheparliamodelle insule di Langherans. Non le pare?» Bantingquasinonloascoltava,feceunsorrisinodicortesiaalluminare, del quale notò subito la bassa statura, l’ampia fronte spaziosa, gli strani occhi con le sopracciglia rivolte verso il basso ed i folti baffi, e si accomodò in punta di sedia continuando con la sua spiegazione. «…L’ormonesipuòisolareostruendoconunlegamentonell’animaleildotto pancreatico.Efavorirecosìladegenerazionediuna porzionedelpancreas, perottenerelasecrezioneinternaliberada quella esterna. Ovviamente allo scopo di utilizzarla nella terapia deidiabetici.Quindilechiedodisupportare questamiasperimentazione. Penso di poter ottenere grandi risultati.» Macleod per la prima volta lo guardò diritto in volto, gli offrì una tazza di tè, e cominciò a parlare con un atteggiamento paternalistico e tollerante, che a Banting diede subito fastidio. «Caro Dottore, già molti altri hanno tentato di preparare un estratto di pancreas contenente la secrezione interna. Ed hanno fallito proprio perché il contenuto era pieno anche dei fermenti digestivi della secrezione esterna e questi distruggono la secrezione interna.» Banting rispose. «Io insisto! Proprio il legamento dei dotti pancreatici risolverà il problema, perché avrà come effetto la distruzione delle cellule produttrici dei fermenti digestivi.» Macleod buttò un occhio all’orologio. S’era fatto tardi, avrebbe volutoiniziarealeggereleletterechesitrovavanosullasuascrivania, e stava diventando un po’meno tollerante.

«Io penso che lei, dottor Banting, abbia solo una vaghissima idea sui lavori che sono stati scritti riguardo agli effetti degli estratti pancreaticinel diabete.Quindi…non conoscelaletteratura,forse haanchedellecarenze infisiologiaemetabolismo,eneancheèinformatosugliesperimentiche stannofacendoinGermania,inRomania ed in altre nazioni su questo ormone. Per finire è solo un giovane chirurgo, con esperienza in ortopedia come vedo dal suo curriculum,connessunaconoscenzasuimetodidilaboratorio.» UnattimodisilenziochesembròinterminabileeBantingappoggiò con un lieve tremore la tazza sul tavolo, senza averne bevuto neanche un sorso, poi riprese con veemenza raddoppiata. «Èvero, nonhoesperienzanellaricercafisiologica,citounsolo articolo di una rivista e non conosco cosa altro è stato scritto. E mi rendo anche conto che un professore eminente come lei non dovrebbe perdere tempo e denaro, senza delle garanziescientifiche. Ma io so che posso farcela. Si fidi di me.» Macleod accese la sua pipa. «E cosa farà dopo che la legatura avrà portato a degenerazione il pancreas.? Quale sarà la tappa seguente?» Macleod aveva cominciato a leggere la prima delle sue lettere, mentre faceva finta di ascoltare ancora quell’esaltato che aveva davanti.Eradiuncollegascozzesecheloinvitavaadunaseriedi conferenze nel vecchio continente. Un’occasione da cogliere al volo. Poiguardòlealtre,c’eraancheunaletteradiElliottJoslin,unfamosomedico diNewYork.Eracuriosodileggerecosagliproponeva l’illustre collega. «Come riuscirà a provare di avere la secrezione interna?» «Inoculandol’estrattodelpancreasatrofizzatoinunanimalediabetico.» «Quindi vuole fare una specie di, non so come dire, trapianto?!» Mentre pronunciava quella parola si rendeva conto dell’uso improprio del termine trapianto per quella operazione. Anzi errato. Mad’altronde,nonerailcasodifareilpurista, stavaparlandocon unosprovveduto,assolutamenteadigiunoditerminiscientifici. «La somministrazione avverrà via endovena? E quell’estratto verrà sopportato dalle cavie, o avverrà un rigetto?»

Dopo questa domanda che non voleva risposta, Macleod chiuse gli occhi per un tempo indefinito,tormentandoi suoi importanti baffi neri, poi si alzò dalla sedia. «Insulina…» pronunciò a bassa voce. E intanto pensava, che bel nome dal latino è… Insulina! Chissàperchénonciavevapensatoancoranessunoadargliquesto nome. Innamorato non della ricerca in sé ma di quel nome… che avrebbe potuto dare all’estratto. Sono stato proprio geniale a trovare un nome del genere! «Il progetto ha molti punti deboli, – rispose – comunque vale la pena di condurre una ricerca sul tema. Non fosse altro per eliminare sperimentalmente questa possibilità.Anche un risultato negativo potrebbe avere un grande valore dal punto di vista fisiologico e scientifico. Quindi Dottor… – andò a vedere sul foglio il nome che proprio non ricordava – …Banting, le permetterò di fare la sua ricerca.» «Grazie, grazie davvero.» «Leconcedodottoreunpiccoloaiuto,quellochepossofare:cioè duestanzette, e glielo anticipo, sono un po’fatiscenti, nell’edificio dell’Università, una decina di cani come cavie, ed uno studente per aiutarla nel calcolo della glicemia diciamo per un periodo di ottosettimane,nell’estatedelprossimo anno. Vediamo, gli studenti papabili sono due, entrambi allievi esperti in chimica del quarto anno di medicina:si chiamanoCharles Herbert Best e Clark Noble. Le farò sapere il nome del suo collaboratore.»

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