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39. Morte aVenezia

Venezia, agosto 1929. Diaghilev scese al suo Hotel preferito al Lido diVenezia. Luichetrovòinstanzalasuainsulinamaancheuncalicedichampagne,e dei dolci, ancora dolci e ancora champagne… Lastanzaeraaccogliente,untavolorococòerapiazzatoalcentro, carico di selvaggina,di pesce in gelatina,di ostrichesu vassoi d’argento, ed adorno di pizzi veneziani, con la frutta e i dolci in due piramidi uguali.

Diaghilev stava stilando una nota biografica, che gli era stata richiesta per il retro del suo libro di memorie: Ero giovane e pieno di idee. Volevo far intraprendere alTeatro le vie nuove che seguo ancor oggi. Sono un gran ciarlatano, ma un brillante ciarlatano. Poi sono un gran seduttore ed anche un gran villano. Infinesonounindividuodotatodigrandelogicaepochiprincipi. Questo è il mio autoritratto.

«Posso portare via signore?» Era comparsa la sua fedele governante. «No, mia cara, lascia tutte le leccornie qui.» «Si signore.» «Ieri sera la tisana non era abbastanza zuccherata.» «Bene signore, lo ricorderò.» «Devo ricominciare a fare l’insulina.» «Il signore desidera subito la sua medicina? Devo preparare?» «Domani, domani ricomincio.» «Quindi non faccio bollire la siringa?» «È venerdì, non si comincia nulla di venerdì. Il mese scorso ho evitato di fare un viaggio in nave negli Stati Uniti perché una maga mi

aveva predetto che sarei morto sull’acqua.» La cameriera neanche rispose e scomparve pensando: «Ah, gli artisti sono tutti strani.» Erailgiornod’estatepiùbelloepiùcaldochecisipotesseaugurare. Sergej si mise davanti ad un grande specchio, unica superficie chiara insiemeal soffittobianco,in mezzoa paretiscure e divanettidivellutorosso. Si sentì intorno un aroma impercettibile di caffè, di fragole, di ottima acquavite invecchiata. Bisognava osservare bene, bisogna ricordare bene, per esempio le ultime fragole gustate, o il contatto con le mani diVaslav. «Mi ricordo…»

Ma aveva tanta sete, una sete smodata, la visione offuscata, una strana eccitazione, un desiderio di alimentazione irrefrenabile. Cominciò a mangiare tutto quello che c’era sul tavolo. Mangiare, mangiare, mangiare.

Diaghilevavevafattountentativo,ilsecondo,pochimesiprima, percercare dirianimare lamentediNizinskij.Gliavevanoanche detto che non ricordavapiùnulladelsuopassato.Alloraloaveva invitato a Parigi all’ Opera durante le prove di Petruska. Vaslav nel sentire la musica, la musica del suo balletto, sembrava rianimarsi,stavaquasiperrialzarsi,mapoieraricadutoconlosguardo spento sulla sedia. Ormai devastato dalla follia e dalla demenza. OraDiaghilev,a Venezia,inunafosoagosto,siimmaginavadi danzare lui, la danza del burattino in preda al destino. Petruska, è la storia di tre burattini animati per stregoneria da un ciarlatano di fronte alla folla del carnevale di San Pietroburgo. Raccontal’amoredel poetico ed infelicePetruska per la sua ballerina,Colombina,eraccontadellaforzabrutaeviolentadelMoro che lo uccide, geloso, con la sua spada.

La sublime musica di Stravinskij… che presto divenne nella sua menteuna disturbantecanzoncinaamericana: PenniesfromHeaven. Luicheallungavalamanomanonpercercarelasuainsulinama un calice

di champagne…Del cibo gustoso, e dei dolci, ancora dolci, panna e champagne con vodka… L’insulina che andava fatta come trattamento precoce, senza lasciarsi trascinare dall’inerzia terapeutica, e che lui, pur avendo avuto la fortuna di averla a disposizione tra i primi al mondo, l’aveva abbandonata perché l’aveva vissuta come una minaccia non come una opzione efficace. «Oggi è un giorno dedicato ai ricordi. Mi viene in mente anche ‘Il matrimonio con Dio’, l’ultima danza di Nizinskij all’hotel Souvrette di Saint Moritz. Mi ricordo ancora la data, il 19 gennaio 1919. Tutto ritorna nel cerchio della vita.»

Poi, aprì un cassetto del tavolino, ne tirò fuori un foglio di carta dell’albergo e prese un appunto. «Il cerchio è una cosa completa. È il movimento perfetto. Ogni cosa è basata su di lui: la vita, l’arte, e certamente la mia arte. È la linea perfetta. L’intero mio sistema di notazione della danza è basato sul cerchio, un cerchio Blu».*

Un fiotto di sostanza rossastra ma zuccherosa uscì dalla bocca piena di pasticcini. «Nataliya…» Accorse la cameriera: «Signore, Sergej, cosa si sente? La sua insulina... Non ha fatto la sua insulina… Doveva fare l’insulina.» Si sentì male ma volle scendere in spiaggia e lasciarsi andare su di una sdraio. Si vestì interamente di bianco e scese al lido. Sergej seduto davanti al mare vide la luce del sole al tramonto specchiarsisullalaguna, videl’acquabrillare.Evidepassareimmagini,udìunarisataleggerae dolce,percepìdelleformevaghe didanzatoricomesegalleggiasseroa pelod’acquaall’imbrunire, turbinasserounistanteescomparissero.Ed allafinelasuamente entròinuncampiellovenezianoedaunsottoportego sbucòinun anticovicolorusso,unabottegailluminatadellasuainfanzia;

*Un CERCHIO Blu è anche il simbolo mondiale del Diabete.

una candeladietrounvetrogelatofacevaintravvedereappesoallaparete della stanza un quadro che ritraeva Diaghilev da giovane ed alle spalle la fedele tata. Era sera, c’era la neve che cadeva e lui udì una voce chiamare, soffocata dalla neve: «Sergej, Sergej!..» Mentre sentiva sulle labbra fondere i grossi fiocchi di neve, con puro sapore di ghiaccio acquoso, cibo delizioso e non pericoloso di un tempo lontano. E chiuse gli occhi.

Il19agosto1929Diaghilev,ilfamosofondatoredelBallettirussi, morì per il diabete a Venezia, i funerali li pagò la grande stilista Cocò Chanel.*

* La figura di Diaghilev ha anche ispirato Visconti per il suo film Morte a Venezia.

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