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11. Georg L. Zuezler
Berlino, luglio 1921. InGermaniaildottorGeorgLudwigZuelzer,berlinese,stavalavorando al suo estratto pancreatico da prima della guerra, anche lui arrangiandosi,erifornendosicolpancreasfrescodivitellodallamacellaiasottocasa,unadonnadinome Reschen.Maafineconflitto, nonavevatrovatoneancheunminimosponsor nelpaesedevastato ed indebitato per concludere il percorso ben avviato della sua ricerca,congiàeffettuatedellesperimentazioniumane.Previdentee precisoavevaregistratoilbrevettoalivellomondialegiànel1906. Ma, anchese erapartito perprimo,rischiava diessere battuto sul tempodaqualchealtro gruppo,senonacceleravaitempidellaconclusioneedellapubblicazionedella sperimentazione. Quelgiornodiinizioestatedel1921eraparticolarmentenervoso, perchéancora non sapeva se poteva andare in vacanza come aveva stabilito, anche perché si chiedeva: « Continuare a lavorare su questacosadell’estrattopancreaticohaunsensooppureètempo, e denaro, perduto?» Ancheuscitodicasacontinuavaatrovaremotiviperrafforzareil suo cattivo umore. «MaquandofinirannoilavoriinAlexanderplatz?Nonfannoaltro che buttare giù case e costruirne di nuove. Non si riesce neanche più a passare sotto l’arco della ferrovia per i nuovi pilastri del ponte che stanno piantando. Adessomitoccaandaredirettamente a prendere quello che mi serve per le mie ricerche al mattatoio che sta tra la Eldenaer Strasse e la Landberger Allee. Certo non basta più la carne della signora Reschen.» Presa questa decisione cambiò strada e salì, democraticamente, sul bus. Scendendodallacircolare riconobbesubitoilmurogrigiosporco ricoperto in alto da fil di ferro spinato del mattatoio. «Chissà perché ci hanno messo il filo spinato. Cosa devono proteggere in un mattatoio?»
Entrò ed attraversò le stalle dei bovini e dei suini, c’era vapore come in un bagno turco o in una sauna. Gli occhiali si appannavano. Ed in mezzo al fumo si intravvedevano gli animali penzolantiegiàsquartati.Untiziocon untuboinmanobagnavaiquarti rosei,chestavanoappesiadellestanghedi ferro.Quellodell’amministrazione,ungiovanottopallido,conicapellirossicciappiccicati, gli si avvicinò. Aveva indosso stivali, calzoni, camicia e bretelle. Gli stivali gli arrivavano oltre il ginocchio. Si tolse il sigaro dalla bocca e disse: «Dottore, le ho messo da parte i suoi pancreas di vitello.» Appoggiò il sigaro su di una scansia a parete e dalle stessa prese un pacco sudicio che diede al dottore. Il pancreas era avvolto in unmanifestocheannunciava lafestadaballoperidipendentidel mattatoio con la partecipazione dell’orchestra Kermbach. Ingresso tre marchi e cinquanta. «Dottore vuole anche del pancreas di maiale? O vuole una bacinella di sangue nero e caldo? Un sanguinaccio meglio di questo nostro dove lo trova!?» «No, grazie.» Larispostaerastatacosìseccaeperentoriacheiltiziodaicapelli rossismise immediatamentediparlareerecuperòilsuosigarodal mobile dove lo aveva appoggiato. Zuezler tornò in strada e si avviò velocemente verso il suo laboratorio. Arrivato lì trovò un biglietto del suo assistente che era andato a mangiare qualcosa, e decise di raggiungerlo. Per il pranzo il suo assistente, Max Rust, andava sempre in una bettola sulla Rosenthaler Platz. Il dottore entrato nell’osteria, si trovò davanti un biliardo dove tre tizi stavano giocando, in manica di camicia. Sul fondo della sala c’era il bancone dove si trovava quel biondino slavato di Max che gli facevasegno di raggiungerlo. Gli si sedette vicino. «Buongiorno professore che prende, una birra?» «No, solo del tè.» «Va bene.» La richiesta gli era sembrata un po’strana ma era abituato a non discutere
agli ordini dei superiori. «Un tè per il professore.» «Novità?» «Nessuna.» «Ci vuole del rum nel tè?» «Ma come ti viene in mente, mica è dicembre. Max, se continua cosìfinisco al manicomio. Ti rendi conto? Io avevo già somministrato il mio estratto, l’acomatrol, ad un uomo nel 1906, nel millenovecentosei, non so se mi spiego.» Si era spiegato, eccome se si era spiegato, e da alcune settimane nonfaceva cheripeterlo.Sembravaundiscorottochegiravasempre sullo stesso solco. «Ecco il suo tè.» «Lo posi sul tavolo. E adesso, nel 1921, sto ancora allo stesso punto, anzi sono tornato indietro e sono costretto a rimediare il pancreasalmattatoio. Questopaeseèinunacrisisenzasperanza.» «Capisco herr professor. Limone?» Dall’aria ebete si capiva che dava ragione all’altro solo perché doveva, ma senza alcuna partecipazione. «Tregocce.Cosìnonsipuòandareavanti,basta.Oggihocominciato a pensarci, se le cose dovessero continuare in questo modo comincio a prendere in considerazione l’ipotesi di trasferirmi da qualche altra parte, andare via dalla Germania, per esempio in America,aNewYork,chiedendofondiper laricerca.Elìriuscirei afarvalereinqualchemodoilbrevettodiestrattopancreaticoche ho registrato. InAmerica le cose non vanno come da noi!» Zoezler,mescolòiltècolcucchiainodopoaverlozuccherato.Soffiò sul liquido e bevve un sorso a livello sperimentale. «Troppo caldo, lo faccio raffreddare un po’.»
FREDERICK BANTING