1 minute read

45. L’isola che c’è

Qui, sull’isola che c’è, l’isola dei sogni che diventano realtà, termina questa storia…

La storia di Banting, un moderno Peter Pan, di Best, Macleod, Collip, August e Marie Krogh, Paulescu, Elisabeth… uomini e donne con leloro debolezze ed i loro limiti ma comunque eroi; EROI pionieri nella ricerca medica, o Eroi nella malattia, persi tra il sogno e la speranza, alimentati con la volontà ed il cuore per far avanzare la ricerca e la sopravvivenza delle persone. Protagonisti di questaAvventura Umana, che è la Grande Storia della Scoperta dell’Insulina.

Central Station, la stazione del destino. Lì era arrivato Frederick Banting in un marzo con un freddo da battere i denti. Lì aveva salutato la giovane moglie l’ultima volta che era partito…

L’annuncio gracchiò dall’altoparlante e risuonò sconsolato, «Attenzionetrenoinarrivoalbinariotre. Allontanarsidallalinea gialla.» «Treno in partenza dal binario Quattro.» Banting allungò il passo. «Dai sbrigati altrimenti perdo il treno.» Fred ed Henrietta erano entrati sulla banchina ed arrivati quasi alla fine, dove c’era meno gente in attesa. «Il treno parte tra 14 minuti.» Rovistòperl’ennesimavoltanellozainopercercareilpassaporto. Trovandolo invece nella tasca laterale della giacca militare insieme al biglietto del treno. «Salutiamoci velocemente.» Lei si strinse a Banting. «E facciamola breve io odio gli addii.» Dopoaverdettoquestafraseperunmomentoglisuonòunpo’sinistra, ma ben presto la sensazione svanì e non ci fece più caso.

Ibinaricosteggiavanounasuperstradaeperunpaiodiminutiuncentaurosudi unamotociclettanerascintillantesiappaiòaltrenofinoa quandoilmotoresi miseaschioppettareeluiscuotendoilcapoperse terreno scomparendo dietro ad una curva. Poi solo foresta, foresta rossaegialla,silenziosaedostinata,da attraversarecongliocchiserrati, le braccia conserte, la bocca chiusa che pareva trattenere il respiro. Il sole filtrò tutto il giorno attraverso il vetro screziato del finestrinodelloscompartimentodiprimaclasse,tenutochiusoadetta delcontrollorepertenerefuoriilfreddo.Fredl’avevaappenaaperto con una chiave e aneliti di aria arruffavano il giornale del mattino mentrel’odorefamiliaredi resinaefioridiacaciasisostituivaaltanfo disigarettaecaffèversato.Eranovembre,sipreannunciavaunabella stagione invernale. Mentre si avvicinavano alla città tutto sembrava uguale, qualche edificio nuovo, uno spiazzo coperto d’erbacce, un cartellonepubblicitariodoveuntempoc’eraunachiesa. La periferia passò in un soffio e di tanto in tanto Banting strizzava lo sguardo fuoridalcorridoiocercandodileggerelescrittesuimuri.Poi iltrenorallentòed ilcontrolloresimiseafareavantieindietro…

«Prossima fermata Montreal.»

Scesedaltrenoperultimomarestòlìfermo,ilsemaforodivenne verde sui binari, ma il treno non si muoveva. Evidentemente aspettavacheluirisalisseabordo.AlloraBanting chiuse gli occhi e col pensiero saltò sul predellino. Poi come in un film il fischio del capostazione, la porta che si chiuse... «Prossima fermata L’isola che c’è.»

Busto di Frederick Banting dello scultore Ruslan Ivanytskyy. (Collezione privata).

L’Autore ringrazia RaffaeleAufiero e Paolo Dossena, gli amici di sempre e Domenico Sisto per la collaborazione e il supporto editoriale

This article is from: