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4. L’ultima danza
Saint Moritz, gennaio 1919. Mentre Frederick Banting raccoglieva le sue cose, le metteva nella valigia d’ordinanzaesipreparavaalasciarel’ospedalediLondra per tornare a casa, all’Hotel Souvrette di Saint Moritz il giorno 19digennaio,nelsalonedaballotrasformatoinsalateatrale,c’era un danzatore seduto su di una sedia, che stava fermo come una statua davanti al pubblicodiricchivilleggiantichesiaspettavano di assistere ad un balletto tradizionale. QuelBallerinorestòinimmobilitàesilenzioperquasimezz’ora. Lepersone eranosinceramenteimbarazzate.Avevanodettoloro che quello strano tipo, un russo, era uno dei più importanti e famosidanzatorialmondo.Maquello a cui stavano assistendo cosa voleva dire? Quello era il livello zero della danza! Quella era la Non danza! Quando i primi stavano per alzarsi ed andare via, finalmenteilballerinofeceungestoelapianistaattaccòmentrelui iniziava una strana performance improvvisata sulla morte e sulla guerra, dopo aver detto: «Oravidanzeròlaguerra…quellastessaguerrachevoinonavete Impedito.» Eravestitoconunatunicabiancaorlatadinero,lasuaposturariusciva a richiamare gli orrori della guerra appena finita. La musica era il Preludio 20 in do minore di Chopin, suonata al piano da una perplessa e diafana concertista in abito nero da sera. L’Artista srotolò due lunghi teli di velluto, uno bianco e uno nero, in modo da formare una croce e vi si pose a capo. Ma lui chi era realmente? (viene spontaneo chiedersi). Quel danzatore si chiamavaVaslav Nizinskij, un famoso etoile e coreografo russo, e creata la croce si lanciò in un assolo violento e selvaggio. Danzò la guerra appena finita, le sofferenze, le morti.
Era terrificante! Danzò in maniera meravigliosa, riempì la sala con tutto l’orrore dell’umanità sofferente. Era tragico, ogni gesto aveva una grandezza epica. Il viso era stravolto dall’orrore o dallo spavento, lo si vedeva camminaresu diuncampodibattaglia,scavalcarecorpiinputrefazione, schivare un proiettile… Il pubblico era senza fiato, inorridito, fascinato, pietrificato. Poi di colpo Nizinskij si fermò e disse: «Il piccolo cavallo è stanco.» Elapianistachel’avevaaccompagnatopazientementefinoaquel momento sbottò: «Ma questa non è danza.» Il pubblico non sapeva se si doveva alzare, se doveva applaudire o fischiare... ENizinskijmentresipreparavaadusciredallasalapensò:Sergej ti odio!
La Musica sfumò e si interruppe proprio mentre l’appena ricordatoSergej Diaghilev,ilproduttore–ilcreatoredeiBallettiRussi –quellocheavevascopertoelanciatoVaslavNizinskij,sialzava dal sedile di un treno. Perlaprimavoltadaquandoavevafattodiluiunastarnonaveva assistito ad una performance di Nizinskij, che, piccolo inciso, era stato suo amante negli anni d’oro delle sue produzioni a San Pietroburgo. Non ce la faceva più a stare seduto nello scompartimento del treno. Si infilò il cappotto e calzò il cilindro. Aveva voglia di dolci ed un impellente bisogno fisiologico. Il secondo lo soddisfò subito, pensando che c’era qualcosa che nonandava nellasuasalute,perilprimopurtroppononciavrebbe potutopensareilsuo amatopasticceredellaProspettivaNevski.I francesinonraggiungevanoquellivellosublime,eperoranonse ne parlava di rientrare in Russia. Il TrenoBlu,cosìsichiamavailtrenochefacevaquellatratta, stavafermo dapiùdiun’oraavendointerrottoilsuoviaggioverso Parigi. Chiese ad un inserviente cosa stava succedendo.
«Unconvogliomercihaderagliatoestannoriparandoilbinario.» «Ci mancava anche questa.» Con il volto tirato, si guardò allo specchio della piccola toilette del treno, gli parve di essere invecchiato di colpo in pochi giorni divent’anni; distolse lo sguardo da quell’immagine che non gli piaceva ed uscì. Diaghilev andò su e giù lungo il corridoio, poi rientrò nello scompartimento scrutando il buio oltreil finestrino dove il gelo si condensava in lacrime immobili e brillanti. Fuori pioveva. La vettura era surriscaldata, ma lui, aveva freddo, un freddo penetrante che gli gelava le ossa e si insinuava fino al cuore. Ci voleva una coppa di champagne da bere con godimento. «Mi accontenterò di un vino, anche sul vino i francesi sono eccellenti.» Cercòdiesorcizzarelapaura,chelostavacostringendoanottiinsonni, per colpa di questa strana malattia che gli avevano diagnosticato, la quale, gli avevanospiegato, dapprimanonmostrailsuo vero volto e appare innocua, docile, pronta ad arrendersi alle direttive del medico, pronta a sparire. Ma che a poco a poco prende piede,invadeognispazio,siimpadroniscediuna parte sempre più grande della vita, e diventa la vita stessa: questa malattia fantasma cheglierastatadiagnosticata,echesichiamavaDiabete. Diaghilev erainbaliadiquellacupairragionevoleansiaches’impadroniscediunessere sulfardellanotteechesembranonpiù appartenere alla sfera dello spirito quanto, e semplicemente, a quella del corpo provato e stanco. «Eppure comedormivo bene solo cinqueanni fa, cometuttoera facile,leggero, senza importanza.Adesso la mia vita è tracciata. Perchè tremo? Uffa,selapioggiasifermasseunistante!L’uomononmuoretutto d’un colpo, bisogna che s’arrenda alla morte…» Bevve un borgogna corposo, fumò un po’ nel corridoio. Una donna passando lo urtò e gli sorrise, ma lui distolse lo sguardo con indifferenza. L’aveva riconosciuta. Era una piccola avventuriera di Biarritz … La donna si dileguò. Diaghilev rientrò nel suo scompartimento. «Me lo sento. Farò una bella dormita stanotte» pensò. Tutt’a un tratto si sentì spossato, e aveva le gambe pesanti e indolenzite. Scostòdinuovolatendina,guardòsoprappensierolapioggiascrosciarelungo
ilvetrobuio.Legoccescendevanorapide,si confondevano, spinte dal vento, come lacrime, come furtive lacrime… Diaghilev si svestì, si mise a letto nellacuccettae sprofondòconforzailvisonelguanciale.Maiavevaprovato una tale stanchezza e si addormentò sognando il suo amico Enrico Caruso che gli cantava una romanza ...e lucean le stelle… ContemporaneamenteVaslav Nizinskij, ci ripensò, tornò in sala e volando sudiunamusicacheascoltavasololui,concluseinaspettatamente in modo aggraziato e pieno di fascino la sua violenta performance. Accolto da una ovazione dal sapore liberatorio. Questa di Saint Moritz sarà l’ultima esibizione in pubblico del grande ballerino Nizinskij. Sempre contemporaneamentea Londra la fatina si avvicinò al lettodiBanting mentre lui stava chiudendo la valigia e gli chiese se era contento delle dimissionidall’ospedale:finalmentepoteva tornare a casa. Frednonrisposee,appenaleisiallontanò,siacceseunasigaretta. Poi si mise il ruvido cappotto d’ordinanza, indossò il berretto, calzò lo zaino, e con la sua valigia scese in strada nella dolce serata londinese trovandosi in quella sconosciuta strada tra edifici di pietra e luci accecanti. Era proprio arrivato il momento di tornare a casa, anche se non riusciva ad esserne contento.