LE MARGUNFOLE
tuffa il cucchiaio nel piatto rosa a tre cavità. La pastina Oei la chiama tempestina) sbrodola il babio della bimba (non sua), nutrendo l'inconfessabile, tardivo desiderio (tutto e purtroppo solo suo) di una creatura che mai abiterà il suo grembo e questo mondo. Dal seggiolone due occhi nerinerineri si aprono e si chiudono sul largo petto che respira candore, canta papaverialtialtialtifioridilillà, acquietando persino la bambola lasciata cadere dal seggiolone. La mamma infila il rametto (d'ulivo) nel becco della colomba, raddrizza il tablò, raccoglie la bambola, cantilena pablò tablò picassò e riprende a sferruzzare a punto riso un cache coeur di lana giallina. La sua bambina dorme di là, con una mano dentro i seni della tata che, ballando a piedi scalzi (il parquet scricchiola) dissolve annebbiamenti e culla in sogno un miracolo d'amore.
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