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L' ENIGMA DELLA MULIGNA

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ETERNO INVISIBILE

ETERNO INVISIBILE

ciallegra che il Vecchio,. dal cavo della grande mano, ciba d'uva passa e goccioline d'acqua fresca. . Sulla Piana davanti alla fmestra, il misero carretto gira, gira e gira sulla giostra della memoria, nella trasparenza di un cocchio di cristallo quasi invisibile da cui so _ rride, velato, il caro volto, appoggiato sul marmo della credenza, accanto ali' alzatina di vetro rosa ( sbrecciata per non essere sfiorita in tempo).

L' ENIGMA DELLA MULIGNA

Sci sciii: richiamo d'aria. Lo seguo, lo perdo, lo ritrovo nel buffo buio di sonorità remote che vado inconsapevolmente ripetendo a labbra mute e divertite. Sci sciii ur re quélquèl pro pi bastu uu chiii azé azé, oo dadadà ... Frammenti (ritagli, sbriciolature, fiabeschi nonnulla) conservati nel caleidoscopico tubo della memoria, roteano generando mirabolanti composizioni simmetriche che, varie e mutevoli, si sfaldano e si ricompongono per tornare a sfaldarsi e ricomporsi nel mosaico dell' immagine del mondo, illuminando dormienti emozioni di quando, bambina, sentivo e guardavo la vita dal luogo nascosto dell'illusione. L'ordito sonoro drappeggia attorno alla memoria, un tiepido panno in cui si condensano vivi e visionari, i sogni di oggi. Dalla bocca del camino, sgusciano nere presenze che, lentamente, vanno a occupare quattro sedie in vimini attorno al tavolo con la tovaglietta ricamata di foglie che cadono in eterno autunno fm quasi gi.ù per terra. Come sul belvedere della Bedrina, il mio sguardo si perde in quel gi.ù infinito e i piedi dondolano nel vuoto sopra la terra che è un cerchietto colmo del verde fioccare a punto erba. Le ombre sedute si cullano nel familiare movimento di affetti che, emergendo dalla risonanza di esperienze

conosciute, condivise e ripetute, rendono il gioco un rito e magici i gesti del suo cerimoniale. A braccia aperte, l'ombra adulta toglie dal nulla, con dita danzanti quattro foglietti ben piegati che si materializzano sul tavolo per lo stupore delle tre ombre bambine che giubilano nel ritrovare, rivelato in arcana apparizione, ciò che hanno visto e rivisto molte volte, a ogni arrivo del papà a Dalpe. Forme tracciate a china occhieggiano gradualmente dalle piccole mani che eccitate dispiegano i bigliettini tirati a sorte, nel gioco inventato, molti anni prima da Leone, fascinoso antifascista dall'intenso sorriso imprigionato nel freddo ovale della fotografia sulla croce in riva al lago. In un rigurgito di antico dolore, l'ombra grande si ricompone portandosi le mani al volto come per meglio ricordare. Sedotta dalla nostalgia succhia da silenzi impenetrabili un ftlo di voce e scoprendo la carta del battitore, chiama Sci sciii ... Sciur Re? Un brivido percorre i bambini che, a fiato sospeso, pungono il buio con occhietti lucidi. Sum propi quel! risponde crepitando da un altro mondo il ceppo che dal camino illumina la stanza, liberando grida infantili, che sono le nostre. Nell'ultimo roteare del caleidoscopio, i suoni, rincorrendosi in compiuta miscellanea su un presto che si fa prestissimo, preludono all'enigmatico finale: Sciur Re, Sum propi quel Quanti bastunad ghu da dag

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