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SANTA FÉ
a quela para muligna chi? Oli, Azè o Spaca? Appesa all'infmito, la muligna "va col cuore e col corpo dimora" nel tempo sensibile del sogno dove nessun bastone-mai più la sfiorerà.
SANTAFÉ
L'ondulata saracinesca di legno dolce srotolandosi chiude nella scrivania piccoli miracoli di pazienza e d'amore. Le doghe del pavimento scricchiolano, sfiorate dai piedi in pantofole della misteriosa figura che esce dalla stanza e scendendo scalini ingombri di giocattoli rotti, fuoriusciti da scatole scoperchiate di cartone ammuffito, penetra il sogno. Appesa al nulla, in frantumata magia, la lanterna sfuma dall'alto il contorno sbrecciato della cangiante damina del bel tempo. Una molla arrugginita costringe braccia e gambe spaiate dentro l'abbraccio di un ingessato tango argentino, senza evasion e fino alla muerte (per noia, sfinimento o consunzione). Il cavallo pezzato affonda la lingua penzolante nelle vesciche di palloncini scoppiati in lontane feste di compleanno e, defecando ombrellini di carta rossa a pois verdi, vomita indigesti cotillons. Lancia in resta, il soldatino decapitato intima il chi va là?! a capricciosi bambolotti (due, quasi veri) che duettano da inceppati microfoni sepolti nelle flosce pance gommose, mamà mamà mamà-amàm amàm amàm. Seduto al freddo e al gelo ( senza esser sceso dalle stelle) l'ispido negretto fa di sì con la testa, meccanicamente grato al presepe che incappuccia negli abissi del cielo natalizio cavità urlanti ( accecate, assordate,
