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LA BÈTE À BON DIEU
lo specchio brulicante di lascivi diavolini sempre più rossi, affonda nel bianco accecante dello sconfinato lenzuolo che due mani dispiegano, nel controluce, scostando le pesanti tende dalla finestra calda di sole.
LA BtTE À BON DIEU
Sulle palpebre placide di sonno o vibranti di sogno, roteano invenzioni di luce. Bucano il velluto blu notte con cerchietti azzurro pallido liberano figurette guizzanti generano forme sommerse, rilievi punteggiati di stelle che scontrandosi, accendono scintille galleggianti. Aprono scrigni di misteriosi vezzi (pietruzze, perline), liberano pozzi rigurgitanti caffè, petits beurres, zollette di zucchero, amaretto di Saronno, mentini. Strisciano in stive zeppe di bottoni, fili, aghi, elastico molle, spille da balia, spolette e uncinetti. Sfogliano album di cartoline, presenzeassenti da amare (almeno) in fotografia e assenzepresenti amputate dalla vita, da rimpiangere (fm che c'è vita) anche per tutta una vita. Incorniciano ritratti incisi nella polvere. Infilano impasti d' ombre oblique nel ventre di fate morgane. Sparpagliano immaginette (sacre e profane), avvisi di morte, annunci di nascite, inviti a ispirate prime comunioni con lo spirito santo a infuocare di raggi a ricciolo il cielo stretto tra due rocce. Scomposte e ricomposte nel caleidoscopico gioco di bottigliette, violetta di Parma e acqua di Colonia esalano aromi di desideri appassiti. Uno spruzzo di vetril (al limone) cancella l'impronta

di minuscole mani e l'alitato tondo stupore della bambina che, specchiandosi nella vetrina, trattiene dentro gli occhi bestiole di vetro, leggere come gocciole di pioggia o bolle di sapone. Dita orlate di smalto rosso e incoronate da un vecchio diamante, bussano al luogo dell'incanto: allontanano il cigno dal cerbiatto, spostano il cavallo, trattengono lo scoiattolo, avvicinano il gatto al cane riordinano due ochette. Scovano il topolino nel ventre della montagna di carta seta verde tolgono l'elefante aggiungono la cicogna con il fagottino rosa annodato al lungo becco. Immobili (ma solo per un attimo), si stendono a protezione del fragile equilibrio che uno gnomo insidia saltellando a pie' pari sulla scansia. La bambina crede l'unicorno (all'ombra della giraffa) lo scherzo di un eccentrico vetraio dal fiato corto o dal facile singhiozzo e, non nutrendo sospetto alcuno sulla trasparenza inquietante dello zoo di vetro, inclina leggermente la testa, indicando all'incipriata, anziana signora dietro la vetrina, la coccinella capovolta, rovinosamente rotolata nell'angolo di stagnola azzurra ( cielo, mare?). La donna raccoglie il bottoncino scarlatto (sette volte punteggiato di nero), lo gira e lo appoggia con la pove-

ra zampetta rotta sul palmo della sua mano grassoccia. Portandosela al cuore, alza lo sguardo e si ritrova specchiata nella bambina al di là del vetro. Una lacrima di cementit e la bete à bon dieu ferita, riprende lentamente a volare, regalando fortuna, gioia e bel tempo.
