Opera Nuova 2019-2

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© Opera Nuova

ISSN 1663-2982 ISBN 978-88-96992-27-2

100% .

1 '·I


O pe ra Nuova Rivista internazio nale di scritture e scritt ori fondata da Raffaella Castagnola e Luca C ignetti

n. 20

«I cambiam e nti climat ici»


Luca Cignetti

Direzione Andrea Afribo (Un iversità d i Padova), Sabrina Caregnato (Ginev ra), Dario Corno (Università de l Pie mo nte Orie ntale), Massimo Gczzi (Liceo Lugano 1), Gilberto Isclla (Lugano), U be rto Mo tta (Università di l'riburgo), Paolo Orvieto (U niversità di l'irc nze), Matteo Viale (Università d i Bo logna), Irene W ebcr H cnking (Cc ntrc dc Traductio n Littéraire, U niversità di Losa nna), Luca Zuliani (Università di Padova)

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A garnnzia dcl/,1 qualità di ogni fàscicolo tutti i contributi vengono sottoposti al giudizio di due revisori esterni {«blind rcfcrees")

Edizioni Opera Nuova fondate a Luga no nel 20 10


O pe ra Nuova ringrazia per il sostegno:

Repubblica e Cantone Ticino Aiuto federale per la lingua e la cultura italiana

Sostegno

MIGROS percento culturale


Indice

Sommario

7

I cambiamenti climatici Introduzione - Il caldo dentro, di Carlo Silini

11

Il convegno, di Giovanni Bruno

15

Permafrost, di Sabrina Caregnato

23

In principio era la fine - Il viaggio babelico, di Manuela Mazzi

31

Quella volta che il sole si arrabbiò, di Duilio Parietti

35

La città nel deserto, di Dario Galimberti

39

Tetrapodi, di Arianna Ulian

47

Il nemico, di Luigi La Rosa

53

Scritture su scritture Negazionismo climatico: il trionfo della finzione?, di Fabio Lo V erso

59

Evv mx0fla, di Letizia Pampana

65

Migrare per sopravvivere, di Toni Ricciardi

77

Opere Nuove Y annis imbraccia le armi, di Roberto Mc Cormick

Biografia degli autori Bando premo letterario Opera Nuova 2 0 20

105



L

J

ultimo decennio è stato caratterizzato da un 'impressionante serie di calamità avvenute ovunque nel mondo: tempeste, cicloni, nubifragi,

inondazioni, trombe d'aria, ondate di calore e di gelo, incendi schivi, siccità, sbiancament o dei coralli, tanto per citarne alcune.

bo-

In Antartide la calotta polare si sta sciogliendo a velocità allarmanti, ghiacciai di tutto il mondo stanno subendo la stessa sorte (basti pensare al Pine Island e al Thwaites, tutti e due nell'Antartid e, il cui inesorabile scioglimento porterà all'innalzam ento dei mari, o all'Okjokull, il cui funerale con tanto di targa commemorat iva destinata ai posteri è stato recentemente celebrato in Islanda}. Proprio nel momento in cui scrivo migliaia di ettari della foresta amazzonica stanno bruciando, così pure in Angola e in Congo. Il 2019 avrà probabilmente il triste primato di essere stato l'anno più caldo da sempre. Ma perché il clima è impazzito? La maggior parte della comunità scientifica ritiene che le cause siano prevalenteme nte antropiche. L'utilizzo di fonti energetiche di origine fossile, la deforestazione, la decomposizione di rifiuti, gli allevamenti intensivi di animali causano emissioni artificiali di anidride carbonica e metano nell'atmosfera. Da qui l'effetto serra che fa aumentare le temperature. Per parafrasare le parole dello scrittore americano Jonathan Franzen, la situazione del pianeta oggigiorno è quella di «un malato terminale di cancro,. Un modello di sviluppo basato sulla crescita infinita, sul consumo esponenziale a scapito dell'ambient e e della giustizia sociale, non solo è immorale ma non è sostenibile. La terra non cresce, le sue risorse non sono infinite. È un problema collettivo che va affrontato in maniera globale. Adesso.

I racconti che leggerete nella prima sezione di questo numero sono interamente dedicati alla crisi climatica e alle sue conseguenze. Si tratta di una delle prime raccolte di climate fiction, se non la prima in assoluto, pubblicata in Svizzera. Questo genere letterario, noto anche come cli-fì, indica la narrativa che esplora le conseguenze dei cambiament i climatici. Il termine era stato coniato


da Dan Bloom negli anni 2000. L'ex-giornalista e insegnante si era prefisso di sensibilizzare più persone possibile sulla la gravità dei problemi causati dal cambiamento climatico. Ma parlare e scrivere come uno scienziato non ha mai appassionato il grande pubblico, l'unica maniera per coinvolgerlo davvero è raccontare delle storie. Perché la narrativa, la fiction, oltre a far riflettere,

riesce a commuovere, a emozionare, in ultima analisi a risvegliare la coscienza collettiva.

Come lo fa notare Carlo Silini nella sua introduzione Il caldo dentro, la cli-fi è ancora poco conosciuta in Italia e in Svizzera, ma i temi affrontati invece lo

sono. Oggigiorno, la cli-fi non è più un genere fra la fantascienza e la letteratura distopica, ma si configura come una fonna di realismo profetico. La finalità rimane la stessa: raccontare un dramma ambientale senza precedenti, che riguarda tutti e davanti il quale non possiamo più chiudere gli occhi. E questo numero di Opera Nuova ci parla appunto del fallimento della democrazia di fronte all'emergenza climatica - Giovanni Bruno, Il convegno; della sopravvivenza in una Svizzera onnai priva di acqua - Sabrina Caregnato, Permafrost; dell'estinzione di massa - Duilio Parietti, Quella volta che il

sole si arrabbiò; dell'intervento di un'entità divina che bloccando le tecnologie risetta e salva il pianeta - Manuela Mazzi, In principio era la fine, il viaggio

babelico; di un mondo sommerso dai rifiuti - Dario Galimberti, La città del deserto; dell'inn~lzamento dei mari - Arianna Ulian, Tetrapodi; e di fughe disperate dalla minaccia del fuoco - Luigi La Rosa, Il nemico. Seguono tre saggi, anch'essi sul tema del cambiamento climatico: Fabio Lo Verso, Negazionismo climatico: il trionfo della finzione?, Letizia Pampana,

Iuv n:a0na e Toni Ricciardi, Migr~e per sopravvivere. In chiusura di fascicolo, per la sezione «Opere Nuove, potrete leggere il racconto Yannis imbraccia le armi di Roberto McConnick.

Sabrina Caregnato


I CAMBIAMENTI CLIMATICI



Introduzione - Il caldo dentro di Carlo Silini

s

ì, lo abbiamo letto tutti, sui giornali, che quello che ci siamo lasciati alle spalle è stato il mese di luglio più caldo di sempre. Neanche giugno scherzava. Eppure, gli articoli apocalittici sui quotidiani e i reiterati allarmi scientifici, più composti nella

forma assai meno nel contenuto, non sempre smuovono i meccanismi misteriosi della convinzione, quelli che ti fanno dire: sì, è così senz'alcun dubbio, la Terra è una caldarrosta. Deve capitare a te, al tuo piccolo ego, di sentirsi in pentola. E a me è successo. Le cose sono andate così. Esiste un momento preciso, un attimo tragico, in cui la nostra temperatura corporea supera il limite fisico e psicologico oltre il quale ognuno di noi, anche il meno cognito di cose scientifiche, può sostenere senza tentennamenti che il cambiamento climatico non è una montatura degli ecoterroristi, ma un'evidenza assoluta. E, come ogni evidenza, non va più dimostrata. È il momento in cui ti scopri a dire che non solo hai caldo - molto, troppo caldo - ma che hai caldo "dentro". Potresti anche buttarti nella galleria del vento verticale (quel tubo nel quale l'aria viene sparata da potenti ventole dal basso verso l'alto) e galleggiare com e un paracadutista in caduta dall'aereo a braccia spalancate, che fuori, sull'involucro umano costituito da pelle e vestiti, senti sì il fresco, ma dentro - dentro! - il vulcano non si spegne. A m e è capitato a Firenze poco prima di Ferragosto. Ospitato da un amico che abita in un quartiere di eleganti palazzi a ridosso del centro storico, ho sperimentato l'impotenza del soffio d'aria sulle membra accaldate "dentro", nel bollito degli organi interni, vorrei dire. Non riuscendo a dormire, un po' p er associazione spontanea di idee, un po' p erché la notizia della sua scomparsa era ancora recente, ho pensato a Camilleri. Al suo decimo romanzo, La vampa d 'agosto, in cui il com-


I CAMBIAMENTI CLIMATICI

missario Montalbano è alle prese sia col caldo sahariano di Sicilia, sia coi bollori interiori provocatigli dalle donne. Idea quasi poetica, quella delle donne che surriscaldano il clima, e niente affatto nuova. Ma poi restano le vampe del meteo. Guarda a cosa vai a pensare mentre soffri e il termometro ti guarda e ride. Parrà strano, ma nel delirio di quella notte non mi è sembrato illogico chiedermi che cosa avessi letto di "letterario" (romanzi, racconti, poesie) sul surriscaldamento del clima. Dostoevskij ha tematizzato meglio di qualunque teologo lo scandalo del dolore degli innocenti, Manzoni quello della provvidenza; Hugo la violenza della società contro i deboli, Golding il mito illusorio dell'uomo selvaggio, Kerouac la ricerca della libertà, Levi l'assurdità dell'Olocausto ... C'era, o meglio, avevo letto un sacro testo di letteratura sulle colpe e le battaglie attorno alla colonnina del termometro che schizza verso l'alto? Un romanzonecapolavoro che denunciasse, fra trame d'amore e di morte, la necessità di abbassare di qualche grado la febbre del pianeta? Forse c'è, ma confesso la mia ignoranza. No, non avevo letto nulla. Ricordavo, al contrario, una storia in senso inverso, piuttosto propensa a dipingere l'allarme climatico come una sorta di menzogna e/ o , di congiura politica. Era Stato di paura, di Michael Crichton, nel quale alcuni furboni senza scrupoli fomentavano i timori della gente comune sulla crisi dell'ambiente p er poi sfruttare lo "stato di paura" da loro generato per bassi fini privati (come vendere libri, o lucrare su inutili marchingegni "rispettosi dell'ambiente", ecc.). Non mancano, certo, prestigiose firme ambientaliste: una su tutte quella di Sepulveda nella fiaba sulla gabbianella e il gatto. O Jonathan Franzen, secondo il quale "la Terra come oggi la conosciamo somiglia a un malato terminale di cancro". E senz'altro ci saranno autori distopici che hanno inventato trame sulla crosta dei poli che si scioglie o sugli atolli che annegano nella loro acqua. Ma il libro definitivo, l'opera d'arte e di denuncia universalmente riconosciuta come il caposaldo 12 • I CAMBIAMENTI CUMATICI


I CAMBIAMENTI CLIMATICI

culturale della lotta al riscaldamento climatico per ora non c'è (o, perlomeno, io non lo conosco). La battaglia resta pre-artistica, quasi del tutto politica, nei saggi di denuncia di Al Gore, di numerosi climatologi (a cui rispondono climatologi di ·segno opposto, pochi ma tignosi), delle ONG che galleggiano sui mari di plastica o ai bordi dei ghiacciai, di una ragazzina coraggiosa e ostinata di nome Greta che accumula in egual misura like e insulti. E l'arte? Dov'è finita la sua forza rivoluzionaria? Dove si è nascosta? Tocca a lei rispondere, ora: con la poesia, la musica, la cinematografia. Con le armi invincibili della bellezza e della verità, visto che molti sembrano refrattari a quelle della ragione e della scienza. D evono scendere in campo le Muse, col loro arsenale di saggezza e seduzione, per illuminare gli artisti più bravi, i più talentuosi, quelli che sono rimasti in contatto col palpito del mondo, e trascinare le menti spente e miopi verso il disvelamento de lle cose. Ma forse, col termometro che sale, con le temperature che bruciano prati e foreste, non sanno più dove trovarsi, le Muse, in quale bosco incantato danzare e cantare immerse nella nebbia. N e siamo certi: prima o poi arriveranno libri, quadri, statue, poemi, fumetti, film e serie tv di genio che ci racconteranno le insopportabili miserie e le stragi silenziose del caldo senza fre ni. Il tempo stringe. Dateci un romanzo, un racconto, una poesia, un monologo. Uno come quelli che leggerete nelle prossime pagine, per cominciare. O, in alternativa, almeno un buon ventilatore.

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I CAMBIAMENTI CLIMATICI

Il convegno di Giovanni Bruno

Il Parlamento del Mondo è cominciato nel primo istante del mondo e continuerà quando non saremo che polvere. Non c'è luogo in cui non sia presente.'

I

l grande convegno internazionale e interdisciplinare sul cambiamento climatico globale si è t enuto al palazzo dei congressi della ridente cittadina di Veteropoli dal 7 al 9 maggio

201 9.

V enti tra scienziati, filosofi e politici di tutti i Continenti sono intervenuti esponendo il proprio punto di vista sulla situazione e sull'evoluzione del clima nel mondo. Nel presente resoconto non ci è possibile riportare per intero quanto è stato detto durante le tre giornate, ma pubblichiamo una citazione di ciascun oratore. Per le relazioni t enute in altre lingue forniamo, con beneficio d'inventario, le trascrizioni delle traduzioni simultanee. Dopo il saluto ufficiale delle autorità, il presidente del comitato organizzatore del convegno ha introdotto il pubblico al tema delle tre giornate. La relazione inaugurale è stata affidata al professor Biancosarci, biologo dell'Università di San Giusto. Eccone un breve stralcio: «Possiamo dunque concludere che l'ipertermia tende a sollecitare il ciclo biologico in modo tale che l'avanzamento dei nucleidi pirotali, almeno negli organismi inframodali, origina tutta una serie di metapentesi concatenate tra di loro m ediante l'acido artemico-bisolfurico. N e discende ovviamente che la biodevoluzione assume un ruolo leader nella frammentazione endocostitutiva.»

1

Jorge Luis Borges, Il libro di sabbia, Adelphi, Milano mento»).

20041

p.

42

(«Il Parla-

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È seguito l'intervento del professor Holiray, oceanologo dell'Università della Media Antartide, di cui proponiamo un brano significativo: <<Non si può non riconoscere che il trend al rialzo del livello equoreo comporta un addensamento ipocorticale degli strati pervasivi nelle correnti interplaccali, tale .da indurre una estensificazione subordinale delle movenze elicoidali. Risulta chiaro a tutti che l'impronta preteropzionale non può essere negletta in un'ottica aporistirica e nemmeno fomentata da un'angolatura ecletto-fisiomatica.» Ha quindi raggiunto il podio la professoressa Granetzky, meteorologa dell'Università di Maniecz, della cui relazione estrapoliamo quanto segue: «Sarebbe dunque estremamente difficile, oltre che profondamente inopportuno, tentare di confutare l'ipotesi post-accreditiva secondo cui le spire trasversali addotte in sequenze epimodali convogliano particelle endosciliche e perigraduali che predispongono l'area superfasica a una continua spinta eterogerminale destinata a disperdersi nella fascia ipocarenica delle bande azotico-depressionarie.» La parola

è

quindi

passata

al professor Oberstammer, fisico

dell'Università della Bassa Tassonia, che fra le altre cose ha pronunciato le seguenti frasi: «Nessuno potrebbe pertanto negare che la solidità delle masse transfasiche si affievolisce a mano a mano che le insorgenze cataspontiche inducono afflussi enterocratici che intaccano ipodermicamente la stabilità cronopervasiva e areai-estensiva dei materiali in oggetto. La conclusione da trarsi è che i fenomeni infraspettrali e ultrastativi assumono una funzione prettamente autoperitativa.»

È quindi salita sul palco degli oratori la professoressa Menestral, climatologa dell'Università di Palenza, che ha formulato la seguente riflessione:

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I CAMBIAMENTI CLIMATICI

«I dati supradeontici in nostro possesso ci portano a giudicare la presunta ostralescenza un fenomeno transcatodico indotto sulla base di una fraintesa caratteristica epidifrastica dei riscontri rilevati nell'ambito delle ricerche endosceniche condotte da esimi nefenologi e climatografi. Le risultanze si configurano di fatto come vere e proprie protoconcludenze da omologare in un'ottica peridispersiva.» La professoressa Serbières, chimica dell'Università dell'Alta Laurenzia, ha dal canto suo pronunciato queste parole: «Dalle reazioni osservate nella miscela di basi amenidi e acidi quastellari si possono dedurre marcate compatibilità tra elementi spontanei quali il carmenio, l'olpatrio e il pastonio, tutti già individuati nel contesto di mesoprove preanalitiche finalizzate all'individuazione di perifenomeni semisubocculti nei biotopi endobacillari approntati in vista della creazione intracostitutiva di spazi ultrafisici.» Ha

quindi

preso

la

parola

il

professor

Everslade,

astrofisico

dell'Università di Brexford, che si è espresso in questo modo: «Non v'è dunque alcun dubbio sul fatto che la circonvoluzione planetaria si inscrive entro un processo intersiderale che sottende a stratificazioni infratelluriche costituitesi in epoca recente attraverso depositi nucleostatici di materiali iporetrattili apportati alla crosta terrestre da scie ondularie formatesi nella calotta refrigera a seguito di una depressione termica coinvolgente corpi di eterogeneo assolidamento.» È

in

seguito

intervenuto

il

professor Stankorov,

matematico

dell'Università di Scelenkogrado, che ha proferito queste parole: «Ardua impresa sarebbe trovare qualcuno che potesse contraddire la dottrina metaprionica sancita in lunghi anni di esperimenti pseudoribona~ciani e similkaussiani intesi a dimostrare l'inapprontabilità delle serie a concatenazione ipocontinua e transfugante nelle teorie veteropi-

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I CAMBIAMENTI CLIMATICI

ronatesi. Sarebbe alquanto più agevole ripiegare sulla ricerca di epicircostanze indotte paulatisticamente nei circuiti aprionastici.» Dell'intervento della professoressa Van Aken, cattedratica di medicina generale all'Università degli Alti Paesi Bassi, pubblichiamo questa citazione: «Appare così incontornabile l'argomento secondo cui l'otosecrezione pancerebrale determina un acuto genostillio delle regioni citoendemiche. Detto questo, la progressione termoclastica non può prescindere dal profondamente mesotico e pronirico insorgere di quadri diagnostici delineati in funzione di una insita paranomenosi evidenziatasi a cicli protostratonici e perisequenziali.» Un altro medico, il professor Andolfino dell'Università di Cellammonte, ha fra l'altro formulato queste osservazioni: «Questo quadro clinico non può esimerci dal considerare l'epidiafasi constatata un nuovo arcifenomeno della tradizionale rotatività sferovirale solo apparentemente abbandonata a favore di pseudorisultanze scaturite improvvidamente dalla sintesi autoricettiva di paradiagnosi eterodiegetiche e ipoanalisi panorganiche. Concludiamo evidentemente che l'impostazione anticrotaliana presenta gravi lacune anisostatiche.»

È quindi stata la volta di un filosofo, il professor U mburu dell'Università di Okolele, della cui relazione ricordiamo il seguente estratto: <<L'astrazione trascendentale di cui abbiamo definito i contorni generali e particolari si configura dunque come una pseudo-ancillometria prolettica dagli effetti comparabili, mutatis mutandis, a quelli osservati nell'approccio olistico-sottosferico proposto dalla scuola neolacedoniense in epoca tardo antica. Dobbiamo dedurne che l'entrofizzazione permeante potrà ripercuotersi solo perifericamente.»

18 •

I CAMBIAMENTI CUMATICI


I CAMBIAMENTI CLIMATICI

Di un altro filosofo, il professor Ho Mai Chin dell'Università dell'Asia Superiore, riportiamo la seguente citazione: «Sulla scorta di questi assunti e presupposti, la prospettiva conoscitivo-induzionale non può non tenere conto della consustanziale eterogeneità attestata nelle diverse correnti esaminate, poste sotto il t etto comune della pseudo-endopatristica di stampo neoarcadico. Non sbaglieremo quindi nel ritenere l'accavallarsi di tesi apologetiche un fenomeno da attribuirsi all'instillo di ele menti adiafori nella paradiametistica antidioscurale.» La filosofa Caminius, professoressa all'Università di Ursala, si è rivolta al pubblico con queste parole: «Consentitemi dunque di evidenziare l'ecletticità pandisciplinare che caratterizza il metodo endosferico appena abbozzato, intriso della linfa protocautelare fuoriuscita in concomitanza con l'insorgere del criterio sovraideologistico che domina la scena da quando l'ottica visualcognitivistica si è scontrata con l'approccio sensitivo-concettualistico emerso in ordine al metafisiologismo regnante.» È dunque intervenuto il filosofo Andelecker, professore alla Regia

Università Saturanense, che ha enunciato quanto segue: «La tentazione preaporistica di convalidare a pieno titolo la correlazione interperitale tra inferenze ipernomiologiche ed evidenze pseudoprotelluriche è vanificata epitonicamente da nuove emersioni infracaudali finalizzate all'isotermiplania corale degli stratolivelli induttivi consolidati. N e risulta che la considerazione poliapprocciativa dei fenomeni esperibili deve prescindere da ogni e qualsiasi noùmeno conoscibile.» L'ultimo filosofo a prendere la parola, il professor Dos Senheros dell'Università dell'Amarsonia, si è espresso in questi termini:

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I CAMBIAMENTI CLIMATICI

«La conseguenza logica della dinamica appena delineata consiste nell'incorporazione precaliniana delle strategie di autoreperibilità all'impianto tetrapolistico dell'invalsa sottosegmentazione pseudocongetturale cui hanno fatto capo le t eorie androtetiche sviluppatesi sulla scia dei diffusi insegnamenti post-epifanici contrastati con veemenza dalle pregresse concezioni periescatologiche.» La parola è dunque stata ceduta alla prima ministra della Bortania, Jovana Karticek, che fra le altre cose ha detto: «Le regole della democrazia impongono una considerazione incondizionata e inappellabile delle circostanze contestuali verificat esi a seguito dell'improvviso e inatteso emergere di fatti ascrivibili indubbiamente alle nuove forme di convivenza fra i popoli e le comunità degli Stati impegnati in una inst ancabile e indefessa lotta contro le ingiustizie del secolo nostro e di quelli passati.»

Le ha fatto eco il presidente della Sveconia, Andris Plaugus, esprimendo fra l'altro questo pensiero: «Il coraggio civile è una condizione assoluta della nostra azione politica impregnata di abnegazione e solidarietà, valori imprescindibili, irrinunciabili e inderogabili del nostro essere umili servitori della cosa pubblica, che onoreremo sempre con disinteressato e altruistico impegno e vigorosa e coerente applicazione, in favore del benessere della nostra popolazione e a tutela del contesto naturale in cui vive.» Di un altro intervento di un rappresentante del mondo politico, il ministro degli affari esteri del Parmenistan, Cotinas Albenilis, riportiamo queste parole: <(Le misure adottate dai governi in ottemperanza al precetto morale del buon vivere dei cittadini si affermano incondizionatam ente alla stregua dei provvedimenti già posti in essere per allinearsi agli obiettivi

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I CAMBIAMENTI CLIMA TIC!

globali concertati e ribaditi in occasione dei congressi inte rcontinentali organizzati preventivamente nello spirito di condivisa vicinanza che da sempre distingue il nostro operato.» D el discorso della ministra dell'ambiente della Surlandia, Ytzben Kerusin, proponiamo il seguente brano: «Gli sforzi profusi dai governi per preservare le risorse naturali collidono con il contegno di fondo di quanti, insaziabili, esigono un'azione a oltranza che altro non farebbe che neutralizzare i risultati acquisiti con esemplare dedizione mettendo in campo strumenti e programmi scaturiti da circostanziate analisi meteorologiche, climatologiche, paesaggistiche, territoriali, ambientali.» D ella relazione finale del convegno si è fatto carico il primo ministro del Paese ospitante, Astorre Deconfalonieri, che ha rilasciato la segu ent e dichiarazione: «Uditi i vari interventi di queste tre giornate possiamo e dobbiamo essere fiduciosi e credere nella volontà del mondo scientifico, filosofico e politico di intraprendere tutto il possibile affinché la situazione e l'evoluzione del clima nel mondo godano della dovuta attenzione. La chiarezza espositiva delle pur specialistiche relazioni ci conforta e si fa premessa assoluta di una convergenza operativa di tutti gli attori.»

A conclusione del convegno, a mo' di momento conviviale, i partecipanti hanno assistito all'esibizione di un noto comico. Dopo aver proiettato, in assoluto silenzio e senza musica di sottofondo, un filmato con catastrofi dovute al riscaldamento climatico, l'artista ha scandito lentamente e con tono serio queste parole: «Se la temperatura generale della terra sale, i ghiacciai si sciolgono e fanno affluire nei mari enormi masse d'acqua che i bacini non possono contenere, dando così luogo ad alluvioni e catastrofi umanitarie.»

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I CAMBIAMENTI CLIMATICI

Il pubblico è scoppiato in una fragorosa risata e ha premiato l'esibizione del comico con un lungo applauso. L'organizzatore del convegno ha ringraziato l'artista e, con il manifesto avallo dei presenti, compiaciuti e annuenti, ha affermato: (<Questo esilarante siparietto è il congruo finale di quest e tre giornate caratterizzate da scenari cupi, tristi, sì: apocalittici. Fare dell'ironia no n è certo facile, specie su simili temi, ma il nostro ospite ci è riuscito magnificamente. Detto questo, dichiaro chiuso il convegno.»

22 • I CAMBIAMENTI CLIMATICI


I CAMBIAMENTI CLIMATICI

Permafros t di Sabrina Caregnato

Svizzera,

«T

2025

i prego stai zitto», sussurrò Luca, tenendo stretto l'amico. Si appiattirono contro il muro del cavalcavia. Da sopra si udivano le urla concitate.

Non era ancora sera, ma la fame spingeva i più disperati a uscire per cercare qualcosa da mettere sotto i denti e, soprattutto, qualcosa da bere. L'acqua scarseggiava e il Le mano si stava prosciugand o. Al suo posto, era rimasta una voragine melmosa. Sembrava un cratere. Bisognava scendere almeno 350 metri pe r trovare un po' d'acqua. Dapprima l'esercito aveva presidiato tutto il perimetro del lago per evitare che la gente andasse a rubare quell'oro liquido, indispensabile alla sopravviven za. Poi la temperatur a era salita ulteriormen te e i militari erano spariti. Morti, uno dopo l'altro. Cadevano a terra in preda a convulsioni e vomito: i volti rugosi, pieni di vesciche, gli occhi essiccati. N el giro di qualche ora sembravano mummie. Proprio come quelle che Luca aveva visto al museo egizio di Torino, cinque anni prima. Ce lo aveva portato la nonna. Luca si ricordava ancora di quella gita: quanto si era divertito! Aveva imparato che gli antichi egizi veneravano gli animali, e quindi gli erano stati subito simpatici perché anche lui amava gli animali. Poi la nonna gli aveva spiegato che la divinità egiziana più importante e più potente, una sorta di supereroe invincibile, era Ra, colui che tutto crea. Ra, che a un certo punto aveva cambiato nome diventando Amon-Ra, era il Dio supremo, cioè il re de i re. Aveva regalato agli uomini luce, prosperità e calore. In cambio però, aveva chiesto che tutto il creato fosse rispettato e protetto. «V edi Luca, l'occhio di Amon-Ra ci osserva dal cielo da milioni d'anni. È quel disco luminoso che noi chiamiamo sole.» Aveva concluso l'anziana.

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I CAMBIAMENTI CLIMATICI

Luca intanto ascoltava tutte quelle spiegazioni senza fiatare. Era un bambino c urioso e intelligente, dalle idee molto chiare: da grande avrebbe fatto il vete rinario e avrebbe salvato tutti gli animali. Ma e rano cambiate tante cose da allora. La temperatur a aveva cominciato a innalzarsi ovunque. Era evide nte che ci fosse qualcosa di anomalo. Intanto i capi di stato continuavan o a litigare per stabilire di chi fosse la colpa e chi dovesse rimediare. Ma siccome non riuscivano a m ette rsi d'accordo, rinviavano qualsiasi decisione alla conferenza successiva. Durante quelle colossali e interminabi li assemblee c'era chi accampava scuse, chi sosteneva che andasse tutto bene, chi dormicchiav a postando foto su Facebook, chi sbraitava che l'economia non poteva permettersi di ridurre i gas. Quelli che invece volevano agire erano sempre in minoranza. Gli studenti erano scesi in piazza ovunque nel mondo, e le proteste erano diventate sempre più pressanti. Allora erano state votate le leggi

intellettuali. Per non creare allarmismi, scienziati e giornalisti erano stati m essi a tacere. Una sorta di censura p er evitare disordini. E poi era arrivato quel famoso inverno. Il punto di non ritorno. A gennaio, sulla calotta sommitale del Monte Bianco, la temperatura superava i 30 gradi. A partire da quel momento tempeste violentissime si erano alte rnate a giornate di caldo torrido. A marzo si sfioravano già i 45 gradi. Progressivame nte si erano estinte tutte le specie animali, anche quelle da allevamento . Gli animali da compagnia erano diventati una rarità. Senza insetti, la vegetazione si era diradata fino a sparire e con essa i fiumi, i laghi, le fonti. L'acqua potabile scarseggiava. Luca si ricordava bene di quell'anno. Canicolare, a dir poco.

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I CAMBIAMENTIC UMATICI


I CAMBIAMENTI CLIMATICI

La nonna era morta, le scuole erano rimaste chiuse e durante il giorno non si poteva più uscire. E lui non aveva potuto frequentare la quarta elementare. Gli era dispiaciuto, soprattutto perché doveva starsene tappato in casa. Per fortuna almeno poteva giocare con Spark, il suo jack russel. E c'era Mister White: il gatto bianco della mamma. I suoi genitori facevano finta di niente, ma Luca sapeva che erano preoccupati, e pure lui aveva paura. Tanta paura. Ogni mattina, appena sveglio sentiva un peso sul petto che gli impediva di respirare. Allora ripensava alle parole della sua cara nonna: «Sei un bambino speciale, Luca, ricordatelo sempre.» Lui non capiva esattamente che cosa volesse dire. Ma la dolcezza di quel ricordo bastava a rifrancarlo.

Tutto era cambiato. Non ci si poteva più lavare: dai rubinetti non usciva più una goccia d'acqua e quella in bottiglia era razionata per bere. Nel giro di qualche giorno, in famiglia puzzavano tutti e dopo qualche settimana i capelli erano diventati come quelli degli uomini delle caverne. I denti di papà erano ormai giallognoli, con delle m ezzelune marroni all'attaccatura delle gengive. Per forza di cose, non si baciava più nessuno, nemmeno per la buonanotte. Si mangiava una volta al giorno perché il cibo scarseggiava. La mamma dava le porzioni più abbondanti a Luca e lui di nascosto, nonostante avesse sempre fame, metteva qualcosa da parte per Spark e per Mister White. Il caldo era insopportabile e si cercava di dormire durante il giorno, ma il sudore rendeva tutto appiccicoso. I vestiti, oltre a essere troppo larghi, erano nauseabondi. Per casa si girava con un pezzo di lenzuolo arrotolato attorno alla vita. Di notte i genitori andavano a lavorare e Luca restava da solo.

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Per i primi mesi gli era sembrato divertente. In seguito era mancata l'elettricità e con essa la televisione, il telefonino, il computer, il frigo, la Playstation. Insomma non funzionava più niente e la città era al collasso. I mezzi di trasporto non circolavano più. Col passare del tempo la situazione era peggiorata. I genitori non uscivano quasi più e in famiglia si cercava di sopravvivere dando fondo alla dispensa: cibo in scatola, cracker, biscotti. Una sera Luca, origliando alla porta del salotto, aveva sentito il papà sussurrare: ((Domani, uccidiamo il gatto.» La mamma era scoppiata in lacrime: ((Sei ammattito?» «Dobbiamo pur mangiare qualcosa!» «Sss, ci può sentire.» In quel momento, Luca si era reso conto che la vita era finita. C ioè la vita come l'aveva vissuta prima dell'inverno

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Stava per scoppiare a piangere quando un pensiero terrificante lo aveva assalito: dopo Mister White i suoi avrebbero ammazzato Spark. Decise di scappare di casa. Quella sera preparò il suo zainetto: vi infilò un pacchetto di merendine, le ultime crocchette del cane e una borraccia d'alluminio riempita d'acqua. Esitò a lungo, non era mai uscito da solo e t em eva di perdersi. Mentre i genito ri parlottavano in salotto, Luca era rimasto nella sua cameretta. Infine esausto si era addormentato. La mattina seguente, si persuase di aver sognato. Si alzò e girovagò nell'appartamento semibuio con il cagnolino che lo seguiva scodinzolando. La luce del sole filtrava dalle tapparelle. «Mamma, mamma?» N essuna risposta. «Mamma, dov'è Mister White?» Niente. Si diresse in cucina ma la porta era chiusa a chiave. «Mamma, apri!» Iniziò a gridare sferrando calci e pugni al riquadro in PVC. Da diet ro Spark, abbaiava per dare manforte. 26 • I CAMBIAMENTI CLIMATICI


I CAMBIAMENTI CLIMATICI

Fu il padre ad aprire. «Papà, dov'è Mister White?» Urlò, sull'orlo delle lacrime. L'altro senza guardarlo lo rimproverò. Dal tono della voce si capiva che era scocciato: «Smettila di fare i capricci e vieni a mangiare !» Il bambino non si mosse. Incrociò le braccia sul petto e raddrizzandosi chiese: «Dov'è Mister White?» A quel punto si avvicinò la madre, strofinò le mani sul gre mbiule prima di accarezzargli la t esta: «Mister White è scappato, adesso p erò vieni a mangiare. C'è anche una sorpresa per Spark.» «Una sorpresa?» Fece eco dal basso il bambino, non ancora del tutto convinto. «Sì, ci restava della carne in scatola. H o spolpato le ossa, le daremo a lui.» Luca spalancò gli occhi t errorizzato: era tutto vero! I suoi erano degli assassini, dei cannibali. Doveva assolutamente scappare. Le voci si erano finalmente allontanante. «Vieni Spark, andiamocene.» Il bambino mise il jack russe! sotto la maglietta lacera e iniziò a correre verso la foresta. Ciò che Luca chiamava foresta era una serie di casermoni in rovina. Sotto alle macerie, al riparo dal sole, si riusciva a sopravvivere. In fondo a un cunicolo, il bambino aveva costruito un piccolo rifugio. Anche quel giorno non c'era un filo di vento e la t emperatura, nonostante il sole stesse tramontando, sfiorava i cinquanta gradi. Stando ben attento a non farsi vedere, Luca rasentava i muri. Aveva molta sete e si sentiva le gambe molli. Spark, da sotto la t-shirt, continuava ad ansimare con la lingua a ciondoloni, nel vano tentativo di raffreddarsi. Per fortuna qualche giorno prima, razzolando fra le rovine di un supermercato, il bambino aveva trovato sei bottiglie d'acqua Aproz, ancora imballate nella plastica. Il peso di quel t esoro superava di gran lunga le sue forze, ma la disperazione e soprattutto l'amore per l'amico

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I CAMBIAMENTI CLIMA TIO

peloso, lo avevano aiutato nell'impresa. Dopo tanta fatica e tante sost e, era riuscito a portarle fino al nascondiglio. Luca raggiunse l'autostrada ~ tenendo il cane ben stretto s'infilò in un valico creato dall'interruzione del guardrail. Mentre attraversava le corsie, le suole delle sue Nike s'incollavano al catrame bollente. Era peggio che camminare sul chewing-gum! Spark si era già ustionato i cuscinetti delle zampe e da allora il bambino lo portava sempre in braccio. Gli sarebbe piaciuto trovargli delle scarpine da cane, ma non sapeva nemmeno dove cercarle. Attorno c'erano solo rovine, calcinacci, detriti, plastica... «Adesso ci siamo, Spark», borbottò per consolarsi. Il caschetto da bici rosa che indossava, non bastava a proteggerlo dal sole cocente. Lo aveva trovato frugando nell'immondizia. Gli era piaciut o soprattutto per i disegni di H ello Kitty che gli ricordavano il povero Mister White. Il bambino strizzò gli occhi. In lontananza, le macerie apparivano d istorte con i bordi sfum ati. Scavalcò l'altro guardrail, facendo ben attenzione a non scottarsi sul metallo reso rovente dal sole. Con cautela iniziò a scendere in diagonale lungo la scarpata. Ogni passo faceva franare

il t erreno, innalzando una nuvoletta di polvere rossastra. Di tanto in tanto, Luca si fermava per riprendere fiato. Tutto quel silenzio era opprimente, ma perlomeno era riuscito a seminare i pennafrost. Sì, perché quelle creature orribili, lui le aveva soprannominate così. Non sapeva esattamente cosa fosse il permafrost, ma quel nome gli piaceva. Sembrava una marca di gelato e lui andava matto per il gelato. Inoltre, quando c'era ancora l'elettricità, Luca aveva sentito al telegiornale che il permafrost d~lla Siberia si era sciolto rilasciando dei batteri mortali. Quella notizia lo aveva spaventato così tanto da impedirgli di dormire. Quanto t empo restava prima della fine del mondo? La mamma aveva cercato di consolarlo spiegandogli che erano solo teorie e che lui no n doveva più pensarci perché era solo un bambino.

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I CAMBIAMENTI CLIMATICI

«Ma allora, mamma, chi deve pensarci?» Aveva subito obiettato, insospettito. «Tu, non ti devi preoccupare, ci penserà qualcun'altro. E comunque quelle cose non esistono.» Quella risposta però non lo aveva convinto. Secondo lui, se tutti aspettavano che fosse qualcun altro ad agire, nessuno avrebbe fatto niente. Luca sospirò, adesso aveva la certezza che la mamma si fosse sbagliata. I permafrost esistevano, ecco me! Erano fuggiti dalla Siberia e volevano uccidere chiunque gli capitasse sottomano. Un po' come gli zombie, ma molto più brutti: pieni di bolle e vesciche. E puzzavano di cadavere. Ma come erano arrivati in Svizzera? E come mai sembravano esseri umani? La nonna gli aveva insegnato che i batteri erano piccoli e invisibili, e quindi? Perché quelli della Siberia erano così grossi? Comunque fosse, i permafrost erano cattivi, e quindi era meglio non farsi catturare. «Sono stanco, m ettiamoci qui.» All'ombra di un cartellone pubblicitario divelto, c'era un mucchio di rifiuti. Il bambino appoggiò il cane sulla montagnola e raspando coi piedi si fece una piccola conca dove sedersi. Spark, col muso puntato a terra, si mise a frugare fra i sacchetti di plastica, in cerca di chissà quale bocconcino. Luca invece meditava. Dove andare? Non sapeva neppure dove fossero. La notte in cui era fuggito aveva imboccato l'A1. L'unica strada dritta e larga che conoscesse. C i era già passato in macchina con papà, quando erano andati a fare una gita in montagna. Dopo ore di viaggio avevano imboccato una salita tutte curve. Lui se lo ricordava bene perché gli era venuta la nausea. Arrivati in cima però, era stato bellissimo! Aveva visto i giganti verdi. Pochi, ma così maestosi e imponenti. E l'aria era leggera e non grattava i polmoni a ogni respiro. Profumava di natura. Papà gli aveva spiegato che un t emp o esistevano i parchi anche

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in città, ma poi erano stati tagliati per costruire strade, uffici, appartamenti, centri commerciali, fabbriche . .. Luca sorrise. Adesso era stremato, ma almeno aveva deciso dove andare. Sarebbe tornato in montagna. Forse lassù c'erano ancora gli alberi. Forse lassù c'era ancora la vita. ((Spark, vieni. Andiamo via . .. Qui non c'è più niente da fare.»

Caro lettore, Il racconto tennina qui. Lascio a te decidere come andrà a finire davvero. Ginevra,

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26 giugno 20191

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In principio era la fine - Il viaggio babelico di Manuela Mazzi

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n principio c'era il verbo, un unico verbo, poi venne il crollo della torre di Babele con la moltiplicazione delle lingue e la separazione delle genti che si stabilirono nel mondo - e mica

L'avete capito che non era una cosa brutta, ma un aiuto, voi e Le vostre interpretazioni - dunque giunse la bestia dal mare - quella portata da voi, per intenderci - che fu infine distrutta dalla tempesta di fuoco, e speriamo bene.

È che fin quando eravate in due, bisogna essere onesti, non vivevate mica male, dai, dice Qfwfq*, allacciandosi i sandali. Lasciamo perdere per un attimo il bel giardino, anche con il libero arbitrio per un po' ve la siete cavata. Ché un verbo solo era per tutti, ma quaggiù c'era poi poca gente. E non dite che non assomigliava al giardino originale quello che vi siete trovati a camminare. Ecco, si può sapere perché invece di ingegnarvi, con quel cervello lì, dicevo, si può sapere perché avete cominciato a camminare per facilitarvi la vita altrove, quando avevate la possibilità di far crescere la vostra terra? Intendiamoci, liberi di fare quello che volevate, ma con tutta quella enorme e rigogliosa ricchezza di natura - che Madre, quella donna! dicevo, con tutto quel bendidio, come dite voi, con cui convivere e vivere, una tetta da vacche grasse, ecco, io proprio non capisco dove stia la ragione del vostro abbandono; non si dovrebbe mai abbandonare una madre. È iniziata così: con un primo passo, che poi li avete chiamati esodi, scoperte, conquiste, emigrazioni e per finire viaggi, l'ultimo dei più devastanti giochi umani, sbuffa Qfwfg spolverandosi il saio con due manate. Che non so cosa stia facendo più vittime, se le guerre del passato o l'inquinamento di oggi.

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I CAMBIAMENTI CLIMATICI

S'era detto: «andate e moltiplicatevi», porca distruzione\ non «andate e conquistate altri luoghi, magari uccidendo qualche vostro simile», non «andate per cieli e mari e via terra e viaggiate fino alla rovina». E invece no. Vi è stata donata la terra, ma avete voluto dominare anche i mari e poi i cieli, dice Qfwfq mentre stacca da un rovo una bacca zuccherata ancora tiepida del calore del sole e se la mette in bocca. Vi è piaciuto tanto, eh?, cavalcare le acque e le nuvole come doveva poter fare solo un re! Il mare. Il mare è sempre stato fratello del cielo; la sua bestia, il nemico peggiore. Simbolo di caos e ribellione. Dal mare arrivarono i romani in Palestina, chiedendo ai loro simili di onorare i loro imperatori come divinità. In quel luogo dove fu eretta la Torre degli uomini-dei l'avete fatta grossa, brutti sciocchi, dice Qfwfq sputando per terra per inumidire un germoglio secco, che riprende subito il suo bel colorito verde chiaro. Non perché offendesse la vostra presunzione, ma perché la vostra presunzione rischiava di mettervi in pericolo. Anche Babele, alla fine, diventò arida per i troppi passi che la calpestarono. Per questo sono state sparpagliate le genti, ma santiddio di mio padre, ditemi voi: non vi siete accorti che v'ho cambiato la pelle adeguandola a precisi climi e zone terrestri? Non vi siete accorti che v'ho cambiato la lingua così da non permettervi di comprendervi per tenervi separati e non far casini? Non vi siete resi conto che forse l'avevo fatto per farvi smettere di viaggiare e andare a conquistare terre e genti che non vi appartenevano? Avevo appena diviso le terre emerse mettendoci in mezzo gli oceani, e già pensavate a inventarvi le navi! Non vi siete accorti che v'ho dato un'intelligenza non per distruggere ma per creare vita? Non vi siete accorti che stavate sempre più smettendo di far figli, ma continuavate a costruire macchine mortali? Non vi siete accorti che - cocciuti che non siete altro - per alimentare la curiosità e desiderio di conquista, con quei vostri giochini come le auto, i treni, le

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I CAMBIAMENTI CLIMATICI

navi, gli aerei, l'elettronica, vi stavate avvelenando l'aria, ma anche mari e la terra prima ancora? Ai tempi di Babele bastò intervenire sulla lingua, ma questa volta l'avete fatta davvero grossa, molto di più, ma sì che lo sapevate anche voi, dai, non negatelo: serviva resettare il mondo intero, altrimenti sarebbe morto lui e voi con lui, dice Qfwfq, prendendo in grembo una piccola fenice da allattare. «E vidi salire dal mare una bestia ( ... ) faceva sì che a tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e servi, fosse posto un marchio sulla loro mano destra o sulla loro fronte, e che nessuno potesse comperare o vendere, se non chi aveva il marchio o il nome della bestia o il numero del suo nome. Qui sta la sapienza. C hi ha intendimento conti il numero della bestia, perché è un numero d'uomo; e il suo numero è seicentosessantasei.» Era tutto già scritto, ma speravo di non dover intervenire io, non di nuovo. È così difficile crescere dei figli. Ho paura, per esempio, che anche spiegandovelo, ancora non l'abbiate capito, vero?, dico non avevate idea di cosa dicevano le scritture; e forse nemmeno adesso ne avete contezza. Ditemi: vi siete resi conto di quello ch e è accaduto? Sono trascorsi anni, dice Qfwfg, appoggiando la punta del suo bastone lungo un arido campo incavato nel suolo che si riempie di fresca acqua trasparente e agili pesci. Il numero sei in ebraico è scritto come una doppia «V», cioè «IVIV». Ripetete per tre volte il numero sei, e otterrete il numero della bestia: <<www»! Vi dice niente? Questo è il numero con cui l'uomo ha marchiato poveri e ricchi, piccoli e grandi, in modo che nessuno potesse comperare o vendere senza il suo nome. Una bestia che ha avvicinato tutte le genti di tutto il mondo, facendo esplodere il senso ultimo del viaggio, che è da sempre conoscenza oltre che conquista. E la bestia, di nuovo, era venuta dal mare, con i suoi str.iscianti e potenti cavi che collegavano i cinque continenti, abbatten-

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do i limiti della disuguaglianza e riunificando il linguaggio in un solo verbo. Ora lo capite? Sono stato costretto, dice Qfwfg, a far «scendere fuoco dal cielo sulla terra in presenza degli uomini», solo una tempesta solare poteva distruggere la bestia. Perché continuate a isolarmi, a cacciarmi dai vostri cuori, a insultare il mio nome, quando ho solo cercato di salvarvi? Ma che ne sapete voi, che son trascorsi ormai due generazioni e siete ancora impauriti. Da quando ho fermato il mondo di colpo, da quando l'intero sistema di connessioni è andato in cortocircuito, sembra essersi fermata la vita di tutti. Voi avete smesso di viaggiare, se non a piedi, in bicicletta o a cavallo, ma che non vi bastano; vi siete ritrovati troppo disorientati senza una meta da raggiungere e con tanto tempo immobile. Da quando tutti i mezzi di trasporto hanno cessato di inqui. nare, però, la terra ha ripreso a respirare e un giorno ve ne renderete conto. Siete salvi, ancora una volta. Certo, c'è ancora molto da fare, dice Qfwfg, lo so, c'è davvero molto da fare per ricostruire tutto, ripete Qfwfg dando una carezza a ognuno dei suoi otto miliardi di figlioli, ma c'è tempo.

Qfwfq è un personaggio che torna in più racconti di Italo Calvino, come ad esempio ne «Un segno nello spazio,. Lo stesso personaggio è stato poi ripreso nel racconto «Acqua, di Giulio Mozzi. Il presente breve racconto è dunque un tentativo di omaggio per il personaggio, e verso i due autori. Entrambi i racconti qui citati si trovano liberamente in rete.

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I CAMBIAMENTI CLIMATIC!

Quella volta che il sole si arrabbiò di Duilio Parietti

G

ippe_r, la vecchia leonessa, si stese appoggiand osi alla nuda roccia. La pelliccia, tanto tempo prima folta e luminosa, era ora ispida e grigiastra. A chiazze si intravedeva la pelle dall'aspetto

malaticcio. Sul muso, una volta fiero e superbo, spiccavano ora due occhi infossati e stanchi. Pinta, il nipote, le si fece vicino. «Dai nonna, raccontami una storia!» le disse. «Lascia stare la nonna, non vedi che è stanca?» gli gridò Kasper, il padre, dall'altro capo della caverna. «No, non preoccupar ti», fece la vecchia leonessa, quindi si rivolse al nipote, «allora, vediamo un po', ti ho mai raccontato della prima volta che andai a caccia di gazzelle?» «Noooo», urlò elettrizzato il leoncino. «Era un'estate molto calda, e da poco avevo compiuto il mio primo anno di vita», cominciò Gipper con voce affaticata, «io ero ancora inesperta. Sino ad allora non mi era mai stato pe rmesso partecipare a una battuta di caccia. A quei tempi il nostro branco era capitanato da Farfù, un leone robusto, vigoroso e bellissimo. Aveva una criniera così folta e lucente che sembrava intessuta di fili d'oro, quattro zampe forti come tronchi d'albero e un olfatto capace di fiutare una preda a chilometri di distanza. Non c'era leonessa in tutta la savana che non andasse pazza per lui.» Il leoncino pendeva dalle labbra della nonna, ascoltandola attento, senza muovere un solo muscolo. <<Quel mattino Farfù mi venne vicino e disse: «Gipper ormai sei grande», la vecchia leonessa interruppe il racconto e si grattò il collo.

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Un ciuffo di peli grigiastri si staccò, svolazzò in aria qualche istante e andò a posarsi per terra. Per un momento si rivide giovane, con la pelliccia folta e lucente. A quel ricordo una lacrima si formò all'angolo di un occhio. Lei la ricacciò indietro e riprese il racconto, «oggi andrai a caccia di gazzelle con le leonesse adulte». «Nonna», lo interruppe Pinta, «che animale è la . . . galella?» La vecchia leonessa sorrise, mostrando una bocca ormai priva di denti. Quante volte si era sentita rivolgere quella domanda dai leoni più giovani? «Gazzella, si chiamava gazzella. Era un animale elegante e veloce, velocissimo. Un tempo la savana ne era piena, ma poi. .. sono scomparse anche loro. Era bellissimo vederle correre. Lo facevano in maniera così elegante e lesta che spesso riuscivano a sfuggire anche alle leonesse più forti e veloci.» «Cos'è successo?», incalzò il giovane leone, «perché se ne sono andate?» Ancora una volta alla vecchia Gipper si inumidirono gli occhi. La mente si perse in quei giorni ormai lontani. Ricordò le corse nella savana, le mille avventure vissute con le sue sorelle, i tanti animali che in perfetto equilibrio vivevano in quei posti un tempo ospitali, accoglienti e così ricchi di vita. «Nonnaaaa, cos'è successo alle ... gazzelle? Perché sono andate via?» La voce del nipote la riportò alla realtà, così diversa da quella di una volta. «Non credo se ne siano andate via», rispose, «penso piuttosto che . .. sempliceme nte oggi non esistano più. Anni fa e rano talme nte numerose che quando correvano alzavano una nuvola di polvere così fitta da nasconderle, poi nel giro di qualche tempo hanno iniziato a farsi sempre più rare, sino a sparire .. . » «Come le zebre e i licaoni?» la interruppe ancora una volta il giovane e curioso leoncino,

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«E come le giraffe e i facoceri, le iene e gli impala, i bufali e gli elefanti, le aquile e gli ippopotami, e tutti gli animali che erano il nostro cibo ... » «Ma perché ora non ci sono più nonna Gipper?» «Vedi Pinta», rispose la vecchia leonessa, con un groppo che andava annodandole la gola, «quando io ero giovane esisteva anche un altro animale, veniva chiamato uomo. Camminava su due zampe, ma il più delle volte si muoveva su strani esseri di ferro, che lasciavano dietro del fumo nero e puzzolente. La savana ne era piena, li vedevi ovunque, e quel tanfo infernale ammorbava l'aria. Era una bestia strana l'uomo.» «Nonna, l'uomo era cattivo?» «Sì, Pinta, l'uomo era un animale cattivo.» «Però», lo interruppe per l'ennesima volta il giovane leone, «non ho capito cosa c'entra questo animale che camminava su due zampe con la sparizione delle .. . gazzelle e degli altri animali della savana.» «Ora ci arrivo Pinta, solo un attimo di pazienza. Ti dicevo che l'uomo raramente si muoveva con le sue zampe, ma lo faceva con quegli animali che puzzavano, e ti dirò di più: era anche capace di volare . . . » «Come gli uccelli?» «Sì, ma anche in cielo l'uomo volava su animali di ferro che sputavano dell'orribile fumo ... » «Nonna, erano numerosi gli uomini?» «Oh sì. Farfù raccontava che erano tanti, tantissimi. Più numerosi delle formiche di un formicaio, e tutti si muovevano con quegli strani esseri puzzolenti.» «Ancora non capisco», sbottò Pinta irrequieto. «Vedi», riprese la nonna paziente, «come siamo magri e malaticci? È tutta colpa del cibo che mangiamo. Oggi siamo costretti a cibarci di topi e di qualche insetto, perché gli animali che inseguivamo un

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tempo, e che rappresentavano il nostro sostentamento, non ci sono più.

È il caldo, il troppo caldo che li ha fatti scomparire. Oggi possiamo andare a caccia solo di notte, perché di giorno fa troppo caldo e rischiamo di morire. Il nostro re ci diceva che la colpa di tutto questo era dell'uomo, che ha fatto arrabbiare il sole con tutto il fumo e la puzza che ha mandato nel cielo. Così, un giorno il sole si è vendicato, e ha deciso di diventare più caldo ... » Per un attimo nella caverna calò il silenzio. Dagli occhi di Gipper qualche lacrima, ormai non più trattenuta, cadde sulla rada pelliccia smunta. Pinta fissava il vuoto, quasi cercasse una risposta a un quesito che lo tormentava. Poi guardò la nonna negli occhi, «E gli uomini», disse al fine, «dove sono adesso?» Gipper si asciugò le lacrime con una zampa e sorrise: «Credo se ne siano andati anche loro ... per sempre!»

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I CAMBIAMENTI CLIM ATIC!

La città ne l deserto di Dario Galimberti Dove portino ogni giorno il I.oro carico gli spazzaturai nessuno se lo chiede: fuori dalla città, certo; ma ogni anno la città s'espa nde, e gli immondezzai devono arretrare più lontano; l'imponenza del gettito aumenta e le cataste s'innalzano, si stratifica no, si dispiegano su un perimetro più vasto. Italo Calvino, Leonia, Le città invisibili

N

ell'anno

2020

le Nazioni Unite approvaron o il progetto Leonia.

Le politiche internazion ali sulla diminuzion e dei rifiuti e sul riciclaggio si erano rilevate fallimentari . L'UNEP (U nited N a-

tions Environme nt Programme) fu smantellato . Le nazioni all'avanguar dia in quell'ambit o, come la Svizzera, l'Austria, la Germania, e l'Olanda si arresero. La logica del profitto prevalse sulla necessità di salvaguarda re le risorse del pianeta. Una commissione di esperti internazionali - già all'opera dal

2016 -

propose un progetto radicale per

la raccolta di tutti i rifiuti della terra. L'idea della Commissio ne W ok era semplice e si basava sullo slogan: all in one. Un unico luogo dove collocare i rifiuti, controllabile e gestibile in m aniera razionale e sicura. La gestione sarebbe stata affidata in maniera ciclica alle nazioni appartenen ti all'ONU, le quali avrebbero potuto disporre dei metalli preziosi e quant'altro estraibile dai rifiuti. settembre del 2020 C harlie W ok, presidente della commission e omonima, presentò il rapporto al palazzo delle Nazioni Unite a N ew Il

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York. Dopo scrupo lose analisi di numerosi siti del pianeta, la commissione decise che Leonia sarebbe sorta nel deserto del Sahara. Duecentocinquanta mila chilometri quadrati tra la Mauritania, il Mali e l'Algeria: un'area grande quanto il Regno Unito. Quattro assi sugli

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I CAMBIAMENTI CLIMAn e,

oceani e sui mari avrebbero garantito un adeguato collegamen to con tutte le nazioni del mondo.

- Asse r: Oceano Atlantico sud, porto di Abidjan, Costa d'Avorio. Collegamento con l'America del Sud e l'Africa sub equatoriale. - Asse

Oceano Atlantico nord, porto di Dakhla, Sahara Occidentale. Collegamento con l'America del Nord e il Canada. 2:

- Asse 3: Mediterraneo, porto di Al Hoceima, Marocco. Collegamento con l'Europa e la Russia. - Asse 4: Mar Rosso, porto St. Johns. Collegamento con l'India e la Cina. A nulla valsero le proteste dei governi e degli abitanti dei luoghi scelti, così come quelle degli ecologisti e degli ambientalis ti di tutto il mondo. Il g marzo del

2022,

fu posata la prima pietra di quella che sarebbe

stata la più grande città senza abitanti: Leonia, la città dei rifiuti.

Leonia: 8 marzo 2044 «Cosa?» «Dove è il cappello?» «Accidenti Derek, l'ho perso. Sarei dovuto stare più attento. Non riesco ad abituarmi a questo posto, alla pioggia perenne e al cielo grigio.» «Ci sei cresciuto ... » «Odio questo luogo e chi ha avuto la maledetta idea di costruirlo.» «Hanno edificato Leonia nel più grande deserto allora conosciuto, sottovalutan do i cambiamen ti climatici che essi stessi avevano innescato. Non hanno previsto quelle variazioni che si nascondono nelle pieghe degli eventi e che possono provocare fatti catastrofici. Non hanno pensato al caos.» «Che cosa intendi?»

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I CAMBIAMENTI CLIMATICI

«Intendo che molti anni fa decisero di trasportare i rifiuti prodotti dall'uomo in un luogo sicuro. Un luogo asciutto dove non piovesse mai. Non è andata così.» «Qui piove sempre ...» «La pioggia ha prodotto proprio quello che non volevano: Spoon River.» Fece un sorriso amaro. <<Un nome irriverente per un fiume, anche

se trasporta morte.» «Derek, perché hanno tutti paura dello Spoon River?» «Perché nel suo letto non scorre acqua ma veleno, e lo riversa nel Mediterraneo e negli oceani.» «E cosa succederà?» «Il fiume di percolato sta riversando nel mare, arsenico, bario, berillio, piombo, antimonio, mercurio, cromo, diossine e chissà quante altre porcherie utilizzate per reaJizzare oggetti che dopo poco tempo sono stati buttati. Oggetti che sono durati quanto la vita di una farfalla, e ora sono qui a morire, a liquefarsi, a disintegrarsi e a produrre tossine». Derek fece una lunga pausa e aggrottò le sopracciglia. «Questo è quello che sta succedendo. Che cosa succederà? Non lo so, proprio non lo so...» «Faranno qualcosa?» Derek guardò negli occhi il suo giovane accompagnatore, non rispose, aumentò il passo e cambiò discorso. «Acceleriamo. Dobbiamo raggiungere District Keyboards prima del tramonto.» Derek e Boone avanzavano a fatica nella strada di melma che costeggiava lo Spoon River. La fanghiglia attanagliava gli stivali e i passi erano lenti, come se i piedi fossero appiccicati al suolo. La pioggia scalfiva la superficie del fiume e gli anelli concentrici parevano indissolubili in quel liquido marrone denso e maleodorante. Su una montagna di computer, rotti, smontati, e disassemblati, un gruppo di smantellatori corvi, protetti da mantelline antracite, rovistavano chini nelle masse plumbee di ferra-

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I CAMBIAMENTI CLIMA TIO

glia alla ricerca di tecnologia arrugginita. Con perizia e risolutezza racco0 glievano pezzi di rifiuti come se stessero vendemmiando. I veleni che gli smantellatori corvi manipolavano ogni giorno avevano innescato qualcosa

di orribile: un'esponenziale e irreversibile modifica genetica dei loro organismi era in atto. La natura li stava mutando per la sopravvivenza. Un residuo di timore verso gli altri li induceva ancora a mimetizzare le secrezioni cutanee, le piaghe e tutte le altre malformazioni che stavano appropriandosi del loro aspetto umano. Nessuno voleva averci a che fare, come i lebbrosi della Bibbia, ma da lì a poco avrebbero mostrato con orgoglio i segni della nuova specie. «Devo procurarmi un copricapo.» Boone si avvicinò a una massa di rifiuti e con un pezzo di metallo, trovato nelle vicinanze, si mise a frugare tra gli scarti. Un frammento di plastica antracite poteva diventare il suo nuovo cappello. «Fermo!» Fece Derek all'amico fradicio. Boone lo fissò attraverso uno schermo d'acqua che gli velava il viso. Derek girò la t esta verso la collina e con un cenno del capo indicò gli smantellatori corvi. Boone lasciò cadere tutto, fece vibrare le mani come

se avesse preso la scossa e si allontanò con uno scatto dagli ammassi informi che delimitavano la via. «Non devi utilizzare nulla di quello che ci circonda. Usa solo oggetti che si trovano all'interno delle torri.» «Derek, me ne voglio andare da questo posto». Fece Boone quasi in lacrime. «Mi hanno sempre raccontato che l'inferno fosse tra le fiamme, invece è nell'acqua. In questa insopportabile, odiosa e schifosa acqua.» «È quello che faremo. Ma prima dobbiamo arrivare alla torre di District Keyboards.»

«Quanto manca?» «Non molto.»

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I CAMBIAMENTI CLIMATICI

Una fila di persone disordinata si estendeva per una cinquantina di metri nei pressi della District Keyboards. Derek la superò di lato e Boone lo seguì. Girarono l'angolo del gigantesco monolite di calcestruzzo, che pareva una mesas della Monument Valley, finché furono davanti a una porta d'acciaio invulnerabile. D erek appoggiò la mano in un settore a metà dell'anta blindata e, tra cigolii ferrosi, la porta si apri. Entrarono, si lavarono e si rifocillarono, Boone trovò una mantellina impermeabile. Discesero nei sotterranei, attraversarono un cunicolo e si ritrovarono davanti alla fila sul molo. Due smantellatori corvi, armati di Kalashnikov, controllavano l'accesso. Con noncuranza Derek passò a uno dei coroi una barretta di rodio, questi la prese con la stessa noncuranza e li lasciò passare. Davanti a loro un vecchio sottomarino U47 della Seconda guerra mondiale stava per levare gli ormeggi: si affrettarono a salire. La stiva era colma di gente d'ogni risma e d'ogni conio: impiegati, t ecnici, operai, gente grigia e feccia umana. Arroccati nel sudicio e malsano posto conquistato con fatica, abbracciavano stretti valigie e fagotti, e parevano pronti a difendere il loro anfratto con i denti e con le unghie. Derek e Boone si strinsero nell'ultimo posto rimasto, sotto un tubo arrugginito da cui colava un indefinibile liquido che spariva miracolosamente tra le fessure del pavimento. U n vecchio lì vicino lanciò a Derek uno straccio, questi lo ringraziò con lo sguardo e s'ingegnò a riparare il tubo. «Come ti chiami ragazzo?» Fece il vecchio. <<Boone.»

«Vai a incontrare il mondo, quello vero?» «Andiamo a Parigi a vedere la torre.» «La tour Eiffel... La plus belle du monde ... » «La conosce?» «È da più di vent'anni che sono qui all'inferno e da allora non ho più visto nulla... E tu, ragazzo?»

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I CAMBIAMENTI CLIMATICI

«lo sono cresciuto a Leonia e non conosco il mondo.» Il vecchio lo guardò con malinconia. «Sai cosa mi manca del mondo, quello vero? Lo sai ragazzo?» Il giovane era in trepida attesa. Il vecchio gli puntò addosso due occhi opachi, smarriti, e poi, guardando oltre le cuccette stracolme di gente, oltre le pareti e il soffitto del sommergibile, fece risoluto: «Un cielo azzurro.» Boone ascoltava. Aveva la bocca mezza aperta e le orecchie pronte ad assimilare ogni narrazione che lo aiutasse ad arricchire quello che aveva visto solo attraverso le immagini. «Puoi resistere per parecchio tempo senza tante cose, cose utili e cose inutili, oggetti d'ogni genere, comodità, cibo, amicizia, amore, ma senza un cielo azzurro non ce la fai ragazzo, non ce la puoi fare ... » Il vecchio s'incupì, girò lo sguardo e lo pose sul pavimento e sull'acqua che colava lenta tra le fessure. Il sorriso soddisfatto di Derek, che aveva appena riparato il tubo, portò una briciola di serenità in quell'assurdo posto. «Posso vedere la foto della torre di ferro?» Derek frugò per qualche istante nella borsa di cuoio che si portava sempre appresso ed estrasse una busta ingiallita e logora. Con cautela prese il mazzo di cartoline dell'inizio del secondo millennio che vi erano al suo interno e, attento a non sciuparle, iniziò a spillarle come in una mano di poker. Vi erano raffigurati i più importanti monumenti dell'umanità: il Taj Mahal, la Torre di Londra, il Colosseo, le piramidi di Giza, e molte altre, finché non comparve la Torre Eiffel: la estrasse dal mazzo. Baone allungò la mano, la prese tra il pollice e l'indice con delicatezza, gli piantò gli occhi addosso e si estraniò. La Torre Eiffel si stagliava verso il cielo blu cobalto velato di bianco e pareva lo volesse trafiggere. Ai suoi piedi i filari di alberi del Campo di Marte accentuavano la prospetti-

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I CAMBIAMENTI CLIMATICI

va facendola sembrare l'incredibile mezzo con cui si sarebbe potuto raggiungere il cielo, i pianeti e tutte le stelle. L'U47 si avviò lento sullo Spoon River. Navigando in superficie attraversò L'Algeria e il Marocco fino ad Al Hoceima, da lì si immerse nelle profondità, raggiunse lo stretto di Gibilterra e poi l'Atlantico. Costeggiando il Portogallo, la Spagna e poi la Francia arrivò a Le Havre. Riemerse nei pressi di Notre-Dame-de-Gravenchon e navigò sulla Senna fino Parigi. Un corvo, ccin addosso la perenne mantellina antracite, fece una specie di verso simile al grido di un rapace e lo accompagnò col gesto perentorio della mano che comanda. I primi della stiva si alzarono, e poi anche gli altri iniziarono a raccogliere le loro poche cose per accodarsi nello stretto corridoio del sommergibile: erano arrivati. Boone guardò Derek e i loro sorrisi s'incontrarono. L'infernale viaggio era finito. Nonostante i numerosi giorni di disagio, con poca aria, acqua, senza luce e spazio, annichiliti tra tensioni e pene, ce l'avevano fatta. Ce l'avevano fatta oltre ogni ragionevole limite e oltre ogni speranza. Finalmente avrebbero visto il cielo azzurro, gli alberi rigogliosi, i prati verdi e una città vera. La felicità di Boone traspariva dagli occhi e da lì si diramava ovunque contagiando tutti: la torre di ferro lo aspettava. Al portellone d'uscita un corvo celava un ghigno sinistro nell'ombra del cappuccio scuro: si fissarono. Boone uscì di corsa sulla banchina, guardò i giardini del Trocadéro, e poi si girò verso la Torre Eiffel. Gli occhi si trasformarono in fessure e le lacrime le riempirono sfuocando ogni prospettiva di quel panorama torbido. Non vi erano né ombre né colori, e l'aria era colma di un odore nauseabondo e di un'irrespirabile pulviscolo grigio: Leonia ormai era il mondo.

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Tetrapodi di Arianna Ulian I.

e

he non è il momento, ha detto lui. Che invece è proprio il momento giusto, ha detto lei. Parlano a voce molto alta e su toni acuti e, a tratti, anche l'uomo sembra parlare con voce di donna e poi è costretto a schiarirsi la gola, che si stringe e gli

brucia. Se abbassa il tono, però, la sua voce viene completamente schermata dalla pioggia e dal vento e dai colpi che sembrano grandine contro i vetri dell'auto. Sotto quest'acqua e con questo vento, dice lui, ci tocca gridare per sentirci. Come fai a voler parlare. Non vedi, non senti che è già difficile tenere la strada, non vedi che faccio fatica guidare. Se serve parlerò più forte, dice lei, ma devi ascoltarmi. Piccoli sassi colpiscono il parabrezza, forme irregolari fra i larghi cerchi che la pioggia disegna da ore: è ghiaia schizzata dal rimorchio che li precede, con il telone lasco a causa del forte vento. I sassi fanno un rumore scostante mentre la pioggia, a seguirla, manifesta una sua uniforme pulsazione. Il cielo ai lati della strada ha colori che lui non saprebbe nominare, sovrapposizioni e ritagli di nubi scure di viola e di verde, riflessi marroni e grigi. Lui ha smesso di osservare i colori del cielo e di stupirsi. Non compie più lo sforzo di separare la bellezza poiché c'è in quei cieli tanta bellezza - dall'angoscia. Sono nuovi cieli, mai visti, e nuove acque furenti, onde e crepe, voragini e rovina. Guida. Preme le mani sul volante per assestare la direzione, contro il vento forte che potrebbe sviarli verso il centro della strada, e le sue mani mostrano la struttura delle ossa, i guizzi dei piccoli muscoli e la gomma blu delle vene. Lei mentre parla gli guarda le mani e spera in quelle mani, per l'azione. Lui ha deciso che non farà nulla. Più delle parole contano

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I CAMBIAMENTI CLIMATICI

l'indole e la velocità del sangue nelle vene, la tensione che un uomo prova oppure no, la reattività inscritta nei suoi fianchi, così pensa lui. Il carico del camion, un fronte di ghiaia chiara con scure venature di sabbia, smotta sotto i loro occhi e il telone di copertura .si gonfia al vento e sembra un'onda pronta a frangere le montagne. Ha visto erosioni e valanghe in time lapse nei documentari divulgativi e gli è rimasta negli occhi quella specie di morbida atrocità della terra che sfalda. Che regga, che non ci sommerga, prega e rallenta controllando negli specchietti se l'auto seguente ha rallentato il sua volta, se chi guida ha visto le luci dei suoi freni; che stia alla giusta distanza, prega. Dobbiamo fermarci, le dice, aspettare che il camion vada avanti e che il vento si calmi almeno un po'. Ai lati della strada, sotto al cielo variopinto, campi di fango e rare cascine vuote. Poco alla volta accostano verso la corsia d'emergenza e, sotto un cavalcavia, si fermano. Lei dice che è egoismo, poiché per tutto il tempo della manovra aveva continuato il discorso dentro di sé. Gli dice che rifiutare la speranza è egoismo e stupidità. Quel suo far niente, rinunciare, è da irresponsabile. Non sa di essere parte di un sistema di relazioni dove nulla è solo suo, non la sua identità e nemmeno il suo corpo? Che la sua

identità viene dal rapporto con gli altri e con l'ambiente. Che il suo corpo appartiene anche a lei, ai suoi, alla sua gente. Sotto al cavalcavia c'è il silenzio, solo il bordo basso del vento accompagna la voce.

Il.

Lei, quando guida, poggia appena le mani al volante e le dita le stanno un poco allargate, attive. Parlano sempre della stessa questione, e lui non si convince e lui non si smuove, e lei insiste. Per ogni argomento che porta, le dita si attivano e dondolano come antenne di insetto; la voce si scalda e poi le sale di tono, così lui per opporsi l'abbassa, riem48 •

I CAMBIAMENTI CLIMATICI


I CAMBIAMENTI CLIMATICI

pie uno spazio sonoro cui lei non ha accesso e ripete il suo rigo di no, e poi si volta. Il sole è ancora visibile bianco nel cielo slavato che non vuole scurire. Alcune strisce gialle traversano l'ampiezza del cielo, sono giallo ocra e giallo oro, i profili netti, l'inizio e la fine bordati di verde come gli striscioni degli aerei sopra le spiagge. Si può dire che sia bello, lui lo dice; e lei gli chiede di non provocare. Lui apre il finestrino ma l'aria è caldissima e impossibile da respirare; persino il tasto che ha premuto gli pare scaldato, il sedile, il tappeto sotto i piedi, allora orienta il bocchettone del condizionatore verso la propria faccia e inspira. Ti piace respirare chiede lei, che domanda senza senso dice lui e lei dice che invece di questo si tratta, che lui gode ancora la vita e che non vuole davvero morire, che si tratta di un principio ideale di scelta su cui si è impuntato, ma in fin dei conti sarà il corpo a reagire, a salvarsi. Lei dice che lui le appartiene, almeno un po', e che appartiene ai suoi, alla sua gente. Questa frase sentita mille volte ha in lui l'effetto di consolidare la convinzione, di infondergli la calma di chi ha già scelto; perciò le sorride di un sorriso che lei fraintende, e che l'appaga. Così restano entrambi soddisfatti in silenzio. Si immette da destra un'autobotte. Lei sta guidando piano, le mani sicure sul volante, deve solo rallentare leggermente e accodarsi. L'acciaio brilla, la curva della cisterna ha riflessi verdi: è un cilindro enorme al centro della strada, luminoso, ha una qualità che calma, che quieta. Lei grida. Lascia il volante, le mani aperte, frusta l'aria, gli occhi sbarrati, dondola il corpo sul sedile e scuote la t esta bruscamente. Lui slancia le braccia verso il cruscotto e afferra il volante, una mano di lei lo colpisce in fronte, e non smette di urlare. Lui urla più forte, la sovrasta, le punta un gomito al petto per bloccarle i movimenti, per sedarla. Dice cosa cazzo fai sei scema fermati, frena, le preme una mano sul ginocchio destro. Ape urla lei Ape e scuote i capelli e scuote il collo

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I CAMBIAMENTI CLIMATICI

gonfiato. L'auto resta in carreggiata, lui riesce a condurre dal posto del passeggero, riesce a rallentare, la reattività inscritta nei suoi fianchi, l'indole e la velocità del sangue nelle vene. Lui riesce ad accostare. Il corpo reagisce e salva. L'autobotte si allontana, un cerchio lucente all'orizzonte. Sono fermi sotto al sole bianco, i finestrini aperti, l'abitacolo vibra di caldo e de lla rabbia di lui. Lei parla veloce, nessuna pausa, nessuno spazio, senza fiato. Un'ape! Non avrei mai creduto che, eppure era una vera ape, deve essere entrata quando hai aperto in corsa, chissà come, devi scusarmi, io non credevo che ce ne fossero ancora, sai, non ho saputo trattenere il terrore, e credevo che mi fosse entrata dentro l'orecchio, per indole ho sempre avuto così paura delle api!

III. Lei ha inclinato un po' il sedile, senza premere contro il bagaglio ammassato sui sedili posteriori, e poi si è addormentata con il viso rivolto verso di lui. Se aprisse gli occhi, sarebbe pronta a ricominciare. Gli occhi spalancati di quando tenta di convincerlo, come in uno sforzo, come incredula: lo fa a fin di bene, certo, per lui per sé per la loro gente. La vita di lui è importante e se c'è anche una sola possibilità, allora è un atto responsabile e pieno d'amore, che lui deve compiere. La paura è naturale, si affronterà. L'affronteremo. Non si può rassegnarsi.

Quando lei usa il plurale lui si sente solo e si immagina non più corpo ma ombra, un'ombra allungata su un terreno arido e piatto. Un deserto. Una gettata di cemento. Se non si mette in lista, sarà questione di mesi, lui questo lo sa. Il suo pensiero è già oltre: e infine, sarà doloroso? Non crede. Esistono centri specializzati, sostanze, trattamenti. Non sentirà più dolore di quanto sia abituato a sentirne. Un'ombra stesa sul cemento è una buona immagine per la sua esistenza. Per quella di tutti, crede. Non è depresso, non è rassegnato. Non è quella la sua indole. Siamo ombre nel tempo, il tempo ci da forma. Non le scelte, la nostra 50 • I CAMBIAMENTI CUMATICI


I CAMBIAMENTI CLIMATICI

volontà, il progresso civile. Ma nel t empo ognuno e ogni cosa avanza, consuma il suo tempo e lascia il tempo. Cosa resterà di noi nel tempo. La notte è straordinariamente fredda dopo i giorni cocenti e i forti temporali. Talvolta è necessario convertire l'aerazione interna in riscaldamento nel giro di poche ore. Sono sempre eventi estremi, adesso: ogni tempo che viene è malte mpo. Lei ha partecipato a conferenze, dibattiti, presentazioni e comunque ritiene che si debba agire; anche in questo, per responsabilità e per amore. Lui p ensa al cem ento, così prossimo all'eterno. Fra pochi chilometri la strada prenderà a cost eggiare il mare e lui potrà ascoltare il rumore delle onde, gli schiaffi alla costa, le crepe della terra che cede alla furia dell'acqua. N ell'area di sosta ci sono solo due camion, parcheggiati paralleli sotto ai lampioni. Il loro carico, illuminato bene, ben visibile, è però impossibile d a definire. Sono forme metalliche, rugginose e immense, piedi di ferro che escono dal bordo del rimorchio, solidi di cui non puoi contare i lati, per i quali non possiedi un nome né assomigliano a nulla che conosci, e diresti che vengano da un altro spazio p er prendersi tutto il tempo che resta. D'un tratto si accorge di quanto è stanco, sente che deve chiude re gli occhi e spegne l'automobile, piccola forma domestica che tutti conoscono, accanto ai due camion. Il loro carico incomprensibile, nel sonno, lo sovrasta.

IV. Qualche chilometro di terra fra l'autostrada e la cost a verrà cantierato domani, per permett ere la fabbricazione dei tetrapodi. I camion di mat eriale inerte rovesceranno il loro carico, sabbia e ghiaino, al centro dello spiazzo. L'autobotte luccicante verrà fatta accostare, il grosso tubo verrà agganciato all'impianto di betonaggio. Terra e acqua si impasteranno e p oi sarà com e una masticazione di m ostri, un suono di enorme OPERA NUOVA 201 g/ 2 • 5 1


I CAMBIAMENTI CLIMA TIC!

mangiare. Per ultimi arriveranno i due camion con le casseforme di acciaio, stampi a quattro piedi da riempire di calcestruzzo: dopo un periodo di riposo, gli stampi verranno aperti e il tetrapode sarà pronto all'uso. Basteranno quattro stampi per fabbricare centinaia di t etrapodi. Ogni tetrapode sarà sollevato e posato sulla riva, accanto e dentro al t etrapode che l'ha preceduto, fino a creare una barriera contro le onde e il vento che vorrebbero mangiare la costa, e non la mangeranno: perché i tetrapodi disperderanno

la forza d'impatto dell'acqua, romperan-

no il fronte dell'onda in rivo li. I tetrapodi formano argini cementizi per migliaia di chilometri, il

60% delle coste cinesi: contro le minacce ambientali agli insediamenti esistenti, per assicurare nuova terra da occupare. Sono oggetti eterni creati dall'uomo, che stratificheranno il pianeta futuro, indicatori geologici dell'azione umana. T ecnofossili sotto cieli variopinti, casseforme sotto i lampioni dell'aera di servizio.

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I CAMBIAMENTI CLIMATICI

Il nemico di Luigi La Rosa

A

ll'occorrenza Janet sapeva anche rivelarsi una madre dura e particolarmente severa. L'ultima volta che Virginie c'aveva provato, non erano bastati i rimproveri, né la minaccia di rinchiuderla in casa per il resto dei

suoi giorni, a farla desistere da quelle fughe irruente e un po' capricciose. Certi giorni la piccola spariva per delle ore, durante le quali cercarla era inutile: chissà quanti e quali nascondigli s'inventava. Poi, eccola rientrare con il suo sorriso affannato e la pelle scottata dall'afa, che sotto gli occhi disegnava occhiaie grandi come monete. Eppure, sua madre credeva di essere stata chiara: oltre il cortile, oltre le foglie vizze che contornavano di un bronzo dorato e polveroso le siepi spettinate dell'ingresso, il divieto d'uscire si faceva assoluto. Indiscutibile. Sebbene inascoltato. Virginie avrebbe compiuto otto anni la prossima vigilia di Natale, ma i mesi che precedevano l'inverno apparivano

minacciosi e carichi

d'angoscia. Janet covava dentro di sé il timore desolante di non farcela, e lo trasmetteva alla bambina attraverso i suoi gesti fermi, intensi, appesantiti dall'apprensione. La città era un deserto, e il quartiere in cui vivevano si stendeva come una penisola frastagliata sulla deserta periferia ovest. Morti ovunque, uomini e donne che si accasciavano come mosche. I quotidiani parlavano di strage climatica. Solo nell'ultima settimana il Comitato di Salute Pubblica aveva certificato addirittura ben sette decessi, tra cui quello precoce dei gemelli W arren, i due monelli sdentati che abitavano a qualche edificio da loro e che Virginie aveva incontrato giusto qualche volta all'uscita di scuola. Il giorno prima era toccato all'anziana capofamiglia: la vecchia si era distesa intorno allo stagno della grande villa comunale mormorando beOPERA NUOVA 2019/i •

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I CAMBIAMENTI CLIMATICI

ste mmie incomprensibili e chiudendo gli occhi sull'ultima striscia accesa di crepuscolo. Poi, adagiato il capo su uno strato di sterpi pietrificati, non si era più mossa. Chi l'aveva accompagnata al cimitero giurava che il cadavere aveva conservato la stessa rigida posizione anche all'interno della cassa metallica che ormai sostituiva le antiche bare di legno. Qualche preghiera e un pugno di terra sconsacrata su quelle ossa affaticate. Poi, il silenzio. Tuttavia, non erano quelle morti improvvise, inspiegabili e quasi prive di dolore ad allarmare Janet, ma il tempo. Le mattine, soffocanti, scolpite nella chiara d'uovo, con i loro cieli che fiammeggiavano quasi qualcuno li avesse cosparsi di zolfo. I pomeriggi che esplodevano come bolle di folgore sui tetti semidistrutti. E le notti, che tardavano sempre a giungere e che non portavano nessun refrigerio ai campi incolti. Pure gli animali vi crollavano stremati, bestie che imputridivano scarnificate ai margini dei sentieri. Terreni su cui si moriva adagiandosi senza ribellarsi, piegati in posizioni che rammentavano violente nascite, i volti fissi in smorfie piene di sgomento. La temperatura, annunciava il drastico bollettino del telegiornale serale - questo fino a quando gli utensili avevano continuato ad andare e le combustioni domestiche non avevano mandato definitivamente per aria aggeggi elettronici e impianti elettrici -, avrebbe continuato a salire, oltre ogni lecita previsione, oltre ogni umana supposizione, al di là di ogni terrificante sospetto, fino al punto di prosciugare gli ultimi corsi d'acqua della regione, compreso il romantico fiumiciattolo che bagnava la zona, insinuando il suo corsivo fangoso tra filari di bassi canneti ed erba medica. Negli ultimi tempi il suo livello s'era abbassato orribilmente, e spuntoni di roccia del colore della carne viva, emergevano tra flutti sempre più deboli. Prima d i N atale, prima dell'ottavo compleanno di sua figlia, pensava Janet,

il fiume avrebbe perduto anche l'ultima goccia d'acqua e il suo letto si sarebbe trasformato in un nastro di fuoco. Prima di allora, si ripeteva soggiogata dall'ansia, bisognava che si trovassero entrambe altrove. 54 • I CAMBIAMENTI CUMATICI


I CAMBIAMENTI CLIMATICI

Sulla mappa stradale rinvenuta tra i disordinati scaffali del salotto, Janet aveva individuato almeno cinque diverse vie di fuga, cinque possibilità per scampare all'abisso nel quale il mondo pareva esser precipitato. Sarebbero andate a piedi, avrebbero attraversato la pianura che un tempo era stato il vasto giardino fiorito del Municipio e oltre la piazza silente del paese avrebbero finalmente intrapreso una marcia ostinata fino alla statale. Poi giù, verso l'incrocio con la direzione Nord e l'autostrada. Si diceva che di tanto in tanto qualche camion diretto al confine passasse ancora. Ma forse si trattava di chiacchiere, speranze che il racconto dei sopravvissuti s'impegnava disperatamente a tenere in vita. Si sapeva che il carburante scarseggiava, e che le poche taniche di riserva venivano scambiate a prezzi da capogiro. Janet intuiva quello che avrebbe dovuto pagare in cambio della promessa di essere trasportate lontano - lontano da quell'inferno, da quella solitudine, lontano dalla loro vita condannata - ed era disposta a tutto pur di salvare sua figlia e se stessa. Non temeva le mani rudi degli uomini che quotidianamente risalivano da un capo all'altro il paese, né i loro sguardi sporchi, egoisti, traboccanti di lussuria. Troppe volte se li era sentiti addosso come una scorza. A preoccuparla erano semmai i viveri, la mancanza di cibo, la scarsità d'acqua. Negli scaffali degli store lungo la strada, le scorte diventavano ogni giorno più rare. Scoppiavano liti furibonde. Un tipo aveva perfino fatto brillare il coltello. Ma Janet era donna di fede e recitava tutte le sere un fitto rosario di desideri impronunciabili: sapeva che da lassù qualcuno avrebbe pensato a loro. Mare forse, il suo adorato Mare, che da quando se n'era volato via per una rissa con una lama infilata fin dentro ai polmoni, non aveva mai smesso di farle sentire la sua presenza. Certe notti Janet credeva di percepirla dal profumo, pallida come un'aureola intorno a lei e a Virginie. La bambina non mostrava neppure d'accorgersene.

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I CAMBIAMENTI CLIMATICI

Erano le notti in cui il desiderio del marito tornava ad assalirla come una febbre. Janet si accarezzava maldestramente, piangendo ogni volta un poco. Poi si asciugava le lacrime nel bozzolo dell'oscurità. Ma questo succedeva prima dell'eclissi, prima che gli astri si mettessero a ronzare come sinistri pipistrelli di morte, e i termometri impazzissero e le cavallette si spegnessero sui davanzali simili a manciate di coriandoli di . un'apocalisse annunciata. Ormai nulla, nulla di tutto questo aveva importanza, e il passato stesso appariva lontano, sfocato, insignificante quanto un sogno sognato prima dell'alba, uno di quelli che svaniscono in un batter d'occhi e che non sono in grado di vincere la lotta con la realtà. Per questo Janet si era imposta di non arrendersi. Se non avesse ottenuto il passaggio, sarebbero andate a piedi. Si sarebbero mosse come soldati in fuga, come sorelle, due creature solitarie e affamate di vita. Nessuno sarebbe riuscito a fermarle. Avrebbero dormito all'aria aperta, sotto la luce di stelle crudeli, e trovato riparo nelle torri metalliche dei tralicci in disuso. Avrebbero digiunato con dignità, orgogliose come regine. Se necessario, Janet avrebbe pescato a mani nude, per la sua piccola, gli ultimi pesci degli stagni incendiati. Li avrebbe cotti e sminuzzati sulle pietre dei giardini ardenti. Li avrebbe liberati con un soffio delle loro polveri lievi. Da quei roghi sarebbero rinate le loro certezze. Se necessario lei e la sua bambina si sarebbero spinte fino alla fine del paese, fin dove termina il mondo. Poi, prima di Natale, prima del compleanno della piccola, Janet avrebbe invocato la neve, una pioggia di bianco per spegnere ogni sofferenza, per seppellire ogni preoccupazione, per annientare il loro nemico principale. Il fuoco. Ma bisognava che Virginie fosse paziente e la ascoltasse, che le ubbidisse senza margini d'errore. Non poteva essere altrimenti. Ecco perché all'occorrenza Janet sapeva anche rivelarsi una madre dura e particolarmente severa.

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I CAMBIAMENTI CUMATICJ


SCRITTURE SU SCRITTURE



N egazionismo climatico: il trionfo della finzione? di Fabio Lo Verso

D

a quando nel 2015 a Parigi è stato dato il via allo storico ma fragile accordo sul clima, non è si mai visto così tanto denaro confluire in uno scopo, confondere la percezione della realtà climatica. Circa un miliardo di dollari, duecento milioni l'anno, un

esborso gigantesco garantito dalle major del petrolio, Chevron, BP, ExxonMobil, Shell e Tota!. È quanto scaturisce da un'inchiesta del think-

tank inglese lnf[uenceMap che classifica le maggiori aziende inquinanti in base alla loro capacità di orientare le scelte politiche su energia e clima. Così attraverso cospicui finanziamenti a istituti e testate giornalistiche si è stesa una trincea di lobbying con l'obiettivo di far sorgere il dubbio sulle responsabilità umane nel riscaldamento climatico. La faccenda non è nuova. Dagli Stati Uniti, dove sgorga la sorgente, il fiume del nega-

zionismo climatico trabocca ormai in Europa. A Roma, un convegno di negazionisti si è tenuto alla luce del sole nel novembre 2018 alla Sapienza di Roma, cioè l'ateneo più grande d'Europa. «Sostenere che il cambiamen-

to climatico abbia cause naturali e non umane è estremamente pericoloso, perché significa negare la necessità di azioni urgenti per ridurre le emissioni di CO2»: con queste parole ricercatori e professori spiegavano le ragioni per opporsi al raduno negazionista. Nella lettera, menzionata da

Repubblica, si evince in particolare che «le pubblicazioni scientifiche a sostegno dell'origine umana dei cambiamenti climatici sono 99,94°101 a fronte dello 0,06% di pubblicazioni contrarie,. La notizia nel 2019 è dunque che si continui a dare ampio credito alle teorie di impronta antiscientifica. Com'è possibile che il negazionismo

climatico occupi tanto spazio nell'opinione pubblica, mentre è inesistente in campo scientifico? Le tonnellate di denaro a disposizione dei lobbi-


I CAMBIAMENTI CLIMATICI

sti non bastano a far capire perché la corrente negazionista sia riuscita ad andare oltre l'impensabile. O ccorre fare un viaggio nel tempo e risalire alle radici della strategia del tabacco. È infatti dall'industria della sigaretta che nasce la congiura

antiscientifica. Per decenni è riuscita con abilità a occultare l'effetto di assuefazione della nicotina e la nocività della combustione del tabacco per la salute. La storia parte dal 1953, quando al Plaza Hotel di N ew York si riuniscono senza dare nell'occhio i colossi del tabacco statunitense. John Hill, leggendaria figura nel ramo delle public relations, organizza l'incontro. Con talento e sfrontatezza convince le major della sigaretta a fondare una vera e propria officina di disinformazione, la Tabacco Industry Research Committee, un team di autorevoli scienziati coadiuvato da brillanti professioni-

sti della comunicazione e del marketing. Lo scopo è di persuadere l'opinione pubblica che non esistano prove dirette - no conclusive links che il fumo sia una delle principali cause dello sviluppo di tumori, e in particolare di quello al polmone. I più grandi scienziati dell'epoca, noti all'opinione pubblica statunitense, si prestano all'opera di disinformazione, previo incasso di somme non indifferenti. Alcuni assumevano posizioni di responsabilità nella ricerca sulla bomba atomica. Nel clima di guerra fredda che attanagliava i timori degli americani, godevano della totale fiducia dei cittadini. Ecco come è sorta negli anni cinquanta la strategia della negazione. Quando il celebre dottor Clarence Cook Little passa dalla American Cancer Society alla direzione del T obacco Industry Research Committee

l'istituto cambierà nel 1964 nome nel più efficace Council on Tabacco Research. La strategia messa a punto a tavolino dieci anni prima al Plaza

Hotel di N ew York è all'apice della sua efficacia. L'opinione crede che gli scienziati siano spaccati in due fazioni (in realtà i negazionisti erano

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pochissimi) e che non ci fosse unanimità sul ruolo della sigaretta nell'insorgenza del cancro. In Europa in pochi anni si integra con poca criticità l'assunto statunitense. La tecnica della disinformazione civile è omologata proprio in questo periodo, rovesciando per prima la percezione pubblica sulla nocività del tabacco. Sono trascorsi circa trent'anni prima che giornalisti e scrittori ne ricostruissero minuziosamente il metodo: investimenti pubblicitari, inserti nelle maggiori testate giornalistiche, studi finanziati dall'industria del tabacco e pubblicati in finte riviste scientifiche, falsi progetti di ricerca sponsorizzati da pseudo fondazioni scientifiche. Troppo tardi per evitare i milioni di vittime del tabacco. Dagli anni

2000

questo schema è adottato con successo dai negazioni-

sti del clima. In un libro che ha contrassegnato una svolta nella comprensione del fenomeno, Merchants of Doubt. How a Handful of Scientists

Obscured the Truth on Issu es Jrom Tabacco Smoke to Global Warming (non ancora tradotto in italiano), gli autori, Naomi Oreskes, docente di storia della scienza alla Harvard University, e Erik Conway, storico ufficiale della NASA, ricompongono la tela di ragno che perfidamente avvolge il tema del clima. Cambiano i nomi, ma la sostanza non varia: il ruolo del

Tabacco Industry Research Committee è oggi assunto

dall'American Petroleum Institute. Il team comunicazione e marketing condotto da John Hill è sostituito dall'influente Heartland Institute, a nord-est di C hicago, che riceve 7 milioni di dollari da ExxonMobil e 14 milioni dalle fondazioni affiliate alla Koch Industries, azienda di spicco statunitense dell'energia. Il libro di N ao mi Oreskes e Erik Conway esce nel

2010.

Dieci anni fa

si scoperchiava così un'eclatante verità sui «mercanti di dubbi»: sono sempre le stesse p ersone e gli stessi scienziat i dietro la strategia del ta-

bacco poi applicata alle questioni climatiche. Basta guardare il film di Robert Kenner, L'industria del dubbio, uscito nel

20 1 5

(anche in italia-

OPERA NUOVA 20 19/i • 61


I CAMBIAMENTI CLIMATJCI

no), libe ramente ispirato dall'inchiesta di Naomi Oreskes e Erik Conway, se si vuole capire il sistema di propaganda volto a ritardare l'adozione di misure e dispositivi per proteggere l'ambiente e il clima. La tardiva messa al bando d ei prodotti a base di CFC è ad esempio frutto dell' Heartland Institute e «consorti», malgrado fosse e m ersa chiarame nte la prova che l'utilizzo massiccio di questi prodotti stesse distruggendo lo strato di ozono che protegge l'atmosfera. Un rapido cenno ai nomi dei «consorti» - Edison Electric Group, National Coal Association, Western

Fuel Association, - è sufficiente per misurare la forza di impatto della lobby antiscie ntifica. Impatto che deve molto della sua forza ai media, statunitensi ma anche europei, e alla discutibile linea editoriale del balanced reporting-. ogni tema si affronta dando spazio a chi non è d'accordo. Include ndo casi estremi come quello di Fox News, network televisivo oggi al soldo del

negazionismo climatico dell'amministrazione Trump, l'errore, o l'orrore, del balanced reporting consiste a invitare nei talk show un numero pari di esponenti della scienza e dell'antiscienza. Se «le pubblicazioni scientifiche

a sostegno dell'origine umana dei cambiamenti climatici sono 991 94%, a fronte dello 0,06% di pubblicazioni contrarie,, come si spiega che nei giornali e televisioni la presenza dei negazionisti superi a volte il 20% o il 30%? Nel 2004 uno studio di Maxwell e Jules Boykoff, Balance as bias:

Global Warming and the US Prestige Press, rendeva conto di questa disproporzione in testate celebri com e il New York Times, Washington

Post, Los Angeles Times et Wall Street JoumaL In definitiva il balanced reporting, una forma corrotta del concetto di obiettività, fa prevalere una pretesa e fasulla par condicio che si scontra con il principio di verità nel giornalismo. Principio c he condurrebbe a dare (eventualmente) la parola a un negazionista soltanto dopo aver ascoltato novantanove scienziati a favore della tesi dell'origina umana dei cambiamenti climatici. In Europa diverse testate televisive e di stampa sono cascate nell'errore, Le Monde

6i • I CAMBIAMENTI CLIMATJCI


SCRITTURE SU SCRITTURE

ha fatto ammenda, la Repubblica ha riconosciuto il problema, mentre il

Guardian annuncia un cambio di stile, nei contenuti e nella forma, procedendo all'uso di un nuovo vocabolario per definire meglio i contorni della questione climatica. Intanto salotti televisivi e testate complici hanno per troppo tempo omologato il falso canovaccio rituale del balanced reporting, precipitando nel baratro l'etica giornalistica e sollevando forti dubbi nel pubblico. Non è un caso che negli Stati Uniti soltanto il 30% delle persone sondate riconosca nel

2019

l'origine umana del Global Wanning. Sul versante eu-

ropeo i sondaggi rivelano invece la crescente preoccupazione dei giovani, galvanizzata dalla protesta della sedicenne svedese Greta Thunberg. In Italia la metà degli over 65 rimane scettico. Nel vecchio mondo gli argini della razionalità sembrano complessivamente resistere alla propaganda antiscientifica. La crisi del dibattito politico che imperversa in alcune nazioni europee, prima fra tutte il «Bel Paese», lascia però intravedere un orientamento dell'opinione pubblica in favore dei complottisti anticlima e il trionfo della finzione. Con il recente mea culpa delle più autorevoli testate giornalistiche si è aperta una nuova fase con la speranza che la copertura della crisi cli-

matica faccia da potente contraltare al dilagare della finzione. Un atteso risveglio dal controproducente torpore degli ultimi anni. Ma combattere la disinformazione è un imperativo che si sono soprattutto prefisse le giovani generazioni. L'atto forse più simbolico è avvenuto nello scorso giugno di fronte alla redazione del New York Times. Manifestanti con meno di trent'anni scandivano slogan esortando il giornale «a prendere la

leadership nel denunciare l'emergenza climatica,. Per i giovani attivisti del clima la stampa rimane in grado di ribaltare gli schemi. Mentre appare da poco delinearsi un altro risveglio, quello di intellettuali e scrittori, invocato nel

2016

dal grande romanziere indiano Amitav

OPERA NUOVA 20 19/ 2 •

63


I CAMBIAMENTI CLIMATICI

Gosh nel suo ultimo libro, La grande cecità. Il cambiamento climatico e

l'impensabile. Un testo severo in cui si analizza un fallimento collettivo. <<Noi, intellettuali, scrittori, artisti, ci stiamo dimostrando incapaci di riflettere sul cambiamento del clima. L'ironia è che questa è un'epoca di intellettuali e scrittori impegnati, engagés su ogni tipo di questione e in particolare

questioni

di

identità,

genere,

razza,

nazionalità,

o

delle

diseguaglianze. Eppure la crisi ambientale, benché sia di gran lunga il pericolo più grande per l'umanità, resta al margine. È bizzarro che il grande cambiamento intorno a noi non entri a far parte della nostra consapevolezza,. Le sferzanti parole di Amitav Gosh in un'intervista del

2017

alla rivi-

sta Reset risuonano come un lucido monito.

La svolta arriva nel dicembre

2018,

in coincidenza con la COP 24 in

Polonia. Cento intellettuali firmano una lettera aperta spronando le società civili del

mondo

ad

unirsi

contro

l'inazione

politica

e

l'oscurantismo anticlima.

La lettera è pubblicata simultaneamente nei più grandi paesi del pianeta. Tra i promotori si contano personalità del calibro di V andana Shiva, Noam Chomsky e Naomi Klein. Ma il movimento degli intellettuali è preceduto, e forse anche stimolato, dall'onda dei giovani. Sei mesi pri-

ma, sul finire dell'estate

2018,

Greta Thunberg proclama uno sciopero

studentesco mondiale, sfociato nei Fridays for future. Ed è in questo avvicendamento tra giovani attivisti e grandi intellettuali che il mondo conta oggi la speranza che il veleno del negazionismo climatico trovi il suo antidoto, e che dall'inazione si passi all'azione.

64 •

I CAMBIAMENTI CUMATICI


SCRITTURE SU SCRfTTURE

LUV

na8na

di Letizia Pampana

«... rwn

sorw forse i macelli, gli allevamenti intensivi e i laboratori di

ricerca, così accuratamente nascosti alla rwstra vista, le Auschwitz di oggi? Dolore, violenza e sofferenza sorw più accettabili solo perché inflitti ad animali inrwcenti che a persone inrwcenti?»

Steward David, sopravvissuto all'olocausto nazista, attivista per i diritti degli animali

I

1 Pianeta Terra ci sta chiedendo aiuto, è un grido soffocato e non ascoltato il suo perché secoli di materialismo, razionalismo, illuminismo ed egocentrismo ci hanno fatto cadere nell'errore più grande di tutta la storia dei tempi, pensare che tutto quello che ci circonda non abbia una vita propria e un'anima che scorre e flui-

sce e si interseca con la nostra anima, ma sia solo oggetto e soggetto a nostro uso e consumo, privo di ogni energia e di soffio vitale. Anima in latino vuol dire respiro, soffio vitale, e tutto il nostro Pianeta ne è pervaso. Invece l'uomo (riferendomi al genere umano) ha depredato, devastato, sopraffatto, sottomesso e distrutto, pensando che tutto questo fosse giusto, interminabile e a sua totale disposizione. Abbiamo perso il significato della vita, della propria esistenza e della nostra presenza in questa parte di Universo, non sentendoci parte di un tutto unico e di un amore universale che Dante direbbe «muove il sol e le altre stelle», vivendo in modo alienato e denaturalizzato e staccato da questa Unità Universale.

Evv in greco vuol dire «con» mentre rca0cia

è il sentire, il pathos,

rca0oç significa «sofferenza», in latino sarebbe cum patior ovvero «con pathos, con sofferenza» da cui deriva la parola compassione (e non simpatia come spesso siamo portati a credere). Ebbene sì, la compassione, ma non nel senso di essere buoni e misericordiosi, ma nel senso di sentire il

O PERA NUOVA 2019/2 •

65


I CAMBIAMENTI CLIMATICI

dolore dell'altro, qualsiasi esso sia l'altro, sentire, percepire, essere ricettivi alla sofferenza altrui, al dolore di una madre che perde suo figlio durante una guerra, al dramma che prova un orango che non vuole abbandonare il proprio albero, anche se abbattuto, e si avventa contro il bulldozer, provando a fermare a mani nude i denti di metallo che stanno disboscando la foresta, al terrore che può provare un agnello strappato dalla madre e portato in un macello, dove sente grida, odore di sangue e di morte, e guarda con pietà il suo aguzzino che lo tira, lo picchia e lo sgozza lasciandolo agonizzante a testa in giù, alla paura di un bosco centenario che sente arrivare le ruspe. Soffermiamoci e proviamo ad immaginare tutte queste emozioni dentro di noi, come se le vivessimo noi, saremmo ancora capaci di compiere determinate azioni? Theodor Adorno nelle sue Minima Moralia diceva «Le atrocità sollevano un'indignazione minore, quanto più le vittime sono dissimili dai normali lettori, quanto più sono more, sudice, dago', animale. Questo fatto illumina le atrocità [ .. .] della cui possibilità si decide nell'istante in cui l'occhio di un animale ferito a morte colpisce l'uomo. L'ostinazione con cui egli devia da sé quello sguardo - «non è che un animale» - si ripete incessantemente nelle crudeltà commesse [... ]». Alphonse de Lamartine scriveva «Non si hanno due cuori, uno per l'uomo e un altro per gli animali... o si ha un cuore o non si ha» Confidences (Livre IV, Chapitre VIII). Elevandosi sopra i decenni e analizzando la storia da una prospettiva più ampia, è innegabile che nell'ultimo secolo il cibo non sia riuscito a evitare la deriva consumistica e capitalistica che ha coinvolto tutti i campi della vita, prima nel cosiddetto Occidente, e poi nel resto del mondo moderno. Il cibo è stato usato come status symbol di posizione sociale e come mezzo di appagamento di piacere, la sua funzione nutri-

' Termine dispregiativo usato per indicare i latini e in particolare gli italiani.

66 • I CAMBIAMENTI CLIMATICI


SCRITTURE SU SCRITTIJRE

tiva è stata via via sempre più negletta e lo stimolo della fame indotto a comando, il peccato di gola è stato pian piano legittimato e ciò ha comportato una volgarizzazione della coscienza alimentare comune, nonché un abbassamento del livello di salute umano: avendo rinunciato a mangiare cibo sano, naturale e adeguato al metabolismo umano, abbiamo perso per strada la salute. Scelte alimentari sbagliat e (anche in modo inconsapevole), hanno un ritorno devastante su tutto il pianeta Terra: deforestazioni, popoli interi privati di acqua, popolazioni indigene massacrate per sfruttare il territorio, per creare piantagioni sterminate, maltrattamento e uccisione di miliardi animali. È bene ricordare che la deforest azione e gli allevamenti intensivi sono fra le cause maggiori del surriscaldamento globale. Una nuova coscienza collettiva, un bisogno innato di ritrovare una strada antica e nuova, sempre attuale perché innata nei nostri bisogni ancestrali, è sorta e si sta sviluppando negli ultimi decenni, col veganismo e altre correnti, che non sono solo uno stile di vita alimentare coscienzioso e rispettoso ma in senso più globale uno stile di vita antiviolento ed etico nel rispetto delle persone, degli animali e della natura, vivere avv rra0iia significa fare delle scelte quotidiane nel rispetto del prossimo ovunque esso sia e chiunque esso sia. In realtà, il veganismo2 non è nato in questo secolo, anzi le sue origini si perdono nel tempo. Orfici, Pitagorici, Stoici, Esseni, Catari e molti altri gruppi filosofici e religiosi, ognuno a suo modo, condannavano ogni tipo di violenza verso qualsiasi essere vivente. «L'orfismo è il più grande fenomeno religioso di carattere mistico che si affacci alla Grecia del sec. VI a.C., in quel secolo così importante per 2

Uso il termine vegano o vegetariano parlando dello stesso concetto perché nei

te mpi passati non esisteva una distinzione, i vegetariani erano anche coloro che mangiavano solo bacche e frutti, al contrario di oggi.

OPERA NUOVA 20 19/i •

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I CAMBIAMENTI CLIMA TIC!

la storia religiosa del mondo, giacché in esso vediamo sorgere Confucio e Lao-Tse in Cina, il Buddha nell'India, Ezechiele tra gli Israeliti, Zarathustra nell'Iran, Pitagora tra gli Elleni». Così introduceva la trattazione dei misteri orfici nel suo testo Le religioni misteriosoJiche del mondo antico del 1923 (p. 35) lo studioso Nicola Turci, sottolineando come quel periodo, così importante per la storia dell'umanità, fu anche per la Grecia ricco di trasformazioni politiche e sociali, segnando la fine del così detto «medioevo greco». L'orfismo

predicò

il veganismo,

esaltò la Giustizia (L1i,c17)

e

la Legge (N6µo ç), vedendo nella morte del piccolo Dioniso sbranato dai Titani l'immagine di ogni violenza p erturbatrice del mondo degli uomini, il simbolo de l prevale re del Male sul Be ne. L'immagine di Pitagora come iniziatore del vegetarianismo è legata ai versi delle Metamorfosi di Ovidio, che lo descrivono come il primo a · scagliarsi contro l'abitudine di cibarsi di animali, da lui reputata un'inutile causa· di stragi, dato che già la terra offre piante e frutti sufficienti a nutrirsi senza spargimenti di sangue. A Crotone Pitagora fondò la prima scuola di vegetarismo occidentale che durò circa 300 anni. Ippocrate, il padre della medicina, mangiava solo vegetali. Nel suo famoso Giuramento si legge «Fa che il Cibo sia la tua Medicina e che la Medicina sia il tuo C ibo». «La natura è Sovrana Medicatrice dei mali. Primo non nuocere. L'aria pura è il primo alimento e il primo medicamento. N essun veleno serva mai a curare un malato!». N e ll'area della Palestina invece, attorno al II secolo a.C., esisteva la comunità

degli esseni, gruppo

semitico no n

di

spicco,

culla

di

una commistione tra mistica cananea, ebraica, egizia e mitraica, basato su uno stile di vita che oggi dire mmo monastico o contemplativo. Gli. esseni sono stati tra i primissimi strettamente vegetariani, nelle loro regoJ·e si rispettava la vita anche quella animale ad esempio non effettuavano i sacrifici (obbligatori per gli ebrei dell'epoca). Da Epifanio si apprende che «Essi erano Ebrei che rispettavano tutte le osservanze 68 • I CAMBIAMENTI CLIMATICI


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ebraiche, ma non offrivano sacrifici e non mangiavano carne. Essi consideravano un sacrilegio mangiare carne o fare sacrifici con essa. Affermavano che i nostri Libri sono delle falsità, e che nessuno dei costumi che essi affermano sono stati istituiti dai padri. Questa era la differenza tra i N azareni e gli altri [... ]» (Epifanio, Panarion 1:18) Nel Vangelo apocrifo esseno Gesù condanna chi si sporca l'anima di violenza «Chi uccide un animale uccide suo fratello e la carne degli animali uccisi nel suo corpo diventerà la sua stessa tomba. Chi si nutre della carne degli animali uccisi mangia un corpo di morte. [... ] Poiché la vita viene solo dalla vita e dalla morte viene solo la morte. Non uccidete dunque né uomini né animali perché i vostri corpi diventano ciò che mangiate e il vostro spirito ciò che pensate. lo vi chiederò conto di ogni animale ucciso come di ogni uomo». Nel dodicesimo secolo dopo Cristo si sviluppò in Europa, soprattutto in Occitania, un movimento mistico religioso conosciuto come catarismo, ritenuto eretico dalla chiesa di allora e perseguitato con delle crociate ad hoc che lo spinsero all'estinzione. La mistica dei catari, i ((puri», era basata su un forte manicheismo, secondo il quale la realtà dell'anima era fatta di gioia e perfezione, e quella del corpo di oscurità e dolore. I Catari erano detti i poveri di Cristo e vivevano di pellegrinaggio, digiuno e preghiera, praticando lavori manuali. Erano pacifisti, vegani e non usavano le armi. Le crociate condotte contro questi (<eretici» su istigazione della Chiesa e il loro sterminio, che costò la vita di migliaia di uomini, donne e bambini disarmati, appaiono in questa luce ancora più scandalose. Il tratto comune di questi due gruppi strettamente vegetariani era la non violenza verso qualsiasi forma di vita per mantenere il più possibile pura l'anima - il soffio vitale. La storia è piena di personaggi che hanno amato il pianeta e le sue creature da filosofi a mistici, da letterati a scienziati, da artisti a condottieri. Tuttavia mi concentrerò su alcune personalità illustri italiane che nel

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I CAMBIAMENTI CLIMATICI

corso della storia hanno deciso di vivere in modo non violento cominciando dal rispettare gli animali, perché come diceva Tiziano Terzani in

Un altro giro di giostra «Ecco un piccolo, bel modo per fare qualcosa contro la violenza: decidere di non mangiare più altri esseri viventi». Santa Chiara d'Assisi (1193-1253) e San Francesco d'Assisi (1181-1226) che hanno fatto dell'amore per il prossimo e per la natura tutta la loro vita spirituale, predicavano che niente appartiene all'uomo, tutto fa parte di un Uno inscindibile. L'amica più cara di Chiara, quando ormai paralizzata non si muoveva più dal suo giaciglio di pietre, era una gattuccia che passava con lei delle intere giornate, non è dato sapere molto di più ma questo si apprende dagli atti degli interrogatori fatte alle clarisse dopo la morte di Chiara. Dacia Maraini (anche lei vegetariana) racconta vari episodi dell'amicizia fra Chiara e la gattuccia nel suo Chiara di Assisi.

Elogio della disobbedienza. Il Canticum Creaturarum di San Francesco è uno dei testi poetici più antichi della letteratura italiana di cui si cono-

sca l'autore. Una preghiera permeata da una visione positiva della natura, poiché nel creato è riflessa l'immagine del Creatore: da ciò deriva il senso di fratellanza fra l'uomo e tutto il creato, u na mistica sublime piena di amore e fratellanza/ sorellanza. Fra le mistiche Chiara da Montefalco

(1268-1308) vissuta nel XIII secolo, che si nutriva di frutta ed erbe selvatiche e pur dormendo sopra un giaciglio fatto di sassi si conservò sempre in salute e Caterina da Siena (1347-1380) santa, dottore della C hiesa, una delle maggiori scrittrici del XIV secolo, che rinunciò alla carne fin da piccola nutrendosi di pane, erbe crude e bevendo solo acqua. Leonardo da Vinci (1452-1519) è stato un genio che ha cambiato il mondo: pittore, ingegnere e scienziato italiano; architetto, scultore, scenogra-

fo, anatomista, disegnatore, musicista e trattatista. Ma un aspetto a cui

è

stato dato poco risalto è la sua alimentazione, Leonardo era vegetariano. Si distingue tra i personaggi del suo tempo, per la pietà verso gli animali «Colui che non rispetta la vita non la merita. Moltissimi cuccioli di que70 • I CAMBIAMENTI CUMATICI


SCRITTURE SU SCRITTURE

sti animali verranno portati via, squaroat1 e massacrati barbaramente.»

(Animali non umani. Pensieri ed aforismi celebri dall'antichità ad oggi di Federico Bartolozzi, 2006 - dal Codex Atlanticus). Jean Paul Richter, il primo a decifrare i taccuini di Leonardo, scrisse in The

Literary of Leonardo da Vinci: «Siamo indotti a pensare che Leonardo stesso fosse vegetariano dal seguente interessante passo della prima lettera [dall'India] di Andrea Corsali a Giuliano de' Medici: Alcuni gentili chiamati Guzzarati non si cibano di cosa alcuna che tenga sangue, né fra di essi loro consentono che si nuoccia ad alcuna cosa animata, proprio come il nostro Leonardo.» In questa e in un altra lettera Leonardo compare come un vegetariano convinto. Le due lettere furono spedite dall'India in patria e subito pubblicate nel 1516 e 1518 in edizioni divulgative, ristampate poi dal Ramusio nella monumentale raccolta Navigationi et viaggi nel 1550. La prima lettera è diretta a Giuliano de' Medici, figlio del Magnifico e fratello di Leone X, e vi si riferisce sul lungo viaggio compiuto da Lisbona al seguito di un'ambasciata portoghese, della circumnavigazione dell'Africa, della traversata dell'Oceano Indiano fino a porti e terre dell'India. La seconda relazione è indirizzata a Lorenzo de' Medici duca d'Urbino. (<Veramente l'uomo è il re degli animali, per la sua brutalità li supera. Noi viviamo per la morte degli altri. C i sono luoghi di sepoltura ovunque.» A Firenze tutti conoscevano bene le abitudini di Leonardo. Era un fervente vegetariano, amava particolarmente gli uccelli, che non poteva vedere rinchiusi in gabbia, e così nei mercati li comprava per poi liberarli. Giorgio Vasari, nelle Vite, racconta di come Leonardo (<passando dai luoghi dove si vendevano uccelli, di sua mano cavandoli di gabbia e pagatogli a chi li vendeva il prezzo che n'era chiesto, li lasciava in aria avolo, restituendoli la perduta libertà». Leonardo amava cucinare e inventare ricette rigorosamente vegetariane, si ispirava molto spesso al libro di cucina De Honesta Voluptate, scritto da Bartolomeo Platina nel 1475 e considerato il primo libro moderno di cucina. OPERA NUOVA 2019/ i • 71


I CAMBIAMENTI CLIMATICI

A Milano, Leonardo si lamenta delle abitudini alimentari di Ludovico il Moro (<Tutto ciò che viene portato a tavola del mio Sire Ludovico mi turba. Ogni pietanza è di una confusione mostruosa. Tutto è troppo abbondante. In questo modo mangiavano i barbari. Tuttavia come posso convincerlo quando lui disprezza i miei piatti a base di nobili broccoletti e non trova spazio per le mie prugne accompagnate da una bella carota? Perché c'è più beltà in un solo broccoletto, più dignità in una singola carotina che nelle sue dodici p entole dorate, impilate, stracolme di carne e ossa; c'è più austerità in una prugna secca, più sostanza in due fagiolini verdi. Cosa devo fare per convincerlo di questo? La semplicità è tutto quello che il mio Sire deve riscoprire. E non solo lui ma tutto il paese.»

(Note di cucina di Leonardo da Vinci, Jonathan e Shelagh Routh, libro che si basa sui Codex Romano!! e Codex Atlanticus). Arrivando ai nostri giorni, Margherita Hack

(1922-2013),

2005 -

astrofisica e di-

vulgatrice scientifica italiana. Riporto un estratto del famoso discorso che l'astrofisica tenne il renza

((La

2

luglio

2011

a Milano nella terza giornata della confe-

Coscienza degli Animali». Oltre ad essere di un rigore scientifico

ineccepibile, il disco~o è addirittura commovente e mostra tutta la grandezza della scienziata italiana e la sua forza morale. Il discorso, nel quale l'astrofisica parla (<a braccio», senza leggere alcun testo, è tratto da una registrazione audio, tra l'altro interrotta da frequenti applausi, per cui, ovviamente, ha un carattere familiare e discorsivo, ma, forse, proprio per questo va dritto al cuore. «Io sono vegetariana fin dalla nascita, quindi non ho alcun merito in questa scelta, però direi che sono l'evidente prova che si possa crescere anche senza le proteine animali, infatti ho fatto atletica, ho vinto due campionati universitari, sono stata terza a due campionati assoluti, a 80 anni ho fatto la Trieste-Grado in bicicletta e ritorno, e sono

1 00

chilo-

metri, quindi si può vivere benissimo senza la carne e io credo che si dovrebbero portare i ragazzi, i bambini delle scuole elementari con le loro famiglie, a visitare gli allevamenti intensivi, a visitare i macelli, forse questo sarebbe il mezzo più efficace per prendere in orrore la carne. 72 • I CAMBIAMENTI CLIMATICI


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Noi ci domandiamo se gli animali hanno una coscienza, ma io mi domanderei : noi abbiamo una coscienza quando sopportiamo le atrocità, le atrocità di questi lager che sono gli allevamenti intensivi, dei macelli che una volta erano in città, ora li hanno portati ben lontani dalle città, che non si veda [. .. ] sono cose atroci, inimmaginabili e noi siamo animali, noi siamo animali come loro, noi facciamo parte della specie dei primati, immaginiamoci uno dei nostri bambini appena nato tolto alla madre, chiuso in una gabbia, legato, rimpinzato di mangiare perché cresca in fretta, perché ingrassi in fretta, è questo quello che succede ai vitelli, quello che succede ai maialini. [... ] Sono cose atroci e d'altra parte il nostro pianeta risente di questa atrocità, p erché è noto che gli allevamenti intensivi sono una delle cause maggiori dell'inquinamento del pianeta, [... ]. Noi osserviamo oggi e lo vediamo facilmente, l'inquinamento, la desolazione a cui si sta avviando il nostro pianeta, [... ] e questo è proprio la prova evidente della distruzione a cui stiamo portando il nostro pianeta proprio per la mancanza di risp etto che abbiamo verso tutti gli animali. [.. .] I macelli sono lontani, gli allevamenti intensivi sono lontani, non vogliamo sapere, come del resto i tedeschi non volevano sapere dell'esistenza dei lager in cui si massacravano gli ebrei [... ] Proprio p erché il nostro cervello è più potente ci dovremmo rendere conto delle barbarie che si fanno, si dovrebbe proprio per questa ragione evitare, evitare ogni possibile sofferenza [... ]» Tiziano Sciavi (1953) e il suo Dylan Dog, uno dei fumetti cult più venduti nella storia italiana. Sia l'autore che il famoso personaggio dei fumetti sono vegetariani per etica, oltre che animalisti. Inoltre si sono espressi anche contro la vivisezione. Nell'episodio 2631 La collina dei co-

nigli, la pratica della vivisezione viene raccontata tramite l'immedesimazione. La forza di questa storia sta proprio nel fatto che il lettore è obbligato a calarsi nei panni dell'animale da laboratorio, instaurando così nella mente di chi legge l'idea che l'animale non è nato per i nostri interessi, ma è un essere capace di provare dolore fisico, angoscia e paura. Sul vegeta-

OPERA NUOVA 20 19/i •

73


I CAMBIAM ENTI CLIMATICI

rianismo di Dylan Dog è stato scritto anche il libro Dylan Dog, l'animo degli animali, di Alessandro Paronuzzi. Nel 2006 la FAO ha pubblicato il Livestock 's Long Shadow, un report scientifico di 390 pagine in cui viene accuratame nte valutato l'impatto globale del settore zootecnico sui problemi ambientali. N ell'introduzione gli autori affermano: «Il settore dell'allevamento emerge come una delle prime due o tre più significative cause dei più gravi proble mi ambie ntali, a tutti i livelli da locale a globale. [...] L'impatto è così rilevante che de ve essere affrontato con urgenza.» La zootecnica globale è ritenuta un fattore centrale nell'uso di risorse

alimentari e idriche, inquinamento delle acque, uso delle terre, deforestazione, degradazione del suolo ed emissioni di gas serra. Nonostante spesso sia un fattore trascurato, anche il consumo degli animali marini incide in maniera significativa sull'equilibrio ambientale, e la pesca e l'acquacoltura sono ritenuti anch'essi responsabili di diversi problemi di natura ambientale. L'insieme di questa situazione si ripercuote anche sulla fauna e sulla flora selvatica impoverendone la biodiversità. Il 70% dell'acqua utilizzata sul pianeta è consumato dalla zootecnia e dall'agricoltura (i cui prodotti servono per la maggior parte a nutrire gli animali d'allevamento) . Si stima che la media mondiale è di 15.415 litri di acqua per 1 chilogrammo di carne bovina. Inoltre la deforestazione e gli allevamenti intensivi sono fra le cause maggiori del surriscaldamento globale. Vi sono diversi fattori responsabili della generazione di gas serra implicati nella produzione zootecnica. Il metano originato dal processo digestivo e prodotto dalle flatulenze e dalle deiezioni degli animali allevati rappresenta il fattore principale, contribuendo per il 55% del totale delle emissioni prodotte nel settore zootecnico. Un'altra importante causa di emissione di gas nocivi collegata all'allevamento è la distruzione delle foreste: la deforestazione e la desertificazione provocate dall'industria zootecnica contribuiscono per il 35% del totale delle emissioni prodotte nel settore dell'allevamento. Le piante assorbono e convertono C02 nel processo di 74 •

I CAMBIAMENTI CLIMATICI


SCRITTURE SU SCRITTURE

fotosintesi clorofilliana: quando muoiono, o quando vengono abbattute o bruciate, rilasciano nell'atmosfera il carbonio accumulato anche nel corso di centinaia di anni. La sola foresta amazzonica contiene, nei propri alberi, circa 75 miliardi di tonnellate di carbonio: quando gli alberi vengono abbattuti e bruciati per fare posto al pascolo o alle coltivazioni ad uso zootecnico, emettono nell'atmosfera elevate quantità di C02. Inoltre, il vasto impiego di fertilizzanti petrolchimici per le coltivazioni intensive ad uso zootecnico è causa dell'emissione di ossido di azoto, ossido di diazoto e ammoniaca. Adottare uno stile alimentare incentrato sui vegetali allevia sensibilmente la pressione a carico dell'ambiente, del clima e della nostra salute. Eliminare il consumo di carne, e compiere acquisti alimentari che premiano le fonti ecologiche, aiuta a combattere il cambiamento climatico, fa bene alla salute e non solo. Gli animali hanno bisogno del nostro aiuto, soffrono dei martiri e delle atrocità inaudite. Una gran parte di esseri umani sono ugualment e vittime di violenze e di un sistema economico e politico completamen_te folle e devastatore. Il Pianeta è lacerato da tutte le parti. Dietro ogni nostro gesto c'è un effetto domino che si può ripercuotere in modo positivo o negativo su migliaia e migliaia di esseri viventi. Rimet tiamo in discussione le nostre abitudini, inventiamoci un nuovo modo di vivere, diventiamo il cambiamento che vogliamo. Salvare il nostro Pianeta è ancora possibile.

•Quando a tavola ci si trova davanti ad una bistecca, non si pensa che quella parte apparteneva a un animale da accarezzare e da amare.• Prof. Umberto Veronesi, oncologo, vegetariano Letizia Pampana è vegana dall'età di II anni per amore verso il pianeta e tutti i suoi abitanti.

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SCRITTURE SU SCRllTURE

Migrare per sopravvivere di Toni Ricciardi

s

postarsi per sopravvivere è una costante della storia dell'umanità. Da sempre, dalla preistoria ad oggi, la mobilità per questioni climatiche è stata presente a testimoniare in maniera intrinseca la forza della natura rispetto a quella dell'uomo.

A prima vista può sembrare un paradosso, soprattutto negli ultimi anni, durante i quali il tema del surriscaldamento climatico è strettamente legato al comportamento antropico. Eppure, nei millenni la specie umana si è dovuta spostare in seguito a inondazioni, alla progressiva desertificazione di alcune aree del globo e, in generale, a causa di eventi catastrofici come terremoti o eruzioni di vulcani. Oggi, nella nostra stridente attualità che si è trasformata in cronaca quotidiana degradabile - nel senso che siamo sommersi da notizie che si dimenticano nel lasso di tempo di pochi giorni - la migrazione, o meglio, le diverse migrazioni sono oggetto di costante attenzione da parte dei media e l'opinione pubblica rischia di non orientarsi più. Un migrante economico, un profugo, un richiedente asilo, un frontaliere, un lavoratore stagionale sono tutti accomunati all'interno del grande calderone della migrazione, senza distinzioni, senza approfondimenti. Sono altro, rappresentano altro, e nei momenti e nei territori dove le insicurezze economiche sono maggiori, diventano l'oggetto - non il soggetto, purtroppo - sul quale fare ricadere ansie e paure. A queste persone vanno aggiunte quelle che si spostano per ragioni di sopravvivenza ai cambiamenti climatici, e non sono poche.

Numeri e trend futuri Diverse organizzazioni internazionali, di svariata tipologia - Fao, Nazioni Unite, Banca mondiale, istituti di ricerca specifici, università - hanno ormai certificato come i cambiamenti climatici abbiano assunto, e assumeranno nell'immediato futuro, una crescente importanza tra i fattori

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I CAMBIAMENTI CLIMATIC!

determinanti della migrazione. Tsunami, inondazioni, terremoti, ad esempio, nell'ultimo decennio sono costati quasi

100

(fonte: Fao) generando nello stesso periodo più di d'asilo in più da

143

miliardi di dollari 350.000

richieste

paesi del mondo. N ello stesso periodo, stando ai dati

del centro per il monitoraggio degli sfollati interni (Internal Displacement Monitoring Centre), una popolazione pari a tre volte la Svizzera, poco più di

25

milioni di persone l'anno, ha abbandonato la propria co-

munità di nascita o p ermanenza a causa di disastri ambientali. Purtroppo il futuro non sembra riservarci notizie migliori. Infatti, secondo l'Organizzazione mondiale per le migrazioni, oggi e nel prossimo futuro il rischio di essere sottoposti a migrazioni forzate a causa di possibili disastri ambientali è tre volte superiore rispetto a menti, per la Banca mondiale, nei prossimi

30

anni,

40

250

anni fa e, pari-

milioni di perso-

ne rischiano di dover migrare per la stessa ragione. E ancora, alcuni demografi e scienziati di varie discipline hanno ipotizzato che, allo scandire del XXII secolo, la terra sarà abitata da il

10%

(ovvero

1

10

miliardi di persone, di cui

miliardo) sarà costretto a migrare a causa di sconvolgi-

menti ambientali.

Migrazioni agroalimentari

Insieme alle migrazioni umane, migrano anche i prodotti della nostra tavola. Sebbene il surriscaldamento climatico sia dovuto anche all'agricoltura e alla produzione animale nella sua variegata articolazione, spesso a sfuggirci, in qualità di consumatori, sono i luoghi della produzione. Si pensi, ad esempio, allo spazio mediterraneo, alla sua ricchezza ed eterogeneità di produzioni. Fino a qualche decennio fa, non molti in verità, alcuni prodotti erano - in parte lo sono ancora - legati a determinati territori. Alcuni esempi: arance e limoni erano produzioni perlopiù legate al Sud dell'Europa e al Nord Africa; lo stesso dicasi per pomodori e ulivi; fino al melograno se non addirittura i frutti esotici. Oggi, invece, se seguissimo attentamente la filiera di molti di questi prodotti, ci renderemmo conto di come il confine si stia sempre più spostando verso Nord. 78 • I CAMBIAMENTI CUMATICI


SCRITTURE SU SCRITTURE

I pomodori nell'immaginario collettivo erano produzioni del Sud - tralasciamo tutto ciò che viene dall'altra parte del mondo, come nel caso della Cina, solo per citarne uno dei primi produttori-, oggi una regione del Nord Italia, in piena pianura padana, come l'Emilia-Romagna, sta divenendo uno dei territori di massima produzione; oppure da qualche anno aumentano le piante di ulivi del Friuli, regione notoriamente poco mediterranea. Probabilmente, a breve, ammesso che non sia già accaduto, nella parte Sud del Canton Ticino potremmo assistere allo stesso fenomeno. La progressiva e purtroppo al momento inesorabile desertificazione

che si sta spostando sempre più a Nord rischia di ridisegnare l'essenza profonda di molti territori. Certo, in questo caso, la tecnologia e l'attività antropica tendono quotidianamente ad affrontare la sfida con la natura. Questa sfida, alla lunga, sarà perdente. D 'altronde, se negli ultimi secoli abbiamo assistito al progressivo mutare degli status symbol - da possedere un castello, poi un terreno, una bicicletta, un'auto, la radio, la televisione e un elettrodomestico, l'auto di lusso fino ad arrivare allo smartphone di ultima generazione - già oggi e molto probabilmente domani, il vero lusso sarà il cibo di qualità che rispetti ancora quell'immaginario territoriale di prodotto, che in molti casi non rispetta nemmeno più gli standard europei.

Il difficile equilibrio tra natura e progresso umano Il rapporto tra la natura, il progresso umano e l'impatto dell'azione antropica sulla prima sono tematiche cruciali. In ogni biosistema, l'equilibrio è un concetto chiave. Si pensi ad esempio al corpo umano. Quest'ultimo si regge su una serie di omeostasi: idratazione, capacità di ogni singolo organo si assolvere alla propria funzione, e così via. Nel momento in cui uno di questi elementi funziona male, generalmente si ricorre a un farmaco, a cure mediche e/o interventi chirurgici. In altre parole, perso l'equilibrio organico della persona, si ricorre ad azioni che ne modificano il quadro, cercando di ripristinare un nuovo equilibrio. Da sempre, l'essere umano è stato soggetto alle catastrofi, alle avversità naturali e agli sconvolgimenti climatici

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I CAMBIAMENT I CLIMATICI

che ne hanno causato lo spostamento forzato. Il modo di intenderle, di analizzarle e di percepirle ha subito una lenta e progressiva evoluzione.

Ridefinizione degli eventi catastrofici

Il concetto di catastrofe per come lo intendiamo oggi, e quindi quale sinonimo di calamità naturale, di sciagura, tragedia, fine deplorevole, ha subito, come ci spiega lo storico François Walter, un ((rinnovamento semantico corrispondente perfettamente al paradigma di una radicale separazione tra l'uomo e la natura predominante nel XIX secolo. La natura appare come un insieme di forze e fenomeni di cui la

scienza si sforza di comprendere i meccanismi e la tecnica di proporre il dominio. In un certo qual modo si potrebbe dire che la nascita di un pensiero della catastrofe deriva dal divorzio tra l'uomo e la natura cara_tteristico della modernità». Non è un caso che a partire dagli anni Novanta del XX secolo, il flusso mnemonico, a sua volta connesso alle grandi catastrofi del Novecento (guerre, Shoah, genocidi), richiami inevitabilmente ad · elementi, spesso

rimossi, della memoria e, di conseguenza, faccia riemergere profonde lacerazioni sia sociali che culturali. Da questo punto di vista, parte della sociologia sottolinea due dimensioni della memoria: una commemorativa, codificata, normata, legittimata ed ufficiale e l'altra evenemenziale. Quest'ultima consiste in una memoria nascosta che necessita di un lento lavoro di assimilazione, attraverso il continuo ripensare all'evento catastrofico per poi riuscire a superarlo. Simili cognizioni collettive della catastrofe suscitano, generalmente, la diffidenza e la contrarietà dei poteri costituiti, dal momento che comportano reazioni spesso considerate irragionevoli e minacciose da parte degli attori stessi coinvolti nel dramma. Essi, a loro volta, vivono consapevolmente il passaggio da attore paradigmatico a attore sintagmatico, ovvero, non rappresentano più un semplice ((Oggetto» di interventi ma un ((Soggetto» consapevole dei propri diritti e delle proprie scelte.

8 0 • I CAMBIAMENTI CUMATICI


SCRITTURE SU SCRITTU RE

Questo passaggio è avvenuto grazie all'evoluzione progressiva da una società della fatalità ad una della sicurezza dove il sistema assicurativo prende un posto centrale nell'organizzazione sociale trasformando malattia e dolore, incidenti e perdita di lavoro in somme monetarie senza anima e dove si rileva un graduale sottrarsi da parte dell'uomo al peso della natura, ciò che conduce inevitabilmente dinanzi ad un pericolo più grande, l'uomo stesso, la cui azione genera l'evento catastrofico.

Anche l'umano diventa così un rischio che è da superare, assicurandolo o pianificandolo attraverso uno sforzo organizzativo, tecnologico e di standardizzazione. Un simile passaggio è avvenuto nei secoli intrecciando e stratificando culture ed usanze, ma di fatto è identificabile in un fluire temporale, suddiviso in tre momenti principali: - il primo, quello della punizione e della vendetta divine; - il secondo,

di tipo

fatalista,

avrebbe

avuto termine

con

l'illuminismo; - il terzo incriminerebbe la responsabilità umana con un'evoluzione che procede da spiegazioni univoche (la ricerca del capro espiatorio) verso spiegazioni plurivoche, per arrivare a quello che poi fu definito da Ulrich Beck la società del rischio nella quale il colpevole personificato scompare nella divisione del lavoro guidata da piani, standard, macchine e co~plessi sistemi decisionali. La contestualizzazione, nel tempo e nello spazio, le tradizioni e il si-

stema valoriale delle società coinvolte nell'evento catastrofico servono a rileggere il senso e le spiegazioni che ognuna di queste società si è data per cercare di rendere comprensibile l'evento a se stessa. Come ci ricorda ancora una volta Walter. «la spiegazione scientifica, il ricorso alla sfera religiosa, la sublimazione estetica, le diverse forme di finzione letteraria e di rappresentazione in immagini sono altrettanti mezzi culturali per gestire la catastrofe o anticiparne il rischio».

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I CAMBIAMENTI CLIMATICI

Conclusioni Al concetto di equilibrio, in questo caso sistemico, abbiamo aggiunto un'altra variante per comprendere i comportamenti, le reazioni e, più in generale, le mentalità con le quali un evento catastrofico venne e viene affrontato dalle parti in causa. L'ultimo grande evento catastrofico della storia europea che fu percepito come una Jatalità e una punizione divina fu il terremoto di Lisbona del 1755, che distrusse metà della città con decine di migliaia di morti. Complice l'illuminismo, il concetto di fatalità fu rivisto aprendo spazi di riflessione su eventuali responsabilità umane. D'altronde, un terremoto ancora oggi è ipotizzabile, ma il momento preciso e la gravità dell'evento non sono scientificamente prevedibili, anche se molti passi in avanti in tal senso sono stati fatti. Ciò che invece progressivamente divenne prevedibile fu la capacità delle strutture, infrastrutture e abitazioni di resistere nonostante un tale evento. Negli ultimi secoli, e soprattutto negli ultimi decenni, le costruzioni sono state adeguate e debbono per legge rispettare alcuni requisiti di anti sismicità, in particolare nelle zone altamente sismiche. Si pensi, ad esempio, ai grattacieli giapponesi o alle unità abitative monofamiliari europee. Il passaggio successivo, che ci porta al presente e a quella che è stata definita la società del rischio, ci lega indissolubilmente alla produzione energetica. Grazie al lavoro storico, abbiamo un'approfondita conoscenza dei disastri e catastrofi che hanno riguardato la produzione d'energia. Si pensi a

tutti i disastri minerari, etichettati come incidenti sul lavoro, ma che hanno a che fare con le responsabilità umane. Un esempio svizzero è la catastrofe di Mattmark del 1965: il distaccamento di un pezzo del ghiacciaio dell'Allalin travolse le baracche degli operai e provocò 88 vittime. In questo caso si parlò di fatalità, in quanto non era prevedibile che si staccasse una quantità così enorme di ghiaccio

(2 milioni di metri cubi). Tuttavia, l'irresponsabilità di aver costruito le ba-

82 • I CAMBIAMENTI CUMATICI


SCRITTURE SU SCRITTURE

racche perpendicolari al ghiacciaio suscitò più di qualche dubbio, facendo di questo evento il più catastrofico della recente storia elvetica. La produzione energetica, come accennavamo, ci porta dritti alla que-

stione. Il modello di società che abbiamo costruito ci obbliga costantemente a cercare soluzioni che consentano il giusto equilibrio tra costi e benefici. Ed è da qui che si sviluppa la teoria della

società del rischio.

Con l'energia nucleare, con i disastri di Chernobyl prima (1986) e Fukushima poi (2011) crebbe la necessità di cambiare il paradigma. L'energia nucleare è vantaggiosa nel breve periodo, ma molto rischiosa. Talmente rischiosa che i danni sono irreparabili e la gestione delle scorie non è ancora stata risolta. In definitiva, nella società complessa nella quale viviamo e per gli standard di vita che abbiamo raggiunto, mai come in questo momento è di vitale importanza cercare i punti di equilibrio tra la natura e l'essere umano. Ormai non si tratta solo di questioni tecniche, come in passato. Non basta costruire un acquedotto o un sistema di irrigazione per evitare la desertificazione di un territorio. Non basta più convertire la produzione da carbon fossile in rinnovabile. Produzione che non arriva al 20% in media in Europa. Con tutte le dovute cautele, potremmo definire la questione come etica. Ancora una volta, trovare il punto di equilibrio è probabilmente la sfida più complessa che ci attende. Come conservare i nostri modelli di società, le nostre aspettative di vita e di progresso senza intaccare il futuro di chi verrà dopo di noi e, ormai, sempre più frequentemente, il nostro stesso presente? L'unica risposta utile è quella di acquisire profonda consapevolezza del fatto che non abbiamo ereditato dai nostri genitori la terra che pro tempore abitiamo, bensì l'abbiamo presa in prestito dai nostri figli

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Bibliografia di riferimento

Beck, Ulrich, Risikogesellschaft. Auf dem Weg in eine andere Moderne, Suhrkamp, Frankfurt am M. 1986. Cattacin, Sandro, «Fordist Society and the Person», Studi Emigrazione/Migration Studies 196: 557-566, 2018.

Clavandier, Gaelle, La mort collective : pour une sociologie des catastrophes, CNRS Editions, Paris 2004.

Ewald, François, L'État-providence, Grasset, Paris 1986. Faggi, Pierpaolo, Turco, Angelo (a cura di), Conflitti ambientali. Genesi, sviluppo, gestione, Edizioni Unicopoli, Milano 1999.

lntergovernmental Panel on Climate Change-IPCC, Draft Report «Global W arming of 1.5°C», Ginevra Internal Displacement Monitoring Centre- IDMC 2018. Ricciardi, Toni, Morire a Mattmark. L'ultima tragedia dell'emigrazione italiana, Donzelli, Roma 2015. Roubault, Marce!, Le catastrofi naturali sono prevedibili. Alluvioni, terremoti, /rane, valanghe, Einaudi, Torino 1973.

Timmermans, Stefan, Epstein, Steven, «A world of standards but not a standard world: toward a sociology of standards and standardization», Annua[ review of Sociology 36: 69-89, 2010.

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W orld Bank, «Groundswell - Preparing for Internal Climate Migration», Washington 2018.

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I CAMBIAMENTI CUMATICI


OPERE NUOVE



Yannis imbraccia le armi di Roberto Mc Cormick

I

n groppa al mulo che aveva chiesto in prestito a Manolis, Petros scendeva giù verso il mare. Era fine settembre - un autunno di grigi, marroni e verdi. Arrivato in cima al crinale che separava casa sua dalla vallata in cui sorgeva la piccola cittadina costiera, Petros

guidò il mulo esitante giù per un ripido sentiero terroso che costeggiava un letto di vivaci pietre argentee scolpite e ridipinte dalla pioggia. Al di là di uno stretto crepaccio, le pareti di roccia levigate dalle intemperie erano di un grigio brunito, venato qua e là di macchie color ruggine. Petros contemplò ammirato la moltitudine di colori e la varietà di forme delle sue montagne; pensò che anche suo padre, prima di lui, aveva provato lo stesso piacere lì davanti, e pensò che quando fosse toccato a lui andarsene, loro sarebbero rimaste lì immutate ancora per molto tempo. Assorto com'era da tanta bellezza, per un attimo si era dimenticato di ogni cosa intorno a sé, poi di colpo affondò senza pietà il frustino nel posteriore del mulo. «lii-aaah» urlò, spronando l'animale che si era inchiodato all'improvviso per paura di perdere l'equilibrio sulle pietre scivolose. Dopo quell'incitamento, il mulo riprese a scendere, con cautela, lungo il pendio. Dove la discesa era meno irta, avevano messo radici piccoli arbusti e cespugli tondeggianti di un verde polveroso e nell'aria c'era un forte profumo di origano selvatico. Petros diede uno strattone alle redini per fermarsi - e mentre assaporava quell'aromatica fragranza, gettò uno sguardo alla sconfinata distesa cerulea davanti a sé. Di colpo, una grande macchia d'ombra oscurò il paesaggio. Petros fu contento che le nuvole venissero a proteggerlo, perché la strada era sempre più pianeggiante e non c'era riparo dal sole. Contemplare i risultati tangibili dell'attività umana gli dava un gran piacere: le abitazioni rudimentali dei contadini, i muretti di pietre ben conservati che cingevano piccoli tratti di terra, tutti quei t errazzamenti, destinati soprattutto al pascolo ma anche ai fichi e agli ulivi. Lungo il sentiero, Petros osservò le foglie di fico a forma di guanto: i bordi erano rifiniti di una sfumatura


I CAMBIAMENTI CLIMATICI

bruna e i frutti viola scuro, maturati da poco, erano già stati saccheggiati dai passanti. Più in là, oltre i fichi, gli olivi verde scuro erano pronti per la raccolta. I rami pregni e pesanti si curvavano verso terra e le minuscole foglie argentee scintillavano nel sole settembrino, fremendo nella brezza. «È proprio vero quel che si dice del sole di settembre,» pensò Petros tra sé e sé. «In questa luce soffusa si avverte la fine delle cose,» rifletté, mentre il mulo scarpinava con un'andatura sincopata giù per il sentiero sterrato. <<Mi sa che questa sarà l'ultima gita al mare, per quest'anno.» Mentre rimirava le olive pronte per la raccolta, i pensieri di Petros andarono al tabacco; gli venne in mente che quest'anno il raccolto era stato proprio abbondante e tutto era andato liscio. La parte difficile era fatta. Non restava che venderlo. «Un'annata di successo anche per me,» proclamò a gran voce. Piuttosto compiaciuto, si apprestò a dirigere l'animale sulla strada battuta ai piedi della collina, e fu allora che una voce familiare lo risvegliò dalle fantasticherie. «Ehi! Non dimenticarti che ci siamo anche noi!» gridò Yannis, bonario ma un po' seccato, per essere stato lasciato indietro insieme alle donne. «Che fretta c'è? È domenica!» Petros diede uno strattone alle redini e si fermò, aspettando che l'amico lo raggiungesse. «Perché sfrecci via così?» gli chiese Yannis a mo' di rimprovero, affiancandolo. «È un giorno di riposo, sbaglio? E poi il raccolto è finito!» Petros si limitò a un cenno di assenso mentre si voltava verso la moglie che si faceva sempre più vicina. Lei tirò le redini del piccolo mulo grigio e si fermò, senza dire una parola, appena dietro il grande mulo marrone di Petros. A lui bastò uno sguardo per capire che era stanca, così si fermarono a riposare. Con un vestito di lana nero e disadorno che arrivava ben oltre il ginocchio, sua moglie stava seduta immobile e di traverso sul mulo; nella mano sinistra reggeva le redini e uno scudiscio di canna. Per proteggersi dal sole si era messa un semplice foulard. 88 • I CAMBIAMENTI CLIMATICI


OPERE NUOVE

Petros diede un'occhiata al crocifisso che portava al collo. «Molto meglio quando l'ho incontrata,» si disse, ripensando alla festa di matrimonio che si celebrava in paese il giorno in cui per la prima volta era stato catturato da quel suo sorriso gioioso, così pieno di vita, così beatamente inconsapevole dei processi dell'età. Aveva un vivido ricordo della gonna nera di lana che fluttuava come la veste di un derviscio a ogni giravolta e dell'elaborato ricamo rosso sul suo podia. Gli tornò in mente un flash della collana luccicante che lei aveva fatto con tutte le monete d'oro che aveva guadagnato o che le avevano regalato da ragazza. Ad attrarlo non era stato solo lo scintillio dell'oro. E neppure il modo in cui le monete rimbalzavano su e giù sul suo petto ad ogni saltello. A piacergli era stato soprattutto il modo in cui la collana le incorniciava il viso, acceso da una vitalità giovanile. Dopo qualche minuto di riposo, Petros chiese alla moglie se fosse pronta per continuare. Lei annuì con acquiescenza, così lui fece schioccare le redini e ripartì in testa a tutti sulla strada che portava alla cittadina. Raggiunte le mura esterne delle fortificazioni bizantine, passarono tutti e quattro dalla porta nord, senza dire una parola. Neppure uno sguardo alle sentinelle turche di guardia su entrambi i lati. Petros diresse l'animale verso destra e procedettero lentamente all'interno delle mura, lungo una strada acciottolata costeggiata da diversi caffè all'aperto. Lì fuori, seduti a prendersi cura di ciò che rimaneva nelle tazzine da caffè, alcuni amici li salutarono a gran voce: «Buongiorno, Petros. Yannis.» Altri stavano a capo chino, così assorti nel lancio dei dadi sul tavli che non notarono affatto il passaggio di Petros e Yannis. Le mogli, però, benché coperte, provocarono non pochi commenti. Il loro arrivo fu visto con maggior sospetto dai turchi che fumavano il narghilè nel loro caffè più giù, sulla strada che curvava seguendo le mura fortificate. Alla porta ovest attraversarono di nuovo i bastioni massicci, perché il tratto più ampio di spiaggia sabbiosa si trovava appena oltre. Arrivati sul litorale, legarono i muli all'ombra di una piccola pineta che circondava la spiaggia, assicurando un po' di privacy alle famiglie che si

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I CAMBIAMENTI CUMATIO

riunivano lì. Infilati strada verso il mare.

larghi costumi da bagno neri, gli uomini fecero

Yannis, con il suo aspetto ordinario, scrutò con invidia la bella figura imponente di Petros procedere sicura verso l'acqua, come uno stallone. La carnagione bruna e le folte sopracciglia corvine conferivano al suo viso un'aria minacciosa, con quel naso aquilino e gli zigomi pro nunciati che già esigevano il rispetto dovuto a una statua finemente cesellata. Le spalle ben t ornite, il torace imponente, coperto da un tappeto di riccioli neri, e la sua camminata spedita e determinata contribuivano a dargli l'aspetto virile e sicuro di chi è abituato alla deferenza. Raggiunta la parte più animata della spiaggia a mezzaluna, i quattro bagnanti entrarono timidamente in acqua, aspettando di capire come avrebbero reagito i loro corpi al cambio di temperatura. Visto che il mare non era poi così freddo, continuarono a camminare adagio, finché non ebbero l'acqua all'altezza dei polpacci. A quel punto, le mogli convennero che lì era abbastanza fondo e che non sarebbero andat e oltre. Petros e Yannis fecero uno scatto fulmineo e corsero via divertiti, fino a quando le ginocchia non riuscirono più a riemergere dall'acqua. Quando anche le cosce si fecero t roppo pesanti, si tuffarono in avanti come due delfini e cominciarono a dimenare furiosamente le braccia in quel modo alquanto bizzarro che avevano di nuotare. Yannis se la cavava bene, ma Petros si rialzò poco dopo, scostandosi i capelli dagli occhi che bruciavano per il sale. Mentre Y annis continuava imperterrito a nuotare, Petros gettò uno sguardo a riva e vide le due donne che chiacchieravano, sedute con l'acqua fino alla vita, spruzzandosi di tanto in tanto come due bambine gioiose. In quel breve interludio, Yannis aveva smesso di nuotare e si era girato sulla schiena. Ora fluttuava tra le dolci onde come un uccello marino. Dopo avere osservato il corpo inerte dell'amico abbandonato senza sforzo sul pelo dell'acqua, anche Petros si piegò all'indietro, sollevò le gambe e allargò le braccia, imitandolo. Sorretto dal mare, Pet ros ebbe una nuova percezione di sé. Per un attimo non vide e non sentì più nulla. Sent iva solo l'acqua che lo sorreggeva, gli riempiva le orecchie, gli lambiva il petto e le gambe. L'unica cosa di cui avesse coscienza era la superficie migo • I CAMBIAMENTI CUMATICI


OPERE NUOVE

nuscola che il suo corpo occupava nella vastità del cosmo; provò una calma incommensurabile. Quando alla fine tornò a guardare a riva e vide stagliarsi contro il limpido cielo azzurro la bella linea scoscesa dei pendii appena percorsi, si soffermò a guardare le cime variegate che scintillavano al sole e fu sbalordito non solo da tutta quella bellezza maestosa, ma anche dall'armonia della natura e dal suo posto lì in mezzo. Di colpo, però, i piedi cominciarono a farsi pesanti e Petros si accorse che stavano andando a fondo. Inarcò la schiena in modo esagerato e tese le braccia, ma senza successo. I piedi precipitarono sempre più rapidi, fino a sfiorare la sabbia. Si tuffò di schiena una seconda volta, ma dopo essere rimasto a galla per un breve istante, i piedi cominciarono di nuovo a gravitare verso il fondale. Riavvicinatosi, Yannis mostrò a Petros come tirare indietro la testa e le spalle, come inarcare la schiena e allargare il p iù possibile le braccia a mo' di crocifisso, per poi prendere un respiro profondo. Petros seguì alla lettera i consigli e per un attimo, sorretto dalla mano di Yannis, sembrò riconquistare un buon equilibrio. Ma non appena la mano fu sfilata da sotto le cosce, i piedi ripresero ancora una volta a scendere, lent i e inesorabili. Stizzito per il fallimento, Petros si rialzò bruscamente e si diresse a riva a passo di marcia. Raggiunti i primi banchi di sabbia che affioravano dall'acqua, si sfregò gli occhi in fiamme, poi alzò lo sguardo per dare un'ultima occhiata ai suoi monti. Non c'era traccia, però, dell'armonia appena sperimentat a. Esaminando le vette più attentamente, riuscì a distinguere una specie di vortice di fumo grigio che saliva da dietro la cresta. Incerto su cosa fosse, indicò le spirali grigie all'amico. Ma Yannis lo rassicurò: erano soltanto i contadini che ripulivano i sentieri coperti di erbacce; allora smisero entrambi di pensare al vortice e ripresero a camminare verso la spiaggia. Una volta usciti dall'acqua, scoprirono che le loro mogli erano tornate nella zona più appartata del litorale. All'ombra della pineta dove avevano lasciato i muli e le provviste, Anna aveva già steso un lenzuolo che serviva da tovaglia e la moglie di Yannis aveva cominciato a tirare fuori

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I CAMBIAMENTI CLIMATICI

il pranzo dai cestini. Ora scartava una teglia preparata da Anna con i cosciotti di agnello al forno, guarniti di riso bianco e di peperoni verdi ripieni. Sotto la fasciatura a mo' di bendaggio era ancora tutto bello caldo e, scoperchiata la teglia, gli aromi stuzzicarono l'appetito dei presenti. La moglie di Yannis aveva portato i pomodori maturi e i magri cetrioli del suo orto. C'era anche l'uva, con i suoi acini verde chiaro, belli paffuti e pronti a esplodere sotto la buccia traslucida, poi qualche pesca gialla con le guance cremisi e una grossa forma di pane rotonda che Anna aveva preso da Mitsos quella mattina, appena sfornata. Petros si precipitò verso un venditore ambulante di frutta e, dopo una trattativa vociante, comprò un grosso melone giallo, che insieme al fiasco di raki di Manolis avrebbe completato il banchetto. Famelici com'erano, spazzolarono tutto quello che trovarono sulla tovaglia improvvisata e, di lì a poco, la moglie di Yannis stava già tagliando l'ultima metà del melone in piccoli bocconi. Petros e Yannis avevano cominciato il brindisi e buttarono giù il raki a sorsate. Quando l'amico ebbe vuotato l'ultimo goccio, Petros alzò il bicchiere, ne trangugiò il contenuto e intonò una canzone ben nota a tutti i suoi compatrioti: «Oh, mia cara Tracia, perché sei vestita di nero?». Appena finì, per non e~sere da meno, Yannis alzò a sua volta il bicchiere, sorseggiò il raki come per assaporarlo e cominciò a cantare un kleftiko della guerra d'indipendenza. Intorno a loro, tutti, persino i turchi, abbassarono la voce in segno di deferenza: la voce di Yannis non solo era stentorea e commovente, ma incarnava il fervore di chi comprende a fondo il significato dei canti patriottici. A differenza di Petros, però, non tutti sapevano che la condotta di Yannis in guerra avrebbe eguagliato quella dei grandi eroi della rivoluzione e che in tutta la regione Yannis non aveva eguali per il coraggio dimostrato nelle furtive incursioni rurali contro i nemici del popolo greco. Non essendo particolarmente incline alle prodezze marziali, Petros ammirava ancora di più la virtù dell'amico. Subito dopo che Yannis aveva intonato il suo canto, molti altri greci sulla spiaggia si erano uniti a lui e ora poco a poco smettevano di canta92 • I CAMBIAMENTI CLIMATICI


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re. Y annis dirottò lo sguardo e notò che il bey turco e il suo entourage, il cui arrivo era passato quasi inosservato, si erano stesi dall'altra parte del boschetto ricurvo. Y annis fissò l'ufficiale turco per alcuni secondi di troppo. Poi si alzò in piedi, sollevò il bicchiere come per proporre un brindisi, buttò giù l'ultimo goccio di raki e prese a cantare sottovoce O Elefterias, il famoso kleftiko dedicato alla libertà.

Allora i greci, intenti a rilassarsi a riva o all'ombra dei pini, si alzarono spontaneamente e, quasi fosse tutto pianificato, si unirono in coro alla voce di Y annis. Anche Petros si era fatto prendere dal fervore del canto. Alzatosi in piedi, prese parte con ardore a quell'istintiva esternazione di patriottismo ribelle. Allora la pineta, la spiaggia, e persino le colline circostanti riecheggiariono di strida greche. Tutti gli occhi si rivolsero lentamente all'autorità locale. Dapprima il

bey Murat provò a fingere che non stesse accadendo nulla di strano. Poi accorgendosi di essere al centro dell'attenzione, in un clima chiaramente ostile, il funzionario turco cominciò ad aggiustarsi nervosamente il fez rosso, scambiando qualche osservazione con i suoi sottoposti. Tentando, nonostante la faccia arrossita, di mostrare quanta più dignità possibile, si alzò in piedi e con un gesto quasi impercettibile dei guanti che stringeva nella sinistra, ordinò alla sua cerchia di seguirlo. Infine, per tutta risposta a quell'insulto pubblico verso di lui e il suo sovrano, se ne andò silenziosamente, così come era arrivato. Alla fine del canto ci fu un boato fragoroso e Petros sentì il sangue martellargli nei timpani davanti a quell'inaspettata manifestazione. Un acceso dibattito riempì l'aria di un continuo ronzio di voci e di grida. I simpatizzanti galvanizzati si avvicinarono a Yannis e a Petros per congratularsi e offrire loro del raki. I due amici persero presto· il controllo dei sensi e Petros dovette tornare a sedersi. Poi di colpo, dimentico del mare e delle cime che lo circondavano, sentì gli occhi chiudersi, si stese lentamente sulla schiena e cadde in un sonno profondo, perdendosi addirittura le prime note di lira che annunciarono il ballo del fazzoletto in cui Anna fu invitata a danzare.

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I CAMBIAMENTI CLIMATIC!

Seduto alla scrivania, sul davanti della piccola bottega arredata con gusto austero, Petros annotava i numeri in un libro mastro nero. Davanti a lui, un vecchio turco con il turbante, una spessa camicia di lana abbottonata fino alla gola e un bolero a maniche lunghe sorseggiava ciò che rimaneva di una tazza di caffè praticamente vuota. L'uomo teneva la tazza premuta sulle labbra e non smetteva di fissare le lire d'oro impilate sulla scrivania davanti ai suoi occhi. Due fratelli assistevano alla scena. Erano due dei primissimi fornitori di Petros e con il tempo erano diventati anche buoni amici. Stavros, che indossava un paio di pantaloni larghi e marroni, gli stivali neri e un maglione pesante con qualche buco nelle maniche sporche di fango, stava al davanzale della finestra sulla facciata. Manolis, il più giovane, era vestito più o meno allo stesso modo. Come molti di quelli che facevano visita a Petros, anche lui amava rintanarsi accanto alla stufa panciuta al centro della stanza appena fuori cominciava a far freddo. E poi lì si sentiva a casa e spesso veniva pagato per fare piccole commissioni. Poggiato il bastone alla sedia, andò a scaldarsi le mani alla stufa in ferro battuto e si guardò intorno con aria assente. A differenza degli altri, sembrava poco interessato alle monete lucenti. <(Su, forza, effendi Hussein! È da venti minuti che trattate,» sbottò alla fine Stavros, con malcelata l'impazienza. ((Mi sono già fumato due sigarette intanto che vi guardavo! Sai benissimo che Petros non ti ha mai truffato. Ti sta offrendo la stessa cifra che ha dato a noi. E poi, poco più o poco meno, che differenza fa? Non sarà questo a mandarti in rovina, sbaglio?» ((Te l'ho detto, Hussein. Il tabacco mi serve entro oggi, perciò posso darti al massimo poco più del prezzo di mercato,» insisté Petros. <(Più di questo, non posso proprio fare.» Il contadino turco tese lentamente la mano destra verso il tavolo e raccolse la pila di monete d'oro. Con il pollice le fece rotolare una a una sull'indice destro e poi nel palmo della mano sinistra, finché non si sentì appagato dal loro peso. Poi alzò di nuovo lo sguardo verso Petros. 94 ·

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«D'accordo, Petros, amico mio,» disse, tirando fuori un fazzolettino dalla cintola in seta. «Per volere di Allah accetto di venderti il mio raccolto profumato a questo prezzo,» continuò con le labbra curvate in un sorriso appena accennato. «E speriamo che con il mio bel tabacco tu faccia ottimi incassi,» aggiunse, avvolgendo le monete nel fazzoletto che rimise al sicuro sotto l'ampia fascia. A quel punto si alzò in piedi e andò lentamente verso la porta. «Grazie, Hussein, e puoi stare certo che ti ho fatto un buon prezzo,» aggiunse Petros in tono cordiale, alzandosi per accompagnare il cliente. «Spero proprio che passerai di nuovo per un caffè, la prossima volta che sei da queste parti.» «Farò il possibile,» rispose Hussein, senza prendersi davvero l'impegno. «In realtà preferisco il tè!» aggiunse, rimettendosi le scarpe aperte sul tallone che aveva lasciato fuori dalla porta. Poi si avviò lungo la fila di negozi che fiancheggiavano la strada acciottolata. «Chissà perché Y annis non arriva?» domandò Petros, voltandosi di colpo verso Manolis, non appena il coltivatore turco sparì in fondo alla strada. «Non saprei,» borbottò Manolis. «Sapeva che il tabacco mi serviva entro oggi. Sapeva che sarebbe venuto un cliente a vederlo,» continuò Petros seccato, rivolgendosi agli amici in cerca di solidarietà.

<<A Y annis posso solo fare i complimenti,» replicò Stavros. «Che dire del modo in cui ha sfidato i turchi l'altro giorno! Se tutti i greci facessero come lui, in breve saremmo liberi dagli oppressori,» affermò infervorato. «li bey se lo meritava proprio,» convenne Petros. «Eppure, ripensandoci, non sono certo che sia stata una buona idea offenderlo in pubblico.» «Sono d'accordo,» gli fece eco Manolis. «Come fate a dire che non è stata una buona idea?» esclamò il fratello. «Prima ci ammazzano con il lavoro nei campi, poi ci finiscono a sangue freddo nelle strade di periferia. E noi continuiamo a non fare niente. Visto che hai aperto uno spaccio qui in città, magari te ne sei dimentica-

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I CAMBIAMENTI CLIMATICI

to, Petros, ma i turchi si mettono in tasca un quarto dei raccolti e, come se non bastasse, sul resto ci paghiamo le tasse. E se tardi a pagare, hai già i soldati alla porta. Siamo noi le vittime della loro brutalità, perciò abbiamo il diritto di reagire] Tanto, un giorno o l'altro prenderanno di mira anche te1» Petros fu sorpreso e al contempo seccato dalle affermazioni dell'amico. «Senti, Stavros, sono greco anch'io, nel caso te ne fossi dimenticato] Se invece di perdere le staffe mi ascoltassi, capiresti cosa intendo. Cercavo di dire che, pur avendo partecipato io stesso a quella provocazione pubblica, non credo sia stata molto utile. Cosa ci avremmo guadagnato, secondo te?» Intimidito dall'accesso di rabbia di Petros, Stavros preferì non fiatare. «Pensa a quello che ci abbiamo rimesso,» rincalzò Petros. «Intanto che Y annis e la sua comitiva - me compreso - stavamo in spiaggia a bere, a cantare e a provocare il bey, i soldati turchi alla soffiata sulla nostra gita hanno appiccato il fuoco e raso al suolo due fattorie dei nostri vicini, rubando tutto il bestiame. Non sono certo che siamo stati noi a guadagnarci,» concluse Petros, facendo su e giù a con la testa come per soppesare i pro e i contro. «Sono d'accordo con Petros. Non credo sia stata una mossa molto accorta» intervenne Manolis. <<Zitto tu, Manolis,» proruppe Stravros con rabbia. «Tu non c'eri nemmeno.» «Neanche tu1» lo rimbeccò il fratello. «Mano, andresti qui di fianco a prenderci tre caffè?» chiese Petros nella speranza che Stavros si calmasse. «Almeno facciamo qualcosa intanto che aspettiamo.» Proprio in quel momento udirono un suono di passi di fronte alla bottega. Seguì un colpo alla porta deciso e sicuro. Pensando che fosse Yannis, Petros andò subito ad aprire, ma sulla soglia trovò un uomo basso e ben rasato, intento a sistemarmi con aria fiera il cravattino per accertarsi un'ultima volta che fosse dritto. Indossava un completo fatto su 96 • I CAMBIAMENTI CUMATICI


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misura con tanto di gilet e una camicia bianca inamidata, con il colletto rialzato a svelare il cinturino nero del cravattino che gli cingeva la gola. «Entri pure, signor Agoras,» disse Petros in tono eccessivamente allegro. «Puntualissimo.» «Cerco di rispettare sempre l'orario degli appuntamenti,» rispose orgoglioso l'acquirente, entrando nella stanza. «Manolis, prendi quattro caffè allora. E fai alla svelta, il nostro ospite va di fretta.» «A proposito, come lo vuole il caffè?» chiese Petros, rivolgendosi al cliente. <<Liscio1» «Quattro caffè, Mano, due lisci]» Sorreggendosi con la mano sinistra al bastone, il fratello di Stavros uscì zoppicando dalla porta d'ingresso. Dato che Petros insisteva, l'acquirente si mise a sedere accanto alla scrivania. «Quando è arrivato?» domandò Petros per rompere il ghiaccio. «Ieri pomeriggio, alle cinque più o meno. La nave era puntuale. Ho avuto a malapena il tempo di andare in camera e prendermi qualcosa da mangiare, ma mi è già arrivata voce delle case messe a fuoco e fiamme dai turchi e delle scorribande dei greci in campagna per provocare gli ufficiali. Cosa sta succedendo? Non si parla d'altro.» «Riguarda un po' tutti qui,» spiegò Petros, senza preoccuparsi di celare l'ironia che, ne era certo, sarebbe passata inosservata agli occhi del mercante cittadino. «Sì, ma cosa credono di ottenere questi delinquenti? Certo, le tasse sono pesanti, ma basta conoscere un paio di funzionari turchi per farsele ridurre parecchio.» Stavros si riaccese in volto, ma per il bene di Petros riuscì a trattenersi dal dire qualunque cosa. «Mi auguro solo che tutto questo trambusto non sfoci in qualcosa di molto più grande,» disse il signor Agoras, «altrimenti finisce che blocca-

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no i flussi di commercio con Costantinopoli. Sarebbe un bel danno per gli affari, vero, Petros?» chiese Agoras con un sorriso di intesa stampato in faccia. Petros si limitò a guardarlo torvo e fu felice di vedere tornare Manolis con il vassoio di caffè del bar di fianco. Bevuto il caffè, Petros condusse l'acquirente di Costantinopoli in una stanza rettangolare lunga e alta sul retro dello spaccio. Quel mattino all'alba Stavros e Manolis avevano legato le piantine di tabacco non ancora brunite con il crine di cavallo e le avevano appese alle travi del magazzino. Il resto era impilato in mazzi perfettamente bruniti in corridioio. Il signor Agoras esaminò attentamente le ampie e fragili foglie: prima quelle venate di verde che pendevano dal soffitto, poi quelle più secche a terra. «Sai bene cosa cerco, Petros,» esclamò il mercante, rivolto al proprietario. «Ormai sono quattro anni che compro da te e non mi hai mai deluso. Voglio un tabacco trace leggero, con un retrogusto di bergamotto e adatto alle sigarette; qualcosa da mischiare con il tabacco turco.» «Quest'anno ho cominciato a vendere un po' prima; è per questo che alcune foglie non sono ancora pronte,» si scusò Petros. «Anzi, mi pare che fosse stato proprio lei a proporre di anticipare il nostro appuntamento annuale,» aggiunse Petros di proposito. «E se ora non vede molto tabacco qui è perché uno dei miei fornitori non si è ancora fatto vivo con il suo raccolto. Speravo di avere quasi il cinquanta percento di tabacco in più in questo periodo.» «Tipico dei greci,» commentò il mercante anatolico. «Di solito Yannis è molto affidabile,» ribatté Petros, subito pronto a difendere l'amico. «Non posso darglielo per meno di. .. » «Devo dire che preferisco trattare con gli inglesi e gli americani,» continuò l'acquirente. «Loro credono nel fair-play. Se promettono di fare una cosa per quel tal giorno a quella tal ora, nove volte su dieci rispettano l'impegno. E poi pagano bene. Soprattutto gli americani. Qualche anno fa, quando ancora lavoravi in città, anche tu hai concluso qualche trattativa con loro, vero, Petros?»

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«Erano per lo più transazioni relativamente semplici e dirette,» mormorò Petros, rispondendo alla domanda in termini commerciali, sperando che quella breve risposta non invogliasse l'altro a continuare la discussione e gli desse modo di trovare una scappatoia dall'argomento. «Be', ora che ha esaminato attentamente il raccolto, signor Agoras, cosa gliene pare?» chiese Petros piuttosto fiducioso. «Si direbbe che le foglie siano di ottima qualità, Petros,» riconobbe l'acquirente. «Ma dovrei fumarne qualcuna per esserne certo.» Come se non aspettasse altro che quella richiesta, Petros aprì prontamente il cassetto della scrivania e tirò fuori diverse sigarette rollate con il tabacco che avevano trinciato presto quel mattino. Ne accese una all'acquirente, che fece un paio di lunghi tiri senza dire una parola. «Non male,» riconobbe alla fine, fingendosi indifferente. «Allora, quanto ne vuole?» chiese Petros schietto. «Me ne servirebbero circa sessanta oka subito e ottanta appena arriva il resto. Puoi occuparti dell'ordine?» «Nessun problema. Credo di avere circa sessanta oka qui. Vediamo, centoquaranta per quarantacinque piastre l'una,» ripeté Petros meccanicamente. «Fa sessantatré lire più le spese di spedizione per il secondo lotto.» <<Facciamo cinquanta in tutto,» rilanciò l'acquirente. «Non posso davvero venderlo a così poco, nemmeno a un cliente fedele come lei. Già glielo sto vendendo a poco più del prezzo a cui l'ho comprato io. E sa quanto pago di tasse, non solo sul raccolto, ma su ogni vendita. La tassa sul tabacco è una delle maggiori fonti di guadagno per lo stato e a farne le spese sono i commercianti e i consumatori. No, la mia offerta la conosce,» concluse convinto. «È un prezzo onesto.» «Che ne dice di sessanta lire per tutto?» azzardò il signor Agoras. «Senta,» ribatté Petros. «Siccome lei è un cliente abituale e il tabacco non si è ancora seccato bene e pesa parecchio, posso darglielo per sessantuno e cinquanta. Ma questo è davvero il massimo a cui posso arrivare.»

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I CAMBIAMENTI CUMATlCI

Avvertendo dalla fermezza del tono di Petros che non sarebbe andato oltre, il signor Agoras non osò proporre una controfferta. Stette un attimo a riflettere sulla qualità del raccolto e sul fatto che aveva assolutamente bisogno di un buon tabacco trace per la miscela. Inoltre il clima politico era molto precario. Messa una mano nella tasca della giacca, tirò fuori un borsellino verde di velluto e dopo aver contato le lire richieste, le distribuì sulla scrivania di Petros. «Dopodomani riparto per Costantinopoli. Può occuparsi di far portare il primo carico sulla nave?» chiese. Petros annuì e il signor Agoras tornò nella stanza principale, lasciando il proprietario da solo a contare le monete appena guadagnate. Piuttosto soddisfatto della transazione, Petros guardò meglio le monete lucenti prima di metterle nella cintura di pelle nascosta sotto la cintola, dove era solito tenere il denaro. V edendo riapparire il mercante, Manolis si accorse del lento e ritmico clop clop degli zoccoli di un mulo sul selciato di ciottoli. Credendo di trovare Y annis, apri la porta deciso. Ma al suo posto trovò padre Paschalis, appollaiato in sella a un grosso mulo bruno. In quel momento anche Petros era tornato nella stanza. Indovinando lo scopo di quella visita, invitò il prete ortodosso a entrare. Padre Paschalis smontò dalla sella di legno, cacciandosi i lunghi capelli grigi in un cappello a cilindro nero, poi entrò e, su invito di Petros, si sedette al solito posto accanto alla stufa panciuta. Il corpo minuto, proteso verso la stufa, era nascosto sotto un pesante cappotto di lana nero. Era fin troppo grande per lui e le mani pallide sbucavano da due tunnel scuri che erano le maniche smisurate. L'indice destro, con la sua nocca ossuta, si teneva inconsapevolmente a distanza dal pollice, creando un vistoso spazio che risaltava ancora di più quando padre Paschalis stava seduto, perché per un tic nervoso era solito sfregare la mano avanti e indietro sulla coscia. La barba grigia e rada accentuava la magrezza del viso, conferendogli

un tocco ascetico, dovuto forse agli zigomi pronunciati. L'aspetto macilento e lo sguardo distratto suggerivano che la sua esistenza era orientata t 00 • I CAMBIAMENTI CUMATJCI


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verso questioni più mistiche. La combinazione di fragilità e sacralità diventava particolarmente evidente il giovedì santo. Durante la liturgia della sera, padre Paschalis, chino sotto il peso di un'enorme croce di legno, faceva il giro della piccola chiesa ortodossa, reinterpretando - con i suoi passi strascicati, l'aspetto scarno e i lamentosi canti liturgici - il martirio di Cristo. Quella commovente rievocazione della passione gli era valsa una certa fama nella regione e l'aveva pure riconciliato con quella parte di popolazione maschile che l'aveva emarginato per via del suo evidente interesse per le donne e i bambini. Nessuno, però, dubitava della fiera determinazione con cui difendeva l'ortodossia greca. In ogni caso, almeno metà della sua esistenza era mondana e si distingueva per tutta una serie di idiosincrasie t errene. Tanto per cominciare, forse a causa della corporatura non sufficientemente robusta, sul finire dell'autunno e soprattutto in inverno, padre Paschalis aveva sempre freddo. E forse per la stessa ragione aveva cominciato a fumare - sigarette, in genere - anche se cercava di non dare troppo nell'occhio. Inoltre, come parte dei suoi doveri clericali, amava far visita alle famiglie della comunità e l'evidente interesse nei confronti dei fedeli suscitava una risposta spontanea nei bambini. I pettegolezzi locali, ad opera più che altro dei suoi detrattori, attribuivano la causa delle frequenti visite parrocchiali alla moglie, che con le sue incessanti lamentele e l'accanito sostegno alla monarchia lo invogliava a uscire di frequente. «Ha già avuto modo di conoscere padre Paschalis?» chiese Petros al signor Agoras. «Sì, ho già avuto il piacere di incontrarlo,» rispose il mercante, annuendo. «A Costantinopoli, se non sbaglio,» aggiunse padre Paschalis, facendo la sua parte in quel rito sociale. <<Comincia a fare freddo,» affermò, tornando a rivolgersi a Petros. «Sì, fa piuttosto freddo,» convenne Petros.

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I CAMBIAMENTI CLIMAn e,

In realtà la giornata non era delle più gelide, ma Petros ricordava che il sacerdote passava la fine dell'autunno e tutto l'inverno a fregarsi le mani. «Non ci sono state ricadute sul raccolto, vero, Petros?» chiese il prete, fissando la parete di fronte, visto che aveva la singolare abitudine di non guardare i suoi interlocutori, a meno che non fosse profondamente coinvolto in una discussione. Sapendo che il prete era ben informato sull'entità del raccolto, Petros sfoderò un astuccio con lo stesso tabacco che aveva offerto al signor Agoras e ne diede un po' al prete insieme a qualche cartina, aggiungendo: ((Perché non lo prova, padre? Mi piacerebbe avere la sua opinione. È sempre stato un giudice eccellente in fatto di qualità.» «Immagino che abbiate già parlato delle case greche appena distrutte,» azzardò il prete, infilando il pollice e l'indice ossuto nell'astuccio. ((Già due volte oggi,» rispose Petros succinto. ((Quando finirà tutto questo saccheggiare e fare morti?» domandò padre Paschalis, senza aspettarsi davvero una risposta. ((Quando non bruciano la casa di un contadino e gli rubano il bestiame, ci rimette la gola un insegnante, sgozzato di notte da assassini assetati di vendetta. Chiunque abbia un benché minimo sentimento filoellenico diventa bersaglio o dei musulmani o dei bulgari che hanno l'audacia di definirsi cristiani ortodossi. Il mio ultimo collega di Serres, per esempio, è stato ucciso a colpi di pistola in una stradina di campagna isolata mentre andava a celebrare la messa. E poi perché il sultano avrebbe dovuto riconoscere l'esarcato bulgaro?» concluse retoricamente, scuotendo la t esta per sottolineare la sua perplessità. N el silenzio generale, il sacerdote si fece ancora più veemente. Sulle labbra di Stavros comparve un lieve sorriso, sentendo verbalizzati i suoi pensieri. «E poi non è niente di nuovo,» continuò il sacerdote. ((Fino a poco tempo fa ci lamentavamo del sultanato di Abdul Hamid Il. Abbiamo accolto la costituzione dei Giovani Turchi con grandi aspettative, pen-

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sando che ci fosse posto anche per noi nel loro progetto confederale. T e lo ricordi, Petros? È stato meno di quattro anni fa,» continuò, stavolta guardandoli dritti negli occhi. «Ma le nostre speranze si sono infrante alla svelta, non appena i Giovani Turchi hanno intrapreso il loro programma brutale; a confronto, la politica del sultano sembrava pacifica. E ora abbiamo un altro sultano. H anno cambiato nome tante volte, ma che siano i Giovani Turchi o i vecchi Turchi, che sia Abdul Hamid II o Mehmet V . Re§ad, non cambia molto, sbaglio? La nostra sorte non è cambiata di una virgola. Siamo sem pre giauri. Infedeli.» «Esatto! E quanto ci vorrà ancora prima di imbracciare le armi e fare qualcosa?» lo interruppe Stavros, con un tono di voce che tradiva una certa indignazione. «Quando sono partito da Costantinop oli, girava voce che la Grecia avesse firmato un'alleanza segreta contro i turchi insieme alla Serbia e alla Bulgaria,» si intromise il signor Agoras.

(<I bulgari non sono t anto meglio,» rimbeccò padre Paschalis con rabbia. ((Forse potrebbero tornarci utili, se ci aiutano,» li interruppe Pctros. ((Devo ammettere che mi fido di Venizelos; secondo me è abbastanza intelligente da capire, in un modo o nell'altro, cosa vuole il popolo greco. E poi è cretese. Sa bene cosa vuol dire farsi mettere i piedi in testa dai turchi!» ((Secondo me,» intervenne il mercante con quel tocco di sfrontatezza che poteva concedersi sulla base delle sue convinzioni, (de grandi potenze sono le uniche che possono aiutarci. Loro sì che potrebbero costringere i turchi a fare le riforme e a liberalizzare l'impero.»

((È quello che avrebbero dovuto fare i Giovani Turchi,» esclamò il prete quasi gridando, ((e le cosiddette grandi potenze ce lo promettono da parecchio tempo!» ((Magari ci penseranno gli inglesi a intervenire per salvarci dai musulmani,» ipotizzò il signor Agoras, imperterrito. ((No, le grandi potenze non sanno fare altro che dare aria alla bocca,» insisté il pret e ortodosso, ((ma l'impero ottomano è comunque destinato

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a cadere. L'impero ottomano è come uno yalis di qualche riccone dimenticato sul Bosforo: diventa sempre più vecchio e fatiscente. Senza interventi di manutenzione, prima o poi crollerà da solo. E allora arriveremo noi e libereremo i nostri compatrioti in Anatolia. E alla fine marceremo di nuovo sulla città santa dell'ortodossia!» esclamò il sacerdote compiaciuto, in tono quasi profetico. «Questa sì che è una Grande Idea!• «Sarebbe ancor meglio ristabilire l'impero bizantino. E perché non addirittura l'impero di Alessandro Magno, già che ci siamo,» ribatté il signor Agoras sarcastico tra il vocio di approvazione. Non appena i due ebbero smesso di parlare, si udì un rumore di zoccoli di cavalli che correvano veloci sull'acciottolato. Subito dopo si udì un tonfo sordo e un battere metallico sulla porta di legno. La strada cominciò a riecheggiare di furiose grida maschili in lontananza. Petros riuscì a distinguere tra le urla uno spaventoso: «Giaur!». Sbirciò fuori dalla finestra e vide passare gli ultimi soldati di un contingente turco ché correva via al galoppo. Quando apri la porta, fu terrorizzato alla vista del sangue fresco che inondava la soglia. Il sangue sgorgava a fiotti da quello che, a prima vista, sembrava un braccio mozzato appena sopra il gomito. Grondava sangue e molti dei nervi scoperti fremevano ancora sulla pietra ricoperta di rosso. Di fianco c'era una sciabola ancora nel fodero. Petros riconobbe immediatamente il fodero: era di Yannis.

(Traduzione dall'inglese di Sofia Vinci)

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BIOGRAFIA DEGLI AUTORI

Biografia degli autori GIOVANNI BRUNO (Zurigo, 1964) è laureato in italianistica e ispanistica. Vive a Cugnasco-Gerra, nel Locarnese, e lavora a Bellinzona come traduttore e giurilinguista presso la Cancelleria federale svizzera. Alcuni dei suoi racco nti sono stati pubblicati sulle antologie Incantati: dodici fantastici racconti e Racconti in libertà e su vari quotidiani ticinesi. SABRINA CAREGNATO (Rovereto, 1965) laureata in economia, con una specializzazione in risorse umane, CAS in mediazione dei conflitti, diploma federale d'incaricato di salute e sicurezza sul lavoro. Ha esordito con due raccolte di poesie, poi ha pubblicato vari racconti. Nel 2015 ha vinto il concorso «Ioscrittore» indetto dal gruppo GeMS con il suo primo romanzo La fiamma dell'uroboro. DARIO GALIMBERTI (Lugano, 1955) è architetto e vive a Lugano. È responsabile del corso di laurea in Architettura della Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana (SUPSO e professore in progettazione architettonica. Nel 2014 ha pubblicato il suo romanzo Il bosco del Grande Olmo e l'anno dopo Lo chiameremo A,go. Con Libromania ha pubblicato Il calice proibito (2015), L 'angelo del lago (2017) e Un'ombra sul lago (Vincitore del premio «Fai viaggiare la tua storia», 2019). LUIGI LA ROSA (Messina, 1974). laureato in Lettere moderne. Ha collaborato con riviste e quotidiani. Per la casa editrice Rizzoli ha curato i seguenti volumi: Pensieri di Natale, Pensieri erotici, L'anno che verrà, L'alfabeto dell'amore. Ha al suo attivo racconti e testi antologici. Per l'editore Ad est dell'Equatore ha pubblicato: Solo a Parigi e non altrove e Quel nome è amore. FABIO LO VERSO (Palermo, 1967) è giornalista d'inchiesta, in economia, finanza e politica, ex corrispondente parlamentare a Berna per il quotidiano «Tribune de Genève», ex redattore capo del quotidiano <<Le Courrier». A Ginevra ha fondato e diretto i giornali «La Cité» e «Il Quaderno». Nel 20161 ha creato l'agenzia «Lo Verso Consulting» e collabora con una rete di giornalisti e fotografi indipendenti e con esperti in edizione e design. MANUELA MAZZI (Locarno, 1971) è caposerv1z10 presso il settimanale svizzero «Azione». Giornalista dal 2000 ha lavorato per più testate giornalistiche, tra cui «Giornale del Popolo», «il Caffè», «Cooperazione», «Il Nostro Paese», «TicinoOggi», «Il Giornale» (sezione Milano). Ha frequentato la «Bottega di narrazione» di Milano sotto la guida di Giulio Mozzi. Fra le sue pubblicazioni: una raccolta di racconti con Ulivo Edizioni di Balerna; una serie di gialli con Safarà editore di Pordenone; un lungo racconto onirico e un romanzo sociale con Progetto Cultura 2000 di Ro ma.

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I CAMBIAMENTI CLIMATICI

ROBERTO McCORMICK vive a Lugano da molti anni ed è stato professore di Letteratura e scrittura creativa presso la Franklin University Switzerland. Di recente, la University of Virginia Press ha pubblicato la sua traduzione inglese del romanzo di Louis-Philippe Dalembert L 'Autre /ace de I.a mer. LETIZIA PAMPANA (Pisa, 1980 ) diplomatasi al liceo classico, si è laureata in Lettere all'Università di Pisa, successivamente si è specializzata nell'insegnamento dell'italiano come lingua seconda diplomandosi in didattica dell'italiano Li. Dal 2010 vive a Ginevra dove insegna lingua e cultura italiana agli adolescenti e agli adulti. In questo ambito collabora con l'Università di Ginevra. DUILIO PARIETTI (Luino, 1958) radiofonico e scrittore. Ha pubblicato i romanzi: Il sindaco con due mogli (Albus Ed., 20 13) ristampato nel 2016 (Rapsodia Ed), Se non sono gigl~ (Rapsodia Ed., 2015), ristampato nel 2016 con l'introduzione di Pier Michelatti, (storico bassista di Fabrizio de André), La notte dei soli (Europa Ed. 2017) e il thriller Non mi prenderete mai (Vertigo Ed, 2018). TONI RICCIARDI è storico delle migrazioni presso l'Università di Ginevra. È condirettore della collana «Gegenwart und Geschichte-Présent et Histoire» (Seismo), è tra i coautori del Rapporto italiani nel mondo della Fondazione Migrantes, del primo Dizionario enciclopedico delle migrazioni italiane nel mondo (Ser, 2014) e membro del comitato editoriale di «Studi Emigrazione». Tra le sue ultime pubblicazioni, L'imperialismo europeo (Corriere della Sera, 2016), Breve storia dell'emigrazione italiana in Svizzera. Dall'esodo di massa alle nuove mobilità (Donzelli, 2018) e Suchard un colosso dalle mani migranti. Storie di donne italiane nell.a cioccol.ata (Tau, 2019) . CARLO SILINI (Mendrisio, 1965), si è laureato in teologia a Friburgo, è sposato e ha un figlio. Editorialista e caporedattore al «Corriere del Ticino», nel 1999 ha firmato con Giovanni Vigo il saggio Dal mille al futuro, ed. San Giorgio. Nel 2005 ha vinto il premio di Giornalista svizzero dell'anno, attribuito dalla rivista «Schweizer Joumalist». Nel 2015 si è invece aggiudicato Lo Swiss Press Award - il principale premio di giornalismo svizzero - nella categoria Print. E nel 2017 ha fatto il bis del medesimo riconoscimento nella categoria «Locab>. Come scrittore ha esordito nel 2015 col thriller storico Il l.adro di ragazze (ed Gabriele Capelli), ambientato nel Mendrisiotto del Seicento. In gennaio 2019 è uscito, sempre per Gabriele Capelli, il suo secondo romanzo dal titolo Latte e sangue. ARIANNA ULIAN (Sandrigo, 1975), laureata in fìlosofia all'Università di Bologna, ha ottenuto un DEA presso l'Università di Parigi IV Sorbona Ha frequentato il Conservatorio di Bologna e studiato composizione elettroacustica a Parigi. Nel 2015 è entrata nella Bottega di Narrazione di Giulio Mozzi e Gabriele Dadati. Vive a Venezia, è insegnante.

106 • I CAMBIAMENTI CLIMATICI


Gli autori di Opera Nuova Prisca Agustoni

2011/t, 2014/1, 2014/2

Michele Amadò Fabio Andina

Mauro Delfoc

2015/1

2013/t, 2014 / i ,

Pier Carlo Apolinari

2018/i

2010/i

Wystan Hugh Auden

2015/i

Daniele Bernardi

2011 / 1

Lia Galli

2012/t, 2017/t

Mario Gamba

2011/i, 2015/1 20 13/ 2

Dario Galimberti

2019/i

Alberto Gianinazzi,

2010/i

Domenico Bonini 2011/i,

20 15/ 1

Tomaso Bontognali 2010/i G iovanni Bruno 2019/t,

2015/t, 2017/t

2012/i

Laura Garavaglia 20 15/t Debora Giampani 2016/i

2013/ 1 20 17/2

Vanni Bianconi

Gaetano C. Frongillo

C laire Genoux

2019/ 1

Raffaele Beretta Piccoli . Yari Bemasconi

Anna Felder 2015 / i Simone Fornara 2011/2,

201 5/i, 20 16/i

Fabiano A lbo rghetti 20 10/t,

Sylvia Bagli

20 11 / i

Jacques Dupin 2010/t

2013/i

Flavio Arrigoni

Anna Maria Di Brina 2019/ 1

2019/ i

Francesco G iudici,

2018/ 1

2018/t

Giuliana Pelli Grandini Cécile Guivarch

2015/ 1

2014/i

Lorenzo Buccella 2015/ 1

Silvia H arri

Elia Buletti 2010/i Michele Canducci, 201 8/t

Federico Hindermann

2010/t

Marica Iannuzzi 2017/

1

Sara Camponovo,

2016/t

G ilberto !sella

Sabrina Caregnato

2014/t, 201 7/t,

Elisabetta Jankovic

201 7/2, 2018/2, 201 9/ 1 , 2019/2

Valeria Callea 2017/t Lillith Cavalli

2012/i

2016/i

2017/t

Lucia Colo mbi-Bordoli Angela Curatolo Valeria Dal Bo

2010/i

2016/ 1

2019/t

2012/ 1

Alessandro Dall'Olio Andrea De Alberti

2016/i

2012/t

Adele Desideri 2014/ Daniele Dell'Agnola

2010/ 1

2019/ 2

1 2013/i, 2017/i

Daniela Delfoc 201 i/ 2

2011/t

Eva Maria Leuenberger 2016/i Wanda Luban

Luca Cignetti, 2017/i

Fabio Contestabile,

2012/i

Pierluigi Lanfranchi

Pierre Chappuis 2011/t,

Davide Circello

2013/t , 2015/i

Elena Jurissevich Luigi La Rosa

2018/i

Joanne C hassot,

2011/i

201 9/t

Allievi della 1 ° element are di Lugano-Cassarate, 2018/ 1 C laudio Magris 2016/i Massimo Malinverni

201 1 h

Simonetta Martini 2011/i Sebastiano Marvin

2016/i

Manuela Mazzi 2015/t,

2019/i

Roberto Mc Cormick 2017/i, 2019/i

Nadia Meli

20 13/i, 2014/i

Paola Menghini

2010/i

201 8/i,


Fabio Merlini

Paola Celio Rossello 2012/2 Antonio Rossi 2014/ 1 Tiziano Rossi 2011/i

2015/1

Roberto Milan

2015/ 1

Christian Moccia

2014/i

Edoardo Moncada

2019/ 1

Luca Saltini 201 i/ 1 1

Nicolai Morawitz

2017/i

Maria Elena Sangalli 2015/i

Gerry Mottis 2012/1, 2013/i, Laura Muscarà Alberto Nessi Guido Oldani

2017/i

2014/i, 2015/i

Laura Sarotto 2013/i Oliver Scharpf 2010/i

2011/i

20 11 / i

Adam Schwarz 2016/i

2014/i

Giulia Elsa Sibilio 2012/i

Tiziana Ortelli 20 14 / i

Carlo Silini 2019/i

Duilio Parietti

Carlotta Silini 2017/i

2019/i , 2019/i

Ange la PassareIlo Amleto Pedroli

Tommaso Soldini

201 7 h

2013/ i

Alfonso Maria Petrosino Vincenzo Pezzella

2010/i

2013/i

Annamaria Pianezzi-Marcacci 2010/i Mariacristina Pianta 2012/i Rosa Pierno,

2016/1

Roberta Plebani

2013/i

Michelle Steinbeck 2016/i Studentesse e studenti DFA-SUPSI 2014/i, 2015/i, 2016/i, 2017/i, 2018/1

Flavio Stroppini 2010/ 1 Denise Storni 2012/2,

2019/i

1

2010/i,

2012/i, 2013/i 2013/2, 2014/2

Lolvé Tillmanns 2016/i

Hé lo"ise Pocry 20 16/ i

Vincenzo Todisco

Ivan Pozzoni

Andrea Trombin Valente

2012/i, 2106/ 1, 2018/ 2

2013/2, 2017/i 2012/i

Michèle Python 2017/i

Arianna Ulian

Fabio Pusterla 2011/i

Tiziano Uria

Federico A. Realino

Maria Rosaria Valentini 2013/i

2013/i, 2019/ 1

2019/i

2019/1

Anita Rochedy 2016/i

Bernard V argaftig 2013/i

Sergio Roic

Simone Zanin

2012/ 1

Marina Riva

20 15/ i

2013/i


I collaboratori di Opera Nuova Prisca Agustoni

2010/i, 2012/2, 2013/2

C laudia Azzola

2015/i

Fabio Pagliccia

Arnaldo Benini

2016h

Emilio Palaz 2012/i

Giovanni Bardazzi

2010/ 2

Michela Bettoni 20 18/

1

Margherita Orsino 2011/i,

2015/i, 2016h, 2018h

Maurizio Palma di Cesnola Letizia Pampana Giulia Passini

Stefano Bragato

Matteo Maria Pedroni

Laura Branchetti,

2016/i, 2019/i

Mariarita Buratto, 2016/i Sebastiano Caroni

2017h

Raffaella Castagnola

2010/i , 2011/i,

20 12/ 1 , 2013/1, 2014/1, 2015/ 1, 2015/2, 201 7/1 , 2018/2

Luca C ignetti

20 1 0/i, 2014 / 1, 2014/i,

2012/ 1 2010/i

Mariacristina Pianta 201 i / 1, Giulia Raboni

2011/i

Ludovica Radif 20 17/i Stefano Raimondi Toni Ricciardi

2011 / 1

2019/i

201d 1 , 201 3/ 1

20 15/i

Simone Fornara 2011/1,

Roberto Ritter Sergej Roic

Andrea Fazioli 2017h Natascha Fioretti

2011/2,

2014/i

Silvia Demartini 2017h Dario Corno 2010/ 1,

2015/ 1

Giuseppe Polimeni 2012/ 1

Gerardo Rigozzi 2010/i,

2015/1, 2017h

2011 / i

2019/i

Andrea Bianchetti 2013/ 1 2018/i

201i/2

2017/i,

2013/ i

Antonio Spagnuolo Lorenzo Tomasin Matteo Viale

2017/i, 2018/i

2011 / i

20 18h

2015/i

2012/1, 2016/ 1, 201 9/i

Simone Giusti

2010/i

Lorenzo Tomasin

G ilberto !sella

2010/ 1 , 20 11 /i, 2013/ 1,

Luca Zuliani

201 7 / 1

2010/i

20 14/ 1 , 2014/2, 2015/ 1

Nina Jaeggli

2010/i

Sandro Lanzetti 2012/i Fabio Lo Verso

Le interviste di Opera Nuova

2019/i

Paola Magi 2013/ 2

Yari Bernasconi

201 7 h

Manuela Mazzi 20 19/ 1

Massimo Gezzi

2017/1

Flavio Medici

Pier Vincenzo Mengaldo

2011 / i

Simona Meschini Sara Murgia

2017/i

2014/i

Giampiero Neri

2017h

Fabio Pusterla

20 10/i

2011/i

Gian Mario Villalta 2010/i


Le pubblicazioni di Opera Nuova

Collana Artemis

1.

Luigi Rossini, Collerico, superbo, nel tempo istesso modesto, benigno. Scritti autobiografici, 2014 Collana Autografica

1.

Federico Hindermann, Cerchi di luce,

2.

Prisca Agustoni, Casa delle ossa,

3.

Pier C arlo Apolinari, Preludi e fughe senza indicazioni di tempo,

2010

2010

4.

Robero Milan, Il mare alla rovescia,

5.

Jacques Dupin, Scarto, traduzione di Gilberto !sella,

6.

Simone Fornara e Mario Gamba, I cavalieri davanti al fiume,

7.

AA.VV., Il punto illustrato,

8.

Sergej Roic, Il gioco del mondo, 2012

9.

Pierre Chappuis, Il mio sussurro. Il mio respiro,

10.

Gilberto !sella, Caro aberrante fiore,

11.

Giuliana Pelli Grandini, Le Marfungole,

12.

Sergio Wax, Fragmentos,

2 0 11

2011 2011 2011

2011

2010.

2013 2013

2013

13.

Michele Amadò, Nient'altro che cinque minuti,

14.

Sergio Wax, Terra e sale,

15.

Anna Felder, Liquida,

16.

Luca Cignetti, Nel tempo cavo, 2 0 19

2014

2015

2016 (2°

ed. 2017)

Collana Riflessi 1.

POESIT. Repertorio bibliografico dei poeti nella Svizzera Italiana, a cura di Raffaella Castagnola e Matteo Viale, 2012

2.

Oscar Mazzoleni, Andrea Pilotti e Marco Marcacci, Un cantone in mutamento. Aggregazioni urbane ed equilibri regionali in Ticino, 2 0 14

3.

Michele Amadò, Disegnare il mondo, 2015

4.

Michele Amadò, La casa delle muse - LAC, 2016

5.

Miche le Amadò, Oracoli. Fontane del Ticino,

6.

Miche le Amadò, Quatto quatto come un gatto,

2017 20 18


L'ERRORE PREMIO LETTERARIO OPEHA NU0\IA 1" E0IZI0I\E «Cli 1·1T11ri ,111111 lll'1·,.s.,;;11'Ì. 111 ili ,·11111,• il pan,· ,. s111·ss11 a11ch1· lll'lli». Così sni,·1·, a Cia1111i H,.l11ri 1lt'I , 11111·..l,·lin· /_il,ro t!,,.di 1·rn11i. 111 111·orclo cl,·l µrnnd,· st-ri111,r1•. cli rni 11..I :l0:l0 ri1·11rr1· il 1·1·1111·11ario cl1·lla na,,.·i1 a. la rivista Opera Nuova bandisce un premio letterario dedicato a racconti inediti ispirn1i al 1t·111a d1•ll'1•rr,,r1•.

Il n·gola1111·1110 1\ ,,.,111plin·: •

ogni a11l11n· p11ù itl\ian· il proprio ll'slo entro il 13 dicembre 2019 all'indirizzo premio@operanuova.com. irnli.-:1111111 il 1i1ol11 cl..! n11Ton10. il proprio 1101111' 1· 1·0µ1101111•. 1111 n·rnpilo po,,1al1·. l'i111lirizzo ,·-mail 1· 1111a did1iarnzioi11· ,·Ili' il ra,·,·011111 pn·,,.·111a10 ì· frullo cl,·1 proprio i11µ1·µ 110 ,. dlt' ,,.. m· 1••ssi1·cl1· r,,,,.·111, i\"a 1i111lari1ù d1·i diri11i di , fru11a11wn10. :,4•11za li111i1azio1lt' o 11111·n· aln11111 sullo slt'"" 1ll'i n,nfnnlli cli 11·rzi:

il 11·, 111 cl1·,·1· 1•s.,;,•n· cli 1li11lt'n, io11i 1·0111pn•st• fra lt· 6'000 1· I,· :l0'000 ha111111· (spazi i11.-l11si) ,. srri1111 in 11110 d,·i St'!(llt'llli f11n11a1i : d,• .. d1•·.x o rlf:

il 11·,111 dn1· ,.,,,..n. n•·n·nll· rn11 il 1t·111a d,·11·0111·1111-0 (''1'1·rrnn·-). i1lt'di10. in lingua i1alia11a 1· 11oi1 d ,·n· ,•sst·n· µiù , lall> pn•111ia10 o .i·l1·zio11a10 p1·r ahri 1·11111·1..-,i:

la l"''"'lllazim11· d,·l 1t·s111 µa ra111i-,·1· l'i111p1·µ1111 da pa111· d1·ll'a111on· 11 111111 ri1irarlo dal 1·orn·o1-:,,,,:

111'1 caso in n1i il 11·, 10 n·nµa -,· lt·zionalO ,·01111· li11alis1a. l'aulon· a1·, ·011,,.·111t· alla sua p11lilili1·azi111w , 11lla rivi,1a 01wrn .\1111"·a:

la par1t·1·ipazion,· implit'a l'.11T1·11azio1w i1111·µnd1• ,. l'o,,1·r\11nza 111·1pn·.i·nlt· lmndo.

Cli aulori , ..!1·ziona1i ,arn111111 i11fonna1i p1·r l'- lllail 1·111m il 111,·st· di µ,.1111aio 20:l0 ,. i rn1·1·0111i li11alis1i ,aranno p11lihlirn1i sulla ri\"iSIH Op1·rn .\1110\'ll.

Il rn111i1a10 di l1·1111ra ì· rn111po,10 da Sal,rina Can·µnalo. Luca Cig1lt'lli. Si11101w Fornaru. \la111lt'la .\lazzi 1· Ci11lio .\lozzi. .\I ,·i1u-i1or,. d1·I 1·1111.-orst, sarì1 rnrrisposlo un premio di 300 CHF. .\I st·1·1111clo ,. al 1t·1·/.o das.ilirn1 11 sarù 1-orris1•.slo un premio di 100 CHF. ·ruui µ:li auluri ~ ·lt·zionn1i ri,·1·,t•ranuo in orna;.::gio un ahlm11a11w1110 alla ri, i:-tla d,·lla durali! di 1111 anno.

P1·r ahn· i11f11r111azioni sni\t·n· all'indirizzo premio@operanuova.com o visi1an· il , ilo

www.operanuova.com.


finito di stampare nel mese di dicembre 2019 dalla tipografia La Buona Stampa di Lugano



ISSN: 1663-2982 ISBN: 978-88-96992-27-2 CHF 30.-


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