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SPECCHIETTO DÉCO
pennello. All'orizzonte. Lontana. I barattoli sono fermi, per terra. I feti storditi. Le strisce nere di luttuosa plastica transennano l'oblio di lutti antichi. La donna canta do do enfant do avvicinandosi in punta di piedi alla spatolata di colore azzurro che spurga proprio al centro del sogno. Una piccola diga di ciottoli bianchi, lisciati dallo scorrere del fiume, protegge il sonno dell'esausta bambola molle. Le dita della donna scompigliano la pennellata. Graffiano il sudario di ghiaccio. Lacerano la bolla d'aria. Plòp. L'incantesimo può fmalmente esplodere in gocciole di pianto. Dlindlindlinnn ... È ancora Natale. In alto, nel sogno.
SPECCHIETTO DÉCO
Un piccolo gemito ( di dolore o di piacere). Il buio si scioglie e libera dal fondale di cartapesta comparse fisse e immobili di una storia macchiata dall' ombra di una nuvola di gesso. Mostri dal lungo becco svolazzano, trafiggendo il cielo che si sgretola adagio adagio, sanguinando sbuffi di cotone. Una vecchia canta, ciondolando la testa calva e molle. Evoca fantasmi che su un soffio ( quasi un niente) incielano la giovane, madre da poco, sottraendo il suo placido ventre dilatato al corpicino della bimba, neonata farfalla. L'immenso lenzuolo steso su freddo e solitudine, gonfia onde lente. Stelle di latta sbiancano giorni e notti di Età Passate (ben al di sopra degli anni) che favoleggiano di ballerinette imprigionate nel guscio di madreperla foderato di smunta seta viola dello specchietto déco, riapparso dal nulla. Inestricabili piante dell'oscura selva si allungano, si contorcono, spingono e sgusciano da labbra esangui trascinando dal sonno nel sogno, sovrapposte immagini di vita e di morte che ricompongono mistero e passione del primo volto. Amato, mutevole ed eterno.
