Michele Amadò - Oracoli - Fontane del Ticino

Testi

Michele Amadò Fotografie

ORACOLI FONTANE DEL TICINO

Studenti in Comunicazione visiva della SUPSI

Rifless i n.5

MMXVII

Progerro grafico Simone Colombo Robin Eberwe,n Jordan Linder Fotografia copenma Ludovico Fanton,

Studenti Corso di laurea in Comunicazione V1S1va

SUPSI

SCuo&I untvtrsltarti proftsslONle citi.. SYIZUOI IUJi.n.

SUPSl

20

È vietata ogni riproduzione non esplicitamente autorizzata. anche parziale ed effettuata con qualsiasi mezzo.

Tutti , d,rim nservat1. \02017 Ed1Z1on1 Opera Nuova, Lugano www.operanuo11a.com ISBN: 978-88-96992-24-1

Testi

Michele Amadò Fotografie

ORACOLI FONTANE DEL TICINO

Studenti in Comunicazione visiva della SUPSI

Introduzione

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Indice

5

Raffaella Castagno/a

6

Michele Amadò

7

Nic/a Borio/i Pozzorini

8

Michele Amadò & Marco Be/trame/li

Fontane

11

Legenda

12

Fonti

40

Oracoli

60

Sommario fotografico

62

Collane di Opera N uova

Le fontane hanno da sempre ispirato scrittori, musicisti e artisti. Fin dall 'antichità sono state associate all' immagine delle sorgenti sul monte Parnaso, dove, secondo la tradi zione mitologica, si riunivano le Muse. In quel luogo, infatti, si trovava una fonte preziosa, capace di dare ispirazione a chi avesse bevuto le acque sacrali. La fontana non appartiene solo al mito: può anche essere antropomorfizzata, perché il suo suono sembra donare momenti di felicità o di sofTerenza, come quando si incontra un amico sorridente o un malato.

Basta ri cordare una celebre lirica crepuscolare di Aldo Palazzeschi che ci restituisce il dolore di una fontana singhiozzante. In realtà l'immagine parte da un dettaglio realistico, banale e quotidiano, come quello di un rubinetto otturato che non permette all 'acqua il suo normale flusso. Ed ecco allora sorgere una serie di versi brevi, ri voluzionari e anticonformistici rispetto alle tecniche della poesia di primo Novecento, che molti conoscono fin dalle prime letture dell ' infanzia: «Clof, clop, cloch / cloffete, / cloppete, / clocchete, /chchch.. ./ È giù, / nel cortile, / la povera / fontana / malata». La fontana di Palazzeschi sembra voler riscrivere la famosa poesia di Gabriele d'Annunzio «La pioggia nel pineto» eribaltare così il ruolo del poeta nella società, che non si pone più come depositario di certezze assolute e di sensazioni paniche, ma come uomo fra gli uomini, umile narratore delle quotidianità e delle inquietudini ricorrenti. Non ci sono solo fontane «teatralizzate» e tristi, ma anche quelle che raccon-

tano storie di città e di borghi, di piazze note come di strade poco frequentate. Sono punti d' incontro identitari, quelli sui quali da oggi vorremmo soffermarci. Nelle pagine di Cultura del Corriere del Ticino, Michele Amadò, docente di Estetica e Retorica alla SUPSI, ha scritto una rubrica intitolata «Fontane del Ticino», dopo quelle dedicate a «I mestieri. Disegnare il mondo» e al LAC, «La casa delle Muse». Come nei precedenti casi gli articoli sono accompagnati da suggestive fotografie realizzate da studenti del Bachelor in Comunicazione visiva della SUPSl, seguiti daAmadò e da Beltrametti, docente di fotografia. Negli articoli le fontane si atteggiano a oracoli: fonte di saggezza, di consigli, di profezie. I testi trasformano i luoghi ticinesi in sorgenti sapienziali e spirituali che suonano, cantano, raccontano, interrogano. Le fotografie non illustrano ma narrano, ciò che gli oracoli sono, vedono, indicano. Da Nord a Sud, da Est a Ovest, il lettore incontra vasche di tutti i tipi che gorgogliano, gorgheggiano, zufolano. Da Bellinzona a Faido, Rovio, Biasca, Bosco Gurin, Lugano, le acque portano preziosi messaggi a volte antichi, a volte attuali. Le fonti sono memoria e spaccato della storia del Ticino, sia gli antichi sarcofagi romani riciclati in vasche, sia i pozzi e i lavatoi, parenti stretti delle fontane. La gran parte di quelle scelte dall ' autore, tranne una, tutte in pietra, sono sorte nel Cantone Ticino divenuto svizzero e soprattutto tra la metà dell'Ottocento e l' inizio del Novecento, quandovi fu una forte edificazione di captazioni e acquedotti.

Con grande intelligenza questa impresa ha contribuito allo sviluppo e al benessere del Cantone, anche in tempi di povertà se non di miseria. Negli articoli troverete la memoria dei nostri antenati. Alcuni partivano dal nostro territorio con un sacco, che, come racconta Plinio Martini: ha un fondo di memoria e amore per le proprie origini. Alcuni emigranti hanno fatto fortuna e generosamente hanno poi donato dalla California come dall 'Argentina fondi per delle fontane, come ad esempio in val Maggia e in valle Verzasca Alcune imprese furono imponenti per i tempi: chi sa da dove arrivava l'acqua in piazza della Riforma a Lugano, dal 1894? I brani, spesso con una vena umoristica, sono una sorta di racconto della fonte, che declama ciò che serba, ricorda, vede e anche critica, insomma vuota il sacco. L'amore per queste costruzioni non ha pari in Ticino, se non forse lo scandire del tempo delle campane. L' acqua è vita e spesso è stata oggetto di conflitti. La storia degli acquedotti lo dimostra ampiamente, come le battaglie tra i principali gestori: Patriziati e Comuni.

Le fontane sono dunque elementi identitari unici, capaci di rallegrare e di portare pace. Luoghi d' incontro, di ristoro, per uomini e animali e per gli occhi e le orecchie che sanno ascoltare ciò che risuona dal profondo della terra.

Raffaella Castagnola Direttrice della Divisione della cuflura e degli studi universitari del Cantone Ticino

Andare alle fonti è certo la miglior via da sempre per l'uomo assetato, non solo d 'acqua. Così han fatto da sempre i filosofi alla ricerca della sapienza, gli storici dei dati originari, i medi ci della causa del le malattie, ma anche i detective per scoprire i colpevoli.

In questa prospettiva di percorso verso le origini, per la pubblicazione degli articoli apparsi sulla pagina culturale del Corriere del Ticino nel 20 16, è stato scelto il titolo "Oracoli". Oracolo inteso innanzitutto come luogo, posto dove chiedere un responso a domande concernenti cose ignote del presente, del passato, del futuro. Omero beveva da quelle fonti sia per scrivere l' Iliade sia l'Odissea. li più famoso degli oracoli è situato a Delfi. Anche nelle tradizioni nordiche sorgenti e pozzi sono luoghi, ai confini della terra, dove ricevere responsi. Vi abitano le Nome scandinave, ossia le Parche dei Romani e le Moire dei greci. Nell ' universo biblico la fonte è segno divinissimo, come nell'arido deserto a Massa e Meriba (prova e litigio), dove Mosè, con il suo prodigioso bastone, colpì la roccia e ne sorse la salvifica acqua.

Acqua che, insieme al sangue, sorse dal costato di Cri sto sulla croce secondo i Vangeli. Nella fonte cielo e terra, divini e mortali, si incontrano, si sposano secondo il filosofo più discusso nel secolo scorso, Martin Heidegger. L'acqua delle fonti è preziosissima, sorgente di guarigione per gli occhi nel giorno di Santa Lucia, come quella di sala Capriasca, scolpita dal Moncrini nel I 770. Le fontane in Ticino in questa pubblicazione, raccontano in soggettiva,

del presente, del passato, come fossero degli oracoli.

Quella di Faida ricorda la grande sete di giustizia e libertà di Stefano Franscini, quella di Meride dell 'esondazione del lago nel 1868, il pozzo di Biasca rammenta la presenza nel borgo del Cardinal Borromeo, quella di Bosco Gurin canta Walser, a Lavertezzo il valzer argentino, a Bellinzona una foca nordica inonda il parlamento, a Croglio compone il Merlot, a Frasca evoca sia sogni di California sia la terribile valanga del 195 1, e l'aiuto preziosissimo della scuola reclute dei granatieri stanziati a Brione, due fonti declamano Giumaglio, a Rovio e a Cadro sentenziano sui sarcofaghi romani, a Giomico sulle fonti battesimali, a Lugano i responsi concernono le sorgenti del Cusello e della patria, a Cevio i balivi, a Sonogno i Fratelli neri, a Cimadera salmodiano vispe sorelle, sul Brè le lavandaie lavano i fazzoletti, a Càdel Ferée ad Arogno solfeggia il mistero dell ' Incarnazione, a Curio la polla ulula come un lupo, a Bedigliora è testimone del Voltamarsina, a Trevano parla in russo, le fontane salutano anche a Morcote, Rancate, Ravecchia, Locarno, Vacallo, Paradiso, Cabbio, Riva San Vitale, Caslano ... , insomma tutto il mondo pare concentrarsi in Ticino, terra di migranti. Sono tante le fontane in Ticino, qui solo alcune sono ricordate, ma a nome di tutte.

Michele Amadò Professore SUPSI

"... Un viaggiatore è uno schiavo dei propri sensi... può conoscere davvero il mondo soltanto quando lo vede. lo sente e lo annusa."

- Lord Byron C'erano un tempo le Fontane di paese, una fonte preziosa d' acqua fresca e pura, ma anche luogo privilegiato d' incontro e di scambio tra le persone, in cui vivere esperienze aggreganti. Una dimensione sociale che nel presente non è del tutto perduta e può essere attinta e rievocata dal viaggiatore quando, al cospetto di luoghi simbolici e identitari, riscopre parte della propria storia e vi si imm erge.

Così gli studenti del corso di Estetica e retorica del Bachelor in Comunicazione visiva della SU PSI, accompagnati dalle parole suggestive e iconiche dei testi di Michele Amadò, hanno percorso un itinerario della memoria alla scoperta delle fontane del Ticino e del nostro territorio. Sorgenti inesplorate, testimonianze di un passato mai sopito, occasioni di incontro con la nostra storia locale. Conoscere e comprendere il territorio e la sua identità significa agire nella sua complessità, mappare e analizzare le sue specificità e la sua irriducibile unicità per valorizzare al meglio le sue tradizioni, le sue risorse culturali, il paesaggio, l' architettura. Coglie rne gli elementi distintivi, le logiche e i percorsi, la sua peculi are e intima vocazione, abbeverarsi alle sue fonti. Il progetto editoriale, interamente progettato dagli studenti, propone ventiquattro articoli e raccoglie le fotografie da loro realizzate per la rubrica culturale del Corriere del Ticino unitamente ad altre immagini inedite, supervisionate con cura dal foto-

grafo Marco Beltrametti. Un ' occasione unica e preziosa per esprimersi pubblicamente e dimostrare l'accurato sviluppo della propria professionalità creativa. Un racconto per immagini dove la fotografia diventa esperienza viva, sguardo e prospettiva sul mondo, forma e inquadratura di contenuti profondi che tracciano trame suggestive e suggeriscono ipotesi stratificate di senso. La ricerca d' identità di un luogo, prende forma nel tempo e nello spazio attraverso lo sguardo interpretativo del linguaggio fotografico e si esprime con scelte gestaltiche, semiotiche ed estetiche. Originalità, poesia visiva, competenza tecnica e sensibil ità compositiva proposte in un sinolo virtuoso. Questa sintesi tra dimensione teorica e professionale è la vera vocazione della nostra istituzione accademica. Un dialogo maieutico capace di favorire l' apprendimento e l' acquisizione di competenze e parallelamente stimolare una visione interpretativa sulla realtà che ci circonda, per proporsi quale concreta fo nte di conoscenza e di appropriazione. L' esordio metaforico con lo sguardo nobile e fiero della fontana di Morcote che osserva e apprezza le bellezze architettoniche e paesaggistiche nel suo contesto, diviene così archetipo della narrazione presentata in questo volume e ci conduce a l cuore identitaria di tutto il progetto didattico. Con il medesimo sguardo invito i lettori ad immergersi in questo viaggio sinestetico e rivelatore.

Nicla Borio/i Pozzorini Responsabile della formazione DACD - SUPSI

li progetto è stato sviluppato nel corso di Estetica e retorica, per gli studenti de l terzo semestre del Bachelor di Comunicazione visiva, nel 2015 e nel 2016. Amadò tiene il corso di Estetica e retorica, Beltrametti di Fotografia. I docenti hanno condiviso la progettazione de l corso di Estetica che è di filosofia. Beltrametti ha messo a disposizione le sue specifiche competenze ne lla fotografia a livello teorico, stori co, critico, estetico e tecnico. li corso è di teoria, ma è stato organizzato attraverso un rovesciamento didattico e metodologico che lo ha reso analogo ad un corso di progettazione professionale, nella convinzione che la teoria, in sé necessariamente libera dai vincoli della funzionalità e da risultati pratic i, si possa insegnare con efficacia con modalità normalmente proprie a corsi di progettazione, che hanno invece delle finalità pragmatiche.

I contenuti esposti dai docenti andavano approfonditi dagli studenti nella progettazione e realizzazione di fotografie che rappresentassero una narrazione coerente con essi. li te ma è stato quello della fontana: elemento identitaria; metafora della vita, del sorgere dell ' identità e della cultura. Nel corso del 2015 Amadò aveva fornito a ogni studente una bozza di un articolo di giornale, c he sarebbe stato pubblicato sulla pagina culturale del Corriere del Tic ino (fi nalità pragmatica). Gli studenti hanno reali zzato le foto che illustravano i principa li contenuti dei testi. Nel corso del 2016, gli studenti hanno eseguito a loro volta delle foto di polle, ma senza partire da un articolo da illustrare, confrontandosi

con quanto avevano fatto i colleghi dell 'anno precedente. Tre studenti hanno progettato la pubblicazione delle foto e de i testi prodotti nei due anni.

Momento fondante del processo didattico è stato quello delle critiche e revisioni, con lo spirito e il metodo filosofico del dialogo platonico. Gli studenti sono stati protagonisti sia nell 'esecuzione delle foto, nel coordinamento dei lavori, nella raccolta dei materiali, nella progettazione della pubblicazione sia ne lla condivisione di quanto si faceva, nell ' imparare l' uno dall'altro. li risultato è interessante, le immagini sanno raccontare il senso del testo, in modo a volte esemplare, sempre dignitoso, se non buono. È messo quindi in evidenza come l'immagine stessa sia un testo in grado di comunicare un senso, espressione di verità, e non solo dello stile individuale. Il titolo connota lo spirito del progetto: saper dare parola a delle fontane, nel testo fotografico. Testo visivo origine di senso, di confronto tra passato e presente, a volte di critica anche tagliente, di emozioni, di memoria e di prospettive per il futuro.

Foto esse stesse teoria, libere da finalità pratiche come il pensiero a lla sua fonte.

Michele Amadò & Marco Be/trame/li Docenti SUPSI

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Oracoli, Fontane del Ticino

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Sono qui, in una piazzetta e trillo. Riverso l' acqua con le mie bronzee bocche da parti opposte. Sono nata nel 1868. La mia forma ottagonale è ricavata da un blocco monolitico; la geometria sacra è composta da due quadrati sovrapposti e ruotati l' uno rispetto all 'altro di 45 gradi, come in molti fonti battesimali.

L'ottagono è figura prossima al cerchio, fra umano e di vino, simbolo della risurrezione. Evoco anche la Grande Madre, la Stella Polare (otto punte). La croce delle Beatitudini dei Templari è deri vata dall ' ottagono, come la Rosa dei Venti. Insomma richiamo nobilissime e controverse tradizioni. La colonna centrale svetta verso l'alto come i tanti campanili della valle, quasi asparagi sui monti, come diceva Giorgio Orelli :

punte verso il cielo quasi fossero matite per scrivere nell'etere. Dietro di me il Pedrinis mi proteggeva le spalle. Sono in una piazza da cui si diramano vie e scale che portano nelle case. Presso di me conduce la via Fontana di Scribar. Quante ne ho viste! Ricordo come fosse ieri il 1896: era il 13 settembre, quanta folla! S' inaugurò il monumento in onore e memoria di Stefano Franscini (statua che inizialmente fu pensata per Bellinzona, poi è arrivata la Foca). Evento tanto voluto dal sindaco Luigi Cattaneo. Lungo le vie del paese erano stat i eretti archi trionfali, e che via vai di gente. Come anche molto dopo quello davanti a mc per il passo, quante auto sono passate! Terribile quando il ritmo era dato dalle roulotte, specie quelle olan-

<lesi, vere lumache. Impassibile e ferma ho osservato tutto questo scorrere, che ricorda quello delle mie acque. Chissà quanti avrebbero voluto fermarsi e attingere a piene mani al mio prezioso dono. Volevo dire loro della Stella Polare, che orienta i viandanti. Ma chi se ne accorge di me? Forse i clienti del ristorante e della banca o dei negozi qu i attorno? Chi si ricorda che la mia forma unisce la terra al cielo? Tutto si muove ma io resto immobile, granitica. li mio sasso e la mia acqua rimangono, mentre tutto si dilegua. Che la mia forma ricordi ai viaggianti che qualcosa resta fermo, stabile, fisso.

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Sono qui, gorgheggio in piazza de lla Fo ntana. La mia vasca mono litica è singolare. Sono abbracciata dalle case e dalle vie che qui conducono, come ad esempio la v ia Piazza Fontana, e che si di rama, come la v ia deg li Orefici. Si vede che valgo proprio come J"oro. Alla mia sinistra uno spiraglio apre s ui monti e sul torrente che si getta a valle e scorre sotto il ponte. G uardo verso la vallata, oltre la chiesetta d edicata a santa Maria d i Loreto. Dicevo della mia particolare vasca. Non è perfettamente simmetrica. Ha un bordo curvil ineo che come un'onda scorre senza ma i interrompersi tutta into rno sull ' orlo che fa da contorno. Il robusto pilastro con la canne lla d ' acqua è posteriore. C'è chi assicura che una volta, tanto tempo fa, fossi un antico

fonte battesima le, chi invece sostiene che fossi una sempli ce vasca per dissetare le vacche: il che, caro letto re, è pur sempre un nobile compito. Sempre alcuni dicono che ai tempi come fontana qui campeggiasse la vasca battesima le romanica (Xli secolo), esagonale, oggi in san N icola da Bari : vi è chiesa più sig nificat iva e bella de l romanico in Tic ino? Considero que lla fonte mi a sorella. Anche lei, come me, non è perfettamente simmetrica. Ha decorazioni fl oreali e anima li, io incision i e croci. Sta oltre le case che sbarrano il mi o sguardo a destra, e oltre il fiume che ci separa. Ma nel cuore siamo unite, ne llo spirito facc iamo tutt' uno. Ci unisce la preziosa simbo logia che lega la fonte a lla vita, sia la vecchia sia la nuova. La

nostra forma è irregolare, come anche le composiz ioni di pi etre dei muri d i san N icola, e non è segno di imperfezio ne o di costruzione na if, a l contrario è espressione di un ·armonia più g rande, de lla provvida fo rza della natura e dello spirito, dall ' impeto improvviso e da l movimento ondeggiante, dall'ord ine spiritua le che ha fatto del volgare un nobile, del selvaggio un civ ile, dal nano un g igante, dallo sto rto un diritto.

Ordine che tutti muove, sin la più granitica pietra, per donare vita nuova, agli uom ini e agli an imali. Chi attinge a lle mie acque gode di questo fresco e immutato mistero.

Ora coli, Fontane del Ticino 14 - 15

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Sono qui, a ll ' interno della Casa caval ier Pellanda.

Sono un pozzo che è servito al Cavaliere, dal 1586.

Nelle mie viscere albergavano antiche ninfe. La casa che mi accoglie è preziosa, ed è tra i restauri più affascinanti in Ticino, bene culturale tute lato a livello cantonale. Chissà forse qualcuno non sa che sotto la vigorosa g uida degli architetti Re ichlin e Reinhart, anche Calatrava ha contribuito ai lavori. Davanti a me, si apre una sala per le feste. Mi parve una strana idea realizzare uno spazio per festeggiare in una umida cantina, al freddo e al buio. Ma vi svelo l'arcano : questo locale evoca, in quanto cantina, la festa perché di norma vi si conserva a stagionare il vino, gl i insaccati, il formaggio, tutte prelibatezze importanti per

una a llegra ricorrenza. Quando si svolge un festeggiamento, qui la cantina muta, e diventa un ' esplosione di luci appese a g hirlanda, per citare la forma dei tendoni , così presenti ad esempio a carnevale da queste parti come a ltrove; forma solo citata però, senza stoffe di copertura, si da dorare il so ffitto, e con mag lie semitrasparenti ai lati, e una pavimentazione che finge una serie di tappeti sovrapposti, a incorniciare la cantina, senza nasconde rla ma anzi evidenziandone le caratteristiche. Come dal profondo sorgeva la mi a acqua, così dai miei abissi, che si possono illuminare, sono emersi bestie medioevali , draghi che emetto no l' aria calda per soffiare letizia. Un ponte levatoio conduce sopra ad una depressione che evoca le

mie acque infossate. Lin fe sotterranee della rigogliosa vita de lla casa e del giardino circondato da lle mura di cinta. Doveva essere un giardino de lle delizie. Sono una fo nte nascosta ed esaurita ma dono carattere alla casa. Chissà perché però, la corona di luci festose, cornice architettonica della cantina, è sparita nel nulla? È un arcano che neppure la sapiente grigia Nom a che abita ne l mio fondo sa sciogliere, non ci sono le parole. Chissà se un g iorno qualcuno mi chiarirà la malefatta. Sino ad allora, sono basito, io che ho dissetato anc he il cardinal Carlo Borromeo; l' allegria è venuta meno.

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Sono qui e racconto. Sono nata nel 1857, poco dopo la ch iesa del paese, costruita dal 1852 al 1854. È dedicata a Santa Maria Lauretana; vi trovate una bella la statua della Madonna del Rosario. Su lla mi a testa un ' esplosione di fiori. La verde acqua si getta nella vasca e si riversa poi in un canale alla mia sini stra.

J\lla mia destra si imbocca la Scarinada de Cader Lana, e dietro di me si erge una casa con balconata in legno. Sulla piazza, di fronte, un poco alla mia destra, si alza la Casa Gerardini, sede del museo etnografico della valle Verzasca. Per la Strada dal F6rn si giunge al forno, e poco dopo alla chiesa. Sotto alla casa Gerardini vi è un 'autorimessa, g ià sede dell ' autopostale.

Ricordo studenti della SUPSI che frequentavano que-

sti luoghi per fare dei progetti di esposizione. Bravi ragazzi, che trattavano anche degli alpeggi e dei monti dove gli avi lavoravano e vivevano nel periodo estivo. Si trattava, come ben noto, di gente che viaggiava.

In inverno i ragazzini spazzacamini raggiungevano Mi lano o Parig i. Qui sono ben conosciuti anche come i " Fratelli neri", in tedesco "die Schwarzer Brilder", che nulla hanno a che fare con i neri africani o delle Americhe. La vita di questi professionisti di stagione sono raccontati nel romanzo di Lisa Tetzner ( 1941 ). 11 fotografo Hannes Binder ha fatto delle belle foto di questi personaggi, immagini appese a ll ' ingresso del museo. Davanti mi si spiega l' ampia valle, spaziosa per le misure di questo luogo, nella quale solfeggiano

i verdi dei prati e dei boschi, e squillano i lucenti massi, e i ragazzi corrono tra le acque. Gl i a lpeggi sui monti godono di questa musica. Alla mi a sinistra potete raggiungere il Madom Grèiss, il Pizzo Mezzodi, la Cima Binca. Alcuni si inerpicano per la val Vergorness, e hanno come meta la capanna del Barone (2 172 m.s.m. ), poi si bagnano al laghetto e vanno in vetta (2864 m.s.m.). Sono testimone di come si viveva una volta, per poche cose: un c iuffo d'erba, del fieno, con gli strumenti adatti, e al contempo con la conoscenza e l'esperienza di a ltri mondi e racconti, che serbo nel mio cuor.

Oracoli, Fontane del Ticino

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Sono a Frasco dal 190 I. Non canto solo la Verzaschina ma pure Sogno Cali fornia dei Dik Dik. Per capirne la ragione basta osservare l' imponente scritta sul fronte della mia vasca: " Benefattori - Californiesi".

La Verzasca è stata una valle di emigranti riconoscenti, si sa. Sono allietata per buona parte dell' anno da allegri fiori e raggiante sbi rcio attorno. Alle mie spalle, oltre la casa, oltre il fiume attraversabile da un ponte sospeso, svettano le montagne sino al Monte Valdo, e alla cima Cazzài. Davanti al mio sguardo s' imbocca la val d'Efra, con la sua bel la capanna (2039m.s.m.). Sulla mia destra, una casa sulla cui facciata un affresco, con Madonna e santi. Un poco più in là, ad una cinquantina di metri, campeggia la

chiesa di San Bernardo d'Aosta. L'altra dedicata a lui in Ticino è a Monte Carasso. Santo che se ne intendeva di Alpi, di neve e di ospizi. Nel paese, che è stato il centro artigianale per l'alta valle, vi è un mulino, grazie all'abbondante acqua a disposizione. Vi si faceva il pane. Potete visitare anche una cava, quattro fornaci per la calce, dei frantoi. Vi è ancora una trappola per lupi. Tempi da lupi, una volta! E scendeva tanta neve. Vi chiederete di certo cosa significa quel segno giallo sulla torre campanaria, molto in alto invero.

Alcuni qui hanno ancora fresca memoria della devastante valanga del 1951. Io avevo appena compi uto 50 anni. La slavina colpi violentemente il paese: case spazzate via, con alcuni morti. La neve si arrestò sul-

la chiesa, e raggiunse, sul campanile, proprio il livello segnato in giallo. A guardarlo oggi pare incredibile. Come è possibile? Alcuni, come me, ancora ricordano i passi regolari di scarponi, attenuati dalla neve. Erano i soccorsi della scuola reclute di granatieri, stanziata a Bri one. I militi giunsero celeri a piedi. La loro presenza è stata una grande grazia, che nella tragedia portò aiuto e consolazione. La Verzasea è una valle bellissima quanto impervia, ripida e con abbondantissima acqua. Mi dicono che nel nuovo mondo riconoscente, proprio in Cali fornia, da anni manchi proprio l'acqua, curioso vero?

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Sono qui, e canto Walser. Sono l' unica fontana in paese ad avere la mia sorgente, le altre sono collegate all ' acquedotto. Sono pri vilegiata anche per la posizione: situata nel comune più alto del Ticino ( 1506 m s.1.m.), l' unico di origine Walser. Sulla mia sinistra, un poco sopra, si erge la chiesa dei SS. Giacomo e Cri stoforo, che salmodia l'acqua: Cristoforo attraversa l' acqua; in chiesa un affresco raffigura il battesimo

Guryner Titsch, quali Beniamin, Eduard, Hans, Oswald, Sigfried, Tomu, e che dire poi di a ltri cognomi, come i Bronz, gli Elzi, i Tomamichel, gli Janner.

Canto, miei signori, con le mie due vasche, in questo di aletto. A destra vedo il Walsermuseum, e più in basso, verso valle, la partenza degli impianti sciistici. In inverno qui bisogna stare attenti a percorrere le viuzze, molti in fatti le usano come piste da sci. L'oratorio

no (e non molto lontano da qui c'è Cerentino). In estate è bello quanto in inverno, e molti al fresco dell ' arsura da qui vanno alla capanna Grossalp, per andare a l Passo di Bosco, il Guriner Furka (2323 m s.1.m.), o al più basso passo Quadrella (2137). Salite che i viandanti amano per lo spettacolo, come fantastico anfiteatro delle montagne: il Pizzo d ' Orsalia, il Pi zzo Stella, il Ritzberg, il Batnall e il Pizzo Bom-

di Gesù. Dietro a me si erge la montagna e si può raggiungere il cimitero; piccolo, ordinato, con le croci in abete, con tettucci a riparare le scritte incise con perizia. Si capisce che siamo in un comune unico, amato dai suoi abitanti, sia i Sartori, i Della Pietra, ad esempio, e spesso con nomi che ricordano che siamo a

lo certifica col suo nome: Madonna della Neve. 11 mio capo è un bel cappe llo, sotto, nella collana in ferro, o sul bordo della vasca, qualcuno lascia un coltellino da cucina nero. Lo so chi è ma non svelo questo segreto. Davanti un bell ' albero mi ricorda anche esso, Lu Bosco de Quarino, la foresta della valle di Quari-

b5gn, ad esempio. Ma io sorrido soprattutto perché la mia acqua, grazie a quelle montagne, non sfigura con nessun ' a ltra, neppure con la famosa Yalser della val Lumnezia.

Ora coli, Fontane del Ticino

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Sono qui, e gorgoglio nell'ampio spazio che mi c irconda, poggiata in un bel prato. Sono stata edificata ne l 1900. li alto svetta una testa: quel la del benefattore Luig i Fi lippini , nato a Cevio, morto in California

numentale. Tra le costruzioni, anche esse a llineate dietro, a lla mia destra, non molto dopo la casa patriziale, si pavoneggia la facc iata del Preto rio (casa Respini , già Franzoni) dipinta con gli stemm i dei balivi;

Bavona. Verso la mia destra invece è ben segnata la via che, passando davanti a ll'hotel, porta a Bosco Gurin, Valle di Campo. Ce ne vuole per arri vare fino a lì. Insomma dalla mia posizione, al centro della Valle

ne l 1892. Il facoltoso donatore ha lasciato una generosa e larg izione di dollari per costruire in paese l'ac-

di capitani e Lang dvogt che si sono succediti (sapete, è un segreto, ma di esperti di pretori e tribuna li tra

Maggia, controllo bene chi viene da Locarno, chi va in val Bavona o chi a trovare i Walser, io, c he sono

quedotto e la scuola d i d isegno. Esempio rilevante della generosità che gli emigrati hanno avuto per le

quelli nati recentemente c'è anche Carla del Ponte).

Samue l B!lchli , nel 1774 scrisse s ulla facciata che

nata grazie alla California, che crocevia rappresento!

nostre valli. Si tratta di un importante capito lo della storia del Ticino. on bisognerebbe dimenticarsene mai. Davanti a me sono schierati alberi, e degli edifici allineati, o ltre ai quali svetta la roccia della monta-

" LA GIUSTIZIA PIÙ RIGOROSA È LA PIÙ ING."

gna. Di etro a mc si erge un bel complesso, quas i un piccolo caste llo con torri e cinte con un 'entrata mo-

di acqua. edificio che si raggiunge andando alla mia sinistra verso Big nasco, per poi svoltare per la Val

Sulla destra dello spiazzo, sempre protetto dalle piante, amo g uardare l'albergo Basodi no, che mi ricorda l'am ata vetta e il suo ghiacciaio, fonte preziosissima

Quasi fossi !"ombelico del mondo. Che mondo bello il nostro. Quanta storia può raccontare e d isegnare una semplice fontana. Al museo, qui vicino, c'è una be lla vasca mono litica che merita anche essa un ricordo. C h issà qua nti c i ascoltano ancora?

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ono qui, e veglio, con mia sorella, sul paese. Abbiamo teste dure, di rudi uomini di montagna. Dalla nostra bocca spariamo l'acqua nelle nostre vasche monolitiche, costruite in serpentino. Entrambe guardiamo in direzione della copiosa corrente che fluisce a valle, io della Maggia e mia sorella del riale della valle di Giumai, dove in alto lo scorrere è trasformato in potenza elettrica. Siamo, anche noi un poco agitate. Io sono posta, guardando a monte, alla sinistra della chiesa dedicata a Santa Maria Assunta, edificio con una ri pida scalinata che conduce all'entrata. La mia consanguinea campeggia un poco più vicina, sulla sua destra. Siamo fedeli guardiane del paese e della sua parrocchia, pronti a dare la scossa ai

malintenzionati. Le nostre facce sono proprio adatte al compito. li mascherone della mia parente è più animalesco, una sorta di uomo-bestia, che pare abbia una specie di cappello, come criniera che evoca la forza di un leone, la bocca è un poco rovinata, come il tubo che offre vita. La mia crapa è completamente calva, con occhi da lupo e nella bocca ho infìccato un bronzeo mostro marino, torvo quanto me. Dietro il mio capo, il corpo oblungo, come la vasca monolitica, abbigliato da una lastra di granito decorata di lettere, numeri e date. Non si tratta d'incisioni arcaiche bensì di segni recenti, alcuni di certo di patrizi, amanti del loro luogo d'origine, intenzionati ad incidere sulla pietra per la memoria dei posteri. Mia sorella,

oltre il muro della casa davanti a lei, più in là della bella cappellina un po· deperita dedicata a Maria, è rivolta verso il ponte del riale ricordato dallo stemma del paese. Ancora più avanti, dall'altra parte del viadotto, a Coglio, campeggia ancora la grande scritta dell 'osteria del ponte. Il riale è bellissimo, l' acqua a cascata accarezza le rocce e i boschi selvaggi. Sui margini del torrente, dalla parte di Zumaio, o Zumano, è costruita una casa davanti ad una limpida pou..a.

Nonostante il minaccioso cartello che avverte del pericolo incombente, alcuni bagnanti, in estate, si sollazzano beati nelle fresche e verdi acque.

Oracoli, Fontane del Ticino 20 - 21 Q N N

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Sono qui, ora, e trillo argentei ritornelli. Sono nata nel 1909. Sono un dono, com ' è ben scritto sulla vasca, " Di Masciorini Stefano. Buenos Aires" . La mia acqua sorge come dalla roccia e si riversa su di essa.

Sono posta in un prato vivace e cordiale. La Verzasca scorre allegra alle mi e spalle, e disegna sapientemente incavi e ampli pozzi tra i maestosi massi. Le sue acque sono verdi e fresche, amate dagli abitanti, e alla foll ia dai turisti che in estate vi s' inzuppano. Le pietre sul letto del fiume sono tondeggianti o levigate e allungate come fossero opera dell ' abile mano di un capacissimo gioielliere, o di un esperto sarto a formare strisce variopinte, grigie, ocra, verdi e blu, con striature che le fanno sembrare parte di un prezioso tessu-

to finemente decorato; uno splendido manto della terra che mi abbig lia, come un affresco medioevale.

Molti s i avventurano lungo il percorso etnografico da Rev5ira a Ca de Dént alla scoperta dell'antico sistema idrico di approvvigionamento composto di pozzi e vasche monolitiche. Ma la maggior parte s' immerge nel manto sull ' acqua e si tuffa. A tal proposito, chi non conosce, alla mia sinistra, il ponte dei salti?

(XV II secolo, non romano!). Davanti a me, oltre alla strada, v i è la casa parrocchiale, e sulla piazzetta adiacente vi è una scultura, di certo del più illustre cittadino di Lavertezzo. Nel 20 15 è stato ricordato l' ottantesimo della sua morte. Da qui è andato a Lugano a governare la Chiesa. Si tratta del Vescovo Aurel io

Bacciarini. Ancora più a destra vedo la chiesa, dedicata a Santa Maria degli Angeli, con, all ' interno, la sgargiante statua della Madonna, vestita di rosso, di bl u, d'oro, e di verde. Le pieghe delle vesti mi ricordano quelle del manto del fiume, in entrambe le stoffe scorre spirito e vita. La mattina presto è tutto calm o, ma in estate, già dal le nove, seguendo il corso del sole, inizia il traffico, e auto e pullman e di tutto e di più vengono da queste parti per carpirne la bellezza, ma questa non si porta via, se non nella memoria. Anche in Argentina non possono dimenticarsi di me.

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Sono qui , e zufo lo in piazza del Governo. Sono nata nel 1945 progenata da Agosti no Cavadini e Mario C hiattone. Rinfrancata d al Teatro Socia le , osservo il palazzo delle Orsoline. I platani, m ' impediscono di ammiccare ai cavalli a lati sulla facciata del N uovo Palazzo del Governo ( 1952-55). Sulla destra svetta il castello. Remo Rossi ha eseguito la mia scultura, in pietra d i Casti one. Sapete? ho una gemella in Victoriaplatz a Monica di Baviera ("Seehundbrunnen", 1936, di Emil Manz). C he c i fa il mammifero marino di fronte a ll ' antico convento? un pinnipede tanto famoso che lo slargo è chiamato da tutti piazza de lla Foca? con il naso volto all ' insù? Sono un mammi fero carnivoro (adoro i granchi) e vivo prevalentemente

nei luoghi freddi, e ghiacciati. Spesso noto i Gran consiglieri e i Cons iglieri di Stato, che a volte sono incendiati (anche bo lliti) per i lunghi e accesi dibattiti. Vo rrei dargli frescura, ma mi pare siano troppo occupati, a volte a fare i po mpieri (e in tal caso servirei allo scopo), altre a incendiare g li animi (e lì mi ritiro).

Sono anni che li guardo sfilare veloci. Hanno sempre fretta . Chissà se conoscono la leggenda di Sedna, la dea del mare degli Inuit (ai mie i tempi si chiamavano Eschimesi). Era una bellissima donna, spesso raffig urata con la testa di foca. Le sue d ita siano state recise da suo padre poiché era sopraffatto dalla paura, mentre lei si aggrappava a l kayak, per non annegare, durante una tormenta . Estremità mozzate all 'orig ine dei

focidi. Si dice anche che suo padre la obbligò a sposare un cane (mi chiamano Seehund). I cacciatori cercano di ingraziarsela perché se è irritata, scatena le tempeste. Q uando, in condizioni di mare calmo, catturano una foca, le versano de ll ' acqua dolce ne lla bocca, in segno di ring raziamento a Sedna. Insomma anch' io sono una sirena e fischi o un mo nito a chi governa: non fare l'ammaliatrice che prima incanta e poi divora; non scatenare devastanti bufere come posso fare io. Intanto il mio zampillo si erge verso il c ielo e il mio canto trilla un ritmo di frescura: state fresc hi, abitanti, turisti e governanti.

Oracoli, Fontane del Ticino 22 - 23

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Sono qui, e riecheggio, a dire il vero un po' discosta.

Se mi si osserva dall'alto, dal sagrato della chiesa, si nota bene la mia vasca nera a forma di conchiglia.

Valva presente alla base degli stipiti della porta laterale sinistra della Collegiata, e, accedendo nel luogo di culto, pure nelle due acquasantiere di quell'entrata.

Se osservate con attenzione, sul palazzo a fianco della chiesa, oltre la Salita alla Motta, è dipinto niente di meno che Thomas A Iva Edison che brilla come fosse una lampadina, e sopra di lui campeggia, guarda caso, un guscio. Eppure sono proprio messa all'angolo, e a pochi passi da me ci hanno posto i bagni pubblici, grazie mille! Chi mi osserva però non può non ammirare quanto sono adornata. Sono in ghisa. A sostenere

la vasca nella quale la mia bocca versa l'acqua, si ergono due delfini, secondo un modello barocco presente spesso, ad esempio a Roma, come la fontana del tritone di Gian Lorenzo Bernini, in travertino. lo certo sono molto meno nobile, anche meno della notevole acquasantiera ottagonale marmorea ( 1460 circa), all 'inizio della navata meridionale della chiesa dei Santi Pietro, Paolo e Stefano, che pare fosse una fontana di Vigevano di Francesco Sforza. Che lusso. Su di me non campeggia il Tritone ma il leone. Davanti a me vedo la via che conduce alla stazione, e dall 'altra parte scorgete, alla base della torre del Municipio, una fonte marmorea, ben più in vista di me. Ma non sapete quanto avrei da raccontare. Sono certo ben

adornata, ma quanti mascherati ho visto in questa piazza gremita per il Rabadan fino alle cinque del mattino. Per le feste natalizie arriva qui san Nicolao a distribuire ai bimbi doni in abbondanza. E poi che dire delle processioni, e di cittadini e viandanti che vanno avanti indietro, e alcuni vengono da me a dissetarsi, facendomi molto piacere. Avrei voluto avere una vista più ampia, ma proprio per il mio essere nascosta, quanti segreti, ho ascoltato. li mio volto, come maschera di carnevale, resta impassibile, ascolto, ma non rivelo nulla, i delfini sorridono a volte delle brille bestialità proferite.

Oracoli, Fontane del Ticino 24 - 25

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Il mi o nome sarebbe Tlazolteotl, se fossi la dea madre della fertilità degli Aztechi, e non la fontana di Santa Lucia a Sala Capriasca. Virgilio Gilardoni suggeriva che ho un gusto spagnolesco. Mi ha costruita Carlo Martino Moncrini, nel 1770. Alla santa dal nome luminoso si rivolgono gli infermi agli occhi, (Dante compreso). Le fanciulle di Sala, nel giorno dell a sua festa, il 13 di dicembre, venivano a lavarsi gli occhi presso di me. Dio vede tutto: così è inciso su di me.

Pure i malati e i moribondi, se potevano, veni vano a bere della mia acqua, o gliela portavano. Sapete che in inverno, quando le fontane erano tutte gelate, io non lo ero, per donare sempre le mie preziose acque.

Ho viaggiato. Fui esposta nel 1954 a Locarno come

caso più unico che raro. Oggi, dietro, alla mia sinistra sta la chiesa di Sani' Antonio Abate, ma una volta era dedicata a San Giovanni Battista, anche lui aveva a che fare con l'acqua. Dietro, un po' più in su, si erge il monastero del Bigorio. Alla mia destra il mio sguardo si rivolge ai monti, o scorre verso il cimitero. Poco più in là, sulla strada, si vede la chiesa di santo Stefano di Tesserete. Sono stata posta qui nel I 996, prima ero situata sulla via che porta al Bigorio, e devo ammettere che preferivo moltissimo quella collocazione; era li che giungevano le fanciulle. Sono composta da diciannove blocchi di pietra. Sono davvero strane le incisioni sulla mia pelle. Ho la forma di una piramide. Mi prolungo verso la via grazie ad uno strano

essere scolpito, e che ha le gambe slanciate e magrissime. Qualcuno vi può trovare anche, e per ben due volte, l' urlo di Munch (e la scritta: pesa la morte), che rende un poco inquietante sostare davanti a mc. La dea madre campeggia più volte. A ben pensare i riferimenti sacri, e forse un poco esoterici, mi fanno ricordare che poco lontano, vi è un masso, che qualcuno chiama sasso del diavolo. Lo troviamo lungo il sentiero raccontato. È una pregiata pietra con incisioni (sasso coppellare) di antica origine. Le fonti da sempre sono oggetto di meraviglie e misteri, a volte oscuri ma spesso luminosi.

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Sono qui, con le mie vispe compagne. Insieme salmodiamo lungo la via che monta da Cimadera. Nel paese, salendo alla sinistra dalla chiesa, trovate la prima fonte, in una simpatica piazzetta, datata 1888.

Quindi proseguendo, giungete sulla strada che porta al serbatoio. Più in alto, sulla via, ne incontrate altre, a guardia del sentiero, e una poco più nascosta, a destra, fra delle cascine. La vista, quando si apre, è straordinaria, con scorci verso il Bar, il Gazzirola, Sogno, Certara. Giunti alla cappellina - dove la Madonna gode della straordinaria visuale - in un grande prato, la Piazzascia, spicca una di noi. A fine agosto è spesso abbigliata di squisite corone di mazze da tamburo, o ombrelloni quando sono aperti. È cir-

condata da betulle, faggi e larici. Non par vero che Lugano abbia oggi nel suo comune un tale splendore montano. Mira le conifere che si ergono di fronte a lei, a destra guarda la cappellina, e dietro un sentiero che entra nel bosco verso un' altra di noi. Montando in direzione del Pairolo, prendendo verso sinistra il percorso che condu ce all'alpe di Pianca Bella, finalmente m' incontrate. Sono umida, sono adornata da una pelliccia di muschio ricco e verdissimo che veste la roccia che mi forma, e i sassi che mi disegnano. Le captazioni sono appena sopra. Alla mia destra una cinta metallica protegge le sorgenti dagli animali, affinché la mia linfa resti pura. In questo mondo dove l'acqua è la cosa più preziosa e rara, che gloria la no-

stra serie di amiche che gorgogliano rigogliose. Più su, invece, sull' alpe, dove scorrazzano le scozzesi, l' acqua a volte manca, come la frescura della selva nei giorni più torridi, e chi va alla capanna del San Lucio, o sulla cima Fojorina, patisce dell 'arsura. Bravi i nostri avi, che ci hanno donato fonti che, dissetano, appgano, allietano. Una domanda vi pongo: chi ha messo, sul davanzale in gneis della cappellina le due immagini, consunte e un po' sbiadite di Santa Bernadette e di Sant' Antonio, fi ssandole con dei sassi? Di certo l'ha fatto con la dolcezza di chi, amando la fonte della vita, ha costruito l'edificio.

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Sono qui e armeggio. Vincenzo Vela ha scolpito la mia statua nel 1856. Come il suo Spartaco sono un inno alla libertà. Mi scolpì in arenaria, tipica pietra del Mendrisiotto, e ha posta Guglielmo Teli su un massiccio alpino (blocchi di conglomerato del Servino), che rammenta un poco la forma del San salvatore.

Nel cuore di quella roccia zampillo, semplice semplice, con uno spruzzo che torna verso il centro della roccia. La mia fontanella è inserita nel sasso massiccio, come fossi nel cuore della montagna, sorgente viva a portata del passante. Sono un simbolo di ri nascita e di ri bellione: rivolta dalla servitù, rinascita della libertà, della storia nazionale, del paese. La mia fontanella è una fiera novella, come decantò Carlo

Cattaneo. Sono un poco come un grembo materno al quale ritornano l'uomo e la natura. Sono un romantico, come lo era Schiller quando scrisse a Weimar il mito di Teli ( I 804), dalla quale Gioachino Rossini trasse e scri sse la sua ultima opera rappresentata la prima volta nel 1829: chi si ricorda che il clacson a tre corni delle autopostali ne richiamava le prime note?

Lassù in cima ai monti Guglielmo incita il figlio Jemmi: Corri alla madre, e fa' che tosto incenda. De' nostri monti sull 'estrema ci ma la fiamma che segnale a' tre Cantoni. Sia di battaglia. All'inizio sono stata posta vicino a Santa Maria degli Angeli, sul sedime del Grand Hotel Palace, fatto edi ficare da Giacomo Ciani. Ero posto ne lla rivetta delle lavandaie, che poi si

chiamò Rivetta Ciani e poi Ri va Ciani. Oggi sono qui, alla Rivetta Teli, vicino al parco della Città. Sono rivolta a nord, verso la madre patria, oltre le Alpi, ma non guardo il lago, neppure la strada di fronte o il Casinò-Kursaal dall'altro lato della via; mi ro fiero chi mi scorre sotto. Oggi qui, passano cittadi ni, spesso viandanti e turisti di ogni dove, ad amm irare il lungo lago. Sono una fo ntanella fedele, che offre sempre la sua fresca acqua. Di là scorrono le auto, una volta il corteo della vendemmia, e a volte stazionano amanti di pesciolini fri tti. Di sicuro se fossi ancora davanti al LAC, non sfigurerei.

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Sono qui , ma nel passato ho viaggiato. All 'inizio ero in Piazza della Riforma - alle mie spalle ne scorgo oggi un cantuccio -, e osservavo con curiosità i passanti, i cittadini , i Consigl ieri Comuna li, i Municipali. Poi sono stata vic ino al cimitero e osservavo malinconica ben altri passanti. Oggi campeggio in via Pessina, all' apri rsi di piazza Emilio Maraini. A ll' imbocco della carreggiala vi è mia geme lla. Già ne l 1890, in Piazza della Riforma, una polla donava l'acqua che pescava dalla sorgente di San Carlo. Una targa di ottone racconta le mie origini. Sono " una delle Ire fontane istallate dall ' Azienda Acqua Potabile di Lugano, dopo la messa in esercizio dell ' acq uedotto di Cuse ll o ( 1894)". Sono nata il 1895, come quella

più imponente donata per munificenza da Antonio Bossi. Testimonio con la mia presenza di tale importante impresa. Il Cusello attinge le acqua dalle captazioni tra il Gradiccioli e il Tamaro (comune di Sigirino ). La condotta c he porta l' acqua sino in c ittà è lunga ca. I O km. Il Consiglio Comunale di Lugano, nel 1893 stanziò l'esorbitante cifra di 1'000' 000 di CHF, e il Comune contava solo 8' 000 abitanti. lo rappresento questo sguardo lungimirante che sa guardare in alto verso i monti , protetti, alle loro spalle, dal massiccio del Monte Rosa. La mia vasca è ottagonale. li mio sguardo è allietato da una saporita esposizione di sgargianti legumi, frutta e verdura. I passanti ammirano tali prelibatezze. Posso assicurare, che me-

no persone si soffermano alla mia sini stra a osservare la vetrina con le preziose merci di una famosa firma.

Sarà perché sono fonte d ' acqua, e quella frutta e verdura è composta soprattutto di linfa rigogliosa. Mi fa ricordare che non sono solo ristoro per molti che qui, soprattutto in estate passano e si fermano, come ad una dogana, bensi sono simbolo della sorgente di tali prelibatezze che per nulla stonano se paragonate alle gioie, agli orologi, che in queste vie ammiccano nelle vetrine. Eppure qua era zona di mercato popolare, come il nome della strada che deriva da "pes" : la storia non è acqua, ma non c' è storia senza acqua.

Oracoli, Fontane del Ticino

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Sono qui , testimone di tempi antichissimi. Una targa declama: "Avello tardo-romano IV-V secolo d.C.?

Sarcofago trasformato in fontana nel XIX secolo".

Non che mi piaccia quel punto interrogativo dopo la mia data di nascita: sono un antico nevèl. Non sono certo tarda, ma ben sveglia e zampillante. Albergo alla base di una ni cchia del XVI I secolo, sotto una statua bianchissima della Madonna. Dietro di me sorride un terreno con vigna e cipressi. Davanti a me scorre la via Carloni, e guardo, oltre i platani, che spesso marcano la mia pelle con le loro ombre, verso Capolago e Riva san Vitale. Alla mia sinistra saluto il Generoso, e all a mi a destra il San Giorg io. Non distante, si trovano la piazza della fon tana e la chiesa dei SS.

Vitale e Agata, col suo portico delle assemblee e l' ossario. Già, di spoglie me ne intendo. Non sono stata stabile dimora di morti? Non ho visto andare in polvere corpi , e non sono rimaste che scheletri? Umida fonte di ossa secche, ecco cosa sono. Sarcofagi che oggi raccolgono le fresche acque che donano vita.

Non è solo la forma ad accomunarmi ad una vasca.

Sono una barca da viaggio verso nuove e rinnovate esistenze. Morte e vita si toccano nel medesimo luogo, nella stessa abitazione che oggi raccoglie e dona ristoro e consolazione. Come il capo del lago di fronte a me, circondato da rocciose pareti di monti testimoni di antiche vicende sotto un cielo blu, sopra di me risiede la celeste Vergine che ha partorito. Che pa-

radosso! Come l'acqua che si trasforma in vino evocato dai filari di vigna all e mie spalle. li ricoperto, è scoperchiato, nella tomba non abita più nessuno, ma sgorga l'acqua. Come uno strumento che si trasforma nel suo opposto, come la scultura di Duchamp che muta in fontana il luogo che raccog lie g li scarti. Sono un antico ready-made. Chissà se il viandante si sofferma qui meditando su questo misterioso capovolgimento? Un vero Bott come la cascata del paese. Un altro fragore, pur sottovoce, lo produce la facciata della chiesa restaurata da Tita Carloni: metamorfosi di fredda pietra in mattone cotto, e sasso bianco di Saltrio.

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Sono qui da tempo (circa 1872- 1876), e racconto di antichi miti. Di solito il mio signore abita in fondo a l mare. Al suo nome trema anche Gea. Lo chia mano Poseidone in greco, Nettuno in latino. Sono sopravvissuta alla dinamite che ha polverizzato il " castello".

Ho la vasca più ampia del Ticino. Da poco l'acqua scorre e zampilla ancora sotto l' occhio vigile del dio.

La sua scultura è forgiata dall ' artista Vital Dubray. Di giorno osserva frotte di studenti che passano. In tempi antichi aspettava a l varco la zattera a remi di Ulisse quando lasciava l' isola della Ninfa, ora, inforcherebbe co l tridente le nuove barche a motore che sputano gas. Di notte però che pace? Le auto sono svanite, il vociare allegro e distratto degli studenti e docenti è

dissolto. D'estate, quando l' afa e la canicola dominano, è un ristoro anche solo accostarsi a me. Rispetto a una fonte di montagna sono un mare, e mi pare a volte, in alcune notti magiche, di vedere sciami di delfini danzare in aria in agone con bianchi cavalli che trottano nel magnifico parco. Tutti ricordi, certo, ma ancora presenti nella pietra di Saltrio. Pietra arenaria, calcarea, bianco bigia, che si sposa con le forme rette e curve della mia tazza. Sull' isola di Calipso campeggiano quattro fontane, la mia le ricorda tutte quante e invita il viandante a venire a visitarmi, e sono pronta a scommettere che r imarrà a lungo a osservarmi, e a godere del ritmo e dei toni de l respiro possente dei grandi alberi del parco, che risuonano ancora della

musica che si poteva ascoltare nel Chateau de la Musique del barone Paul von Derwis, come ricorda l' amico pifferaio. Cadenze che vibrano a volte di nuovo in memoria dei fuochi pirotecnici che esplodevano, un tempo, ne lla riserva. Sapete che lo Spartaco di Vincenzo Vela ha abitato a lungo a Trevano? Oggi non mi resta che ammi rare la danza degli scoiattoli che vengono a giocare e ad attingere al la mia acqua.

Triste, una domanda ancora ti pongo: perché mi hanno verniciato il metallico Nettuno e la scultura del pifferaio, che è in ghisa, si che sembrano di plastica?

Che offesa.

Oracoli, Fontane del Ticino

30 - 31

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La bella lavanderina che lava i fazzoletti. Sono qui sul monte. Quante lavandaie sono venute a sfregare i loro panni da me. Oggi a volte assetati turisti, escursionisti, e abitanti, vengono a trovarmi. Faccio da cornice anche per eventi musicali e un mercato per la festa patronale di fine agosto. L'acq ua è origine di intere città. Perug ia, ad esempio, è costruita su una collina che domina il territorio a 360 gradi. Le mura difendono i c ittadini da ogni assedio, e quasi in cima sorge il pozzo etrusco che nessuno dall 'esterno può avvelenare. Anche Brè è un quartiere di Lugano posto in alto, che domina. E la mia acqua è segno del lago Ccresio. Sono protetta a sud dalle mura dell 'albergo, verso ovest abbraccio con lo sguardo dal Lema al

Gradiccioli, e dietro si erge nobile l' enorme massiccio del Monte Rosa. Questa è il mio bordo ed io il loro. I mercanti e i c lie nti sono intenti alle loro trattative e non badano a me, ma se sono qui, è perché ci sono io. Anche per le lavandaie era come essere al mercato, infatti si scambiano cose preziosissime: informazioni, pettegolezzi, segreti che già i panni svelano indecenti. lo so tutto, ascolto silenzioso con le mie orecchie umide dove scorrono le notizie come fresca corrente che si deposita sul sasso. Sasso sfregato, accarezzato, battuto, tenuto giovane cosi ne l suo invecch iare. Memoria di vite passate, aspettative, di poveretti e di signorotti, giovani e vecchi. Ho sentito anche leggende spaventose, delle lavandaie che ope-

rano di notte; anime di madri infanticide che battono e strizzano bambini come biancheria bagnata. E il malcapitato che le guarda negli occhi saranno sbatacchiati dentro le mie acque, torti come calzini. Lavandaie c he mai riescono a lavare il sangue sui loro panni. Lavandaie vecchie e brutte o belle e attraenti, vere sirene che incantano e divorano. Non come la fil astrocca dove tra una giravolta e l' altra, le belle signorine si spendono in salti , reverenze, volteggi e penitenze. La sera giunge una fresca brezza dal Boglia, che quando la canicola strangola è come fosse una grazia insperata a portare ristoro.

Oracoli, Fontane del Ticino 32 - 33

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Sono qui, a Cà del Ferée, e sol feggio. Il lettore obietterà che non sono una fontana, bensì una cappellina mariana posta su una sorgente; ebbene ha torto. Perché sono eretta proprio qua, candida come l'acqua che partorisco? Sono costruita sopra una fessura rocciosa dalla quale zampilla abbondante acqua. Mari a non è forse sorgente di Dio stesso? E la linfa che sorge dalla terra non è polla che dona nuova vita? li manto del bosco mi mantiene vigorosa. I volti della Madonna e del Bambino sorridono analogamente alle statue ischitane (gli artisti di Arogno operavano anche a Napoli ). li piccolo indica felice la manna. Custodisco misteri profondi che lo scorrere continua ad annunciare nella sua lingua, nota quanto sconosciuta.

Non è un mistero fantastico che la sorgente come dal niente si riversa ridente? lo spiego la fonte, e la fon te parla di me. Getto come oracolo che dice del parto della terra che mette al mondo l'origine della sua stessa esistenza. Come non ricordare Dante all' avvio del cantico trentatreesimo del Paradiso: "Vergine Madre, figlia del tuo Figlio". In questo lieto bosco, tutto ciò è semplice, a portata di orecchie. La fonte è come una bocca dove sorge il logos, la parola che crea la fonte. Cerchio divino, stupefacente, incomprensibile eppure lì, naturalmente, davanti agli sguardi di tutti i passanti. Chissà se ancora qualcuno si stupisce di questo prodigio? L'acqua è benedizione, che toglie l'arsura, la sete, senza mai estinguersi, come

dire che sempre abbiamo sete e che sempre siamo colmati di bene che non termina mai: una piccola sorgente diventa lago e poi mare e oceano, che poi muta in vapore e pioggia e ancora fonte; minuscola gigantesca madre dei mari. Anche il mio velo, e le mie vesti, ricordano questo soffio vitale che spira in continuazione, che riempie di spirito la carne seccata e avvizzita. Brezza che non si esaurisce. Da qu i vedo passare per la strada Valmara, dalla e per la dogana, mezzi e persone, indaffarati e affrettati. Pochi a dir il vero si soffermano a vedere il miracolo che annuncio e sono, ma rimango in cuor mio lieta, e serena.

Oracoli, Fontane del n cino 34 - 35

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Sono qui, perno di piazza del Valécc (o Velegg come si d iceva). Alle m ie spalle una scalinata , pavimentata in c iotto lato conduce verso un po rto ne incornic iato in granito. La mia vasca è esagona le, forma geometrica che per Pitagora è simbolo della creazione, ed è anche il sig illo d i Salomone. La mia colo nna è vestita da un be ll ' abito che mi avvolge a spirale, ed è compiuta da un solido ed e legante capitell o. Sono proprio sig norile , come la piazza che m i cinge . Sulla destra dello slargo spicca una forme lla in cotto con Madonna e ba mbino, e più su una scultura con lo stesso soggetto da l sapore romano. Sul la sinistra ammiro, su una facciata laterale d i Casa Cornetta così preziosamente decorata, l' immagine consunta d i una presenza, e in a lto

due mani che si stringono in segno d i pace. In basso scruto una fontane lla con una scritta fu nesta: "acqua non pota bile", con vasca sul cui fondo esplode un verdissimo muschio. Tra d i noi sembra vigere un duello. Lungo la "Strada dala Fr6o", si può scendere si no in " Piazza san Ròcch", dove s' incontra una bassa fonte, con un arco come cappe llo, immurata ne lla murag lia. Arogno, è un paese ricco di fontane, come, un poco più in là, seguendo la " S trada Végia" quando si sfocia in " Piazza Grànda" (e vi s' insena anche la " Strad a dala Funtàne"). Slargo nel q uale campeggia una po lla che riversa l' acqua dalla bocca de l leone, incoronata da un elegante arco. In quella pi azza fonte di spettacolo è il teatro sociale, che ricorda que llo di

Banco d i Bedigliora. Sento risuonare la musica de lla società fil arm onica, come odo bene rim bombare le campane d i Santo Stefano. Nella mi a piazza mo lta gente accorre il prim o di agosto, q uando casa Cornetta apre la sua corta per cuci nare la cena svizzera (bradwurst e patate fritte). Della bella costruz ione, tutta colorata di terra arancio, ben ricordo ancora le decoraz ioni d i una volta, ma anche ora, che l' intonaco è degradato, ri fulgono raggi d i g lo ria, che la mia g ranitica superficie racchiude nella memori a. La mia acqua, con riflessi verdogno li, musica una sinfonia dal tono complementare all' intonaco della casa.

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Sono qui, e suono di giorno e di notte. Sono nata l'anno 1850. Caro compositore, mi chiedi i versi per scrivere il tuo canto. Guarda le mie guance da trombettista. Sulla mia corona ricordo i Terrieri di questa marca. Regione di dolci pendii, con i suoi piedi che riposano nel letto della Tresa, e la testa che campeggia sui monti. La mia acqua è perfetta, segreto di grappe prodotte in questa landa, infatti è aggiunta al prezioso distillato. Questo luogo è madre del merlot, e di ombrose valli che scivolano con il fi ume verso il Lago Maggiore, con un occhio rivolto verso il massiccio che la divina Aurora dipinge di rosa. Frotte di persone vengono a cogliere il mio dono, e lo portano seco a casa: qualcuno sa perché? li mio incavo è co-

me un respiro dell'aria che traccia sinfon ie di pace.

MonteTresa, questo è il nome dell 'oasi che il mio strumento rallegra. Questa isola è un miracolo; come quella di Calipso, un paradiso terrestre, dove gli elementi giocano tra loro in uno spazio aperto che mira distante. Dirai che sono troppo barocca? Che la mia faccia personifica il vento? Che il mascherone da leone che mi protegge sia eccessivo? Che sono sepolta dalla via percorsa da mostri che sputano CO2, subendo traffici che mi offendono? lo ho una memoria di ferro, racconto il nome del castello rovinato dove ora sorge la chiesa inerpicata sul vigneto, che con i suoi filari disegna il mondo, qui a due passi. lo già sapevo dell' idea di tradurre in francese il nome del paese da

donare a un prezioso spumante. E tu mi chiedi le note per il tuo brano musicale? Non rattristarti, la musica non dipende da quanto sia potente il mio soffiare, c da quanto buona sia la mia acqua, ma dallo sposalizio del cielo e della terra che si consuma da quando i ghiacciai dell' Adda e del Ticino spinsero sino a qui le loro lingue. Miracolo dello scorrere della vita che giunge ancor oggi sino alle mie gonfie gote: di ciò sono spartito! Accosta il tuo orecchio e abbeverati al gorgheggio che sorge dal tuo cuore: anche tu scoprirai il ricordo di essere Terriero di questa landa. È lei che devi musicare, caro amico.

Oracoli, Fontane del Ticino 36 - 37

Sono qui, gorgheggio dal 1850. Ho ben tre vasche.

Riverso le mie acque, che giungono dalla zona detta "Fontana", in quella centrale di calcare. Due bocchettoni portano linfa alle altre tazze e ai pesci che vi risiedono. Cari viandanti venite qui a prender frescura.

Potete confidare i vostri segreti senza timore, il mio cantare si avverte anche da lontano, in piazza e sin verso la casa comunale. La mia testa raffigura un lupo: lo stemma di Curio. Bestia che terrorizzava il paese, sino a che, in un incendio, salvò un neonato. Così il lupo divenne ben iam ino, e gli abitanti sono chiamati da allora i lilf da Cilr. Insomma il male non sempre veste da bestia. Davanti a me è segnalato "Tutte le direzioni", verso il basso e a destra invece un indice

di una bella mano indica "Per Novaggio Astano e Monte Lema". Alla mia sinistra due vie, e sulla piazzetta vi è sempre un tavolo della locanda, dove alcuni clienti sono seduti e bevono un bicchier di vino. Un auto mi passa davanti e svicola sotto il portico. Le ombre nette e il solleone ritagliano la piazza quasi a rievocare dipinti di altri tempi. Alla mia destra una via, passa sotto belle ville, come quella progettata da Luigi Fontana nel 1853, ora sede del Museo del Malcantone; e vi trovate anche delle fontane, come in Villa Pierina. E che dire più in basso della quattrocentesca casa Avanzini? Curio è già citato nel 11 96, è pieno di racconti racchiusi nello scorrere perenne della mia acqua. Davvero si andava in tutte le direzio-

ni. Emigranti e costruttori partivano, sino nella Russia degli Zar, come il malcantonese di Astano, Domenico Trezzi ni. Da Curio prendevano il via anche molti capaci fornaciai, soprattutto in nord Ital ia. Se scendi verso il basso arrivi alla chiesa di San Pietro, e nel villaggio trovi anche una lapide con un' iscrizione etrusca, e a Garavee una miniera d'oro. Oro come il sole che leviga le facciate intonacate. È rinomata la scuola industriale e di disegno per il Malcantone, che fu inaugurata nel 1855. Questa piazza in cui tutti sono arrivati e tornati e ripartiti, è stampata nella memoria degli antenati.

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Sono qui e narro dal 1896. Mi affaccio sulla piazza.

Sul Monte Mondini, di fronte al paese, erano state scoperte delle sorgenti più alte del campanile. Fu un opportunissimo rinvenimento che mi glorio di rappresentare, si poteva così portare l'acqua a tutto il paese. Davanti a me si erge il cippo funerario del 1632, memoria della virulente peste, e campeggia la chiesa di San Rocco, con il suo svettante campanile. E al suo interno un fonte battesimale risalente al MDLXXX. Le mura e le case proteggono la piazza che, alla festa di san Racchino, ingoia tutte le auto e si riempie di una gioiosa e gremita folla, per la cena e la festa che, se è bello, di lunedì, dura anche sino alle quattro del mattino. Alla mia destra vi era l'ufficio postale.

Quante storie in questo slargo. Una volta ci arrivava la posta, e i ragazzi correvano a vedere chi giungeva, o ad accogliere qualcuno. Don Francesco Alberti (Bedigliora 1882- 1939) vi ha scritto il famoso "Voltamarsina", racconto che tratta della eterna lotta tra conservatori e progressisti. Giovanni Guareschi (sapete che ha abitato a Canvée; Cademario?), scrisse poi le vicende di Don Camilla e Peppone. A Bobioa hanno pure girato delle scene del fi lm "Il Voltamarsina" ( 199 1). Che ridere ragazzi quando vidi un attore con l'orologio da polso bell ' in mostra. Ricordo, dietro di me sulla via che s' imbocca alla mia destra, poco distante, una bettola, e poi della stessa famiglia, sulla piazza, la Passerella, che però non ci sono più.

La vita si è spostata dall' altra parte del paese, a ovest, nel quartiere nuovo, pianificato a suo tempo dall'architetto Tita Carloni (su un recente progetto di Lorenzo Custer) che paragonava spesso Bedigliora a Meride. Alla mia destra, oltre la bella casa decorata, e si può mirare sino a Ponte Tresa. Ma se vieni a dissetarti da me, rimarrai incantato di questa piazza, con la sua cornice che la rende unica, sicura, come il granito della mia carne, come incrollabile era San Rocco nel dedicarsi ai malati, con il suo fedelissimo cane. Ti invito qui, per la bellissima festa di san Rocchi no, dove la gloria del luogo, soave, splende di memoria e di fanciulli.

Oracoli, Fontane del Ticino 38 - 39

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Sono qui, ai piedi del San Giorgio. Mi ergo in una piazza dal nome operoso: Piazza dei Mastri di Meride. I mestieri qui sono amati; la via giusto alla mia sinistra parla dei notai Fossati-Oldelli. Operoso, a dirla tutta, era anche San Rocco, avvocato dei deboli e malati; scolpito in bronzo, con il sapore da Don Chisciotte, in una nicchia dell 'omonima chiesa, posta dietro di me, in alto, in piedi col suo fedele cane. Edificio che mi protegge le spalle. Le mie vasche sono ben tonde. Sono una fontana ovale monolitica. Due sotti li boccioli di metallo, due beccucci bronzei, uno a sinistra e uno a destra, riversano dalle loro bocche l'acqua, infilzati in quelle del leone. Iperbole di bocche che cantano la movimentata lingua della vita che

scorre. Animali dal gusto antico, come la mia linfa.

Forse sono un ricordo del San Giorgio, sopra di me: custode di antichi draghi in cima al monte, una volta fondo del mare. Davanti a me gli edifici incorniciano, oltre il bordo costituito da un basso muretto, i dolci campi di Meride. Spesso sento le vacche che pascolano serene. Prima scorgo i filari di vigna, ordinati, e, dopo i campi, il bosco, che porta protezione e frescura. Di qui passa tanta gente, chi viene per ristorarsi, da me, o in piazza, chi per andare al muso archeologico, o altrove. Alcuni viandanti hanno scarponi ai piedi e zaini sulle spalle, mi chiedo dove andranno. Certi dopo le visite a musei e cave, vanno a godere uno spuntino in un bel grotto. Godo pure io di molti pro-

fumi vegetali, di fiori, richiamati dalla mia decorazione di fogl iam i. In un vaso non lontano, sono piantate le più svariate spezie: salvia, timo, basilico, rosmarino, menta ... che splendore. Ho anche scolpita sulla vasca la mia data di nascita, correva iI 1868, un anno che ebbe fare con l'acqua; eccome: ci fu una catastrofica alluvione. La notte del 27 settembre sino alla mattina del 5 ottobre. li Ceresio si alzò in poche ore di due metri; morirono, in Ticino ben quarantun persone, sulla cinquantina in totale in Svizzera. Già l'acqua può distruggere, ma certo la mia erezione fu auspicio di buona sorte.

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Come fosse una gondola, la fontana in legno nella zona del passo della Greina a 2359 m s.l.m., coll ega idealmente non solo la valle di Campo in Ticino e la val Lumnezia nei Grigioni, ma pure il granito, simbolo del nord giurassico, e la bianca dolomia con i suoi fossili mari ni del sud. Metafora di viaggi nel tempo e nello spazio, per mondi lontani che sul Pas Crap (in sursilvano) sono affiancati come una coppia che si abbraccia affettuosa, pur parlando due idiomi distinti.

Terre distinte si incontrano sul passo, come testimoniano anche le fontane in Ticino, tra Nord e Sud; incontro tra culture, uomini, ricordi e auspici per il futuro, come da sempre fa ogni passo che riunisce terre e culture differenti. Questa sezione della pubblicazione non presenta più degli articoli di Amadò illustrati da studenti del corso di laurea in Comunicazione visiva della SUPS I, ma delle foto degli studenti che sono state da loro stessi intitolate. Se nella prima parte gli studenti hanno dato immagine agli articolo, in questa protagon iste sono le loro rappresentazioni, frutto di sguardi giovani, vivaci, a volte audaci,

che hanno saputo lasciarsi sorprendere e stupire a loro volta con il loro occhio aperto, fresco,comelesorgenti. Il loro mestiere è quello di raccontare con le immagini, prima ancora che con la lingua. Hanno letto le fontane, con il contributo dei loro colleghi del corso precedente (la prima parte di questa pubblicazione), secondo la loro personalissima sensibi lità, condotti dalla curiosità, dalla fantasia. Spesso, questa impresa, è stata per loro occasione di confronto con il passato, anzi spunto è stato di sovente il paragone tra passato e presente, a volte raffronto im pietoso. È bello vedere come studenti giovani giudichino queste testimonianze storiche così rievanti per la tradizione, come onora e soddisfa il premio del CS Awardfor Besi Teaching - Edizione 20 15/2016 ricevuto per questo progetto. Gli occhiali di una delle molte fontane di Morcote, piene del paesaggio guardato attraverso di essi, sono sintomo una introspezione salutarissima, quanto necessaria. Infatti dentro ciascuno di noi vi è moltissimo di più di quanto pure noi stessi sappiamo.

Paul Klee diceva che quando nasciamo raccogliamo

in noi millenni di storia e di prospettive. Lo sguardo su alcune delle fontane impressiona per la maturità.

Ispirati spesso a Piero della Francesca, e ai suoi dittici, gli studenti hanno accostato il vecchio e il nuovo, come a Ravecchia dove non si tratta di ricostruzioni di immagini del passato e del presente, ma in quel caso del solo presente, così come è, segno indelebile di un aspetto tipico dello sviluppo architettonico ticinese. I tre studenti che hanno raccolto e dato forma, sulla scia dei loro colleghi delle precedenti pubblicazioni, questo fascicolo, testimoniano del desiderio di senso e bellezza che mai dovrebbe essere soffocato in noi.

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I patroni di quest'acqua Locarnese, Locarno

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Oracoli, Fontane del Ticino 42 - 43

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Associazione di curve Bellinzonese, Bellinzona

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Oracoli, Fontan e del Ticino 44 - 45

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Oracoli, Fontane del Ticino

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Due fontane gemelle a guardia di via Pessina Luganese. Lugano centro

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La fontana: un portale fra epoche.

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Oracoli, Fontane del Ticino 48- 49

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Il confluire delle vie di San Lorenzo Luganese. Lugano

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Un taglio dirompente all'interno della città Luganese. Molino Nuovo

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Le teste Luganese, Lugano

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Nei miei occhi si rispecchia il mondo Luganese, Marcate

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Orme del passato visioni del futuro Luganese, Caslano

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Esondazioni Mendrisiotto, Riva San Vitale

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Una fontana che racconta mille storie Mendrisiotto, Mendrisio

Oracoli, Fontane del Ticino 56 - 57

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Mendrisiotto, Rancate

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"Luce e ombra, linee e angoli, e tutto il mistero del volume inizia a parlare." Giorgio de Chirico Mendrisiotto. Vacallo

Oracoli, Fontane del Ticino 58 - 59

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lo, Lavatoio, albergo nella roccia come lo spirito abita nel corpo Mendrisiotto, Cabbio

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Biasca p. 15

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Giomico p. 14

Cimadera p. 26

Giumaglio p. 20

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Cabbio p. 59

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Lavertezzo p. 21

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Oracoli, Fonta ne del Ticino 60 - 61 M

Mendrisio p. 56

Lugano p. 28

Ravecchia p. 45

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Meride p. 39

Lugano p. 27

Riva San Vitale p. 55

Molino Nuovo p. 50

Lugano p. 47

Rovio p. 29

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Marcate p. 53

Lugano p. 48

Sala Capriasca p. 25

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Paradiso p. 51

Lugano p. 49

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Lugano p. 52

Sonogno p. 16

Rancate p. 57

Vacallo p. 58

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Le collane di Opera Nuova

Artemis I. Luigi Rossini , Collerico, superbo, nel tempo istesso modesto, benigno.

Scritti autobiografici, 2014

Riflessi I. Raffaella Castagnola - Matteo Viale, POESIT.

Repertorio bibliografico dei poeti nella Svizzera Italiana, 2012 2. Oscar Mazzoleni - Andrea Pi lotti - Marco Marcacci , Un cantone in mutamento.

Aggregazioni urbane ed equilibri regionali in Ticino, 2014 3. Michele Amadò, Disegnare il mondo, 20 15 4. Michele Amadò, la casa delle Muse - lAC, 2016 5. Michele Amadò, Oracoli - Fontane del Ticino, 2017

Autografica I. Federico Hindermann, Cerchi di luce, 20 I O 2. Prisca Agustoni , Casa delle ossa, 20 I O 3. Pier CarloApolinari, Preludi e fughe senza indicazioni di tempo, 20 11 4. Roberto Milan, Il mare alla rovescia, 20 11 5. Jacques Dupin, Scarto, 2011 6. Sim one Fornara e Mario Gamba,/ Cavalieri davanti al.fiume, 20 11 7. AA. YV., // punto illustrato, 20 11 8. Sergej Roic, Il gioco del mondo, 20 12 9. Pi erre Chappuis, // mio sussurro. Il mio respiro, 20 12 I O. Gil berto Isella, Caro aberrante.fiore, 20 13 11. Giul iana Pelli Grandini, le Marfungo/e , 2013 12. Sergio Wav., Fragmentos, 20 13 13. Miche leAmadò, Nient 'altro che cinque minuti, 2014 14. Sergio Wax, Terra e sale, 20 15 15. Anna Felder, liquida, 2017

Tutti I testi sono stati pubblicati nella rubrica "Oracoli. fontane del t1cino" del "Corriere del Ticino" dal mese d1 marzo del 2016 al mese d1 dicembre 2016 Stampato a Lugano nel mese d1 settembre 2017 da La Buona Stampa

ORACOLI FON T ANE DE L TIC I NO

Caro viandante, sono qui, nella grande piazza di Murcau, col mio benevolo volto da elfo, e il nasone un po' rozzo.

Guardandomi negli occhi, come uno specchio, vedi il mondo. Io sono l'oracolo di ciò che è bello e vero. Sono fontana che suona felice, appagata come i poppanti sopra la mia testa, in questo stupendo Cantone, che un altro non ce n'è. Lo sai che qui vi era il più grande porto del Ceresio? Sono dono del medico Antonio Caccia, in terra di curatori quali i frati antoniani, approdati su queste rive per alleviare i dolori di chi da fuoco è arso. Sono o no una polla d'acqua pura come narrano i rintocchi delle campane celate nelle torri che svettano nel cielo?

Michele Amadò

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