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SUPER8 (bis

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ETERNO INVISIBILE

ETERNO INVISIBILE

SUPERS

Dentro molle allentate, sfarinata imbottitura e scolorito velluto, una forma incerta soffoca il dolore annacquato, quasi decomposto. Ombre vagamente illuminate scontornano la logora poltrona, scrostano l'oscurità e i demoni, sgusciando da una beffarda screpolatura sul muro, scardinano il sonno, precipitandolo nell'aldilà, dove, coperto di rose troppo rosse, giace l'eterno mal de vivre dell'aldiquà. Bocche si accordano in muto stupore a sguardi umidi e, con la grazia di un gesto d'amore, diafane dita dissotterrano dal tumulo lavorato di fresco, fiabesche peonie. Una bimba, sul fùo di parole senza senso, scivola fuori dal controluce. Rapita dalla mano patema aperta in un tenero cenno di cucù, muove i primi passi sui fotogrammi del film in super8 allineati in serpentina bianca e nera dall'occhio della cinepresa. Nugoli di farfalline turbinano nel fascio di luce, sparpagliandosi in dorato pulviscolo sul lenzuolo appeso al muro. Frammenti ronzanti accelerano e rallentano l'incedere della bambina che tentenna, cade, si rialza, tentenna, cade, si rialza, irrorando di sorrisi e lacrime il tempo misterioso, breve e lunghissimo, dell'infanzia. Qualcuno, per gioco: ti riconosco, sei tu! Le rose troppo rosse si trasformano in peonie. Ancora e sempre. Nell' aldiquà.

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