Palazzo Modello, la vetrina della nostra creatività • di Sandro Damiani
Quando la qualità non sempre è sufficiente A scorrere il calendario degli eventi organizzati o presentati a Palazzo Modello nell’ultimo anno, non voglio dire che venga il “capogiro”, poichè sarebbe un tantino esagerato; certo è che l’attività è tanta. Ma tanta tanta! Con una “offerta” ricca e varia per tutti i palati, le generazioni, i gradi di sensibilità, gli “appetiti culturali”. Ciò nonostante, non possiamo e non dobbiamo tacere del fatto che spesso l’offerta non è stata premiata come avrebbe meritato. Stiamo parlando di mostre, sia di artisti della comunità che esterni e delle sezioni interne al Sodalizio; presentazioni di libri e riviste; serate dedicate a singoli autori (connazionali, italiani e croati), concerti, recital e rassegne musicali, come quella, invero seguitissima, dei minicantanti; spettacoli delle filodrammatiche delle nostre scuole e di complessi professionali; serate danzanti, proiezioni di film, tavole rotonde, cerimonie e festggiamenti e via elencando, ad esclusione delle
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riunioni e delle assemblee interne, che ovviamente coinvolgono i soli attivisti-dirigenti-consiglieri. Una quantità, non di rado di pregevole qualità, che soddisferebbe una comunità di gran lunga superiore ai nostri numeri, tra soci e, diciamo così, “simpatizzanti”. Siamo forse noi a non saper valorizzare e promuovere quanto andiamo proponendo o semplicemente i tempi sono… quelli che sono, per cui l’uscita da casa, a fronte di quanto si ha a portata di mano tra televisione e internet, viene vissuto se non come una perdita di tempo, una occasione poco allettante? Probabilmente, la verità sta nel mezzo. D’altronde, più che annunciare pressoché puntualmente, le singole manifestazioni per il tramite dei nostri media (giornale, periodici, radio), la pubblicazione e distribuzione di volantini e depliant e il “passaparola”, cosa altro si può inventare? Ma forse, ciò che manca o
non è troppo accentuato, è una sorta di “spirito di corpo”, un senso più marcato di appartenenza. Per carità, sappiamo bene che sono rari i connazionali che non rivendichino con autenticità la propria identità, il proprio sentirsi parte fondante e integrante della fiumanità italiana; ma, oggettivamente, non è sufficiente. In un’epoca in cui presenzialismo e visibilità hanno preso il sopravvento (nel nostro caso, naturalmente non ci rifacciamo al significato deleterio dei due termini), il “non esserci” diventa automaticamente assenza, anzi - che oggi è peggio - percezione di assenza. E ciò può rivelarsi pericoloso per le stesse sorti della comunità nazionale italiana fiumana. Faccio un esempio. Messe in un canto disonestà intellettuale e sciovinismo strisciante e malcelato, qual è la “scusa” per cui anche buona parte di quella maggioranza che non ci è avversa, ritiene che in città tutto sommato non ci sia biso-