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“Storia di Fiume”

Presentato a Palazzo Modello “Storia di Fiume” dello Stelli • di Ilaria Rocchi Rukavina

Un’opera che coniuga accademia e divulgazione

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“Una storia esemplare per l’Europa del futuro”, è stato detto negli incontri in cui il libro di Giovanni Stelli “Storia di Fiume” (Edizione Biblioteca dell’Immagine) è stato presentato finora. “L’Europa prima dell’Europa” era invece il titolo di una mostra che il Consolato generale d’Italia nel capoluogo quarnerino aveva organizzato nella nostra città, focalizzando l’attenzione sulla Modiano, gloriosa fabbrica di carte che produceva anche a Fiume e che a tutt’oggi continua a mantenere relazioni con il Quarnero. E difatti, nell’intricato, complesso, ma allo stesso tempo affascinante groviglio fiumano possiamo scorgere i semi, intesi come valori, dell’odierna Europa unita. Arrivi e partenze di genti, lenta e non sempre facile integrazione dei nuovi arrivati, processi assimilatori, incontri e scontri di civiltà, convivenza e incroci tra etnie diverse, multiculturalità e plurilinguismo...

Ma se è vero che la vicenda fiumana ha appassionato pubblico e studiosi, che hanno concorso alla comprensione del passato della città con contributi storiografici che l’hanno scandagliato sotto vari aspetti, d’altra parte si sentiva la mancanza di un lavoro, sì scientifico, ma con un taglio pubblicistico, che offrisse una sintesi oggettiva, completa e aggiornata; un excursus sintetico e organico; un compendio che contenesse l’analisi delle più recenti fonti - sia archivistiche che bibliografiche -, le scoperte e le nuove chiavi interpretative che si sono affermate grazie all’apporto di ricercatori che si sono accostati alla materia senza pregiudizi, in modo anche innovativo.

In verità, negli ultimi anni non sono mancati tentativi in questa direzione - ricorderò la “Breve storia della città di Fiume”, uscita dieci anni fa per i tipi dalla Adamić anche nella versione in lingua italiana -, da prendere però con le pinze per le lacune nell’impostazione e le evidenti forzature: in Croazia (ma non è solo un problema croato) la “storia patria” si trasforma spesso in arma di politici o dei nazionalismi che vogliono fare un uso (ideologico) della Storia, del tutto indifferenti al fatto se quello che viene raccontato ha qualche fondamento. Quel che caratterizza il libro di Stelli e lo rende interessante e particolare è appunto il fatto che si colloca al di fuori degli schemi ideologico-nazionalistici. Beninteso, siamo consapevoli che è quasi impossibile arrivare a una cosiddetta verità oggettiva, a un’“imparzialità” asettica, preclusa dai nostri stessi limiti di esseri umani; lo storico può, però, e anche deve, cercare di avvicinarsi a essa, operare come se tale verità fosse attingibile e quindi mettere sempre a distanza critica, tenere a bada le sue idee, le sue preferenze e i suoi sentimenti soggettivi. Stelli ci riesce abbastanza bene - supera i ristretti punti di vista nazionalisti, che contraddistinguono altre opere - anche se qua e là affiora il suo background familiare autonomista e irredentista, che egli correttamente riconosce, “avvisando” in un certo senso il lettore.

La sua “Storia di Fiume”, ha il pregio di coniugare in sé termini come “accademia”, “storia” e “divulgazione”, termini che s’incrociano e si mischiano, con una ricostruzione a tutto campo che rimanda un po’ a “Istria nel tempo”, il manuale con riferimenti (in verità assai pochi) anche a Fiume, del Centro di Ricerche

storiche di Rovigno del 2006 (uscito anche in croato e sloveno).

Ecco, parafrasando il titolo di questo volume, la monografia di Stelli la potremmo benissimo definire “Fiume nel tempo”, auspicandone sia una sua traduzione in croato che la sua diffusione nelle scuole della città, come testo di “storia patria”, come fonte di conoscenza del passato o base di partenza e spunto per ulteriori approfondimenti. Difatti, l’autore affronta la storia di Fiume con il rigore dello studioso impegnato, ma con la chiarezza di un professore abituato a rendere fruibili concetti anche complessi.

Se ne impongono alcuni fondamentali, che fanno da collante alle bimillenarie vicissitudini fiumane: il primo è la coesistenza nella città di diverse componenti etniche; il secondo, una Municipalità che ha sempre messo il bene della comunità davanti a tutto, dimostrando un forte senso di appartenenza alla città (difenderà strenuamente le sue prerogative, l’autonomia - ad esempio, nel 1404 Venezia si rivolge direttamente alla “Comunità della Terra di Fiume”, e non già al signore feudale, il Walsee, per protestare contro atti di violenza compiuti ai danni di sudditi veneti a causa della mancata esazione del dazio sulle navi transitanti nel Quarnaro, esazione che costituiva uno dei privilegi del Comune fiumano); in terzo luogo, la contraddizione tra la posizione geopolitica di sbocco di un entroterra fondamentalmente croato e l’identità culturale italiana prevalente in città da secoli, come attesta, tra gli altri, il dispaccio con il quale vice-conte Josip Bunjevac, che per conto del bano Josip Jelačić aveva occupato la città nell’estate del 1848, il 31 agosto si rivolse ai “fratelli” della “libera città di Fiume” per il tramite del vice-capitano Agostino Tosoni, promettendo che avrebbe conservate intatte le prerogative municipali, nonché le istituzioni cittadine e “considerando quindi la vostra posizione, vi resterà conservato l’uso della lingua italiana e verrà rispettata ogni nazionalità”, rassicurazioni che saranno calpestate - lettura 1 e 2. Infine, la specifica nazionalità dei fiumani, assai difficile da comprendere e spiegare, tant’è che, ad esempio, il boemo von Littrow (Heinrich), che si stabilì a Fiume nel 1867 e fu ispettore marittimo dal 1873 al 1875, scrive in una sua lirica:

“Alla fin fine essi sono semplicemente Liburni amano senz’altro i costumi e le usanze dell’Italia e vogliono essere assolutamente ungheresi purosangue (Vollblut-Ungarian sein)”.

E se è vero che viene posta in primo piano l’identità linguistica e culturale di carattere italiano - documentata già nel Medioevo - d’altro lato Stelli sottolinea anche il ruolo svolto da tutte le componenti etniche presenti nella città, innanzitutto e soprattutto di quella croata. A tale proposito, lo Stelli porta a esempio la stamperia glagolitica, o l’opera del sacerdote di origine dalmata Bernardin Nikola Škrivanić, che giunse a Fiume nel 1889, diventò guardiano del convento dei cappuccini, fondò l’istituto editoriale “Kuća dobre štampe”, a cura del quale uscirà, tra l’altro, il settimanale “Il Quarnero”, in croato e in italiano, e dal 1912 al 1914 il primo quotidiano cattolico croato “Riječke novine”.

Nel volume - che potrebbe essere definito un “Bignami”, un prontuario tascabile se non fosse che per la sua mole tascabile non è, comprende 330 pagine fitte fitte - c’è poco spazio per l’apparato iconografico, che si compone perlopiù di disegni e tra questi i preziosi scorci di Riccardo Gigante della Cittavecchia, in particolare del castello medievale, distrutto nel 1904 per far posto a un brutto Palazzo di giustizia.

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