LA TORE 27

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Intemperanze di un assessore palesemente poco informato • di Patrizia Venucci Merdžo

Teatro, conoscere la storia prima di aprir bocca... In una delle ultime conferenze stampa indette dal TNC "Ivan de Zajc", Ivan Šarar, assessore per la cultura di Fiume, ebbe a dire - s’immagina riferendosi all’attuale dirigenza teatrale - che si era ereditato un "teatro austroungarico di terza categoria". Al momento ci parve di non aver sentito bene, di essere stati vittime di un’allucinazione uditiva, tanto che per un attimo l’azione del nostro sistema respiratorio rimase sospesa a mezz’aria, e il dono della favella ci fece difetto. Era mai possibile che il primo personaggio della cultura della città di Fiume avesse proferito quell’enormità d’ignoranza autolesionistica, quella falsità madornale, quella palese assurdità? Giovanni de Zaytz, che fondò l’opera di Zagabria - quando a Fiume già da mezzo secolo si gustavano le primizie del belcanto - si sarà rivoltato nella tomba assieme a tutti i nostri predecessori melomani fiumani. È pur sempre vero che il nostro assessore proviene dal burrascoso campo del "rock", però un’ infarinatura informativa circa la storia della massima istituzione cultuale e artistica della nostra città speravamo l’avesse acquisita prima di intronarsi sull’alto scranno delle Muse. Superato lo choc del primo momento, armata di pazienza certosina, la sottoscritta si mise di buona lena a spiegare all’"illustre" politico che l’ente lirico fiumano - vanto di ogni fiumano patoco - giammai era stato un teatro di categoria "C", bensì uno dei teatri più aggiornati e a la page dell’epoca in questa parte d’Europa, uno dei principali brand, tutt’oggi, della città di San Vito,

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da inserire e vendere alla grande nell’ambito del programma di Fiume capitale europea della cultura 2020. Continuammo la nostra apologia del Tempio delle Muse di Fiume ricordando che già il vecchio e glorioso Teatro Adamich, e quindi il Comunale, poi Giuseppe Verdi, erano stati scenario di allestimenti non solo delle opere belcantistiche e italiane – fatto questo che ci viene riconosciuto da quanti posseggono qualche nozione di storia locale - ma avevano spaziato generosamente pure nell’ambito dell’opera francese, tedesca e persino wagneriana; è questo un dato storico praticamente sconosciuto anche agli addetti ai lavori, a cominciare da Šarar. È davvero stupefacente, sfogliando le cronache dell’epoca, constatare la varietà e la portata delle opere liriche nei cartelloni del tempo. A parte Rossini, Donizetti, Bellini e Verdi che "facevano parte

del paesaggio", figurano, ricordando per sommi capi, nelle stagioni liriche "Fra Diavolo" di Auber, "Mignon" di Thomas, "Giulietta e Romeo" e "Faust" di Gounod, "Werther" di Massenet, ‘"Africana" di Meyerbeer, "Carmen" e "I pescatori di perle" di Bizet, "Sansone e Dalila" di Saint-Saens per l’opera francese. Per il teatro lirico tedesco rileviamo il "Freischutz" ("Il franco cacciatore") di Carl Maria von Weber, e poi Wagner: "I maestri cantori", "Il vascello fantasma", "Lohengrin", "Tannhauser", "La Valchiria" e perfino "Tristano e Isotta", apice del romanticismo lirico tedesco...Per non parlare di Umberto Giordano, Alfredo Catalani, Mascagni, Puccini e via dicendo. E meno male che stiamo parlando di un teatro di terza categoria... Ma non intendiamo rimanere ancorati al passato, per quanto esso sia stato prestigioso. Volgiamo piut-


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