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Basta un piatto di minestra non mi serve nient’altro

Piero Klausberger fu il primo e unico sindaco italiano del dopoguerra • di Giacomo Scotti basta un Piatto di minestra non mi serve nient'altro

Nelle edizioni del 31 ottobre e 1.mo novembre 1981 il "Novi List" e "La Voce del Popolo" annunciavano la scomparsa di Piero Klausberger, un operaio, combattente della Resistenza, presidente (o "sindaco") di Fiume "negli anni più difficili della prima fase postbellica", l’attivista socio-politico, "attivo anche in seno alla Comunità degli Italiani di Fiume".

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Nato nel 1906, aveva iniziato già a dodici anni l’apprendistato, dapprima di fabbro, poi di falegname e infine di imbianchino, aderendo presto all’idea antifascista. Dopo la guerra, primo (ed unico) fiumano sindaco della città, rimase in carica dal maggio 1945 al 1952. Fu anche il primo deputato italiano di Fiume al Sabor della Croazia e, successivamente, per tre legislature consecutive, alla Camera Federale del Parlamento jugoslavo.

La figlia Aurelia è scomparsa qualche mese fa. Quando andai a trovarla in Belvedere, nel modesto appartamento del padre, tirò fuori due tessere rilasciate al deputato Pietro Klausberger nel 1948 e nel 1950 che, oltre all’immunità, gli consentivano di viaggiare gratis su treni, autobus ed aerei. Se ne servì solo per andare a Belgrado, mai per altre destinazioni o scopi.

Chi conobbe "Perka" – era questo il suo nome di battaglia – lo ricorda come persona di straordinaria modestia e parco di parole quando era costretto a parlare di se stesso, eppure "ha lasciato dietro di sè una profonda orma di quella che è la storia di Fiume" scrisse Lucifero Martini sulla Voce il 3 novembre 1981.

Si spense a 75 anni il 30 ottobre; il 2 novembre fu commemorato all’Assemblea comunale e alla Comunità dei Comuni di Fiume; i funerali si svolsero nel pomeriggio al cimitero di Cosala.

Aurelia conservava i documenti del padre e i ritagli di giornali che scrissero moltissimo di lui alla scomparsa, ma raramente negli anni in cui guidò la città. Dopo un rinnovato lunghissimo silenzio, tornarono a farlo nel giugno 2005 in occasione della mostra di fotografie "Tutti i nostri sindaci". La prima foto, immancabilmente è la sua. Il Novi list ricordò allora che la sorte d’essere il primo "Presidente del Comitato Popolare Cittadino", come allora veniva definita la carica, toccò a Pietro Klausberger, già attivo combattente antifascista ed eminente rappresentante degli italiani di Fiume". Suo successore, va ricordato, sarebbe stato Edo Jardas - un castuano appena tornato dal Canada dove aveva capeggiato il PC - a cui fu assegnata una prestigiosa villa a Costabella mentre Klausberger continuò a vivere nel modesto alloggio di Belvedere.

Amalia mi raccontò: "Vivevamo da sempre in Belveder, in cinquantacinque metri quadri, io, mio fratello e i genitori. Offrirono a mio padre di scegliersi una villa sul mare in zona Costabella. E guardaroba nuovo, telefono, macchina... Non volle accettare mai niente. Venuto su in una famiglia povera, soleva dire: ‘Più di un piatto di minestra non mi serve’. Schivava la vita mondana, gli inviti a pranzi e cene, preferiva restare a casa, con la famiglia, giocare con noi ragazzi a ‘Non ti arrabbiare’ o a briscola. Gli piacevano i libri di scienze naturali, le biografie, i gialli, ma soprattutto andare a teatro, specialmente all’opera. In casa accennava arie operistiche o canticchiava canzonette, accompagnandosi al mandolino. Lui e mio fratello Paolo erano intonati, io e mia madre no. Spesso mi diceva: ‘Se stai zitta, ti dò dieci dinari’, e se la rideva".

Nel testo rievocativo, Martini si sforzò di "stabilire l’identità di un uomo che indubbiamente contraddistinse un’epoca tra le più gloriose, ardite e perigliose di una Fiume che lo vide nascere ed alla quale diede tutto se stesso". Il nome appare già nell’ottobre 1941 quando, al fianco di Alberto Labus, Vittorio Marot, Ladislao Tomè e Tomasini, operai come, lui, creò la prima "cellula dei pittori". Era un antifascista di vecchia data; le riunioni clandestine dei

vari gruppi della Resistenza si erano tenute più volte nella sua abitazione. Rientrato dopo l’8 settembre da un servizio militare prestato per brevissimo tempo a Trieste, già agli inizi di ottobre tenne nella sua casa una riunione nella quale – presenti Labus, Amedeo Ursich, tali Codrè, Smerdelj e Rodizza – fu costituito un "Centro cittadino" di Resistenza ai tedeschi.

Il Movimento di liberazione, scrisse Martini, si allargava sempre di più nasceva il primo Comitato Popolare Cittadino con Franjo Kordić presidente e Pino Cucera segretario, l’organizzazione di Partito si rafforzava ed estendeva in quattro settori che comprendevano tutta la città. "Dei quattro rioni il terzo (s’era nel gennaio del 1944) venne affidato a Piero Klausberger, che lavorò in stretto collegamento con Romano Glažar-Mladen. In questo rione operavano anche le organizzazioni del Fronte Popolare, delle Donne Antifasciste, della Gioventù ed abbracciava venti gruppi formati da oltre cento persone. Alla fine del mese di marzo Piero Klausberger entrò a far parte del Comitato cittadino del Partito e venne reso responsabile dell’attività illegale di partito".

L’affermazione del movimento di resistenza in città allarmò gli occupatori. In una serie di rastrellamenti, nella notte del 29 giugno le SS arrestarono più di duecento persone, tra le quali gli esponenti della Resistenza Franjo Kordić, Andrija Petrić, Leo Levi e Nicolò Radman. Pur figurando nell’elenco dei ricercati, Klausberger riuscì a sfuggire alle SS ed alla fine di luglio entrò a far parte del Comitato circondariale del Partito comunista costituitosi nel territorio controllato dai partigiani di cui facevano parte anche i connazionali Cucera, Michelazzi e Martinis insieme a Glažar.

sFUggiti per Un pelo alle retate

In agosto si costituisce pure il Comitato circondariale del Fronte di Liberazione e di nuovo ne fanno parte Cucera, Klausberger e Michelazzi, insieme agli ingegneri Mamich e Faraguna, a Giuseppe Arrigoni, Fornasari, Scrobogna, Surina… In settembre il Comitato circondariale del PC affida la guida dei gruppi d’azione del I rione di Fiume e delle fabbriche (industria pesante) a Klausberger e Cucera che diventano inoltre responsabili del lavoro del Comitato cittadino del Fronte di Liberazione e dei collegamenti con il Fronte Femminile Antifascista. Trattandosi di un lavoro difficile e pericoloso, il Comitato regionale del partito, insediato nel Castuano, predispone per i due capi un nascondiglio che diventa anche il centro dal quale dirigere le azioni di lotta.

Grazie all’instancabile lavoro dei due, si accelera sia la diffusione in città della stampa partigiana che l’approvvigionamento dei partigiani.

Una nuova serie di arresti si ebbe nel gennaio del 1945. In marzo mancò poco che finissero nelle maglie delle SS Michelazzi, Spiller, Cucera, Klausberger ed altri che, lasciato il "rifugio" extraurbano, erano venuti a Fiume per una riunione del Comitato cittadino del partito della quale i nazisti erano venuti a conoscenza.

Il 3 maggio, fatte saltare in aria fabbriche e attrezzature portuali, i nazisti si ritirarono. Lo stesso giorno nel Palazzo del Governo si tenne la prima seduta del Comitato Popolare Cittadino di Fiume liberata. Ne fu presidente Franjo Kordić, segretario Viktor Hreljanović, assessore per gli affari sociali Piero Klausberger. Qualche settimana dopo, però, insediatosi il Comitato ufficialmente nel Palazzo del Comune, Klausberger fu nominato presidente, ossia sindaco. Qualche fonte vorrebbe che la nomina fosse avvenuta solo nel 1948, ma i giornali smentiscono: tutte le ordinanze del CPC di Fiume apparse nel 1945 su "La Voce del Popolo" portano la firma di Klausberger che fu dunque sindaco negli anni più duri del primo dopoguerra, quelli della fame, della ricostruzione, della rottura con Mosca e della deportazione dei "cominformisti", sull’Isola Calva…

In quegli anni, mentre i servizi segreti facevano il lavoro sporco, "Perka" si adoperò costantemente, per alleviare le pesanti condizioni di vita dei cittadini. Così scrive un testimone di quei tempi, il giornalista Ettore Mazzieri, su "Panorama" nell’agosto del 1985: "Indubbiamente un posto di

preminenza tra coloro che con maggiore abnegazione e perseveranza si prodigarono per cancellare le stigmate di Fiume, lasciata quasi incenerita dall’occupatore in fuga, spetta al compianto Pietro Klausberger, "Perka" per i compagni di lotta. Assurto per consenso popolare e collettivo alla carica di primo cittadino, per un settennio fece onore al suo mandato. La modestia era il suo scudo, la tenacia e l’onestà le sue armi. Era così profondamente onesto che usufruiva dell’auto comunale solo per circostanze strettamente ufficiali". Dappertutto andava a piedi, volentieri si confondeva tra la gente, cittadino qualunque fra i cittadini. doV'È l'impermeaBile?

"In quei tempi le riunioni si susseguivano dalla mattina alla sera – raccontò Aurelia. Una volta tornò da una senza l’impermeable. "Era stato appena riparato e rivoltato da mia madre che da ragazza aveva fatto la sarta d’uomo. Per anni quella povera donna pianse per quel benedetto trench, mentre mio padre la consolava dicendo: ‘L’avrà preso qualcuno più povero di me’. Suonavano spesso alla porta, c’era un viavai di gente. Ognuno di loro sperava di risolvere qualche problema. Venivano quasi sempre portando qualche regalino, che pensavano di lasciare: umili oggetti. Ma mio padre ci aveva severamente proibito di accettare qualsiasi cosa, da nessuno!"

la sarta di tito non FU sFrattata

"Un giorno qualcuno del ‘potere’ politico cercò di sfrattare dal suo appartemento la signora Cavallotti, rinomata sarta personale di Jovanka Broz, la moglie di Tito. Dicevano, quei ‘politici’, che i Cavallotti disponevano di un alloggio troppo grande per loro. Stavolta intervenne mio padre, e la sarta rimase nella casa che abitava da anni annorum. Per sdebitarsi, la Cavallotti venne a casa nostra – io avevo allora nove o dieci anni - e senza neanche bussare alla porta, lasciò là fuori un pezzo di burro e una bottiglia di vino. Il burro, in quei tempi, te lo potevi soltanto sognare! Mio padre portò il tutto alla ‘Casa del Pensionato’. L’indomani, ascoltando Radio Fiume, la signora Cavallotti si sentì ringraziare dalla Casa del Pensionato per il bellissimo regalo".

Un altro aneddoto. Nel 1946, una delegazione guidata da Branko Vukušić andava a visitare la Fiat per negoziare l’acquisto di una partita di autobus per la nostra città. Al ritorno, tutto euforico, Branko entrò nella stanza del sindaco e gli disse: ‘Perka, vieni a vedere che cosa ti ha mandato in regalo Gianni Agnelli!’ "Era un’automobile nuova di zecca, magnifica, destinata al sindaco di Fiume, a mio padre... Branko andò raccontando in giro, per anni, la lavata di testa che si era preso da nostro padre. E la tattica che dovette usare per rimandare al mittente quel ‘regalo’". Nel 1952 il comandante dell’incrociatore statunitense "Glasgow" visitò Fiume. Visitò le chiese, alcune fabbriche, scuole... Il sindaco lo accompagnò per tutto il giorno. Al commiato l’alto ufficiale americano regalò al padrone di casa una penna stilografica d’oro. E chi ce l’aveva allora? Forse neanche Tito. "Un giorno, entrando nell’ufficio di mio padre al Comune, l’assessore all’edilizia del tempo, Ferruccio Glavina, vide sul tavolo la penna e ne fu entusiasta... Papà si accorse che gli occhi gli splendevano e gli disse semplicemente: ‘Prendila tu, tanto io non ho cosa da scrivere’".

Da giovane appassionato escursionista e calciatore dilettante nella squadra "Audace" composta prevalentemente da operai, disputò l’ultima partita a 38 anni da terzino su un campo di San Nicolò. Nel novembre del 1998, ricorrendo il cinquantesimo della Società di pesca sportiva "Luben", i giornali ricordarono che Klausberger ne era stato il fondatore e primo presidente. Sfogliando i vecchi giornali, troviamo il numero del 18/19 dicembre 1976 del "Novi List" con la cronaca delle celebrazioni per i trent’anni del Club calcio "Rijeka" (inizialmente "Quarnero"). Quando si alzò a parlare Klausberger, accolto da un applauso particolarmente caloroso, molti si aspettavano un lungo discorso; invece si limitò a dire "Grazie". Era stato per anni vicepresidente del "Quarnero" e aveva coperto la medesima carica nel primo Comitato cittadino di Cultura Fisica.

Sportivo fra gli sportivi nella ricostruzione degli stadi di Cantrida e Crimea, presente spesso agli incontri di boxe e di basket, incoraggiò la costruzione della piscina a Scoglietto, organizzò il circuito motoristico di Preluca… A proposito, Aurelia ci disse: "Amante dello sport, specialmente della pesca, mio padre accettava un unico regalo da chi glielo offriva: qualche amo o qualche togna di nylon che gli portavano dall’estero. Vicino alla Fiumara c’era allora una baracca, un magazzino buio, diventato ritrovo di amici amanti della pesca. Papà passava là parte del suo tempo libero. Spesso passava a trovarli il famoso tenore Gino Bonelli che, su insistenza dei presenti, cantava divinamente qual-

Klausberger nel 1949 sull'incrociatore britannico Glasgow con il comandante e il ministro per i territori liberati Vjenceslav Holjevac

Perka accanto alla barca, attrezzo indispensabile per la pesca che aria operistica".

In mezzo a corde, reti, remi e nasse, "Perka si impegnava appassionatamente e in prima persona per la soluzione dei più scabrosi problemi, sempre pronto a mettere le spalle sotto, come ad assumersi la sua parte di responsabilità", scriveva Mazzieri riferendo che era uso frequentare la pescheria di primo mattino. "Sotto la sua egida, subito dopo il 3 maggio 1945, vista la crisi alimentare che attanagliava la città e che una nave-rifornimenti proveniente da Bari aveva urtato su una mina subacquea ed era affondata nei pressi di Buccari, organizzò una massiccia caccia al pesce nel golfo che fruttò cospicui quantitativi del prodotto che immediatamente venne regalato alla popolazione".

Confermando l’aneddoto Aurelia spiegò: "Erano anni duri, non c’era da mangiare, i negozi erano vuoti e quando arrivava qualcosa si formavano code interminabili e si facevano anche cinque e più ore in fila. Così, quando in pescheria, un giorno, il pesce venne requisito per ordine del sindaco, successe il finimondo. Le donne, furiose, impossessatesi chissà come di bastoni e bottiglie, marciarono verso il grattacielo fiumano, sede del Comune. Dagli uffici fu un fuggi-fuggi generale, tutti gli impiegati si barricarono nelle loro stanze. Mio padre invece si presentò davanti alle donne che urlavano d’aver fame e maledicevano la miseria. Lui le ascoltò e poi spiegò: il pesce sequestrato era stato destinato agli ammalati dell’Ospedale... Le donne capirono, si calmarono e si scusarono. Passato il pericolo, i ‘compagni’ fecero capolino dietro le porte, tornarono agli sportelli... Mio padre, l’indomani, organizzò la pesca nel Golfo per regalare il pesce alla popolazione".

Riprendiamo l’annotazione di Mazzieri: "Lo trovavi nelle fabbriche, tra i giovani delle scuole; era il più puntuale nelle riunioni, trovava sempre, con il suo inconfondibile e mite sorriso, la parola incoraggiante per chi, in quei periodi di emergenza, veniva a trovarsi a disagio. Perka, con pala e piccone, era puntuale all’appuntamento con il lavoro volontario perché – come era solito dire – "il presidente dev’essere sempre d’esempio"! Nessuna meraviglia, dunque, se Perka (…) offrì i suoi servizi di manovalanza per lo scarico di merci dal camion, in maniera da consentire l’apertura tempestiva di un negozio programmata per il giorno dopo". Spesso chiudeva la sua intensa giornata tuffandosi nella vita notturna della tipografia de "La Voce del Popolo" dove rimaneva fino all’uscita.

È difficile ricostruire la vita "pubblica" di Klausberger: evitava al massimo le cerimonie, i discorsi e le interviste. Una foto lo ritrae con all’ammiraglio Mountbatten, comandante della flotta statunitense nel Mediterraneo durante la sua visita a Fiume nel 1952. Alcune foto lo ritraggono insieme a Tito che assieme alla consorte trascorse a Fiume due intense giornate nel maggio del 1970. In quell’occasione al cineteatro Fenice (all’epoca "Partizan") venne consegnata a Klausberger la targa d’argento della Città. E questo è tutto.

Anche dopo aver ceduto la poltrona, a quel tempo scomodissima, di primo cittadino, fu molto attivo sul piano sociale. Sapeva di aver portato a termine i compiti suoi più importanti – diremo con Martini – e modestamente si mise da parte cedendo il passo a coloro che, più giovani e più istruiti, meglio potevano dare…". Alle careghe proprio non ci teneva; e quando veniva lodato, storceva la bocca in un sorriso come per dire – e talvolta lo diceva: "Non ‘ste esagerar. Go fato solo quel che dovevo e sentivo de far".

Se avesse potuto avrebbe ripetuto quella frase quando, davanti alla bara che ne accoglieva la salma, uno dopo l’altro i più alti rappresentanti di Fiume e un ministro ne esaltarono i meriti nel giorno dei funerali. Si svolsero al cimitero di Cosala – citiamo la cronaca – "davanti a una folla commossa che ha voluto così porgergli l’ultimo saluto". Un saluto formulato anche da uno dei suoi amici più cari, Luciano Michelazzi. Ci si accomiatava, disse, da uno dei figli più degni di Fiume da lui amministrata negli anni più difficili, nell’epoca in cui con l’entusiasmo e la buona volontà si sopperiva alla carenza di tutte quelle cose che rendono più agevole la vita.

Negli ultimi trent’anni aveva nuovamente indossato la tuta di pittore, rimanendo in quella tuta fino alla fine dei suoi giorni. Due giorni prima dei suoi funerali scrissi la mia ultima cronaca per "La Voce del Popolo"; da dove poi fui mandato via. Scrissi e ripeto: un semplice operaio divenne sindaco della città dopo la catastrofe della guerra: lasciò quella carica per tornare un semplice operaio, tornò a fare el pitor fondando una cooperativa di imbianchini, restando uomo semplice, genuino uomo del popolo, fino alla morte che lo colse all’ospedale, dopo breve malattia.

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