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Un modo per mantenere i legami con la città
from LA TORE 27
by Foxstudio
La storia dei nomi di vie e piazze nello Stradario di Fiume di Massimo Superina
un modo Per mantenere i legami con la città
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Nella serata di San Vito, alla CI è stato presentato lo Stradario di Fiume, un volume di ben 270 pag. e di grande formato in cui Massimo Superina, figlio di fiumani esiliati, ha raccolto la varie denominazioni di piazze,vie, calli e moli, dal Settecento ad oggi, ma particolarmente "rapide" nel corso del ventesimo seguito con il susseguirsi di regimi che, molto più dei precedenti, si proponevano di influire "ideologicamente" sulla gente.
La riprova di un tanto, era stato detto, era anche nel fatto che per tutto il periodo jugoslavo le targhe con i numeri civici non riportavano alla base l’intestazione della via. Perché? Come si poteva ad esempio lasciare l’intestazione "Vittorio Emanuele III" sotto il civico del Corso che nel frattempo era diventato "dell’Armata Rossa?" Tolte le targhette precedenti, sicuramente per rispamiare - in quanto così si potevano stampare in serie – fuono applicate targhe senza numeri. La questione fu "risolta" con l’ennesimo cambio, per cui il Corso è ridiventato quasi tale (per la precisione "Korzo") e l’intestazione è riportata. Il processo è dettagliatamente illustrato nel libro, che allarga il discorso agli eventi sotorici ed è anche arricchito da materiale pubblicitario dell’epoca. Quale la genesi dell’opera? Ce la spiega l’autore.
Un volume che contiene tanti dati implica un lavoro preparatorio molto accurato. Come si è mosso all’atto pratico?
Tutto è cominciato dalla mia passione per le mappe, che amo disegnare oltre che collezionare. Nell’estate del 2010 avevo appena disegnato un paio di mappe di Fiume per gli anni 1900 e 1930, notando da subito come i nomi di vie e piazze fossero cambiati da un periodo all’altro. In quel momento ho deciso di farne un semplice elenco su pc, con l’indicazione dei nomi dei due periodi; la curiosità o il bisogno di approfondire ulteriormente mi portò poi a Roma all’Archivio- Museo Storico di Fiume, dove fotocopiai gli elenchi di vie presenti nelle guide fiumane di varie annate. È da quel viaggio a Roma che quel semplice "elenco su pc" è diventato un lavoro sempre più dettagliato, con l’aggiunta continua di mappe, elenchi di vie, foto d’epoca e quant’altro. La prima stesura dello "Stradario di Fiume" era già pronta nel 2011, ma la mancanza di fondi ne ha ritardato l’uscita alle stampe di almeno quattro anni, un ritardo prezioso che ha consentito di migliorare di molto la prima stesura, arrichita in seguito a ripetuti viaggi a Fiume e mattinate intere passate all’ Archivio nel parco Host. Dubbi e lacune presenti nelle prime stesure sono stati superati e corretti grazie a mappe ritrovate anche ad anni di distanza: l’ultima e la più importante, una mappa del 1922 trovata quasi per caso nell’estate 2015 mi ha chiarito finalmente gli ultimi dubbi sui nomi di vie degli anni ‘20.
L’opera sul campo è stata sicuramente dura. C’è stata difficoltà nell’arrivare alle "prove"?
È stato un lavoro da topi di biblioteca, in un continuo confronto tra dati e nomi da incrociare e da non confondere; ricordo che a Fiume ci sono o ci sono stati oltre duecento nomi di vie spesso "passati da un rione all’altro", nomi scambiati tra due o più vie in periodi differenti: chiarisco, uno di questi nomi è "Buonarroti": nel periodo ungherese ed italiano la "Buonarroti" è l’attuale Laginjina, in periodo slavo invece porta il nome "Buonarroti" la salita del Calvario... Per far chiarezza, nel libro è stato inserito un quadro "sinottico" che riporta questi duecento nomi, con l’indicazione dei periodi di inizio e fine per ogni nome di via o piazza. Le "prove" sono sempre documentali, la passeggiata per le vie di Fiume a scovare una vecchia targa col numero civico italiano o ungherese non è così fondamentale

ai fini della ricerca, è solo un piacevole passatempo per far passare i mal di testa per ore e ore di studio in Biblioteca.
Nello svolgere l’opera ha incontrato anche "vecchi" e"nuovi" abitanti di Fiume. Quale è stato l’atteggiamento prevalente nei Suoi confronti?
Con "vecchi" abitanti di Fiume intende ovviamente quella maggioranza autoctona non dico italiana ma forse "italofona o italianizzata", quei fiumani che nel dopoguerra preferirono restare a Fiume, città delle loro radici, piuttosto che affrontare anni ed anni in campi profughi di fortuna sparsi per tutta l’Italia: sono i cosiddetti "rimasti", persone da stimare perché testimoniano un passato che molti giovani croati oggi a passeggio per il Corso neppure conoscono. Premetto, il mio libro non ha alcuna velleità politica, è uno studio su nomi di vie e piazze, quindi non voglio fare distinzioni tra "fiumani" e "riecani" o dare giudizi, non è questo il luogo, del resto anche mia madre è di etnia croata. Posso dire che molti "riecani" attivi in vari forum su internet hanno dato un grosso aiuto anche ai fini della mia ricerca, con i quali ho stretto anche amicizia nonostante l’ostacolo della lingua.
Sì, immagino ci fosse anche il problema della lingua? Come l’ha risolto?
L’ostacolo della lingua, ahimè, è una mia colpa, perchè pur avendo una madre croata non ho mai imparato veramente la lingua; conosco il nostro dialetto fiumano, da sempre nelle mie orecchie grazie ai miei genitori e nonni, ma oggi chi lo parla? a parte i nostri "rimasti" , qualche croato lo conosce, altrimenti bisogna arrangiarci con l’inglese...
È implicito che ci si decide a un lavoro del genere solo sulla spinta di un grande interesse, e forse sarebbe più giusto dire un vero amore, per la città. Come è nato e si è sviluppato in lei?
Dell’interesse per le mappe e piante di città ho già detto, l’altra grande motivazione che mi ha spinto a intraprendere questo libro sono le mie origini fiumane. Sono nato a Volterra, antica città etrusca della Toscana, ma di questa terra non porto nè il dna nè una goccia di sangue, i miei nonni e genitori sono nati tutti a Fiume e lì sarei dovuto nascere anch’io senza gli sconvolgimenti del secolo passato... una guerra sciagurata contro i Croati, cominciata a Roma e non certo a Fiume dove per secoli abbiamo convissuto in armonia, ci ha sradicato dalla nostra terra di origine. Il bello di Fiume è che nella sua storia è sempre stata una città punto di incontro tra culture diverse, mai solo ungherese, mai del tutto italiana, mai veramente slava, facciamone ancora un esempio di dialogo e di incontro tra culture diverse. La mia famiglia ha esodato da Fiume nel dicembre del 1948, arrivati a Trieste e poi a Udine, assegnati poi ai campi profughi di Migliarino e Calambrone presso Pisa; solo nel ‘54 hanno conosciuto nuovamente il piacere di una "casa propria", senza quei casermoni dove le famiglie profughe erano divise le une dalle altre da pareti di coperte...Io sono nato nel ‘71, e sin da piccolo sono sempre tornato a Fiume a trovare i genitori di mia madre ed i parenti "rimasti". Ero ancora piccolo, ma ricordo a fine anni ‘70 ed inizio ‘80 quei passaggi al confine tra Trieste e la vecchia Jugoslavia, sembrava di entrare in un’altro mondo.. quelle automobili che in Italia non si vedevano più da anni, odori diversi, gente che non parlava la nostra lingua. Nel ‘97 mi sono laureato in Scienze Politiche all’Università di Pisa, con una tesi sulle relazioni italo-jugoslave tra 1946 e 1954, anno in cui Trieste torna all’Italia. Il lavoro poi non ha coinciso con gli studi fatti, per quindici anni ho lavorato in un negozio di elettrodomestici come addetto vendite.
È vero che questo amore si è concretizzato tanto da indurla mettere su casa a Fiume?
Abbiamo una casa a Fiume, ma non è quella abbandonata nel ‘48 dai miei. Qualche anno fa è mancato un nostro parente "rimasto", e la casa dove viveva in Belveder abbiamo preferito tenerla e risistemarla piuttosto che venderla, abbiamo preferito non tagliare gli ultimi legami con questa terra che, nonostante l’esodo e tutto il resto, sentiamo ancora come nostra. Dal nostro terrazzo in Belveder, al calar della sera, vediamo il luccichio della vicina Abbazia e tutto il golfo... uno spettacolo irrinunciabile.
M.S.
