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Teatro, conoscere la storia prima di aprir bocca

Intemperanze di un assessore palesemente poco informato • di Patrizia Venucci Merdžo teatro, conoscere la storia Prima di aPrir bocca...

In una delle ultime conferenze stampa indette dal TNC "Ivan de Zajc", Ivan Šarar, assessore per la cultura di Fiume, ebbe a dire - s’immagina riferendosi all’attuale dirigenza teatrale - che si era ereditato un "teatro austroungarico di terza categoria". Al momento ci parve di non aver sentito bene, di essere stati vittime di un’allucinazione uditiva, tanto che per un attimo l’azione del nostro sistema respiratorio rimase sospesa a mezz’aria, e il dono della favella ci fece difetto. Era mai possibile che il primo personaggio della cultura della città di Fiume avesse proferito quell’enormità d’ignoranza autolesionistica, quella falsità madornale, quella palese assurdità? Giovanni de Zaytz, che fondò l’opera di Zagabria - quando a Fiume già da mezzo secolo si gustavano le primizie del belcanto - si sarà rivoltato nella tomba assieme a tutti i nostri predecessori melomani fiumani. È pur sempre vero che il nostro assessore proviene dal burrascoso campo del "rock", però un’ infarinatura informativa circa la storia della massima istituzione cultuale e artistica della nostra città speravamo l’avesse acquisita prima di intronarsi sull’alto scranno delle Muse.

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Superato lo choc del primo momento, armata di pazienza certosina, la sottoscritta si mise di buona lena a spiegare all’"illustre" politico che l’ente lirico fiumano - vanto di ogni fiumano patoco - giammai era stato un teatro di categoria "C", bensì uno dei teatri più aggiornati e a la page dell’epoca in questa parte d’Europa, uno dei principali brand, tutt’oggi, della città di San Vito, da inserire e vendere alla grande nell’ambito del programma di Fiume capitale europea della cultura 2020. Continuammo la nostra apologia del Tempio delle Muse di Fiume ricordando che già il vecchio e glorioso Teatro Adamich, e quindi il Comunale, poi Giuseppe Verdi, erano stati scenario di allestimenti non solo delle opere belcantistiche e italiane – fatto questo che ci viene riconosciuto da quanti posseggono qualche nozione di storia locale - ma avevano spaziato generosamente pure nell’ambito dell’opera francese, tedesca e persino wagneriana; è questo un dato storico praticamente sconosciuto anche agli addetti ai lavori, a cominciare da Šarar.

È davvero stupefacente, sfogliando le cronache dell’epoca, constatare la varietà e la portata delle opere liriche nei cartelloni del tempo. A parte Rossini, Donizetti, Bellini e Verdi che "facevano parte del paesaggio", figurano, ricordando per sommi capi, nelle stagioni liriche "Fra Diavolo" di Auber, "Mignon" di Thomas, "Giulietta e Romeo" e "Faust" di Gounod, "Werther" di Massenet, ‘"Africana" di Meyerbeer, "Carmen" e "I pescatori di perle" di Bizet, "Sansone e Dalila" di Saint-Saens per l’opera francese. Per il teatro lirico tedesco rileviamo il "Freischutz" ("Il franco cacciatore") di Carl Maria von Weber, e poi Wagner: "I maestri cantori", "Il vascello fantasma", "Lohengrin", "Tannhauser", "La Valchiria" e perfino "Tristano e Isotta", apice del romanticismo lirico tedesco...Per non parlare di Umberto Giordano, Alfredo Catalani, Mascagni, Puccini e via dicendo.

E meno male che stiamo parlando di un teatro di terza categoria...

Ma non intendiamo rimanere ancorati al passato, per quanto esso sia stato prestigioso. Volgiamo piut-

tosto la nostra attenzione alla trascorsa stagione teatrale 2015/2016 prendendo in esame alcuni degli allestimenti che ci pare siano meritevoli di una menzione particolare. Dopo anni di promesse, nell’ambito dell’opera lirica, lo "Zajc" ha finalmente messo in scena "Andrea Chenier" di Giordano, un titolo assente dal cartellone del TNC da diversi decenni, il cui allestimento – una rilettura che ha miscelato elementi del teatro moderno con allusioni all’epoca della rivoluzione francese – è stato gradito dal pubblico in primo luogo per la partecipazione del nostro eccellente Giorgio Surian, artista autentico in tutti i sensi, dell’infervorato tenore messicano Luis Chapa e della primadonna fiumana Kristina Kolar, sorretti dalla validissima e professionale Orchestra dell’Opera.

Vivo interesse ha suscitato il capolavoro mozartiano "Don Giovanni", spettacolo di alto rango con una regia e scenografia importanti, che si è avvalso della partecipazione di cantanti ospiti finlandesi e della bacchetta di Ville Matvejeff alla direzione di un’orchestra squisita. Con tutta probabilità è stata la prima esecuzione di quest’opera a Fiume, come anche "Giulio Cesare in Egitto" di G.F. Haendel è stata la prima rappresentazione di un’opera barocca. Nel difficilissimo ruolo di Cesare abbiamo avuto la giovane fiumana Diana Haller - in Germania e altrove è in piena ascesa artistica – che pure in quest’occasione ha sfoggiato le sue ottime qualità sceniche e virtuosistiche. Una ventata di freschezza musicale è stata l’incursione nel Novecento con la tragica partitura stravinskiana di "Oedipus rex" di Stravinski. In ambito concertistico sinfonico, memorabile è stata la forte interpretazione della Quinta sinfonia di Mahler, uno dei vertici più alti del sinfonismo europeo, sotto la direzione del direttore ospite Matvejeff e la poderosa e profonda esecuzione della Sinfonia n.11 di Shostakovich. A ciò si aggiungano le registrazioni dell’opera di Suppè "Il ritorno del marinario" e di musiche di Papandopulo per una casa discografica tedesca, come pure la seconda edizione del Concorso internazionale di canto "Zinka Milanov". Il tutto per dire che il Teatro si è fatto portatore di allestimenti complessi e di ampio respiro, dilatando l’offerta culturale e musicale con titoli e autori anche inediti per Fiume, come pure veicolo di collaborazioni e progetti internazionali che pongono Fiume in un circuito musicale europeo.

Perciò, alla luce di quanto sopra, è del tutto fuorviante e sbagliato il giudizio del ministro Zlatko Hasanbegović, secondo il quale il programma del TNC di Fiume (noi ci siamo limitati all’aspetto musicale) sarebbe di valenza regionale e adatto ad un pubblico di giovani e ragazzi, e non di portata nazionale. Un’opinione viziata che avrà le sue ragioni in motivi che ci sfuggono, o forse in una politica culturale aberrante che vorrebbe spegnere, o comunque degradare a livello di enti locali i teatri in Croazia, ad eccezione, naturalmente del Teatro di Zagabria. Una tendenza – o forse più di una tendenza? – inaccettabile e illogica, se confrontata in rapporto alla grande e prestigiosa tradizione culturale della città di Fiume e alle esigenze artistiche e di cultura della sua popolazione.

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