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Fiume in cui s’incarna l’anima di una città
from LA TORE 27
by Foxstudio
Lungo la Rječina/Eneo, dalla sorgente alla foce • di Tullio Iliassich fiume in cui s'incarna l'anima di una città
La cartiera all'inizio del XX secolo era un impianto industriale molto avanzato
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Questo scritto non è un trattato sulla Rječina, ma una mia passeggiata, con fermate nei punti che ho ritenuto importanti, se Vi interessa accompagnatemi.
Due pillole di descrizione generale. Le acque correnti della regione liburnica, date le caratteristiche carsiche, si riducono a due soli corsi degni di nota: la Rječina – Eneo e la Ličanka.
La Rječina, Eneo o Rečina, così denominata dalle popolazioni autoctone del circondario, nasce a N di Fiume, nel fondo del solco che da essa prende il nome. La sorgente si trova ad un’altezza di 325 m sul livello del mare, ai piedi di una roccia a picco facente parte del monte Kičej, il cui ciglio superiore ha un’altezza di 606 m.
Studi fatti all’inizio del secolo scorso hanno ipotizzato che questa non sia la sua vera fonte, ma la fuoriuscita di un volume d’acqua che, in conseguenza delle precipitazioni e della condensazione dei vapori atmosferici, si raccoglie sull’altipiano superiore del Carso e, dopo aver percorso molte caverne sotterranee, arriva allo scoperto in quel punto. Un tanto sarebbe dimostrato dalla sua temperatura media che corrisponde alla media annuale delle regioni dell’altipiano carsico. Ha un corso di circa 19 km di lunghezza con una larghezza che varia dai 9 ai 16 metri.
L’acqua della sorgente, perfettamente limpida anche nel caso di forti acquazzoni caduti su tutto il Carso ed anche all’atto dello scioglimento delle nevi, viene usata sin dal 1915 per l’approvvigionamento idrico della città. I suoi "inquilini" più conosciuti sono: la trota d’acqua dolce e il gambero.
Proseguiamo la passeggiata. La valle scende lentamente verso sud, in leggero dislivello, per circa 3 km fino a Kukuljani, il primo villaggio, situato a circa 290 m sul livello del mare. La sorgente è collegata ad esso da una strada sterrata, ideale per una leggera passeggiata, e contornata di prati, boschi e ogni tanto (quelli che sono stati riparati) punti con panche e tavoli per il ristoro degli escursionisti. Ancora oggi è facile imbattersi in pecore, capre e


La diga di Valići mucche al pascolo, animali che noi "cittadini moderni", in linea di principio vediamo solo in televisione. Nei pressi si trova l’ultima stazione della corriera di linea N.ro 12A, che fa la spola da Dražice a Kukuljani, mentre dalla città parte la linea 12 che va fino a Dražice, per coloro che non vogliono farla a piedi oppure in macchina.
Continuando la discesa, incontriamo Zoretići, Milasi e Lubarska, villaggi di scarso interesse. È doveroso, però, sottolineare Lubarska, perché verso ovest si diparte una strada che, dopo un centinaio di metri, arriva al corso della Rječina e all’abitato di Martinovo selo, interessante perché ospita l’ultimo mulino ad acqua sul fiume, mentre verso la fine del XIX secolo ne esistevano 27. Porta il nome di Gašparov mlin e risale a più di 350 anni fa. L’ultima ricostruzione risale al 1992 ed è a tutt’oggi perfettamente funzionante, nonché trasformato in attrazione turistica.
Dopo Lubarska il fiume procede, con capricciose svolte, lungo un canalone di una larghezza media dai 3 ai 4 km, ed un fondo in gran parte ricoperto da residui alluvionali.
Fra Lukeži e Drastin vi sbocca da sinistra l’unico affluente notevole, la Sušica, d’ordinario a secco, ma in epoca di pioggia, dato un bacino idrico almeno sei volte maggiore della Rječina, ed essendo circondata da pendii montani ripidi e denudati, ingrossa rapidamente e contribuisce notevolmente alla ricchezza di acqua del corso principale.
All’altezza del villaggio di Grohovo si erge la diga di Valići, costruita dal 1964 al 1966. Il bacino è situato alcuni chilometri nell’entroterra, ad un’altezza di 229,5 m sul livello del mare. La diga, con un’altezza di 35 metri, chiude il lago che ha una capacità di circa 470.000 m³ d’acqua, mentre l’idrocentrale si trova nelle vicinanze delle sorgenti Zvir.
Continuando la discesa il canalone comincia a farsi più profondo e si arriva ad un ponte che ci porta dalla sponda destra a quella sinistra.
Nei pressi di Pašac, raggiunto il calcare, il fiume vi incide una profonda gola, dalla quale esce per correre fino ad Orehovica. Qui abbandona il solco longitudinale, per portarsi attraverso una pittoresca e selvaggia forra trasversale sino al mare.
In origine sfociava in un golfo, il lacus marinus ricordato dai documenti, e visibile nelle vecchie carte della città, che formò il primo porto. A poco a poco però le alluvioni colmarono questo golfo, che arrivava circa all’altezza di Tersatto, e si spinsero verso il mare a formare il delta che, con correzioni artificiali, sussiste ancora oggi. Poco prima della foce il fiume, che nell’ultimo tratto si chiama anche Fiumara, riceve il tributo d’acque dello Zvir, che, appena venute alla luce ai piedi del colle di S. Caterina, si gettavano in essa. Oggi però sono raccolte e alimentano l’acquedotto della città .
Importante notare che da Orehovica verso il mare si svilupparono varie industrie, purtroppo la maggior parte è da tempo chiusa e abbandonata all’usura del tempo. Le prime imprese, i cui resti partono da sotto Orehovica e arrivano fino a via dell’Acquedotto sono i mulini, tutti in pessimo stato di conservazione. Tra i più importanti vanno ricordati: il mulino Matešić e il mulino Matković sotto Žakalj.
Interessante la storia del mulino di Žakalj. Luka Matković ne è proprietario dal 1839 al 1841, in seguito suo figlio Gašpar lo vende a due triestini: Carlo d’ Ottavi Fontana e Marco Pigazzi che lo ingrandiscono, costruiscono un canale e una diga e collegano il lato destro della Rječina con un ponte alla Luisiana. Dopo un incendio, nel 1862 il mulino viene comprato dallo Stabilimento commerciale di farine di Fiume con Ignazio Scarpa come dirigente. Lo Stabilimento costruisce un impianto di 90 m di lunghezza

e 25 d’altezza, con annessi gli uffici della direzione. La produzione continua fino alla I guerra mondiale dopodiché viene abbandonato e devastato. Il ponte verrà minato nella II guerra mondiale.
Proseguendo verso il mare, al giorno d’oggi troviamo l’idrocentrale e la centrale dell’ acquedotto fiumano Zvir.
Siamo già nella parte bassa del canalone, quasi a livello del mare, ed ecco apparire la famosa fabbrica di carta detta "Cartiera" di Fiume. Nel 1821 Andrea Ludovico Adamich compera un mulino in località Lučice e lo adatta alla produzione di carta. Nel 1827 vende gli impianti agli imprenditori Charls Maynier e Walter Crafton. L'acqua viene adoperata per far girare i mulini che forniscono forza motrice alla fabbrica. Data la crescita di questa industria, nel 1833 viene installata la prima macchina a vapore nei Balcani, per far fronte al sempre maggior fabbisogno di energia. La Cartiera per lungo tempo fu simbolo della cultura tecnica di Fiume. Sotto la direzione tecnica di Eugene Fremont e con la direzione di Henry Maynier, nipote di Charles, divenne fabbrica di fama mondiale. Alluvioni (1852), incendi e varie calamità non riuscirono a mettere in ginocchio gli imprenditori: nel 1860 venne considerata tra le prime quattro produttrici mondiali di carta.
Verso il 1906 si trasforma in società per azioni e ai soci Smith e Meynier si affianca la prima industria della carta ungherese, che nel 1910 decide di continuare solo la fabbricazione di carta speciale per sigarette. Con fasi alterne la produzione continua, il numero di occupati varia dai 300 ai 600, per arrivare a 1100 attorno al 1991 quando è la seconda fabbrica di carta da sigarette in Europa, orientata per l’80% verso l’estero. Purtroppo, dopo l'ultima guerra non si riprende sicché nel 2005 viene chiusa.
Usciti dalla Cartera scendiamo verso il mare. Arrivati vicino al ponte della ferrovia che collega Fiume e Zagabria volgiamo lo sguardo verso l’alto, e vediamo innalzarsi due colli. A destra il Calvario, famoso per i resti del Vallo romano e per la scalinata intervallata da cappelle votive verso la cima di S. Caterina a sinistra il colle di Tersatto con il castello dei conti Frangipani.
Spostiamo lo sguardo avanti e verso S-E e ci appare l’albergo Kontinental, con il ponte, oggi rinnovato a unire le due parti della città con il letto del fiume come congiunzione. Nel 1780, uno dei più ricchi abitanti di Fiume, Simeone Adamić, lo fece costruire su una spianata formatasi dalle alluvioni del fiume e fino ad allora coperta da vigneti.
Esattamente ai piedi delle scale di Tersatto e all’inizio della strada Carolina sorse un edificio a tre piani, con la facciata anteriore rivolta verso il fiume. Ideatore del progetto fu l’ingegnere Mate Glavan. Davanti al Kontinental c’è oggi un’ampia piazza, le strade che collegano il centrocittà a Sušak e Tersatto e due vie d’acqua: l'Eneo e la Fiumara, chiamata anche Canal morto.
Sino all’inizio del 1800, il corso era parallelo alle vecchie mura cittadine: durante i secoli aveva accumulato detriti che avevano prolungato il delta e formato l’odierna piana chiamata Brajdica, coperta di vigneti (braide).
Il letto del fiume era adibito a porto, ma di scarsa capienza e troppo piccolo per le navi moderne. Nel 1855 fu scavato un novo letto per dirottarne il corso verso est, in modo da renderlo più rettilineo e quindi più placido. Il vecchio corso, ritrovatosi, praticamente con poca quantità d’ acqua corrente, con una larghezza di una trentina di metri per una lunghezza di circa 500 m, venne adibito a porto per barche fino a 1.000 t, i nostri bragozzi, brazzere e altri navigli dell’Adriatico. Il canale venne diviso in due parti da un ponte, la parte interna, verso le sorgenti, per piccoli natanti, quella esterna per quelli di maggior tonnellaggio.
La via che passava dietro al teatro Verdi, oggi Ivan pl. Zajc, prese il nome di via del Molon. Il Canal morto o Fiumara sfocia tutt’oggi ad est della città, il porto di Sušak, chiamato anche porto Baross, dal ministro ungherese che contribuì in modo notevole alla crescita della città.
Ecco, passeggiando lentamente siamo arrivati fino al mare, accompagnati dalle acque della Rječina. Ora non mi resta altro da fare che prendere le mie togne e andare nell’altro porto, sul Molo Longo, a pescar ociade.
Se Vi siete divertiti son contento.
