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Se quel lampadario potesse parlare

di Mario Simonovich

Settant'anni fa, proprio nei giorni in cui avrete in mano questa Tore, gli italiani di Fiume entravano in uno dei più bei palazzi del centro, con un magnifico salone dal cui soffitto pendeva un lampadario con cui pochi si potevano confrontare. Era molto difficile immaginare allora che quella sarebbe stata nei settant'anni successivi la Casa degli Italiani di Fiume. Eppure è stato così. Sotto quel lampadario si sono snodati eventi lieti ed fatti tristi, festeggiati nuovi successi e piante dipartite senza ritorno. Se quel lampadario potesse parlare, ci racconterebbe tante cose... Essendo però tale speranza palesemente impossibile, la Tore ha provato a sostituirlo. Nelle pagine che seguono troverete il succo, l'essenza, distillata al massimo grado, della nostra storia, a partire dal fatidico 2 giugno 1946 fino ai giorni nostri. Storia che va letta per capirci e conoscerci meglio, nell'auspicio che il lampadario ne possa essere testimone muto ma insostituibile anche nei decenni a venire.

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Se la cultura italiana della nostra regione, se la nostra vita nazionale languirà e morirà, la colpa sarà soltanto di noi Italiani (...). Ma questo non avverrà! Questi i termini in cui si esprimeva il prof. Arminio Schacherl nella prima metà di giugno del 1946, a pochi giorni di distanza dalla sua nomina a segretario del Comitato provvisorio del "Circolo di Cultura Italiana" di Fiume. Non sarebbe avvenuto, spiegò - ricorrendo inevitabilmente al linguaggio allora in auge - perché il popolo lavoratore aveva già posto le basi per lo sviluppo della propria cultura, ben cosciente che in questo, come in tutti gli altri campi, bisogna fare da sé. Pertanto, aveva già creato i primi nuclei organizzativi per questa attività, i primi Circoli di Cultura Italiana.

A ben vedere, un linguaggio molto significativo in quanto, all’interno di un discorso asseritamente classista inseriva di fatto una questione che era invece pressoché integralmente di carattere nazionale. La domenica precedente, 2 giugno, proseguiva il docente, nella Sala Bianca del Teatro Fenice - che, poi per parecchi anni sarebbe stata una delle sedi deputate per gli incontri della minoranza - un gruppo di operai ed intellettuali aveva posto le basi per l’inizio dell’attività del Circolo di Cultura Italiana di Fiume, il cui compito preminente sarebbe stato di dare il massimo incremento allo sviluppo della cultura italiana in tutte le sue forme grazie al contributo di tutti gli Italiani di Fiume. Definiti e precisi anche i compiti affidati quel giorno al Comitato provvisorio: l’elaborazione di un programma e dello statuto del Circolo e la creazione di una "base materiale" per l’attività mediante l’apertura di una biblioteca e la ricerca di una sede.

Dopo un intenso lavorio, quest’ultima fu trovata nel Palazzo Modello. I locali vennero risistemati a spese dell’UAIS, l’Alleanza antifascista italo slava - l’organizzazione di massa creata in queste terre dal nuovo regime anche quale segno palese della sua volontà di darsi in tal modo un’ulteriore patente di democraticità – dopo di che vi furono trasferiti gli arredi e la biblioteca popolare "Dante Alighieri" progressivamente arricchita con libri e riviste raccolti fra la gente, ma anche acquistati con la sottoscrizione suaccennata, segno evidente dell’importanza che, con i media elettronici ancora da venire, aveva la parola scritta. I Cantieri navali e la Romsa si accollarono il trasporto dei mobili.

Per arrivare alla fondazione ufficiale ci vollero però altri due mesi che furono usati per organizzare conferenze nelle case di cultura dei diversi rioni cittadinie costituire un Centro di studi didattici, per aiutare la scuola italiana promuovendo lo studio dei problemi che ad essa si riferiscono e la compilazione di libri di

Un intellettUale dimenticato

Arminio Schacherl è stato uno dei più significativi intellettuali e organizzatori di cultura della minoranza. Putroppo è anche fra i più trascurati. Era nato a Fiume nel 1918 in una famiglia israelita benestante ma soprattutto colta. La sorella della madre, Gemma Harasim, nota pedagogista e insegnante, sposò Giuseppe Lombardo Radice da cui ebbe i figli Lucio e Laura, figure di primo piano della scuola italiana. Laura poi fu moglie di Pietro Ingrao, leader del PCI. Iscrittosi alla Facoltà di Magistero di Roma, allievo di Guido Calogero, uno dei grandi filosofi italiani del XX secolo, si laureò in pedagogia nel 1941. Tornato a Fiume, fu vittima delle persecuzioni razziali e corse il rischio d’essere deportato: già rinchiuso nella scuola di Torretta, ne uscì grazie all’intervento di mons. Camozzo.

Inserito nella resistenza, dopo la guerra "Herman" (come lo chiamavano i vecchi amici) affiancò l’impegno culturale all’insegnamento, soprattutto al Liceo: generazioni di studenti lo ricordano come ottimo docente di storia, psicologia, filosofia, logica e altro ancora. Molti fra essi studiarono sui libri da lui scritti ("storico" il volume in cui presentava la "Storia d’Italia attraverso i secoli"). Assolutamente alieno da interessi materiali, verso gli studenti ebbe sempre un atteggiamento paternamente comprensivo, pronto, se richiesto, ad allargare la ristretta tematica scolastica ai "casi della vita".

Colpito precocemente da una grave malattia a forte effetto invalidante, morì nel 1979, quando aveva da poco superato i 61 anni.

Ventimila i partenti nei primi dUe anni

Che dicono i dati sulla nostra consistenza numerica in quegli anni? Secondo il libro Italiani a Fiume (edit. CI di Fiume, 2006), da un censimento non ufficiale compiuto nel 1945, la città contava 41.350 abitanti, di cui 26.763 (64,6 p.c.) erano di nazionalità italiana. Nel momento in cui veniva fondato il circolo, l’esodo era già in pieno corso: un documento conservato all’Archivio cittadino e datato 23 dicembre 1947 attestava che dal marzo 1946 al 15 settembre 1947 avevano lasciato la città 7.035 persone al di sopra dei 14 anni, mentre altre 10.704 avevano "presentato la domanda di rimpatrio". Nei due mesi e mezzo successivi, fino al 1.mo dicembre, la domanda fu presentata da altri 1.974 cittadini. Ne risulta che furono circa 23.000 i fiumani che erano partiti o intendevano farlo ancor prima che venissero indette le ben note opzioni.

Fatte salve le differenze sulle cifre, che si aggirano sul 10 p.c. è interessante leggere la spiegazione del fenomeno da parte jugoslava che, ancora nel 1988, ossia trent’anni dopo, alla vigilia del dissolvimento dello stato, nel volume Povijest Rijeke (edit. l’Assemblea cittadina e l’Izdavački centar) attribuiva larga parte della responsabilità alla propaganda italiana tesa ad alimentare la conflittualità fra i Croati e gli Italiani di Fiume e a far venire in Italia il maggior numero di Fiumani, specialmente operai per svalutare dinanzi all’opinione pubblica mondiale le conquiste della LPL e intralciare il consolidamento del nuovo potere e la ricostruzione della città.

Subito dopo però si ammette che sotto l’effetto di questa propaganda, dell’ostilità e insofferenza nei confronti della Jugoslavia, ma anche della scarsa capacità d’orientamento di singole persone, singoli organi (...) costretti a confrontarsi con problemi del tutto nuovi o ben poco noti, fino alla metà del 1947 da Fiume partirono per l’Italia più di 20.000 persone; il che, ovviamente, assurse a serio problema politico.

testo per le scuole. In altri termini, al di là dell’asserito consenso ideologico, si intravvedevano fin da allora in maniera molto lucida le difficoltà cui sarebbe andata incontro l’istruzione italiana.

Il 3 agosto 1946, la nascita del Circolo Italiano di Cultura fu ufficializzata a un massiccio raduno di connazionali in cui il prof. Schacherl, nominato presidente del Comitato direttivo, rilevava che veniva a far parte di un movimento più vasto, promosso dall’Unione degli Italiani dell’Istria e di Fiume per la formazione dei circoli di cultura italiana in tutte le cittadine dell’Istria in cui abitano italiani, quale attività aperta a tutti i connazionali ed a tutti coloro che sentono il bisogno di fare cultura e di giovarsi della cultura italiana. (testo e foto Schacherl) Al presidente Schacherl furono affiacati il vice Giuseppe Percovich, i segretari Leopoldo Boscarol ed Eros Sequi, la cassiera Gina Scrobogna e altri.

L’11 novembre avvenne l’inaugurazione. Il giorno dopo, la Voce riportava: Un grande numero di cittadini, rappresentanti tutte le categorie di lavoratori, si è riunito ieri sera nella sede dell’inaugurando Circolo Italiano di Cultura, la cui cerimonia di apertura ha avuto carattere di particolare solennità. La sede era accogliente e decorosa, con numerose sale modernamente arredate. Tuttavia va tenuto conto che la fondazione formale di questa che è stata la prima nostra Comunità va giustamente ascritta al 2 giugno, lo stesso giorno in cui nasceva la Repubblica italiana.

Se gli inizi sembravano lusinghieri, molto più difficoltosa si prospettò la realizzazione pratica degli intenti: l’affermazione del nuovo potere e della sua ideologia e il conseguente sconvolgimento sul piano sociale e nazionale non poterono non ripercuotersi sul Circolo di cultura che, soli pochi mesi dopo, già nel gennaio del 1947 era costretto a riorganizzarsi. Fatti salvi i prestiti di libri, addirittura quintuplicati, il Circolo, lamentava La Voce del Popolo, non aveva attirato le masse e quindi aveva mancato la missione di diventare un centro di primo pia-

dalla mandolinistica del rione prende corpo la Fratellanza

In parallelo con il Circolo di cultura, a Fiume nasce e si sviluppa molto presto un altro soggetto, la Società artistico – culturale operaia Fratellanza. Il 6 giugno, a soli quattro giorni dalla nomina, il Comitato provvisorio decide di iniziare l’attività artistica con l’accorpamento del complesso mandolinistico operante nel II rione cittadino, oggi si direbbe in Belvedere, di cui è alla testa un dirigente molto apprezzato: Mario Vlassich. Ad esso si affianca presto il coro, il cui nucleo formato da lavoratori della Romsa, si allarga presto ai lavoratori del cantiere, il Silurificio e la Cooperativa pittori. La direzione è affidata a Giuseppe Grdadolnik. Nel marzo successivo è la volta della filodrammatica. Tra i fondatori figurano Nereo Scaglia, Giulio Bontempo ed Ermanno Svara. Il 30 marzo è fatta: viene ufficialmente costituita la SACO Fratellanza, e a presidente nominato il maestro Alessandro Petterin. Le prime uscite vengono molto ben accolte dal pubblico e inducono a nuovi passi. Nel 1950 nasce il coro femminile e un quartetto di strumenti a plettro.

Memorabile sarà l’anno successivo, in cui mette in scena la rivista "Tutta Fiume", che viene replicata quattro volte al teatro Fenice, registrando ogni volta il tutto esaurito. Seguono tre repliche al Neboder di Susak e tre recite a Capodistria, una a Pirano e a Buie.

Fra i fondatori del coro c’era pure il poeta dialettale Egidio Milinovich, che scrisse per l’occasione:

"Come xe nato el coro?

De qua e de là trovadi un due coreti po’ un bon maestro carigo de voia, la sede, un fortepian più sei scagneti apogio al CIC. Va ben che xe una gioia!

Intanto in casa, in fabrica e in locanda, de boca in boca femo propaganda.

I veci ga formà la nervatura del coro, sorto nela minoranza, che mete in luze l’espression più pura de tradizioni artistiche e de speranza che i nostri fioi, ‘sti giovani fiumani sarà la garanzia del domani".

Seguiranno avvicendamenti e mutamenti. Negli anni a venire nasceranno diverse sezioni nuove a dire che...qualche cosa di buono è rimasto e si mantiene ancora.

La mandolinistica della Fratellanza nei primi tempi dalla formazione con al centro il maestro Mario Vlassich. Come indicato dall’immagine di Stalin poco sotto quella di Lenin e "alla pari" con Tito, è evidente che la venerazione nei suoi confronti è intatta, per cui siamo palesemente ancora nell’epoca precedente la Risoluzione del Cominform del settembre 1947 le cui conseguenze si fecero sentire a partire dal 1948.

no della vita culturale: al suo attivo non aveva che un numero ridotto di concerti e conferenze e qualche partita a scacchi.

Ma soprattutto, si aggiungeva significativamente, era venuto meno nel suo ruolo di educatore delle masse, da realizzare con il cordinamento dell’attività nelle Case di cultura rionali. Un giudizio in cui, come sempre succede nell’ambito della politica, si partiva da uno stato di cose palese per contrabbandare intendimenti occulti e spesso per nulla edificanti.

Le critiche infatti esprimevano in primo luogo il disappunto del potere per non aver potuto pervenire, per tramite della neocreata associazione, ad una presenza più incisiva nelle Case di cultura rionali – in cui ovviamente si parlava ancora soprattutto in italiano - in funzione primaria di acquisire un maggior consenso fra la cittadinanza. La colpa venne scontatamente attribuita all’anello più debole, il Comitato direttivo che, si disse, non era stato in grado di operare meglio perché... troppo ristretto. Perciò "tutti gli Italiani di Fiume" furono invitati il 17 gennaio a una riunione per esaminare "i problemi connessi all’attività", nel corso della quale, ricorrendo agli slogan del tempo, il gruppo più vicino al nuovo potere, collegò la supposta inattività all’agire occulto della reazione internazionale, parlò di nemici del popolo che cospiravano contro la fratellanza e l’unità e soffiavano sull’esodo, di nemici della ricostruzione, e via dicendo. Il Comitato direttivo nominato solo pochi mesi prima diede le dimissioni e al suo posto, "per allargare

aVrete più aUtonomia cHe sotto l’UngHeria...

Per favorire il consenso, le assicurazioni sull’autonomia cittadina arrivarono ancor prima dei reparti jugoslavi. Primo a prometterla, già nello storico "numero zero" del 27 ottobre 1944 de La Voce del Popolo, fu il neonominato ministro degli esteri Slaven Smodlaka. Sarebbe stata, disse, ancora più larga di quella che aveva Fiume sotto l’Ungheria (sic) e in essa la lingua italiana può conservare quel posto che le vuole dare la maggioranza dei cittadini fiumani. Il concetto fu ribadito da Vladimir Bakarić, agli esponenti cittadini incontrati il 30 giugno 1945, a cui garantì un’autonomia culturale, economica e amministrativa. Ad Albona, alla conferenza del PCC dell’Istria e di Fiume, presenti Kardelj e lo stesso Bakarić, il potere però mise mano al freno. Pur ammettendo che a Fiume si parlava di più l’italiano, l’autonomia municipale, seppur richiesta da più parti non si poteva ancora fare, in quanto era ancora troppo forte l’influenza degli autonomisti. Fu concesso però che nell’uso della lingua sia parlata che scritta l’italiano precedesse il croato. Una volta sbaragliata "la reazione", si sarebbe provveduto all’autonomia...

Che gli autonomisti fossero visti – anche data la loro opposizione al fascismo, gli ostacoli più consistenti all’annessione della città e quindi colpiti con particolare efferatezza, è dimostrato dall’alto numero di vittime tra le loro file: in un "Memoriale" autonomista dell’epoca si parla dell’arresto di almeno 1.500-2.000 persone e della deportazione e uccisione di centinaia nel primo dopoguerra. la base decisionale", fu nominato un Consiglio all’interno del quale una settimana dopo venne eletto un nuovo Comitato esecutivo composto non a caso da elementi molto più concilianti, caratteristica che, detto per inciso, si mostrerà per essi assai poco remunerativa: non molti anni dopo, caduti in disgrazia agli occhi del regime, alla maggior parte di essi non resterà che imboccare la via dell’esodo.

Intanto, va ricordato, a poche settimane di distanza da questi fatti, veniva firmato il Trattato di pace che sanciva il futuro della città. Insomma, c’era una Fiume che partiva e un’altra che cercava di rimanere cercando di non farsi travolgere del tutto, sovrastate ambedue dello sparuto ma rumoroso gruppo dei plaudenti.

Il Circolo però aveva ormai preso l’abbrivio: le conferenze si susseguivano, non solo in sede, ma anche nelle case rionali e nelle fabbriche, le biblioteche erano diventate circolanti, fu promosso un corso di recitazione e regia.

Simile l’attività che segnò anche l’anno successivo, in cui alle sei conferenze in sede si sommarono ventisei all’Università popolare e ben 272 nelle Case rionali, tutte informate essenzialmente all’"elevamento politico-ideale". Diversi i corsi: due di lingua croata per gli italiani, cinque di lingua italiana per i croati, sei di cultura generale e uno, in sintonia con i tempi, per analfabeti. La scuola di arte drammatica preparò una ventina di giovani, l’orchestra formata da poco tenne un gran numero di concerti in sede, nelle scuole e nelle quattro maggiori fabbriche. Tre furono, come si diceva allora, le rappresentazioni artistico - culturali, al teatro cittadino.

L’avvio sembrava garantito, invece, dato che di rafforzamento non si poteva parlare, tutti gli intenti volti almeno al mantenimento della presenza italiana entro un livello accettabile in quello che era il primo anno successivo alla firma del Trattato di pace, s’infransero di fronte alla seconda bastonata: la Risoluzione del Cominform, che impresse al paese una svolta che prima difficilmente si sarebbe potuta immaginare. La repressione di ogni minimo atto ostile al regime fu implacabile: degli oltre 400 italiani perseguitati per cominformismo in questa regione, ben 120 provenivano da Fiume.

Circa 150 finirono all’Isola Calva, altri furono costretti al lavoro coatto nei boschi o nelle miniere, il Circolo di cultura di Fiume fu privato di diversi dirigenti, fra cui il segretario. Tutte le istituzioni minoritarie furono usate in funzione antiitaliana e in particolare contro il PC triestino e Vittorio Vidali, che in quel momento storico ne era alla testa. a sUŠaK i primi Violenti attaccHi

La manovra politica tendente a contrastare il pericolo che veniva da Mosca e nel contempo pervenire alla resa dei conti con gli italiani giunse all’acme alla Quarta assemblea annuale dell’Unione degli Italiani che si svolse nel mese di novembre alla Casa di cultura di Sušak. Presenti 400 delegati oculatamente scelti, fu segnata da attacchi molto violenti contro taluni dirigenti dell’UIIF e dei Circoli, "traditori, sciovinisti e carrieristi", che si adoperavano in ogni modo a danneggiare il paese e che, detto per inciso, non potevano difendersi anche perché in parte già finiti sull’Isola Calva. Seguì l’esortazione all’impegno affinché scomparissero quanto prima "i segni ancora esistenti della snazionalizazione subiti nella Regione dai compagni croati". Tutto questo nel momento in cui erano proprio gli italiani che subivano una snazionalizzazione di portata devastante, come si vide negli anni che seguirono.

Signora, i xe Scatenadi, la Scondi quela bandiera!

"L’esodo ebbe un effetto disastroso. Nel 1946 mi iscrissi al Liceo che aveva due prime classi per un totale di 92 alunni. In quarta eravamo ridotti in quattordici. Credo che la mia generazione e quelle più anziane si porteranno dietro questo trauma per tutta la vita. Io persi tutto: la lingua, i parenti, i vicini di casa, i conoscenti, i compagni di scuola. Attorno a me si creò il vuoto" ricorda la prof. Maria Schiavato. Per parecchi aspetti simile fu quello subito in concomitanza con il contenzioso per Trieste. In pochi giorni in città venne cancellata ogni forma di bilinguismo. Anche solo parlare l’italiano in pubblico era pericoloso. Nei giorni in cui la crisi era all’acme, superati da poco i vent’anni e capoclasse dell’ottava alla Gennari, dovette accompagnare gli alunni, una dozzina in tutto, in centro per l’usuale manifestazione di protesta. Arrivata in Mlaka con il gruppo che portava una bandiera italiana con la stella rossa, fu fermata da un anziano fiumano che le disse concitatamente: "Signora, i xe scatenadi, la scondi quela bandiera!". Buttata via immediatamente l’asta, mise la bandiera in borsetta e raccomandò ai ragazzi, una volta arrivati, di parlare sottovoce. Altrimenti chissà come sarebbe finita, dato che c’era un clima tale che anche all’esterno della scuola le sassaiole dei coetanei al loro indirizzo erano cosa normale.

In città, escluso il Liceo, vennero chiusi tutti gli istituti medi superiori e le scuole professionali in lingua italiana. Le quattro scuole elementari italiane resistettero. "Lo stato aveva in mente di fonderci in un’unica scuola ‘grande, moderna’ con tutti i dogmi e crismi, che però per noi avrebbe significato la fine. Noi, direttrici e insegnanti - in prima linea il consulente pedagogico Zdenka Bureš - lottammo senza risparmiarci fino a che non la spuntammo".

Per nulla contraria a una società di eguali, non sopportava, ancora adolescente, di doversi sorbire ossessivamente al Fenice i film sovietici in cui "gente infelice era costretta ad ostentare felicità." Allo stesso modo, direttrice della scuola Gennari dal 1967 al 1976, contravvenne esplicitamente alle "vive raccomandazioni" dall’alto di mandare gli alunni a vedere i film grondanti sangue sulla guerra partigiana che la cinematografia jugoslava aveva cominciato a sfornare a ripetizione.

opzioni riaperte: altri partenti

L’anno successivo sembrò tuttavia preludere ad un’apertura. In maggio il Circolo di cultura ospitò un’imponente rassegna culturale della minoranza a cui parteciparono 76 complessi con oltre 2.500 esecutori. Purtroppo fu un’iniziativa senza seguito: per arrivare alla successiva si dovrà attendere quasi un decennio. Alla fine dell’anno, Italia e Jugoslavia firmarono una serie di accordi, da cui derivò fra l’altro la riapertura dei termini di presentazione delle domande di opzione (con scadenza, si noti, ridotta a soli 60 giorni: dall’11 gennaio all’11 marzo). Stavolta le pressioni e minacce non furono intense come le precedenti, tuttavia non pochi richiedenti furono indotti a ritirare le domande, e talvolta anche i decreti già ottenuti. L’imprevista opportunità diede comunque vita ad una nuova massiccia ondata di partenti di cui fece le spese anche il Circolo, la cui attività languì. Un anno dopo, la VI assemblea annuale fu costretta a constatare che gli iscritti si erano ridotti a 911, tanto che fu decisa una campagna per nuove iscrizioni in tutti i collettivi di lavoro cittadini.

le insegne italiane sparite in pocHi giorni

Ma il colpo decisivo fu inferto nell’ottobre del 1953 quando i rapporti italo-jugoslavi si arroventarono per Trieste. Dopo un infuocato comizio svoltosi nel centrocittà, gruppi di scalmanati fatti appositamente affluire dalle scuole e dalle fabbriche presero di mira le insegne bilingui dei negozi, le targhe bilingui delle istituzioni, delle piazze e delle vie distruggendo tutto quello indicava la presenza della lingua e cultura italiana, comprese le tabelle delle scuole e del Circolo di cultura, dal cui balcone sventolava la bandiera italiana con la stella rossa. Qui ci fu anche una zuffa tra i facinorosi che volevano entrare per distruggerlo e un gruppo di attivisti che lo difesero ad ogni costo.

In pochi giorni il bilinguismo visivo a Fiume fu eliminato e il ripristino non è ancora avvenuto.

Le conseguenze per gli italiani si fecero pesantemente sentire nel tempo immediatamente successivo. Di fronte a chi voleva battersi con più fermezza per la salvaguardia dei

Per decenni il Circolo fu insostituibile sede delle Rassegne delle nostre scuole. Preparate con grande impegno da alunni e insegnanti, costituivano appuntamenti di primo piano per l’estrinsecazione della presenza e cultura italiana. Nell’immagine: un momento de "La soffitta della nonna" allestito congiuntamente dalla Gelsi e dalla Gennari nei primissimi Anni Sessanta su un testo di Mario Schiavato e accompagnato da musiche d’epoca.

diritti, vi furono coloro che tentennarono e che, per un motivo o l’altro, diedero prova di conversioni più o meno sentite. Diversi, specie se occupanti posizioni che li rendevano più esposti, iscrissero i figli alle scuole croate, salvo poi, negli Anni Ottanta, ma soprattutto dopo il Novanta, riscoprire la propria italianità e magari cercare d’inserirsi nelle riformate strutture minoritarie. Casi singoli, e sicuramente sofferti, ma sicuramente all’epoca era assai poco edificante vedere che l’insegnante nella scuola italiana semideserta iscriveva i figli a quella croata. L’Unione degli Italiani si era pure dovuta adeguare, sicché, operando da una parte in maniera tale da essere il meno appariscente possibile, dall’altra faceva sentire la propria voce per spiattellare alle delegazioni straniere la "giusta posizione" di Zagabria o Belgrado nei rapporti con l’"iniqua" Italia. Memorabile, nel contesto, fu l’incontro di un suo anziano dirigente, fervido comunista che, ritenendo fosse tale anche la delegazione italiana che si trovava di fronte, ad un certo punto sbottò in un "Quel sifilitico di Nenni!" Invece era proprio delegazione del PSI, il partito di Nenni, all’epoca in contrasto con il PCI.

Al Circolo l’attività era oltremodo ridotta, le battaglie si combattevano altrove: al Dramma italiano, minacciato di chiusura, nelle scuole chiuse per effetto del Decreto Peruško - misura che ad esempio sulla costa orientale dell’Istria, fra Pola a Fiume, non ne risparmiò neppure una, e lo stesso dicasi di Cherso e Lussino – o nella stampa soggetta ad un asservimento a cui cercava di sfuggire a prezzo di grossi sforzi. memorandUm di londra: i primi BeneFici

Il primo effetto benefico si avvertì dopo la firma del Memorandum di Londra del 5 ottobre 1954: la minoranza potè istituire i primi, sia pur ancora molto sporadici contatti con la nazione madre. Negli anni successivi giunsero dall’Italia alcune compagnie teatrali, quali il Piccolo di Milano, il Carro di Tespi o la Compagnia di Cesco Baseggio, che richiamarono nel teatro il pubblico delle grandi occasioni. Particolarmente commovente fu l’accoglienza riservata a quest’ultimo, tanto che in città se ne parlò a lungo con un effetto d’immagine molto positivo. Anche il Dramma Italiano si riprese mettendo in scena diversi lavori ed ospitando Diana Torrieri, attrice allora molto nota. Positiva fu in questo senso fin dagli inizi l’azione del Consolato Generale d’Italia a Capodistria. La prima visita del console al Circolo costituì una novità tale da creare qualche sconcerto, tanto che per evitare ripercussioni negative, il presidente respinse il dono che gli veniva offerto: un televisore, che all’epoca era oggetto ambitissimo.

Prima a organizzarsi fu la Fratellanza, che rilanciò la corale e la mandolinistica e ricostituì la filodrammatica. A queste si aggiunsero la sezione lirica ed il gruppo di musica leggera, poi affermatosi come Sezione arte varia. Nel 1958 venne organizzato il primo Festival della canzone e il successo fu tale che per motivi di spazio si dovette trasferirlo da Palazzo Modello al Teatro Fenice. Era un anno importante anche perché per la prima volta le nostre scuole furono libere di accogliere qualsiasi scolaro, mentre fino ad allora era doverosa la certificazione d’appartenenza nazionale (che spesso e volentieri l’autorità confrontava con la dichiarazione resa dal genitore nell’immediato dopoguerra accettando con molto favore ogni conversione alla nazione slava ma non peritandosi di contenere ogni velleità di "passare" alla minoranza.

Per la CI fu comunque un processo in ascesa, tanto che il bilancio presentato all’Assemblea annuale nel 1960 parlò di oltre cento spettacoli, di cui 64 fuori sede. Inoltre, nell’usuale Rassegna venne inaugurata la prima mostra degli alunni delle quattro scuole elementari comprendente duecento lavori, mentre nel primo autunno fu organizzata una serie di spettacoli al "Nafta", ossia il campo di pallacanestro di Braida, che divenne così la sede d’incontro degli italiani nei

mesi estivi. Oltre alle serate danzanti, si svolsero qui spettacoli e manifestazioni di altro genere, con la partecipazione di note personalità del mondo sportivo. Memorabile, in questo stesso anno, fu una festa in onore dei calciatori del Rijeka. liBeralizzare ma non troppo...

Tre anni dopo, nel 1963, per iniziativa del prof. Romolo Venucci venne costituita la prima Sezione di arti figurative, che sarebbe poi divenuta una vera e propria scuola di appassionati. Fu quello l’anno di una significativa svolta per l’intera comunità nazionale, favorita dall’inizio di una per quanto parziale liberalizzazione politica, segnata dal varo della nuova Costituzione federale che codificava l’autogestione e, in politica estera, il non allineamento. Il Circolo – che il 30 ottobre di quell’anno prese il nome di "F.lli Duiz" - fu direttamente coinvolto nella prima tavola rotonda promossa dalla Voce del Popolo sugli statuti comunali per sentire quel che ne pensavano gli italiani. Fu un’iniziativa a vasto raggio in quanto comprese non solo i comuni del distretto di Fiume, ma anche di Pola e Capodistria. Nel dibattito ci fu chi disse che "a Fiume non avrebbe avuto senso chiedere le tabelle bilingui, sì invece di garantire agli italiani di usare la propria lingua". Per la prima volta si parlò di zone mistilingui, bilinguismo integrale, trattamento paritetico, a prescindere dal territorio d’appartenenza, ecc.

Un significativo aspetto dell’attività sociale dei connazionali si espresse con costanza nel campo della ricreazione e dello sport, tanto che la Sezione sportiva della Comunità diede regolarmente prova di notevole attivismo. Francesco Squarcia, Ettore Mazzieri ed altri furono i capofila degli appuntamenti che si svolsero per anni nell’area retrostante il poligono di tiro di Drenova ed in cui furono coinvolte anche le scuole. Ce n’era , come si suol dire, per tutti i gusti, dal gioco delle carte alle bocce, alle competizioni come le corse nei sacchi, che richiedevano parecchia energia fisica.

UniVersitÀ popolare: nel 1965 i primi contatti

Ironia della sorte, proprio a Fiume rimasero insoluti alcuni dei vecchi problemi: una volta pervenute all’ASPL, l’organizzazione di massa a cui la tematica faceva capo, le proposte furono in buona parte insabbiate, sicché di esse non vi rimase alcuna traccia negli statuti comunali che, approvati l’anno successivo, dovevano esprimere "i tempi nuovi". I dirigenti del Circolo intervennero e, dopo estenuanti trattative (che interessavano anche i comuni di Abbazia e Cherso-Lussino dove i Circoli erano chiusi ormai da diversi anni), nel febbraio 1965 l’ASPL stese le Conclusioni articolate in 19 punti, quale documento pilota per essere di supporto ai comitati comunali, gli uffici pubblici e le varie aziende del distretto nel processo d’adeguamento dei loro atti normativi nella parte riguardante i diritti dei cittadini di nazionalità italiana. Il 1965 fu l’anno del grande salto di qualità della comunità italiana: in primavera ebbe inizio la collaborazione sistematica e organizzata fra l’UIIF e l’Università Popolare di Trieste, quale ente delegato del governo italiano. In giugno iniziò il primo mandato di presidente di Ferruccio Glavina. Alla prima conferenza promossa dall’UPT e te-

a FiUme la prima conFerenza dell’Upt

Il primo intervento in assoluto derivante dalla cooperazione fra l’UIIF e l’UPT avvenne proprio a Fiume, dove il 16 aprile 1965 il prof. Loris Premuda, direttore dell’Istituto di medicina dell’Università di Padova tenne una conferenza intolata "Alcune errate opinioni e dannosi pregiudizi nel campo delle malattie e dell’alimentazione". Dati i tempi, sicuramente il tema "neutro" non era stato frutto di una scelta casuale. Tra il folto pubblico erano presenti alti esponenti del mondo scientifico e culturale fiumano. L’evento politico sovrastava comunque di gran lunga il fatto culturale perché, come poi si vide, segnava l’inizio della demolizione di quella cortina fra la minoranza e la nazione madre che il nuovo potere aveva cominciato a erigere subito dopo la fine della guerra, ossia vent’anni prima.

mi aFFretto mentre la Barca Volge all’Ultimo approdo

"Gli amici della redazione della Tore mi chiedono: quale è stato per me l’anno più impegnato, il più fecondo degli ultimi settanta? Potrei ricordare il 1948, quando – col fervore del principiante e dei primi innamoramenti – scrissi le prime poesiole, i primi racconti, i primi servizi giornalistici. Ripensandoci, molti sono gli anni "chiave" o di svolta importanti nella mia lunga avventurosa vita, ma due sono quelli che voglio ricordare. Un periodo particolarmente fruttuoso nella creazione letteraria (l’unica di cui vale la pena di parlare): il biennio 2015/16 nel corso del quale ho offerto ai lettori quattordici nuove opere tra raccolte di poesie, racconti, favole e rievocazioni storiche. Otto volumi portano la data del 2015, sei quella del 2016. Quest’ultmo anno potrà darmi ancora qualche soddisfazione perché due libri dovrebbero uscire entro l’anno. Eh già, mi affretto mentre la barca si avvia verso l’ultimo approdo: forse sono gli ultimi anni da festeggiare."

Risalgono al Duemilaquindici – per citare a me i più cari – la silloge di Poesie dell’Eros e della vita (Ibiskos, Empoli), i libri di favole Tornano fate e streghe (Besa, Nardò) e Fiabe e leggende della Dalmazia (Santi Quaranta, Treviso); il diario Terre di guerre e viaggi di pace (Odradek, Roma); Guerre, uomini e cani, racconti (Oltre, Sestri Levante), Fiume nella poesia dei poeti fiumani (antologia). Fra le opere del 2016, frutto degli ultimi "viaggi" al tramonto della vita, ricorderò la raccolta bilingue di liriche Poesie a due voci – Pjesme u dva glasa che mi vede accanto al giovane Riccardo Staraj di Draga di Moschiena, e tre libri di mare: Giro del mondo a vela, la circumnavigazione del globo nella seconda metà dell’Ottocento, Il mare dei corsari, russi, francesi e inglesi in Adriatico tra il 1797 e il 1815, Disertori in Adriatico, pagine poco note o sconosciute della Grande Guerra 1914-1918. Partono tutti dall’Adriatico, il mare al quale sono legato dalla vita e dalla passione, ma soprattutto dall’affetto per le genti che abitano le sue sponde. giacomo scotti

nutasi proprio a Fiume, seguirono il primo concerto del Quartetto di Trieste e quindi le gite d’istruzione in Italia, le borse libro, i contributi per l’aggiornamento, ecc. Un processo che suscitò comprensibile sollievo e nuove speranze nei connazionali, ma forse ancora maggiori critiche e sospetti in un potere che vedeva nemici ovunque sicché vi furono forze politiche che non si peritarono di effettuare azioni di disturbo, soprattutto occulte ma talune anche palesi. Si mise in forse in particolare l’"opportunità" che i nostri ragazzi effettuassero le gite d’istruzione in Italia, l’idoneità dei manuali di supporto per le scuole, per non parlare dell’oculatezza dei controlli e del perdurare della frequenza con cui ai confini venivano sequestrati i libri italiani che i connazionali avevano con sé quando rientravano nel Paese.

E non erano tutte qua le difficoltà che si accompagnavano all’azione del Circolo. Alla riapertura della sede successiva alla pausa estiva, si dovette constatare che i mezzi finanziari erano ormai così esigui da mettere in forse l’attività. Per far capire l’impellenza del problema venne convocata un’assemblea straordinaria. Mancano i dati dettagliati su come si svolse l’opera di sanamento: certo è però che la chiusura fu evitata, ed anche che questo stato di cose si sarebbe ripetuto, con scadenze cicliche, fino ai giorni nostri...

Il quinquennio successivo fu proficuo quanto tormentato. Un’intensa campagna aveva fatto aumentare di 400 unità il numero dei soci, che era così arrivato a 1400 circa, la collaborazione con le scuole e l’Edit era in atto, si pensava all’apertura di asili, il Circolo aveva ospitato nel 1968 la solenne cerimonia di consegna dei premi del primo concorso di Istria Nobilissima , ecc. Le cose sembravano volgere al meglio. Ben presto però si vide che tiravano venti nuovi e per nulla propizi, ossia il forte moto nazionale che si sviluppava fra i croati si stava appuntando anche sugli italiani, accusati di irredentismo. Istria Nobilissima fu oggetto di una contestazione dura e integrale, a partire fin dal nome, promossa dalla rivista Dometi, a cui seguirono, sulla Voce del Popolo, le risposte della parte italiana, dovute in primo luogo alla forbita penna del caporedattore Paolo Lettis, che certo le cose non le mandava a dire. Gli effetti della polemica si fecero sentire fino alla ben nota repressione dei moti su ordine di Tito, nel dicembre 1971.

dopo 25 anni nasce la comUnitÀ

Nel giugno successivo (1972) l’Assemblea costitutiva approvava la nuova denominazione: Comunità degli Italiani, quale "associazione dell’intero gruppo nazionale italiano di Fiume, avendo nel proprio seno, come sodalizi, la SAC Fratellanza, quattro club, altrettante sezioni e due attivi". Presidente – era

L’immagine "storica" di una serata al Circolo di tanti anni fa: volti di dirigenti, "lavoratori" e attivisti uniti da decenni di profondo affetto per il sodalizio. la terza volta - fu eletto Ferruccio Glavina. Si celebrarono anche, sia pur con qualche mese di ritardo, i 25 anni d’attività, suggellati dalla Targa d’argento della Città di Fiume.

Nel 1973, autori Oscar Bogna, Nereo Scaglia e Giulio Bontempo, venne presentata "Conferenza musicale", la nuova rivista dialettale che aveva quali protagoniste "Giulietta" e "Bepina" ed in cui i monologhi si alternavano a canzoni degli Anni Venti e Trenta, eseguite dall’orchestra di Milo Materljan. I connazionali ne furono entusiasti. Ma l’attività "politica" non languiva: in aprile ci fu la visita dell’ambasciatore a Belgrado Walter Maccotta e del console a Capodistria Onofrio Messina, in luglio a "informarsi dell’attività e i problemi degli italiani" come scrisse la Voce, venne la presidente dell’Assemblea comunale Neda Andrić. In ottobre, organizzato dalla redazione, si tenne un "Veglione pro La Tore" con protagonisti l’orchestra di Mario Delcaro e il cantante Ennio Machin. L’adesione dei connazionali fu, al solito, tale da riempire il salone delle feste. Nel settembre dell’anno successivo, il 1974, il durissimo colpo costituito dall’allontanamento di Antonio Borme dai vertici dell’Unione degli Italiani condizionò pesantemente la Comunità. Ciò però non impedì ai solerti attivisti di mettere in scena nella primavera del 1975 "Morbin fiuman" una nuova rivista d’arte varia che venne presentata con grande consenso di pubblico non solo in sede ma anche a Laurana, a Torre e poi a Isola. L’anno successivo si aprì con un dibattito pubblico sulla bozza nel nuovo statuto comunitario. L’idea base era di formare un’Assemblea in cui convergessero i "delegati", come si diceva allora, di tutte le istituzioni della minoranza. In ottobre avvenne la presentazione di un libro di particolare importanza sulla partecipazione italiana alla LPL, "Parlano i protagonisti" di Lucifero Martini. Lo stesso anno la Comunità subì una delle perdite più gravi: venne a mancare Romolo Venucci. L’ultima parte del decennio fu condizionata anche da un quadro politico su cui pesavano, data l’alta età, la progressiva riduzione del ruolo di Tito e i nuovi equilibri che si andavano profilando. Fu solo nel gennaio del 1979, dopo una pausa durata ben sette anni, che si tenne l’assemblea "annuale", da cui scaturirono i nuovi organi rappresentativi: l’Assemblea composta da 75 persone e la Presidenza, che ne contava 25. Finita la stagione, dopo trent’anni che ne era stato alla testa, in giugno il maestro Mario Vlassich lasciava la mandolinistica.

Un paUroso calo nUmerico

La presenza numerica dell’etnia, come si vide nel censimento del 1981, continuò a segnare un preoccupante calo. La denuncia, avanzata nel giugno 1982 dalla II Conferenza dell’UIIF svoltasi proprio alla CI di Fiume era inequivocabile: dai 3.269 del censimento del 1961, si disse, dieci anni dopo gli italiani erano scesi a 2.974 per ridursi nel 1981 a non più di 1.940. Se si prendevano

in considerazione i 7.770 registrati nel censimento del 1953, quando in città le opzioni erano concluse quasi del tutto, il numero risultava ridotto di quattro volte. Tolti quelli che nel frattempo avevano preso la via dell’esodo, dov’erano finiti gli altri? La risposta, detto per inciso, sarebbe arrivata all’inizio degli Anni Novanta. Intanto però la Comunità doveva fare i conti con il paventato trasferimento della scuola Belvedere o la fagocitazione del Dramma Italiano all’interno dello Zajc, ovviamente da realizzare con metodi "rigorosamente democratici", quali il voto degli occupati. Se realizzato, tale accorpamento, disse con accoratezza dalla tribuna la direttrice Margherita Gilić, avrebbe fatto diventare il Dramma "il piccolo della casa, il che significa 13 contro 300". In quello stesso anno si costituì la Sezione di ricerche storiche di cui fu responsabile il prof. Corrado Illiassich, che nell’aprile successivo fu chiamato a dirigere la Presidenza comunitaria.

L’avvenimento di maggior rilievo del 1984 fu la visita, in ottobre, al presidente Sandro Pertini. All’incontro parteciparono oltre trecento connazionali.

L’anno dopo ricorrevano i quarant’anni del sodalizio. Alla solenne accademia parteciparono, oltre a tutti i complessi della Fratellanza, alunni delle scuole e attori del Dramma Italiano. Per l’occasione una delegazione fu ricevuta dal presidente dell’Assemblea comunale Zdravko Saršon. il primo "VenerdÌ della tomBola"

La notizia, comparsa sull’albo comunitario qualche giorno prima, sembrò cosa da poco: il 23 ottobre del 1987 era in programma un "venerdì della tombola". Magari avessero avuto un seguito simile tante altre iniziative annunciate talvolta in maniera anche pomposa: ancora oggi con orgoglio la CI ospita le sue "tombolere". Lo stesso anno la Fratellanza si arricchì di una nuova sezione, il complesso da camera "Collegium musicum fluminense".

Passo significativo soprattutto a favore della "terza età" quello che caratterizzò il 1988: l’istituzione di un consultorio medico per connazionali, opera del volontariato dei giovani medici connazionali Diego Brumini, Roberto Sirola, Licia Antonelli, Gianpaolo Blecich e Ferruccio Tomissich.

Basteranno Un paio di treni

Ferruccio Glavina figura sicuramente fra coloro che più si diedero da fare per la promozione della vita comunitaria. In possesso di un’ottima preparazione tecnica acquisita in larga misura al silurificio, assunse la carica di segretario dell’Unione degli Italiani nel 1958 quando l’organizzazione era molto indebolita e parecchi Circoli in dissoluzione. L’efficace opera di ricucitura svolta negli anni successivi lo portarono nel 1965 alla presidenza della Comunità, carica a cui fu eletto una seconda volta nel 1970 e due anni dopo, nel 1972, una terza, che mantenne fino al 1979. Furono anni segnati da violente polemiche contro le istituzioni minoritarie, culminate (1974) nella defenestrazione del prof. Borme. Nel frattempo, creatasi all’Edit una prima crisi a cui peraltro non erano estranee cause interne, fu chiamato alla sua direzione, compito che svolse in maniera egregia dal 1973 al 1976.

Eletto quindi all’Assemblea regionale quale rappresentante degli italiani ne divenne presidente. Quale membro della commissione cittadina per la toponomastica si adoperò per il ripristino di parte della nomenclatura storica di Fiume, eliminata nell’immediato dopoguerra.

Persona modesta e molto socievole, era generalmente apprezzato per un colloquiare lineare e tranquillo che teneva sempre nella massima considerazione l’interlocutore. Memorabile comunque la risposta che diede a un esponente del potere che lamentava come gli italiani chiedessero troppe cose. "E allora - gli disse lapidariamente – preparateci un paio di treni che così ce ne andiamo via tutti!"

Venne a mancare nel 1998, a 78 anni d’età.

alle Vie ridati i nomi storici

La fine del decennio fu segnata dal rilancio dell’attività della Sezione storica. Una ricerca molto critica sul degrado del cimitero monumentale di Cosala fatta da un gruppo di entusiasti ebbe come risultato all’inizio del successivo 1990 una tavola rotonda a cui presenziarono diversi esperti cittadini, ed anche il sindaco. La denuncia ebbe come effetto progetti di restauro e conservazione e valorizzazione del patrimonio cimiteriale. Incisiva fu pure l’azione nella toponomastica. Le proposte, presentate da Ferruccio Glavina alla Commissione comunale per la revisione, ebbero quale effetto l’assegnazione di nomi e il riconoscimento di toponimi italiani a diverse vie e piazze.

In quello stesso 1990 la Comunità promosse ed ospitò diversi avvenimenti di rilievo. Per l’uscita del primo numero della nuova serie de La Battana, il 10 febbraio si tenne un dibattito su "Etnicità e stato" a cui partecipò fra gli altri il docente universitario Žarko Puhovski che, cogliendo pienamente le istanze che si intravvedevano nella rinnovata azione minoritaria, affermò lapidariamente: "Dovete fare presto, se si accorgono dove volete arrivare, vi fermeranno subito." Un mese dopo si svolse un’encomiabile azione umanitaria: un’asta per la vendita di 28 quadri di nostri pittori che fruttò circa cinque milioni di lire con cui far operare agli occhi a Roma un bambino connazionale. L’11 giugno, in concomitanza con San Vito, si svolse la prima riunione fra la rinnovata Sezione storica della CI e la Società di studi fiumani di Roma per varare iniziative comuni nel campo storiografico e della tutela dei monumenti. Una delle prime operazioni fu anche un’inchiesta sulle domande d’opzione respinte all’inizio degli Anni Cinquanta con oltre 400 interessati coinvolti. In ottobre avvenne il primo incontro ufficiale. Guidata da Amleto Ballarini, la delegazione degli esuli fu accolta anche in comune dal sindaco Željko Lužavec. Venivano così a cadere a tutti gli effetti quei muri rimossi già prima tra i fiumani partiti ed i rimasti.

elezioni democraticHe: massiccia l’adesione

Il fervore maggiore riguardò però la bozza di regolamento dell’assemblea costituente della nuova organizzazione degli italiani. Le preoccupazioni non mancavano: non ultima quella della possibilità di una conta, da evitare ad ogni costo. Parecchie erano le formazioni in lizza, che facevano capo a due schieramenti, il Movimento per la Costituente e il Forum quarnerino, alleato alla Lista Fratellanza. A opera compiuta, nelle liste elettorali risultarono iscritte 3.480 persone, quasi il doppio rispetto al censimento di dieci anni prima. Di queste, si presentarono ai seggi 2.890, ossia l’83 p.c. Le liste del Movimento per la Costituente si affermarono in maniera netta: 7 seggi su 8 all’Assemblea dell’Unione e 33 su 39 a quella comunitaria. Componente specifica fu la neonata Comunità dei fedeli fiumani che poi diede vita alla Commissione per gli affari religiosi a ufficializzare così un aspetto della vita sociale della minoranza fino ad allora per decenni completamente trascurato.

da Bonita a Varljen

Fra i tanti ospiti della CI vi fu pure il tecnico federale Miljan Miljanić, qui assieme a Mario Bonita, Enrico Skerbec e Giulia Šantić. Di origine polesana, giornalista alla Voce del Popolo di cui anche per otto anni caporedattore, Bonita resse la CI dal 1987 subentrando al prof. Illiassich per passare poi la mano nel 1991 a Fulvio Varljen. Ebbe in sorte di guidarla in un momento di rottura, nel passaggio dal vecchio al nuovo sistema politico, in un periodo di grandi cambiamenti così come, una decina di anni prima, si era assunto l’assai poco gratificante compito di dirigere l’Unione degli Italiani dell’Istria e di Fiume in uno dei suoi momenti più difficili in seguito alla defenestrazione di Borme nell’estate del 1974. A un anno dall’avvento alle cariche, la Presidenza della CI constatava che nell’Assemblea comunale di Fiume non c’era neppure un consigliere italiano mentre nella precedente ce n’erano cinque. Nell’ottobre 1990, venuto il momento delle aperture, Bonita incontrava in Comunità una delegazione di esuli guidata da Amleto Ballarini. L’anno dopo, il 1991, trascorse all’insegna di un tambureggiante susseguirsi di conferenze e dibattiti in vista del rinnovo delle cariche comunitarie, segnato dalle lunghe code dei connazionali per l’iscrizione nelle liste elettorali (votò infatti l’84 p.c. degli aventi diritto). L’11 febbraio, Bonita veniva formalmente sostituito da Varljen.

arriVa la gUerra ma ancHe la solidarietÀ

Le speranze di tempi nuovi, favorite anche dal fatto che gli italiani dichiarati, dai 1.940 di dieci anni prima, erano balzati a oltre 3.300, furono fortemente ridimensionate in primo luogo dalla scomparsa di Antonio Borme nell’agosto 1992. Fu però l’incalzare degli eventi bellici che costrinse la CI a una "profonda ristrutturazione" dell’attività. Fra i primi in città a muoversi, mise a profitto le conoscenze e i contatti che aveva in Italia organizzando una poderosa catena di solidarietà. Generi alimentari, vestiario, medicinali, attrezzature ecc. arrivavano in continuità in città per essere destinati ai profughi, a vari enti, ospedali in testa (nel gennaio 1993, una missione della Regione Emilia Romagna portò in un una sola volta aiuti per cento milioni di lire consegnati dal presidente Varljen a Lužavec e destinati alla casa della salute di Abbazia, all’ospedale di Sušak e ai ragazzi delle scuole italiane), ed anche ai meno abbienti fra i connazionali. Tutta la complessa

ad alBa lo zeccHino d’argento

Alba Nacinovich con Mariele Ventre, la factotum dello Zecchino d’oro. "Figlia d’arte", a meno di sette anni con la canzone "La barchetta di carta" di Vlado e Biba Benussi Alba aveva conquistato lo Zecchino d’argento, ossia si era piazzata al primo posto fra i canterini stranieri presenti alla manifestazione. "Cresciuta" fra i minicantanti della Comunità, al ritorno a casa si rammaricò solo per non aver potuto anche ballare dinanzi alle telecamere: le avevano raccomandato di limitarsi a cantare...

operazione fu diretta dai volontari della Sezione sociale, in testa la dott. Licia Antonelli. Ma ci fu anche chi non gradiva la presenza degli italiani: i parroci di Pinguente e Rozzo non permisero che nelle loro chiese la Fratellanza eseguisse due concerti di musica sacra.

rUota della speranza per eVitare lo sFratto

L’impegno non bastò a parare i colpi negativi, che piovevano sia sottoforma del contenimento dei diritti che della difficile situazione finanziaria. All’ambasciatore Salvatore Cilento, giunto in visita il 28 gennaio successivo, venne esplicitamente detto che vi era il pericolo che la CI potesse essere sfrattata dalla sua sede. Quasi due anni dopo, nel novembre 1994, una burrascosa assemblea indicava che la Comunità, anziché superare l’impasse, stava attraversando ancora uno di momenti più difficili della sua esistenza: un debito di 185 mila kune di affitto arretrato rischiava non solo di portarla allo sfratto, ma anche di farla finire in tribunale. Si ricorse allora a una sottoscrizione per raccogliere fondi attraverso una "Ruota della speranza" a cui aderirono in gran numero connazionali ed altri cittadini.

Anche sul piano politico gli eventi s’intensificavano. La visita di una delegazione parlamentare italiana irrigidì ancora di più i rapporti fra la CI e il municipio, ovvero il sindaco Linić, che reagì molto bruscamente agli appunti sulla sua scarsa disponibilità. Neanche a parlarne della concessione in proprietà dei vani di Palazzo Modello, come chiesto due anni prima dal presidente Varljen: alla CI fu offerta un’area in Cittavecchia su cui costruire un edificio ex novo. Accolta fin dall’inizio con notevole perplessità, la proposta fu alfine respinta dai rappresentanti del sodalizio: si voleva rimanere nella sede storica. In compenso in gennaio era giunta una notizia di tutt’altro tenore: con la canzone "La barchetta di carta" di Vlado e Biba Benussi Alba Nacinovich aveva conquistato allo Zecchino d’oro il primo posto fra i piccoli canterini stranieri.

italiani, conta solo il nUmero

L’avvento della "democrazia" ebbe aspetti poco opportuni pure sul piano politico. Già dal 1991, all’atto della valutazione dei diritti, la Giunta comunale si impuntò a tener conto della sola consistenza numerica degli italiani visti come un gruppo etnico minoritario per nulla diverso dagli altri presenti nell’area urbana trascurando del tutto la stretta connessione con lo sviluppo e la storia della città. Seppur di per sé insufficienti e spesso di difficile realizzazione pratica, di punto in bianco gli standard e i diritti conseguiti durante il precedente regime venivano cancellati mentre i nuovi erano avvolti in un velo nebuloso. La CI chiese modifiche statutarie tali da prevedere il riconoscimento all’autoctonia, l’accettazione dell’italiano quale lingua d’ambiente, l’introduzione dell’uso dei simboli della Comunità, il seggio garantito in aula, il sostegno e il finanziamento delle attività. Una delegazione si recò pure a informare in merito il console generale d’Italia. Tale situazione fu in parte destinata a perdurare, in parte risolta grazie all’Accordo sulle minoranze che venne stipulato 1996 ossia vent’anni fa.

Quell’anno la CI festeggiava il cinquantesimo della fondazione. La solenne accademia si tenne al teatro cittadino il 12 novembre alla presenza di autorità ed ospiti di alto rango. L’anniversario fu solennizzato anche con il Premio cittadino e

tanti gli attiVisti cHe ci Hanno lasciato

Nel suo inarrestabile andare, il tempo ci ha privati di un gran numero di connazionali e attivisti, tra cui alcuni di grande spicco. A rileggere le cronache di allora risulta che particolarmente funesto fu in questo senso il triennio che chiuse il millennio. Primo a lasciarci, il 18 gennaio 1998, fu il prof. Corrado Illiasich, uno dei capi storici della CNI, preside del Liceo dal 1948 al 1983, segretario dell’UIIF in concomitanza con la tormentata presidenza Borme, presidente della CI dal 1983 al 1986. Anni dopo ebbe a ricordare l’Assemblea dell’Unione svoltasi a Capodistria in cui si doveva eleggere il nuovo presidente dell’UIIF. I vertici dell’"Allenza socialista" insistevano su un nome, gli italiani non lo volevano. Finì con un accettabile compromesso e, dati i tempi, non era poco. Ma quel che più conta, quando nel rituale ringraziamento che s’usa pronunciare al commiato dalle cariche, il presidente uscente fece il suo nome, nella sala ci fu un

applauso scrosciante.

Meno di un mese dopo fu la volta dell’attore e regista Nereo Scaglia, attore e regista del Dramma che per lunghi anni fu alla guida della Filodrammatica. Il 25 aprile morì Ferruccio Glavina, presidente della CI, segretario e vicepresidente dell’UIIF, direttore dell’Edit e vicepresidente dell’Assemblea regionale.

Alla metà di luglio del 1999 fu la volta di Ada Spiller, per un quarto di secolo direttrice della scuola Dolac. Meno di un mese dopo si svolsero i funerali di Lorenzo Vidotto, segretario dell’UIIF, giornalista, insegnante, attivista. Il 9 settembre scomparve Giacinto Laszy, ineguagliabile conoscitore del passato fiumano e appassionato cultore delle tradizioni cittadine. Il 5 dicembre morì Bruno Grdadolnik, per 52 anni corista della Fratellanza.

Poco più di un mese dopo, nella prima decade di gennaio del Duemila, vinto da una malattia combattuta per lunghi anni con encomiabile stoicismo, a soli 56 anni decedette Gianfranco Miksa, uno dei nostri massimi artisti figurativi e redattore grafico dell’Edit. In maggio fu la volta di Egidio Barbieri, giornalista e attivista, uno dei più dinamici e generosi soci della CI, alla metà di agosto toccò a Romano Farina, giornalista e valido collaboratore.

l’uscita della monografia "Italiani a Fiume" mentre la presidente Elvia Fabijanić venne accolta al Quirinale dal presidente Oscar Luigi Scalfaro. Intanto particolarmente intensi si erano fatti i contatti con gli esuli, sfociati fra l’altro nei concorsi a premi per le scuole, le presentazioni librarie e altro. Fra i nuovi libri, nel febbraio 1997 fece spicco "Fiume tra storia e leggenda", il pregevole revival del passato storico e mitico della città frutto di anni di ricerche di Giacinto Laszy, emblematico ricercatore del passato cittadino. In settembre veniva benedetta al cimitero di Cosala la stele alla memoria dei fiumani deceduti lontano dalla città.

Ma il presente era sempre incombente: pochi giorni prima, riunitasi in via straordinaria per discutere la circolare del ministro Vokić sull’iscrizione alle scuole CNI dei soli bambini di nazionalità italiana dichiarata, l’Assemblea aveva deciso di promuovere una petizione in merito. Alla fine dell’anno, con l’approvazione dello Statuto, la CI diventava "associazione di cittadini".

Il 1998 si svolse essenzialmente all’insegna della Fratellanza di cui ricorrevano i cinquant’anni della fondazione. La prima parte dei festeggiamenti si svolse dal 23 al 28 marzo con concerti e mostre, la seconda giunse al culmine negli ultimi giorni di dicembre con incontri e mostre. Il tutto fu coronato con uno spettacolo a cui il pubblico partecipò con grande calore.

Nel marzo del 1999 nuovo significativo contatto con la nazione d’origine: venne a far visita alla CI il nuovo ambasciatore Fabio Pigliapoco, mentre in aprile la CI fu partecipe del convegno internazionale "Fiume nel secolo dei grandi mutamenti", promosso dall’UI, UPT e Società di studi fiumani e ospitato nella Sala consiliare del Municipio. Vi presero parte eminenti ricercatori italiani, croati e ungheresi. il rinnoVo della sede

Un nuovo significativo revival del patrimonio letterario cittadino nel XIX e XX secolo inaugurò idealmente l’attività del Duemila: in febbraio venne presentata l’antologia "Città di carta/Papirnati grad" di Aljoša Pužar. In novembre, quale omaggio alla memoria di Giovanni Palatucci, il Coro Fedeli Fiumani si esibì a Roma nella chiesa di S. Maria degli Angeli e dei Martiri. Alla fine di dicembre la Fratellanza fu protagonista di una trasmissione a Radio Zagabria con la messa in onda di brani eseguiti dalle sue diverse sezioni al concerto di fine millennio che si era svolto una settimana prima.

Seppur di carattere preminentemente "tecnico", fu però il restauro e il riatto della sede societaria che segnò l’inizio e condizionò l’attività del nuovo secolo. Iniziata in settembre e conclusa nell’aprile successivo, la ristrutturazione fu accurata e capillare. Giocoforza l’attività fu spostata in altre sedi, in primo luogo nell’Aula Magna del Liceo e alla scuola Dolac. Per lo stesso motivo si tenne al Liceo l’incontro con il capo dello Stato italiano Carlo Azeglio Ciampi che, accompagnato dal croato Stjepan Mesić, giunse in ottobre in visita alla CNI. Le immagini d’allora illustrarono con efficacia il calore dell’accoglienza: gli ospiti furono accolti da una folla di gente che aveva occupato tutta l’area antistante la scuola e l’ex cine-teatro Fenice.

Seguì un avvicendamento nella dirigenza. In febbraio era deceduto il presidente Valerio Zappia. Due mesi dopo, in aprile, fu eletto a sostituirlo con mandato annuale il dott. Alessandro Leković. Lo stesso mese si svolse una serata in onore di Mario Schiavato, organizzata congiuntamente alla CI di Dignano, centro in cui egli aveva vissuto nella propria infanzia e a cui era rimasto sempre legato tanto da inserirla organicamente nella propria opera. In settembre una delegazione guidata da Leković presenziò a Senigallia al 39.esimo raduno degli esuli fiumani a cui partecipò pure il ministro per i rapporti con il Parlamento Carlo Giovanardi.

Carlo Azeglio Ciampi venne in visita a Fiume insieme a Stjepan Mesić nell’ottobre 2001. Nell’immagine, la calorosa accoglienza che venne loro riservata nell’area antistante il Liceo.

Finiti i restauri, la sede comunitaria venne riaperta con un solenne concerto lirico il 6 dicembre dell’anno successivo, il 2002. Si concludevano così quindici mesi di intenso lavoro, ma anche il permanente "operare in trasferta", iniziato già in febbraio quando al Liceo era stato presentato il libro della scrittrice di origini fiumane Silvia Kramar "La musica della vita", storia di una famiglia di ebrei italiani (diversi gli interessati fra i fiumani che, non avevando potuto acquistarlo in loco, si iscrissero nell’elenco degli interessati, però, del volume promesso, poi nessuna traccia).

Forse ancora maggiore fu l’attenzione rivolta al suo supporter, che presentò il romanzo, personaggio di spicco dell’esilio, molto meno noto fra i rimasti: il gesuita padre Sergio Katunarich, figlio di madre fiumana e padre con radici a Postire, la stessa cittadina di Brazza che aveva dato i natali a Vladimir Nazor. Fu forse per questo che, rispondendo al giornalista che osservava come il poeta non fosse stato propriamente molto ben disposto verso gli italiani, il gesuita ribattè con grande fermezza: "Però era stato un grande cattolico!"

Un altro grave episodio scosse profondamente l’ambiente minoritario a Fiume: il 25 febbraio del 2002 scomparve misteriosamente Mario Zoia, validissimo corista e solista della Sac Fratellanza. Nonostante le ricerche, a tutt’oggi nulla è emerso in merito.

Intanto la CI accoglieva "ospiti per tutti i gusti", da Nicola Arigliano, "il re dello swing" allo scrittore Diego Zandel, di origini istro-fiumane, quale autore di una storia ambientata tra Fiume e i Balcani al termine della guerra 1991-1995 intitolata "I confini dell’odio".

Si formalizzava anche l’avvicendamento dei dirigenti: il 27 giugno l’Assemblea nominava presidente il dott. Alessandro Leković e insediava alla testa dell’esecutivo la prof. Elvia Fabijanić. Solo pochi giorni dopo, il 5 luglio, si svolgeva al teatro Ivan de Zajc la cerimonia di consegna dei Premi Istria Nobilissima. Encomiabile la partecipazione di Fiume, che vantò nove premiati.

Il 2003 si aprì nel ricordo di Romolo Venucci di cui ricorreva il centenario della nascita. In febbraio la sua figura fu evocata in una conferenza da Erna Toncinich, sicuramente la sua allieva più fedele e devota. Seguì al Piccolo salone la mostra che a lungo rimase viva nella memoria non solo dei connazionali, ma di tutto l’ambiente artistico cittadino. Un mese dopo si tenne in CI una collettiva di pittura e ceramica della Sezione intitolata al Maestro.

Vittime italiane: pronto il liBro

I rapporti con gli esuli e la madrepatria si fecero più intensi. In maggio venne presentata l’articolata ricerca congiunta della Società di studi fiumani di Roma e dell’Istituto di storia croata di Zagabria "Le vittime di nazionalità italiana a Fiume e dintorni (1939-1947)". Opera di Amleto Ballarini e Mihael Sobolevski, il ponderoso volume mise in luce dati e riferimenti molto indica-

tivi su una parte della storia che fino ad allora il potere si era adoperato ad occultare. Fu questo probabilmente il primo motivo per cui il volume – che all’epoca ebbe l’avallo dei capi dello Stato croato e italiano - è a tutt’oggi contestato nei sedicenti circoli antifascisti.

Il primo novembre fu inaugurato il cippo commemorativo posto sul piazzale del sacrario di Cosala dedicato ai fiumani scomparsi in pace e in guerra, privi di cristiana sepoltura. In giugno furono consegnate a diversi connazionali le onorificenze conferite dal presidente Ciampi. Il presidente Leković e la preside della SMSI Ingrid Sever furono nominati rispettivamente Grand’ufficiale e Cavaliere dell’ordine della Stella della solidarietà italiana. Quest’ultima ottenne successivamente anche il titolo di Commendatore.

nUoVi lUtti Fra i connazionali

Fu anche l’anno in cui, in meno di tre mesi, da marzo a giugno, ci lasciarono tre noti connazionali: Ezio Mestrovich, caporedattore delle testate, direttore dell’Edit e intellettuale di spicco, il maestro Severino Stepancich, solerte guida dei minicantanti e il giornalista Evelino Klarich. In giugno, all’età di 96 anni, scomparve a Padova pure Anita Antoniazzo Bocchina, autrice della pregevole opera sul cimitero di Fiume, dove ora pure lei riposa.

La visita ufficiale compiuta nel febbraio 2004 dal presidente del Friuli - Venezia Giulia Riccardo Illy allo zupano della Regione litoraneo montana Zlatko Komadina si concluse a Palazzo Modello con un incontro con i dirigenti dell’UI e della a CI a cui partecipò un numeroso pubblico. Ospite del sodalizio nello stesso anno fu in marzo il deputato Vittorio Sgarbi, che parlò di cultura e Comites (a quello della circoscrizione consolare di Fiume fu eletto in aprile Furio Radin). Un mese dopo si costituiva il Consiglio della minoranza italiana della Contea che eleggeva a presidente Orietta Marot. Sul piano dell’intrattenimento, protagonista di una serata eccezionale fu in novembre il popolare showman Roberto Smaila con la sua band Calibro 7. Altro significativo lutto allo scadere dell’anno: a soli 59 anni, il 28 dicembre veniva a mancare l’attore Giulio Marini.

Al cippo in memoria dei fiumani scomparsi nel mondo in guerra o in tempi di pace posto nel 2003 sul piazzale del Sacrario di Cosala vengono regolarmente a rendere omaggio delegazioni della madrepatria.

Il 28 dicembre 2004, a soli 59 anni d’età, morì Giulio Marini. Qui è ripreso in un gustoso dialogo con Mimmo Lo Vecchio nella commedia "Delikatessen, ovvero Sette sedie di paglia di Vienna" di Carpinteri – Faraguna, presentata nel 1997.

l’omaggio a mazzieri

Una delle più significative manifestazioni con cui si avviava al termine il 2003 fu l’omaggio della Fratellanza a Ettore Mazzieri, "colonna" della redazione sportiva della Voce, appassionato cultore del dialetto fiumano, per anni dirigente e attivissimo sostenitore della Comunità, che aveva difeso sempre senza risparmiarsi. La parola "difeso" va qui intesa alla lettera: nel 1953 era stato fra coloro che a malapena erano riusciti a bloccare il gruppo di scalmanati che, come già detto, intendeva mettere a soqquadro la sede a causa della piega sfavorevole alla Jugoslavia che stava prendendo la questione di Trieste. Alla memorabile serata in suo onore, fra gli altri numeri, dominarono Renzo Chiepolo e Silvano Bontempo nelle vesti di Franzelin e Carleto, i protagonisti del dialogo in dialetto fiumano creati da Mazzieri. Il festeggiato sarebbe venuto a mancare pochi mesi dopo, nel luglio 2004, a 84 anni d’età.

Tre anni dopo, nel 2007 uscì il libro Ettore Mazzieri. Storia e ciacole de un fiuman patoco, una significativa testimonianza dei suoi copiosi scritti in dialetto che confermavano significativamente la nostra presenza nell’ambito cittadino e regionale. Vera "enciclopedia della fiumanità" nelle sue rubriche comparse sulla Voce aveva dato vita a personaggi che, con il loro vernacolo, le situazioni, il modo di vedere le cose, erano assurti a incancellabile ricordo del vivere in una città ormai rintracciabile solo in minima parte.

Mazzieri con Renato Tich, capostipite del giornalismo sportivo nella Fiume del dopoguerra.

Dato il centenario della nascita, il 2005 fu dedicato essenzialmente a Osvaldo Ramous, il più importante scrittore fiumano. Alla serata a lui dedicata, la sua figura e l’opera furono evocate da Gianna Mazzieri Sanković mentre i giovani della filodrammatica recitarono sue poesie. Qualche mese prima, in giugno, s’era svolto a Trieste il convegno «Scrittura sopra i confini: letteratura dell’esodo» a cui la docente aveva partecipato con la relazione "Città di confine, la Fiume di Osvaldo Ramous".

"prendeVo il trolleYBUs per andare al Bagno riViera"

Umberto Smaila ebbe alla CI un’accoglienza trionfale. Anni dopo, nell’affettuoso messaggio fatto pervenire per l’Incontro mondiale dei fiumani scrisse che, seppur nato a Verona, si era sentito sempre molto più mitteleuropeo. Nel Quarnaro aveva trascorso tutte le vacanze estive della fanciullezza: una costa ed un mare d’una bellezza incomparabile che lo affascinarono più di tutti i luoghi incontrati più tardi nel suo lungo girovagare. Ricordava "il risotto di scampi al sugo rosso" che gli faceva in via Trieste la zia Nina come il profumo dell’alloro nel parco che percorreva a piedi per scendere a "prendere il trolleybus" che lo avrebbe portato a fare il bagno al Riviera, in un’acqua dal blu cobalto, "che gli dava una sferzata d’energia".

Giuricin assieme a Paolo Lettis, altra brillante penna della minoranza l'attiVismo di lUciano giUricin

Nel dicembre 2004, a celebrare i sessant’anni d’attività, la CI pubblicò la seconda edizione della monografia "Italiani a Fiume" affidandone la redazione Luciano Giuricin, una delle figure più significative della minoranza a Fiume.

Nato nel 1925, partecipe della resistenza, fu tra i fondatori di "Vie Giovanili" di "Panorama" di cui fu per anni redattore responsabile e uno dei protagonisti, assieme a Borme, Glavina e Illiasich, del riscatto politico dell’UIIF concluso con la defenestrazione di Borme nel 1974. Nel 1968 fondatore del CRSCV, ne fu poi collaboratore e presidente. Contribuì significativamente agli studi sulla CNI correggendo le storture e interpretazioni strumentali della storiografia jugoslava. Oltre a "Fratelli nel sangue"(1964) e "Rossa una stella"(1975) scritti con Aldo Bressan e Giacomo Scotti, di notevole importanza sono i suoi saggi, pubblicati sui "Quaderni" del CRS, sul difficile confronto fra le diverse anime della Resistenza, in Istria e a Fiume, e sulla strumentalizzazione delle forze antifasciste italiane da parte del MPLJ, come gli studi sul controverso contesto in cui nel 1944 nacque l’UIIF. Significativi i testi su foibe ed esodo, e sul Cominform, con la raccolta delle testimonianze dei sopravvissuti all’Isola Calva raccontate in più riprese e quindi raccolte nel libro di 330 pagine "La memoria di Goli Otok-Isola Calva."

Giuricin fu tra i primi a trattare il tema dell’esodo e delle foibe, ancora quando erano temi tabù in Jugoslavia, con vari scritti e recensioni correlati ai primi studi storici di ampio respiro sul tema apparsi in Italia all’inizio degli anni Ottanta. Nel contempo si occupò pure delle procedure applicate negli atti repressivi nei confronti della popolazione italiana ovvero processi, condanne, licenziamenti, sequestri, confische, nazionalizzazioni, come pure dei dati concernenti le partenze iniziali dal 1943 al dicembre del 1947. La storia delle relazioni fra la comunità "rimasta" e la Nazione Madre sono sfociate nel volume "Trent’anni di collaborazione UI- UPT" (1994). Una delle sue opere più ricche e significative, è il volume doppio "La Comunità nazionale italiana, storia e istituzioni degli italiani dell’Istria, di Fiume e Dalmazia (1944-2006)" edito dal CRS nel 2008, realizzata in collaborazione con il figlio Ezio. Luciano Giuricin è scomparso a Trieste nel febbraio 2015 all’età di novant’anni.

Fra le parecchie novità librarie ebbe particolare spicco "Fiume, città della memoria 1868-1945" anche perché frutto delle ricerche dell’ungherese, Ilona Fried, docente di italianistica all’Università di Budapest. All’ottima accoglienza avuta nell’ambiente dei rimasti fece da contrappunto per l’ennesima volta un clima di rifiuto e di critiche da parte della storiografia e pubblici-

Sono due le monografie in cui sono raccolte in maniera organica le vicende degli italiani a Fiume dai primi giorni del dopoguerra agli ultimi anni del secolo. La prima, di 440 pagine, fu affidata a una redazione guidata da Valerio Zappia e venne alla luce nel 1996. La seconda, curata da un gruppo di redattori guidato da Luciano Giuricin e comprendente anche taluni aspetti generali della tematica minoritaria, è stata pubblicata dieci anni dopo, nel dicembre 2006 in un volume di 660 pagine del peso di quasi due chili!

stica croata. Un atteggiamento peraltro molto facilmente prevedibile, visto che nella stesura del libro erano stati coinvolti a vario titolo la Società di Studi Fiumani di Roma, il Libero Comune di Fiume in esilio e l’Istituto per gli incontri culturali mitteleuropei di Gorizia.

Non meno significativo l’omaggio a Venucci: il 22 aprile fu presentato in CI il cortometraggio di Bernardin Modrić a lui dedicato. La versione italiana era di Erna Toncinich. A questo fece seguito, dello stesso autore, "Il pianto del silenzio", dedicato al cimitero fiumano, con commento di Nedjeljko Fabrio e versione italiana di Melita Sciucca. Particolarmente solenni furono le celebrazioni della festa dei Patroni Santi Vito e Modesto: la messa italiana nella Cattedrale fu officiata dal vescovo di Trieste mons. Eugenio Ravignani.

Il 2006 si aprì all’insegna di una decisione "operativa" d’importanza capitale: da tempo esaurita la monografia "Italiani a Fiume", i dirigenti comunitari concordarono sull’urgenza di una nuova edizione. Progetto ad ampio respiro, prevedeva di documentare tutta l’attività del sodalizio nel decennio 1996-2006. La redazione si riunì il 9 marzo. L’incarico di caporedattore venne affidato a Luciano Giuricin.

Premevano però anche le scadenze "politiche": a fine maggio si riunì per l’ultima volta l’Assemblea comunitaria eletta quattro anni prima per fare un bilancio del mandato ed esaminare i preparativi per le elezioni. Alla consultazione per la scelta dei 29 consiglieri nonché per i sei rappresentanti all’Assemblea UI svoltasi l’11 giugno parteciparono 1.154 soci, ossia solo il 16,5 p.c. degli aventi diritto al voto. Il 4 luglio l’Assemblea eleggeva a presidente Agnese Superina, mentre la Giunta veniva affidata a Roberto Palisca che già in agosto incontravano il sindaco Obersnel per informarlo sui programmi e i desiderata della CI. Fra gli argomenti in discusssione, ricordano le cronache di allora, "vi furono pure la nomina della direzione unica degli asili italiani e la concessione alla CNI degli spazi della Biblioteca civica in via di trasferimento da pianoterra del palazzo". Oggi sappiamo che l’esito dei due casi fu piuttosto diverso... Il 20 ottobre l’inaugurazione della nuova stagione fu particolarmente solenne in quanto ricorrevano i sessant’anni della fondazione del Circolo di cultura.

Fiumani ovunque, ma sempre fiumani. Questo il motto che idealmente unì nel 2007 i connazionali per gli 84 anni di Ettore Segnan in onore del quale, d’accordo con la famiglia ma all’insaputa dell’interessato, venne allestita una grande festa. Trasferitosi a Trieste dopo la guerra, Ettore ha mantenuto sempre vivi i legami con la città natale e la minoranza anche con atti di significativa e comprensione e generosità.

Figura di centro dell’attività culturale fu ancora Osvaldo Ramous. Il primo appuntamento, la presentazione della raccolta Elogio dell’ombra e altri racconti pubblicata dall’Edit, si svolse nei primi giorni di marzo nel proposito di ovviare al paradosso di una narrativa tradotta in diverse lingue, eppure inedita, e dunque sconosciuta, nell’originale. Autentico mediatore fra due culture e fautore della continuità storica della letteratura italiana in queste terre, ha all’attivo due romanzi, nove drammi, una decina di radiodrammi, dieci raccolte di poesie, numerosi racconti e circa 400 fra articoli e saggi. In aprile venne presentato il romanzo Il cavallo di cartapesta i cui si descriveva, come fu detto "una Fiume che era il cuore dell’Europa del XX secolo" e che, nonostante la validità, per essere pubblicato dovette attendere per ben quarant’anni "e non certo per volontà dell’autore" che, come detto alla serata, ci mise l’anima per raccontare una città particolare, multietnica, di confine, che aveva condizionato la sua attività letteraria divenendone spesso soggetto. Nella seconda metà di aprile si svolse il recital Intervista a Ramous, un progetto del Dramma Italiano in cui lo scrittore, tornato simbolicamente nella sua città "si svelava" al pubblico. A fine maggio infine si tenne il convegno organizzato dalla prof. Gianna Mazzieri Sanković sull’attività giornalistica e l’impegno culturale e critico in cui fu trasmessa la registrazione audio di un suo discorso in cui esprimeva la sua fiducia nei confronti dell’uomo e riaffermava il valore delle minoranze come ponti di cultura. FiUme o rijeKa? "interessante..."

Ramous assieme a Lucifero Martini, altra importante penna del giornalismo minoritario.

mantica: grazie per la Vostra diFesa del sentimento di italianitÀ della cittÀ

La visita più importante del 2008 fu quella del sottosegretario agli esteri Alfredo Mantica che, disse, era cresciuto a Milano a fianco degli esuli giuliani. Nel corso della seconda, avvenuta nel febbraio di tre anni dopo a coronamento di lunghi anni di lavoro per il rinnovamento del Liceo, espresse la sua gratitudine ai "fiumani patochi" per il coraggio dimostrato nel difendere l’anima italiana della città.

ti inusuali le visite fatte nel 2007 a Palazzo Modello. All’inizio di luglio arrivò Katherine La Guardia, nipote di Fiorello che raccontò, non senza una certa meraviglia degli astanti, che il famoso nonno era stato non solo console in città e poi sindaco di New York, ma anche direttore generale dell’UNNRA, l’organizzazione che si era occupata dell’invio di aiuti umanitari in Europa (chi fra i più anziani non ricorda i famigerati ovi de Truman?). La signora, ritenne "particolarmente interessante" che mentre nella CI la città era chiamata Fiume, fuori veniva nominata Rijeka...

In ottobre fu la volta di Enzo Maiorca, recordman d’immersione (101 metri) che, oltre a illustrare gli aspetti tecnici dell’impresa, diede al pubblico una vera lezione di etica nel rapporto fra l’uomo e il mare. Il mese successivo arrivò Chiara Ingrao, figlia di Laura Lombardo Radice e nipote di Gemma Harasim. Occasione fu la presentazione del libro Il resto è silenzio, storia del dramma di tre coppie di sorelle travolte dal turbine della guerra nei Balcani. Una vera chicca l’ultima novità libraria dell’anno: Da San Vito ai nuovi rioni. Nomenclature delle vie e piazze di Fiume, di Aldo Secco, completato, come detto nella prefazione, da "cenni, storici, biografici, aneddoti, affinché non siano dimenticati".

Alacre come sempre fu la ripresa dell’attività dopo il Capodanno 2008 festeggiato, come titolava in prima pagina La Voce del Popolo, da "un veglione con i fiocchi", ma funestato già in gennaio dalla scomparsa di due grandi attori del teatro cittadino, Galliano Pahor e Gianna Depoli avvenuta all’età di 53 e 83 anni. In quello stesso gennaio la prof. Erna Toncinich tenne la prima di una molto seguita serie di conferenze con diapositive dedicate al passato storico e monumentale cittadino. Il titolo era "Palazzo Modello, Teatro comunale, due edifici, due architetti". Seguirono in febbraio "Il cimitero di Cosala e l’architettura sacrale a Fiume" e in marzo "La torre civica e i palazzi della città".

In marzo fu ospite della Comunità Anita Garibaldi, pronipote del generale che, disse, "ci teneva a definirsi marinaio". Presente in CI per le premiazioni del concorso fra le scuole dedicato al generale di cui nel 2007 ricorreva il bicentenario

Molto caldo e cordiale fu l’incontro di Ottavio Missoni con il pubblico fiumano. Per l’occasione giunsero qui diversi connazionali dell’Istria e delle isole. In risposta al discorso del sindaco Obersnel lo stilista rispose in un buon croato, non privo di qualche termine dal forte colorito popolaresco. Il festeggiato, qui ripreso fra il sindaco, il console Cianfarani e Maurizio Tremul, sarebbe morto a 92 anni nella successiva primavera.

La monografia di Venucci e un'immagine del Maestro accanto ai suoi angeli che ornano il frontone della chiesa di Cosala

della nascità, ricordò che i legami della sua famiglia con Fiume erano più saldi di quanto non si sapesse: nel periodo dannunziano i suoi genitori furono qui per tentare di convincere il poeta soldato a tornare in Italia.

Dalla storia, ovvero la politica di ieri, alla politica corrente. Due le personalità italiane venute quell’anno alla CI, Piero Fassino e Alfredo Mantica. Il primo, allora alla testa del PD e giunto alla fine di marzo nel quadro della campagna elettorale assicurò d’essere disponibile "quale primo firmatario di una proposta di legge d’interesse permanente a beneficio della CNI."

Bagno di folla, scrisse allora La Voce per il secondo, allora sottosegretario agli Esteri, accolto nel salone delle feste alla fine di luglio. Cresciuto a Milano a fianco dei giuliano dalmati, disse, era venuto a Fiume "con la volontà di dedicare un’attenzione particolare a questa comunità che talvolta l’Italia ha amato in modo insufficiente". Diede quindi assicurazioni in merito al finanziamento delle attività UI. Nell’ottobre di quell’anno si svolse un’indimenticabile serata dedicata ad uno degli attivisti più... attivi, l’ottuagenario Amato Kurtes, la cui cinepresa era stata fedele testimone di tanti avvenimenti comunitari. All’inizio della sua attività di cineoperatore, raccontò, capitava che non ci fossero tutte le pizze dei lungometraggi. Talvolta anzi ne mancava magari la metà. Eppure il pubblico accorreva sempre per vederli e mai protestava.

L’evento di maggior eco del 2009, avvenuto in maggio, fu indubbiamente l’uscita della monografia dedicata a Romolo Venucci, non solo indiscusso protagonista della produzione artistica della CNI, ma anzi, come si espresse il critico Decio Gioseffi, "suo patriarca e mentore" che tuttavia era stato bocciato alla prima Istria Nobilissima per aver presentato un’opera "troppo all’avanguardia". Autrice dell’opera insieme a Sergio Molesi, Erna Toncinich non si era risparmiata pur di farla arrivare in porto. Non usa a piangersi addosso, talvolta però nel corso dell’opera non resistette ad esprimere la sua contrarietà per gli ostruzionismi ed ostacoli vari, talvolta venuti, affermò, anche da ambienti da cui mai se li sarebbe aspettati.

In quello stesso maggio si festeggiarono i trent’anni del coro femminile della Fratellanza. "Una corale che ne ha viste veramente... di cotte e di crude" scrisse la Voce. Pezzo forte del concerto d’occasione fu "Dobri danek " di Emil Cossetto, con cui aveva vinto alla rassegna dei cori della Croazia a Osijek. Ma quel che più divertì il pubblico fu una memorabile imitazione della dirigenza CI ad opera delle "Mule de Fiume" su testi di Aurelia Klausberger. Anche i piccoli fecero quell’anno la solita bella parte: alla 45.esima edizione del festival della canzone per l’infanzia si affermò Denis Pijetlović che quindi rappresentò la Comunità al festival "Voci Nostre".

per marisa madieri Un ritorno a casa

"Un ritorno a casa" disse Claudio Magris all’evento sociale di prim’ordine della primavera 2010, lo scoprimento della lapide in memoria di Marisa Madieri sulla casa in via Zagrebačka, un tempo Angheben, in cui la scrittrice aveva vissuto. Presente alla cerimonia organizzata congiuntamente dalla CI, il Consiglio della minoranza italiana di Fiume e la Dante Alighieri, il sindaco Obersnel disse che in quel momento riaffiorava "una moltitudine di emozioni, certamente non piacevoli" in quanto rievocavano tempi "che purtroppo si sono ripetuti anche più tardi nel corso della storia", e sono sempre risultato delle guerre in cui sempre soccombono i più deboli che non ne sono stati in alcun modo la causa. La lapide raccontava anche l’impegno dei fiumani per una città multiculturale e multietnica. Rievocando la figura della scrittrice da cui aveva avuto due figli, Magris rilevò la sua tenace volontà di riappropriarsi "di un momento che le apparteneva", compresa quella parte in cui era in conflitto, tanto che, appena scritto "Verde acqua" volle imparare nuovamente il croato. In precedenza, va ricordato, la famiglia si chiamava Mađerić e proveniva dall’area di Varaždin.

Alla successiva serata fu detto che la cerimonia di poc’anzi aveva abbattuto le ultime barriere fra i fiumani esodati e i rimasti. Irene

nel ricordo di milinoVicH

Co vedo crolar la Gomila che colpo nel cor, maico mila!

Me insogno? No, xe la realtà el mio regno xe sta ribaltà!

L’accorata denuncia della nefasta opera del piccone demolitore segnò uno degli appuntamenti comunitari di maggior incisività con cui si aprì il 2012: la serata in onore di Egidio Milinovich (qui con Silvio Stancich) a trent’anni dalla scomparsa. A rendere omaggio al cantore dialettale il 2 febbraio furono soprattutto "forze giovani" dirette da Denis Stefan, coadiuvato da attivisti e insegnanti. L’esemplare figlio di Fiume, poeta "de Barbacan" venne ricordato con partecipazione da affetto, ma anche da esposizioni di significativo spessore scientifico e storico. Venne così in luce la sua grande umanità, la difficile infanzia, il lavoro di una vita, ma soprattutto quel poetare per cui i versi gli sgorgavano, come si disse "copiosi, da dentro."

Mestrovich, presidente del Consiglio della minoranza della Città di Fiume, il soggetto maggiormente impegnato nell’iniziativa, ricordò che il romanzo "Verde acqua" aveva avuto risonanza nazionale e con esso pure le vicende storiche che avevano travolto e sconvolto la città.

Il primo giorno di quello stesso aprile, a 98 anni d’età morì Lidia Valich, vedova del compianto maestro Mario, per decenni alla guida della mandolinistica. Non avendo figli, viveva da sola per cui anche il decesso fu scoperto dai vicini allarmati dalla sua perdurante assenza. In tali casi la tumulazione di regola avviene in una fossa comune a carico della municipalità. Siccome però la Scomparsa disponeva della tomba di famiglia, era giusto che trovasse lì l’ultima dimora dichiarò la presidente Agnese Superina, per cui fu la CI che si occupò delle esequie. asilo, tUtte le sezioni sotto Un Unico tetto

A giugno, nel quadro della Settimana della cultura fiumana, venne presentato il Dizionario del dialetto fiumano, prezioso "contenitore" di un vernacolo "quale risorsa inestimabile da conservare, tutelare e trasmettere alle generazioni future". Edito dalla Società di studi fiumani di Roma, si presentava quale volume unico in un’edizione rilegata, ampliata, riveduta e corretta, con circa seimila lemmi divisi in 370 pagine.

Fu comunque un mese in cui su tutte le attività dominò la campagna elettorale e non solo per il rinnovo delle cariche comunitarie ma anche quelle dell’Unione Italiana. Alle elezioni del 13 giugno, si candidarono Agnese Superina quale presidente dell’Assemblea e Roberto Palisca dell’Esecutivo. Alle urne si presentarono 1.082 elettori, ossia il 14,7 per cento dei 7.360 aventi diritto. Agnese Superina ebbe 769 preferenze, Palisca 724. All’Assemblea inaugurale del 7 luglio, la presidente disse di contare sulla generosità degli enti finanziatori, auspicando in particolare che fosse la Città a mostrarsi più generosa.

Particolarmente animata, in taluni momenti anche tesa, fu la prima assemblea ordinaria, svoltasi il 15 settembre, fin dal primo punto concreto all’odg, la nomina dei due vicepresidenti. L’opposizione contestava i due nomi proposti dalla "maggioranza" e il successivo compromesso di sostituire uno con un esponente dell’altra parte non dava frutto per cui si decideva di riparlarne entro le successive due settimane. Gloria Tijan, riconfermata alla testa della Commissione scolastica, informava che la Città intendeva acquistare un’area di oltre 4 mila metri quadrati per erigervi una struttura, "presumibilmente un prefabbricato", per ospitare tutte le sezioni del nido d’infanzia e della scuola materna in lingua italiana. L’UI avrebbe finanziare la costruzione. Un’opportunità unica, fu sottolineato, da cogliere al volo. nel ricordo di palatUcci

Il 2011 fu segnato in febbraio da una nuova visita del sottosegretario agli esteri Alfredo Mantica, giunto a inaugurare la sede del Liceo rinnovata dopo lunghi anni di lavori. In risposta all’indirizzo di benvenuto della presidente Superina espresse la sua gratitudine ai "fiumani patochi" per il coraggio che avevano dimostrato nel passato, per non es-

sersi arresi e per aver difeso l’anima italiana di Fiume.

Aprile fu dedicato a mettere in luce l’opera salvifica del questore Palatucci negli anni dell’occupazione nazista. All’inizio venne proiettato il film "Gli anni negati", prima parte di un progetto ideato dal prof. triestino Marco Coslovich riportante le testimonianze di due ebrei italiani di Fiume che furono perseguitati. La seconda parte, alla metà del mese, prevedeva un incontro con lo stesso Coslovich. Nell’importante progetto erano coinvolti la municipalità e il Consiglio della minoranza italiana della regione, nonché la comunità ebraica della città.

L’anno successivo, il 2012, la CI fu ancora una volta attivamente partecipe delle Giornate della lingua e della cultura italiana organizzate dal Ministero degli Esteri e curate dal consolato. Per l’occasione i coniugi Rosita e Ottavio Missoni presenziarono alla galleria Kortil all’inaugurazione della mostra "Il genio del colore" già ospitata a Capodistria. Fu l’occasione per un incontro molto caloroso con un folto pubblico, fra cui vi erano parecchi connazionali venuti anche da altri centri. Lo stilista sarebbe morto nel maggio successivo, all’età di 92 anni.

In novembre fu ospite della CI il giornalista Gian Antonio Stella, una delle più note firme del Corriere della Sera, per una conferenza incentrata su quello che chiamò "il vizio" dell’uomo di creare divisioni di nazionalità, razza, sesso, religione, idee politiche e altro, che spesso sfociano in odi e violenze tali da portare all’eliminazione fisica dell’altro. Da qui le guerre con, spesso, l’aggravante dei crimini contro l’umanità. Emblematico di questo sragionare il caso del comandante Giacca, autore della strage di Porzius in cui partigiani filo-cattolici furono massacrati da partigiani filo-titoisti (fra le vittime pure il fratello di Pasolini) che, rievocando i fatti in un incontro con il giornalista a Capodistria, non era per niente pentito, ma anzi convinto della giustezza dell’eccidio. Un nuovo grave lutto venne a segnare la vita comunitaria nel 2013. Il 22 febbraio, a soli 46 anni d’età, decedeva Daria Vlahov Horvat. Art director all’Edit, aveva dato fin dagli anni della prima gioventù prova del suo talento nel campo delle arti figurative, tanto da guadagnarsi parecchi premi e riconoscimenti. Poco più di un anno dopo, nel giugno del 2014, la CI le rendeva omaggio con una retrospettiva comprendente, come disse la compianta prof. Toncinich "le varie fasi del suo discorso, tutte molto interessanti".

Nello stesso febbraio la CI ospitava l’Assemblea elettorale della "Dante Alighieri" che eleggeva a presidente del Comitato di Fiume Ingrid Sever, coadiuvata da Irene Mestrovich e da due giovani operanti nel mondo universitario: Kristina Blecich e Maja Đurđulov. Il Comitato precedente era stato retto da Melita Sciucca.

incontro mondiale: tre giorni indimenticaBili

"Tre giorni indimenticabili". La Voce di lunedì 17 giugno sunteggiava così il primo incontro mondiale dei fiumani, concomitante con la festa dei Santi Patroni, sicuramente la manifestazione più pregnante della prima metà anno. Le cerimonie si susseguirono in varie sedi, nella chiesa di San Vito, in Municipio, in Comunità, alla Scuola media superiore e altrove. Agli appuntamenti tradizionali si aggiunse un elemento particolarmente apprezzato: la fanfara dei bersaglieri di Trieste che, al loro solito passo, si esibì lungo il Corso, da Piazza Adria a Palazzo Modello. Nutrito e molteplice il pubblico, ma soprattutto grande la presenza ed elettrizzante l’entusiasmo dei connazionali. In serata, una serie d’incontri fra partiti e rimasti

i primi sessant’anni di aldo raccanÈ

Il 9 aprile il salone delle feste ospitò una serata musicale per festeggiare quelli che il nostro giornale intitolò "i primi sessant’anni d’attività" di Aldo Raccanè, "grande amante del canto lirico e virtuoso della musica leggera" nonché fra i fondatori del complesso "I virtuosi fiumani". Nei discorsi pronunciati per l’occasione si rilevò che era persona di grande affabilità, sempre modesto e pregno di una generosità che dispensava senza mai chiedere nulla in cambio. Una persona che si era data tutta all’arte, con un impegno di cui ben si vedevano i risultati. Un vero modello da seguire. Nel 2013 il bravo attivista fu insignito del titolo di Cavaliere dell’Ordine della Stella della solidarietà italiana per aver contribuito per sessant’anni alla crescita sociale e civile della minoranza a Fiume.

la "gente nostra" di scHiaVato

Nel novembre 2012 in CI venne presentato "Storia di gente nostra", 24.esimo volume della collana dell’EDIT "Altre lettere italiane" e a tutt’oggi l’ultima opera di Mario Schiavato. Sei racconti che, come detto dal critico Irene Visintini, esprimevano la dura vita marinara, il pregnante mondo contadino e il suo inarrestabile degrado nonché l’aspro confronto tra civiltà rurale e quella urbana. Un’opera narrativa, tramata di fatti, impulsi e passioni, volta a rendere affetti e costumi di un piccolo mondo antico ormai inesistente, ma la cui memoria deve essere tramandata alle giovani generazioni.

Ripercorrendo la produzione letteraria di Schiavato, ne sottolineò il legame con Dignano e l’Istria, l’atavico rapporto con la natura, ambedue pregni di significati e sfaccettature che pure in queste pagine emergevano con semplicità, freschezza e vigore.

Schiavato lesse alcuni brani del volume che, data la strategia dell’EDIT di adoperarsi a promuovere pure le arti figurative abbinando ad ogni singolo libro una copertina d’autore della comunità nazionale italiana, riportava "Gromaza", del pittore fiumano Alberto Mihich. Molto calda, come sempre per il bravo autore, fu l’accoglienza del pubblico.

Schiavato si è fatto conoscere fra i connazionali fin dal 1954 con il romanzo "I ragazzi del porto" che fece parte del bagaglio di letture di tutti gli adolescenti di allora (chi non ricorda l’ingegnoso sistema dei campanelli per comunicare?) a cui ha fatto seguito un gran numero di opere e di riconoscimenti. Oggi, a ottantacinque anni, complice anche lo stato di salute che ne limita la mobilità, ammette di aver trascurato lo scrivere, però passa gran parte delle giornate immerso nella lettura.

o anche solo partiti, ma date le destinazioni distanti, tornati poche volte o forse mai prima, destò molta commozione.

Interessanti furono taluni accenti della visita del ministro dell’Amministrazione Arsen Bauk all’incontro in Comunità allo scadere di settembre. Trattando dei meccanismi in cui s’inquadrava la vita minoritaria, ventilò la possibilità di delegare in un prossimo futuro all’UI e alle CI le competenze allora spettanti a termini di legge ai Consigli delle minoranze operanti a livello conteale, cittadino e comunale.

L’avvenimento più importante di quell’autunno fu la mostra "Fiumani all’ombra dei cipressi" inaugurata l’ultimo giorno di ottobre e tesa a preservare il patrimonio cimiteriale a evitare che sbiadisse la memoria di quella che fu la Fiume di un tem-

Avvenimento di centro del primo Incontro mondiale dei fiumani nel 2013 fu la Tavola rotonda "La fiumanità che unisce" dedicata alle possibilità di collaborazione fra i rimasti e la seconda e terza generazione degli esuli, che ebbe una partecipazione molto significativa e da cui, in una stretta comunione d’intenti, emersero diverse idee e iniziative. Non meno commoventi furono le dichiarazioni di parecchi figli di esuli tornati, taluni anche per la prima volta, nella città dei padri.

po. A tal fine, con un grosso sforzo di parecchi soggetti e ricercatori, erano state fotografate oltre 1.500 tombe con epigrafi in italiano. Una prima selezione le ridusse a 800, poi a 300 e via via, fino ad arrivare alla ventina d’immagini considerate particolarmente esplicative del valore di questi beni. In testa alla cordata vi era il Consiglio della minoranza della Regione litoraneo montana. Era solo un segnale simbolico, ammise la presidente Marot ma che, sperabilmente, avrebbe contribuito a salvare un luogo di specifico riferimento per Fiume e il suo esodo, come provato dal fatto che nulla di simile era riscontrabile nel cimitero di Tersatto. L’iniziativa coinvolse i maggiori esperti dell’arte cittadina, le istituzioni degli esuli fiumani e il consolato.

L’avvenimento di maggior rilievo in cui furono coinvolti gli italiani di Fiume nel 2014 fu la rappresentazione allo Zajc, a metà marzo, dello spettacolo "Magazzino 18", di Simone Cristicchi, ovvero il racconto dell’esodo da queste terre visto "dall’angolatura" di quel deposito triestino in cui furono raccolte le masserizie che si erano portati al seguito e che per la gran parte non tornarono a riprendersi. Alla febbrile attesa per la recita fece seguito una partecipazione molto attenta, regolarmente seguita da applausi scroscianti e una lunga standing ovation. Formula molto riuscita scrissero i giornali, in quanto contribuiva a spiegare efficacemente il dramma dell’esodo (e dei rimasti) molto più di quanto non lo avessero fatto i libri di storia.

Il 17 giugno, all’età di 83 anni, scomparve Ennio Machin, una delle figure più significative della CNI. Nativo di Torre, era stato per decenni attivista e dirigente della CI e della Fratellanza, nonché esponente sociopolitico e per tre mandati direttore dell’Edit. Particolarmente apprezzate le sue qualità canore.

Quel giugno fu comunque in preminenza "politico", date le elezioni per il rinnovo dell’Assemblea e della dirigenza. Indetta per luglio, la prima convocazione del rinnovato organo rappresentativo saltò per mancanza del numero legale. Alla seconda, il 27 agosto, venne eletta presidente Orietta Marot, vicepresidenti Mario Simonovich e Gianna Mazzieri Sanković, presidente dell’esecutivo Corinna Gerbaz Giuliano. Alla successiva, del 17 settembre, l’Assemblea decideva di informare formalmente le varie

Momenti di difficoltà, ma anche momenti di relax. Uno di questi fu indubbiamente costituito dalle feste di carnevale che per tutti questi decenni hanno rappresentato anche un momento d'incontro per i connazionali. Era un modo per ritrovarsi, stare in allegria e mettere al bando, per quanto possibile, le difficoltà quotidiane. istituzioni in merito alla situazione insostenibile in cui il sodalizio si era ritrovato in particolare nel segmento finanziario, ma anche in diversi altri. Volendo ovviare a questo stato di cose, oltre ad inviare le lettere, incontrò diversi soggetti interessati: le dirigenze UI e UPT, il sindaco di Fiume, il presidente della Regione litoraneo montana e il console.

L’attività "normale" non fu però dimenticata: in ottobre fu presentato il libro "Nazario Sauro. Storia di un marinaio" scritto dal nipote, l’ammiraglio Sauro assieme al figlio Francesco. In dicembre si tenne la sessione di fondazione della Sezione autonoma del Cenacolo degli operatori culturali. "Un libro fiumano al cento per cento", si disse alla presentazione dell’antologia poetica "Fiume nella poesia dei poeti fiumani", curata da Giacomo Scotti e presentata all’inizio di giugno del 2015. All’interno i versi di sedici autori che negli ultimi settant’anni hanno onorato la città con la loro produzione letteraria e in cui, come detto dal curatore, si avvertivano sensazioni di sradicamento che non era però mai tradimento delle origini. Inserito nella Settimana della cultura fiumana, l’appuntamento fu uno dei più significativi dell’anno. Sempre in giugno si risentì dopo un secolo lo slogan "Né partecipare né sabotare" con cui i socialisti italiani si erano posti di fronte alla Grande guerra. Oratore d’eccezione fu il concittadino esule Fulvio Mohoratz che spiegò come il mancato inserimento di Fiume negli accordi preliminari al conflitto fosse stato causa di tanti sviluppi imprevisti. La serata costituì il contributo comune della CI e della Dante Alighieri alle rievocazioni del centenario.

la targa d’oro a William Klinger

Alla cerimonia di consegna dei riconoscimenti cittadini la Targa d’oro della Città assegnata alla memoria a William Klinger venne ritirata dalla vedova Francesca Boscarol. Per inciso, in concomitanza con San Vito, su un edificio della piazza a lui dedicata, fu scoperta una nuova lapide in memoria di Giovanni Kobler, in sostituzione di quella che sembrò essere andata perduta nel corso della demolizione del precedente edificio. Il 24 giugno la presidente Marot incontrava a Roma, insieme al responsabile della CI di Rovigno Marino Budicin, il sottosegretario Benedetto della Vedova. Oggetto dell’incontro: il quadro di disagio in cui si trovavano ad operare le due CI.

Prima dell’inizio delle calure estive, e relativa chiusura, un’ennesima prova dell’attivismo comunitario. Un gruppo di attiviste decideva di fondare la sezione delle "Fiumane bele" allo scopo primario di stare in compagnia e promuovere un’attività in sintonia con la loro età.

Lunedì 2 novembre fu presentato il libro dell’esule Piero Tarticchio "La capra vicina al cielo" editore Mursia, vincitore del Premio "I Murazzi" 2015.

All’Assemblea del 6 novembre Corinna Gerbaz Giuliano si dimise da presidente del Comitato esecutivo, in quanto, disse, il suo lavoro all’Università era raddoppiato. Alla stessa riunione fu preso atto delle dimissioni del consigliere Denis Stefan, che aveva ritenuto inaccettabile il modo in cui era stato vanificato il suo impegno in relazione allo statuto. Al suo posto subentrò Maria Grazia Frank. Seguì una lunga discussione in merito all’accorpamento della "Fratellanza" in seno alla CI.

Il 24 dello stesso mese l’Assemblea si riunì per eleggere il nuovo presidente dell’Esecutivo. Due erano i candidati in lizza: Marin Corva e Laura Marchig. In apertura di sessione Corva spiegava che s’era candidato nel timore che nessun altro volesse assumersi l’incarico, cosa che sarebbe stata impermissibile. Pertanto, appurata la candidatura Marchig, si ritirava. La successiva votazione si concludeva con 16 voti a favore, 5 schede bianche e una nulla, nonché un consigliere non votante.

Un inusuale ma pregnante even-

to librario si svolse il 4 dicembre: la presentazione del volume "Francesco Drenig. Contatti culturali italo-croati a Fiume dal 1900 al 1950" in duplice versione separata, italiana e croata, edite rispettivamente dal CRS di Rovigno e dal Museo civico di Fiume.

L’8 dicembre la Giunta dell’Unione tenne a Palazzo Modello la seconda riunione straordinaria. All’incontro di rito con la CI ospitante furono trattate diverse diverse questioni concrete. Un dialogo costruttivo, si disse, anche se, per motivi oggettivi, non tutte le domande poste dalla CI ebbero risposta. Punto particolarmente dolente, come sempre, i mezzi finanziari inadeguati ad una comunità di queste dimensioni, tanto da metterne in forse anche l’esistenza.

A conclusione di un anno d’attività, il 19 dicembre si tenne l’usuale Serata dell’attivista con il trio di Alida Delcaro preceduto da una mostra dei partecipanti al corso di pittura della "Venucci" intitolata "I mille colori delle farfalle".

E veniamo al 2016. Nella seconda metà di gennaio il sottosegretario Della Vedova compì una breve visita a Valle e Rovigno. All’incontro nella CI rovignese la presidente Orietta Marot rilevò lo stato di precarietà in cui si trovava ad operare la CI fiumana.

Nuove difficoltà in seno alla dirigenza comunitaria si prospettarono alla sessione asembleare del 24 febbrario. A conclusione dei lavori la presidente dell’esecutivo Laura Marchig dava le dimissioni. Motivo: la situazione di disagio in cui si era trovata ad operare. Alla stessa Assemblea si approvava il bilancio consuntivo e la richiesta di finanziamenti da inviare al Comune, la Contea e l’UI. Il rimpiazzo fu tentato alla sessione del 19 marzo, ma senza successo. Unico candidato, Maria Grazia Frank ottenne solo sei voti, a petto di dieci schede bianche e una nulla.

Il 3 aprile, accompagnata dal presidente e dal direttore dell’UPT Fabrizio Somma e Alessandro Rossit, venne in visita alla CI Simona Flavia Malpezzi, deputata e membro della Commissione cultura, scienza e istruzione e della Commissione per l’infanzia e adolescenza del Parlamento italiano per un incontro con la presidente Orietta Marot, presenti Roberto Palisca, presidente dell’Assemblea UI, le presidenti dei Consigli della minoranza regionale e cittadino Melita Sciucca e Irene Mestrovich e il console Paolo Palminteri. Giudicando molto positivamente l’azione della CNI l’ospite la definì "una sorta d’anticipazione di quel modello che stiamo cercando di promuovere in Europa; qui la mescolanza è un patrimonio di grande civiltà". Si dichiarò quindi a disposizione per ogni necessità della minoranza.

Il 14 aprile si risolse alfine la "crisi dell’esecutivo" con l’elezione a presidente di Marin Corva. Candidato unico, ebbe 18 voti, quattro i contrari, una scheda nulla. A metà maggio, la CI ospitò il direttivo dell’Associazione imprenditori italiani in Croazia. La scelta di questa sede era un palese segno d’attenzione e di disponibilità verso la CNI, disse il presidente dell’Esecutivo UI Maurizio Tremul. Ultimo avvenimento di rilievo della prima metà dell’anno, la partecipazione dei connazionali al ricevimento offerto dal console Palminteri al Palazzo del Governo per il 2 giugno, anniversario della nascita della Repubblica italiana e, per felice coincidenza, anche della fondazione della Comunità degli Italiani di Fiume.

Come detto all'inizio, quel magnifico lampadario sovrastante il salone delle feste non poteva essere per forza di cose che un testimone muto degli avvenimenti su cui ha fatto luce per settant'anni. Questa Tore si è adoperata, per quanto possibile, a fungere da suo forse indegno ma benintenzionato sostituto per gettare ancora una piccola luce sulla nostra storia, in modo da capirci e conoscerci meglio, nell'auspicio che il lampadario ne possa essere testimone anche per molti decenni a venire...

qualche ricordo...

Al principio il Circolo, oggi la Comunità, nel mezzo una miriade di iniziative portate avanti per settant'anni da centinaia e centinaia di soci e attivisti, molti dei quali hanno speso qui tutta una vita. Sono stati anni diversificati nel tempo che hanno portato esperienze nuove, adeguate ai tempi e che in maniera più o meno tangibile ci hanno fatto a superare certi fatti del passato o, nella migliore delle ipotesi, a vederli sotto una luce del tutto nuova. Come vivono il passato comunitario coloro che hanno contribuito a formarlo ieri e come è visto il presente da chi vi sta contribuendo oggi? Cercheremo di dare una risposta nelle pagine che seguono, partendo dai più anziani che, per forza di cose, ricordano per esperienza diretta il tempo che fu per arrivare a coloro che danno vita all'attività del presente, o per lo meno, ne sono acuti osservatori.

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