LA TORE 27

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Dai ricordi alla realtà • di Fulvio Varljen

Momenti di speranze e di forti passioni

Il primo contatto che ebbi con il "Circolo", ero bambino, fu a una festa al campo del Poligono di cui conservo ancora il ricordo del palo della cuccagna; la prima vera esperienza nei saloni di Palazzo Modello invece, un torneo di tennis da tavolo e scacchi organizzato dal mitico Giovanni Squarcia, papà del valente musicista Francesco, alunno della "Gelsi". Un piccolo aneddoto di quando avevo 13 anni, a scuola incisi una linoleografia mettendo insieme due disegni del prof. Venucci, l’arco romano, una vista della torre da parte di Piazza delle erbe, una prospettiva impossibile, e così feci la stampa che è poi diventata la copertina della rivista. Il Maestro mi rese felice mettendo la sua firma sotto la mia manovalanza. Per anni frequentai la sezione arti figurative stringendo amicizia con artisti quali la proff. ssa Erna Toncinich, Arnalda Bulva, Gianfranco Miksa e Mauro Stipanov, per nominarne solo alcuni.

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Durante gli anni del Liceo diventai un frequentatore abituale della Comunità, divenni presidente del Club dei giovani, presidente della Comunità era el mulo de Gomila, Ettore Mazzieri, splendida figura di uomo e giornalista, grande amico di mio zio "Nino" Cucera. Mi conobbe come giovane apprendista della redazione sportiva dove venivo a dare una mano assieme a Silvano Silvani, mi inviò in Commissione cultura del Comune, mi permise di vedere e capire come funzionasse il "Potere" che in quel periodo era ben disposto. Organizzammo persino un concerto punk. Ospitammo anche gli astrofili, Berto Bilik, Mario Cargnus e Franco Ivancich, che poi fondarono la Società astronomica accademica. Erano momenti in cui la Comunità era piena di giovani. Non era una convivenza facile, ma grazie alle grandi doti diplomatiche di Mazzieri riuscimmo sempre a portare avanti un discorso aggregante. Gli anni dell’Università mi videro impegnato con la Filodrammatica, fucina di grandi talenti, uno per tutti Galliano Pahor. Regista era Nereo Scaglia e da quel Maestro imparai a dominare i sentimenti, cosa che mi fu poi di grande utilità nel mio lavoro. Avevo dato vita con l’amico Ezio Giuricin e con la "benedizione" di Lucifero Martini alle pagine di Panorama Giovani, chiamato dal prof. Illiasich diedi una mano in Liceo insegnando fotografia, si fa per dire, alla classe di Romano Grozich, chimica e biologia a Rossana Grdadolnik, William Klin-

ger, Flavio Cossetto, Mauro Graziani, Oskar Skerbec, Denis Stefan... Ricordo un’emozionante serata con la regia di Mario Schiavato in cui proiettammo una serie di vecchie cartoline fiumane colorate a mano. Cercando lavoro come medico, andai prima a Parenzo e poi a Capodistria e questo mutò radicalmente la mia vita. A Capodistria assistetti fino alla fine un fiumano, di una famiglia di Stranga, con la cui moglie ebbi modo di parlare lungamente. Misi a loro posto i vari tasselli della storia delle varie famiglie negli anni ‘40 e ‘50. I romanzi di Pratolini erano pallida ombra di fronte alla tragedia che avevo ricostruito, segreti inenarrabili che i miei genitori mai avevano raccontato, sono morti nella convinzione che li ignorassi. Rinnovai l’amicizia con Silvio Stancich, chiarissima persona, uno dei fondatori di Gruppo 88. Andai nel ridotto del teatro a sentire la discussione: Italiani, ieri, oggi, e domani? Per me fu uno shock tremendo, sentii il prof. Antonio Borme, Samo Pahor, Joze Hartmann, Galliano Labinjan, i fratelli Juri... Tremavano le vene, io ebbi paura ad iscrivermi a Gruppo 88, ben conscio dei detti "OZNA sve dozna" e "Via Roma nikad doma". Pensavo di assistere al crollo della Dittatura, ora con i capelli bianchi capisco che era solo un regolamento di conti all’interno della nomenklatura, fatto sulle spalle della povera minoranza, come altre volte, Borme e Zappia docet. Pieno di buone intenzioni, mi buttai a capofitto in incontri e di-


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