Dai ricordi alla realtà: Paolo Bachich • di Mario Simonovich
Eravamo in tanti giovani e pieni di vita
Un duetto con Mirella Runco
Paolo Bachich è anche, ed a tutti gli effetti, un veterano di questi settant’anni di vita comunitaria a Palazzo Modello. Disponibile, capace, ha passato qui, si direbbe, gran parte della sua vita, occupato a svolgere le più disparate mansioni, a seconda delle necessità che si presentavano, sicché ha lavorato al fianco di un gran numero di dirigenti e attivisti. "Quando ho cominciato a frequentare la Comunità? Se ben ricordo era il 1952, in un’epoca in cui il bisogno di comunicare che da sempre è presente in particolare fra i giovani, si esprimeva in modo molto diverso da oggi, visto che, tanto per dire, non c‘erano i cellulari né niente di simile. La grande attrazione per noi era di regola il ballo, nel pomeriggio il punto di raccolta era al campo Cellini poi, calata la sera – ricordo che, ragazze e ragazzi era-
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vamo una grande compagnia, – si andava al Circolo. Poi, pian piano mi sono inserito. Ho cantato e fatto parte di quasi tutte le sezioni, Filodrammatica, Arte varia, ecc." Come si lavorava allora? "Avevamo una forte tecnica e gli organizzatori degli spettacoli parlo in riferimento ai primi tempi - erano in primo luogo due, Nereo Scaglia e Vittorio Vittori." Dunque la Comunità, o il Circolo, come veniva chiamato allora, era molto frequentata? "Tantissimo. Da mattina a sera nei locali si poteva trovare sempre qualcuno, di solito occupato a fare qualcosa, ma talvolta anche solo a chiacchierare davanti a una tazza di caffè o un bicchiere di vino." Come e perché il calo? "Diverse sono state le cause, a partire da tanta gente che se n’è andata via. Fra i tanti mi vengono in mente i nomi di Matuchina, del dott. Zanini, Nevia Stemberger. Ma allora, forse, non ci pensavamo troppo a queste cose che affliggevano gli adulti: eravamo giovani, pronti allo scherzo, pieni di vita e di voglia di fare. Oggi si presenta tutto diverso. Vedo che nella gioventù l’attaccamento che si provava allora nei confronti del Circolo è venuto meno. Non potrei dire il perché, ma è così e la cosa mi rattrista parecchio. Una volta si faceva tutto "con il cuore". Pensi che ho passato molto più tempo qui che a casa mia. Per dire che clima c’era al Circolo, quando sono andato a fare il militare tutta la
compagnia è venuta in massa a salutarmi alla stazione. E non le dico che baccano." Lei ricorda l’episodio di violenza contro la Comunità verificatosi in concomitanza con la crisi per Trieste? "Non ho ricordi immediati, di prima mano, perché non l’ho vissuto qui, però ricordo molto bene che se n'è poi parlato a lungo. Ne erano rimasti coinvolti, per quanto mi viene in mente, Palisca, Vrancich, Mazzieri e qualcun altro. Si diceva che si fossero dovuti asserragliare all’interno dei locali per difenderli da questa gente che ci voleva entrare." Vedo questa foto che la ritrae giovane cantante. Come andò? "Va detto che lo facevamo in tanti, e pieni di fervore, sottoponendoci in continuità a prove su prove, ma tutto in un clima leggero, senza arrabbiarsi. Da principio ricordo che dei cantanti si occupava Fulvio Kriso che, come Palisca e Vrancich era un po’ il factotum del Circolo. Io allora facevo arte varia e ho cominciato a cantare dopo. Anche mia moglie, scomparsa qualche mese fa - il 7 ottobre sarebbero stati 55 anni del nostro matrimonio - recitava nella filodrammatica e la figlia ha fatto parte dei minicantanti. Anni dopo è stata ancora la volta di sua figlia, mia nipote." Ricordando i tempi "storici", si parla molto del susseguirsi delle serate... "Infatti ce n’erano tante, a partire da quelle chiamate "del mercoledì"