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Jugoslavia 1941: un destino ineluttabile?
Le vicende che condussero all’attacco italo-tedesco alla Jugoslavia sono ormai tutte note e la letteratura storiografica ha assunto, con il tempo, dimensioni incommensurabili. Abbiamo menzionato in precedenza, come, già a partire dal momento della maturazione della decisione di entrare in guerra contro la Francia e la Gran Bretagna, lo stato jugoslavo rientrasse, insieme alla Grecia, nelle mire sovversive del «duce» e abbiamo tentato di dare una spiegazione logica e coerente sul perché la scelta cadde, in quel torno di tempo, proprio sulla Grecia, evitando di ricorrere alla ancora spesso preferita spiegazione “macchiettistica” o “clownistica” della politica estera italiana, ovvero di decisioni prese da un Mussolini in preda a isterici scoppi di invidia per le vittorie di Hitler. Nell’estate del 1940, l’idea di una guerra alla Jugoslavia fu temporaneamente accantonata perché avrebbe sollevato una serie di problemi politici, della cui soluzione non si aveva chiara nozione, a cominciare dall’atteggiamento sempre ostile dell’alleato-concorrente tedesco e dalla gestione futura delle multiformi spoglie della compagine statale jugoslava. Iniziò così, per Mussolini, a partire dal quel momento, un periodo di “oscillazioni” e cambiamenti di umore, tra la volontà di dare una spallata alla Jugoslavia e di farla implodere, con la solita carta dell’appoggio alle spinte centrifughe delle nazionalità in lotta con Belgrado, come i croati, i montene-