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5. Lo scoppio della seconda guerra mondiale e le esitazioni italiane
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5. Lo scoppio della seconda guerra mondiale e le esitazioni italiane
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Il piano italiano di sostegno delle minoranze albanesi in Jugoslavia e in Grecia si stava appena abbozzando quando scoppiò la seconda guerra mondiale. L’attacco alla Polonia e l’inizio della guerra europea, il 1° settembre, rappresentarono per l’Europa e per la politica estera italiana uno spartiacque, i cui contraccolpi si sentirono anche sulla politica jugoslava e albanese di Palazzo Chigi. Il 9 settembre Ciano comunicò seccamente alla luogotenenza a Tirana di “sospendere fino a nuovo ordine le manifestazioni e attività irredentistiche albanesi, sia nei riguardi del Kosovo che della Ciamuria”54 . COPIA PER L'AUTORE In questa decisione fu certo preminente il desiderio di non turbare per il momento i rapporti con la Jugoslavia. Il problema della Jugoslavia era estremamente delicato poiché implicava una soluzione nell’ambito dei rapporti tra le due potenze dell’Asse e investiva dunque la complessità della politica estera italiana del momento55. I contatti tra diplomazia italiana ed esponenti kosovari, d’altronde, non erano passati inosservati alla polizia jugoslava fin dal viaggio agli inizi di luglio a Belgrado e Zagabria di Shtylla, personaggio già ben conosciuto e inviso agli jugoslavi. Il viceministro degli esteri, Smiljanić, ne aveva fatto cenno a Guidotti, che all’epoca aveva consigliato l’immediata partenza di Shtylla per Tirana appena ultimata la sua missione56 .
54 Ciano a Jacomoni, 9 settembre 1939, telespr. 231152/1737, in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Kossovese. 55 V. in proposito, GIANLUCA ANDRÉ, La guerra in Europa, 1° settembre 1939 - 22 giugno 1941, Milano, Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, 1964, pp. 286-301. Sui rapporti italo-jugoslavi si veda il fondamentale studio di ALFREDO BRECCIA, Jugoslavia 1939-1941. Diplomazia della Neutralità, Milano, Giuffrè, 1978, pp. 213 e ss. 56 Guidotti a Ciano, 6 luglio 1939, t.p.c. 3277/035; Ciano a Guidotti, s.d., s.n., in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Kossovese.
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Aleksandar Cincar-Marković, neo ministro degli Esteri jugoslavo, era tornato sull’argomento alcune settimane dopo, assicurando Guidotti che Belgrado non avrebbe tollerato sul proprio territorio l’attività di esuli albanesi contrari all’Italia, ma aggiungendo al contempo che “sapeva di poter contare su un’eguale correttezza e lealtà da parte nostra, nei riguardi soprattutto della minoranza albanese del Kosovo”57. Fu anche allo scopo di non esporre la legazione italiana a Belgrado che la trattazione del problema della minoranza albanese in Jugoslavia e il mantenimento di rapporti con essa furono avocati, per decisione di Ciano, direttamente a Roma e alla luogotenenza a Tirana58. Ma accanto alla prudenza nei riguardi di Belgrado, giocò un ruolo non indifferente nella decisione di bloccare temporaneamente l’attività di sostegno dell’irre-COPIA PER L'AUTORE dentismo kosovaro anche la mancanza di fiducia nei confronti di alcuni personaggi chiave del programma proposto da Shtylla. In particolare si avevano sospetti proprio sulla sincerità dell’uomo chiave per eccellenza, Ferhad Bey Draga. Uomo che risultava continuare a frequentare le legazioni di Francia e Inghilterra a Belgrado e che, dopo l’occupazione dell’Albania e dopo il viaggio compiuto a Istanbul per incontrare Zog, aveva dato l’impressione di voler “fare un doppio gioco, o quanto meno servirsi della sua posizione per ricevere sussidi da più parti”59 . La decisione di Palazzo Chigi di bloccare l’azione in favore dell’irredentismo albanese dette il via a un lungo braccio di ferro,
57 Guidotti a Ciano, 9 agosto 1939, t.p.c. 3616/049, in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Kossovese. 58 Appunto segreto, 14 agosto 1939; Indelli a Ciano, 23 agosto 1939, telespr. 3150/196 bis, in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Kossovese. Benini a Indelli, 1 settembre 1939, t.p.c. 19045 p.r., ivi. Vedi anche I Documenti Diplomatici Italiani, s. VIII, vol. XIII, Roma, Ministero degli Affari Esteri, 1953, D. 528. 59 Guidotti a Ciano, 23 novembre 1939, telespr. 5446/1481, in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Kossovese. Palazzo Chigi trasmetteva la notizia a Jacomoni, in pratica facendo proprio quanto detto da Guidotti. Benini a Jacomoni, 7 dicembre 1939., telespr. 242598/3037, ivi.
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che doveva durare fino alla maturazione dell’intervento in guerra dell’Italia, tra i vari uffici dell’amministrazione. La luogotenenza, spinta dai circoli irredentistici albanesi e talvolta fiancheggiata dal sottosegretariato, sosteneva la pronta ripresa del programma; la legazione a Belgrado premeva per mantenere ferma invece la decisione. Quando, agli inizi di settembre, Shtylla partì dall’Albania alla volta di Roma, dove alloggiava in via Flavia 72, Jacomoni scrisse una lettera personale ad Anfuso, con la quale il luogotenente raccomandava inutilmente che l’ex diplomatico albanese fosse ricevuto da Ciano, che si occupava personalmente della questione del Kosovo60. Shtylla tornò a insistere il 21 settembre per avere un appuntamento col ministro. A suo giudizio era assolutamente necessario, dopo lo scioglimento, il 26 agosto, della COPIA PER L'AUTORE Skupština e del Senato in Jugoslavia e in vista delle future elezioni, sostenere i capi del Kosovo, pena la perdita dei seggi che avevano in precedenza. Proponeva quindi l’invio di aiuti finanziari e direttive politiche, usando come tramite Çomora, distaccato alla legazione italiana a Belgrado. Anche questa volta, tuttavia, la richiesta di Shtylla non fu accolta e si preferì attendere61 . Così alla metà d’ottobre, l’infaticabile Shtylla lanciò ancora una volta una accorata esortazione a Palazzo Chigi. Comunicò che gli ex deputati kosovari insieme al gruppo di Ferhad Bey Draga gli lanciavano “appelli disperati” affinché non fossero abbandonati, sicuri di perdere tutti i seggi conquistati alle precedenti elezioni se non avessero ricevuto aiuto. Shtylla sottoponeva una lista dei finanziamenti che ricevevano queste personalità da Zog, e faceva presente ancora una volta l’impellente necessità di riprendere il
60 Jacomoni a Anfuso, 7 settembre 1939, Jacomoni a Ciano, 6 settembre 1939, telespr. 6622/2208, in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Kossovese. Jacomoni inviava anche due promemoria rimessigli da Shtylla, identici a quelli presentati dall’ex diplomatico albanese al sottosegretariato a metà agosto. 61 Appunto del SSAA, 21 settembre 1939, in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Kossovese. Il documento reca l’annotazione: “attendere”.
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finanziamento con 85.000 lire mensili62, proponendo nuovamente di incaricare della distribuzione l’ex segretario della legazione d’Albania a Belgrado, Çomora. Ma sull’appunto che riepilogava le richieste di Shtylla, si può ancora leggere un grosso “No”, scritto a mano con un lapis. Solo a fine ottobre, anche per le pressioni ricevute da Tirana, Ciano accettò di incontrare l’ex diplomatico albanese. Lo ricevette a Palazzo Chigi il 27 ottobre alle 13,15. Ma il proposito di evitare un’azione in grande stile nei confronti dell’irredentismo albanese, come quella che si era profilata, venne mantenuto. Shtylla riferì a Straneo, funzionario del sottosegretariato per gli affari albanesi, che il ministro degli Esteri italiano concordava sul fatto che bisognasse far qualcosa per gli ex deputati e senatori del Kosovo, ma che “tutto il resto invece deve restare fer-COPIA PER L'AUTORE mo fino a nuovo ordine”63 .
62 La somma doveva essere così ripartita: 800 franchi albanesi a Ferhad Bey Draga e 140 a suo figlio Salahedin; 100 al giornale Naš Dom, pubblicato a Skopje, a carattere religioso ma che si interessava alle minoranze; 60 franchi ad Aqif Gjilani, ottimo informatore; 80 franchi ciascuno ai due studenti nazionalisti che facevano propaganda Nezir Sejfo e Hajri Zejno; 60 franchi a ciascuno dei tredici studenti membri della società Besa di Belgrado; 500 franchi alla società stessa per le sue necessità; 70 franchi per aiutare studenti poveri; 150 franchi a religiosi musulmani; 350 franchi a personalità jugoslave che simpatizzavano con il movimento kosovaro; 250 franchi a Xhevat Bey Begolli, capo influente della minoranza, appartenente alla storica famiglia dei Begolli di Ipek, fratello di Qerim Bey che risiedeva a Tirana e designato a capo di un comitato che eventualmente si fosse formato a Tirana; 100 franchi a Asim Hoxha, influente esponente del clero di Giakova ed ex deputato, bisognoso di soldi per la rielezione; 100 franchi a testa alle società culturali nazionali di Tetovo e di Rahovec; 30 franchi a testa a sedici studenti poveri di scuola secondaria di Skopje; 200 franchi per spese di corriere più altri 200 franchi per mantenere l’automobile del ministro. 63 Appunto segreto del 21 ottobre 1939, con allegata lista dei nominativi che si sovvenzionavano in Jugoslavia e Appunto sull’aumento della sovvenzione “K”, in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Kossovese. In altra lista lo stesso Shtylla proponeva degli aumenti che avrebbero fatto lievitare la cifra da 13.500 franchi albanesi al
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Non contento, l’ex diplomatico albanese scrisse ancora un appunto per confermare la sua opinione sull’assoluta necessità di finanziare i politici kosovari del gruppo di Ferhad Bey Draga per le imminenti elezioni, ovvero i noti sette deputati più due ex senatori, Slatko Muhamed, ricco possidente e sindaco di Debar (Dibra), “buon patriota e amico dell’Italia”, e il dottor Xhafer Tetova, nativo della provincia di Korça ma che da 30 anni risiedeva in Jugoslavia per ragioni professionali. Sarebbe stato importante, inoltre, ottenere la nomina a senatore di Ferhad Bey Draga, nomina già promessagli da Stojadinović, ma non concretizzatasi a causa della caduta dello statista jugoslavo. Insomma, convinto che si potessero con successo aumentare i seggi alla Skupština ad almeno 12 con una buona propaganda, Shtylla chiedeva per il gruppo di Ferhad COPIA PER L'AUTORE Bey Draga 50.000 o 60.000 franchi albanesi da consegnarsi in unica soluzione invitando uno o due membri del gruppo in Albania o in Italia e in ogni caso controllando che fossero spesi per gli obiettivi prefissati64 . Ma aspetti locali e considerazioni generali concorrevano a spingere il governo italiano a tenere una linea molto prudente. Prime fra tutte, ovviamente, pesavano le considerazioni sui rapporti con la Jugoslavia. Come accennato, agli incoraggiamenti a sostenere l’irredentismo kosovaro provenienti da Tirana si contrapponevano i consigli alla prudenza che venivano dalla legazione di Belgrado. A fine novembre, Indelli era venuto di persona a Roma
trimestre a 24.000 con un aumento di 5.000 franchi dovuto all’intensificazione e all’allargamento delle attività. 64 Appunto di Shtylla s.d., ma di fine (28 ottobre) ottobre 1939, in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Kossovese. Il 10 novembre Shtylla fece presente a Jacomoni e a Straneo che in agosto aveva consegnato solo 9.660 su 13.620 franchi e che il resto lo aveva lasciato a Sofo Çomora (3.960 franchi), il quale non aveva potuto a sua volta consegnarli perché da Roma era partito l’ordine di sospendere i finanziamenti. Appunto di Shtylla, Roma 10 novembre 1939, in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Sussidi ad albanesi nel Kossovo.
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per discutere della questione con il sottosegretariato e per fare presente che era “sconsigliabile dal punto di vista del mantenimento delle buone relazioni con la Jugoslavia di far pervenire sovvenzioni ai deputati di origine albanese alla Camera jugoslava”. Aveva sconsigliato anche di servirsi di Çomora, ritenendo che, eventualmente, fosse lo stesso Shtylla a recarsi a Belgrado per dare i finanziamenti; aveva poi ribadito che era “di non grande utilità aiutare materialmente tali elementi per il mantenimento dei loro seggi alla Skupština”. Sull’appunto preparato dal sottosegretariato per Ciano si legge un visibile “Va bene”, segno inequivocabile del consenso del ministro alle idee di Indelli65 . Ma il braccio di ferro tra luogotenenza e legazione continuò. A fine anno, Jacomoni tornò alla carica con una lettera al sottose-COPIA PER L'AUTORE gretario per gli affari albanesi, l’industriale toscano intimo della famiglia Ciano, Zenone Benini, per sensibilizzarlo sul problema dei sussidi ai kosovari, che ancora attendevano, e che secondo lui bisognava risolvere positivamente per mantenere almeno il prestigio italiano tra di essi. Proponeva, ove Benini e Ciano convenissero nel dare qualche aiuto ai kosovari, di farlo recapitare da Jake Koçi, che conosceva l’ambiente bene e aveva dei buoni contatti. Il sottosegretariato però non mosse foglia e anzi rigettò il compito di parlarne a Ciano sullo stesso Jacomoni che alla vigilia di Natale si sarebbe recato a Roma66. Gli esiti dell’incontro tra Ciano e Jacomoni, tuttavia, registrarono una parziale sconfitta per coloro che premevano per un’immediata e vigorosa azione di supporto agli
65 Appunto segreto del 30 novembre 1939, in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Sussidi ad albanesi nel Kosovo. Il documento reca il timbro “Visto da S.E. il Ministro” e la scritta “Va bene”. 66 Jacomoni a Benini 18 dicembre 1939, in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Sussidi ad albanesi nel Kosovo. Sul documento si leggono due annotazioni: la prima di Benini, “A Jacomoni che ne parli lui con S.E. il Ministro”; la seconda del segretario di Benini, Soardi: “Mostrato a S.E. Jacomoni che mi ha assicurato che si sarebbe ricordato di parlarne a S.E. Ciano. Soardi. 21 dicembre 1939”.
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esponenti kosovari. Il programma di vasti finanziamenti sostenuto dalla luogotenenza e da Shtylla continuò ad essere accantonato, mentre si ripiegò su un programma ridotto e diverso come genere. Non si trattava più di sostenere notabili o esponenti politici, ma si optò per sussidiare la pubblicazione di un giornale nazionalista a Skopje. L’idea era stata lanciata dai capi della minoranza albanese nell’agosto precedente e trasmessa alla legazione attraverso il cavalier Rosa, reggente il consolato di Bitolj. A Roma l’idea piacque e si chiese a Rosa di assumere maggiori informazioni, che il console trasmise, agli inizi di dicembre, nella forma di una dettagliata relazione compilata dagli stessi proponenti albanesi. La relazione sosteneva l’utilità di pubblicare due volte al mese COPIA PER L'AUTORE e su quattro pagine un giornale in lingua turca e serba, ispirato all’Islam, che raccogliesse gli intellettuali e che facesse opera di propaganda per l’idea albanese, ma che soprattutto alimentasse l’agitazione contro il trasferimento degli albanesi e contro il sequestro dei beni degli albanesi del Kosovo. Direttore e caporedattore del giornale sarebbe stato l’influente Sulejman Aski Efendi, professore di teologia della Scuola superiore di religione islamica, già occupatosi di giornalismo quando a Skopje si pubblicavano giornali turchi. Per la lingua turca si prevedeva la collaborazione di Shabani Efendi Jashar, altro patriota ora segretario del Vakif di Kumanovo. L’importo richiesto per l’avvio della pubblicazione era di 7.500 dinari per i primi sei mesi, ovvero circa 20.000 lire italiane in totale, da inviare segretamente a Sulejman67. Anche su ciò, naturalmente, Jacomoni dette un parere molto positivo, trovando astuto lo stratagemma di pubblicare un giornale in lingua turca o serba per ingannare le autorità jugoslave, e proponendo la
67 Indelli a Ciano, 9 dicembre 1939, telespr. 5700/1591, con allegata relazione da parte albanese circa costi e scopi della pubblicazione, in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Kossovese.
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luogotenenza per l’incarico di recapitare i fondi necessari68 . Su questo progetto, dicevamo, si riscontrò un consenso generale. A Roma, infatti, anche il sottosegretariato si pronunziò favorevolmente e, preoccupato di far agire con tutte le cautele possibili il personale diplomatico italiano, concordò con la proposta di Jacomoni che fosse Tirana a incaricarsi di far giungere i fondi richiesti69. Ciano, da parte sua, quando, ormai alla metà di febbraio 1940, la questione fu portata sul suo tavolo, decise di dare il via all’operazione70. A partire dagli inizi del 1940, dunque, cominciarono a maturare le condizioni per un maggiore impegno italiano a favore degli albanesi irredenti. Ebbe certo peso nella decisione di tornare a interessarsi della minoranza albanese in Jugoslavia la situazione internazionale, che vedeva la Germania e l’Unione Sovie-COPIA PER L'AUTORE tica impegnate con successo nella spartizione dell’Europa orientale prevista dal protocollo segreto del Patto Molotov-Ribbentrop, che di fatto avvicinava sempre più il teatro di guerra alla regione balcanica. Ma contribuì anche la situazione locale determinatasi in Kosovo, dove, a parte l’intenzione di contrastare la propaganda antiitaliana serba e zoghista, si assisteva, come dimostrazione di orientamenti anti-serbi, alla crescita del prestigio italiano e a diffuse simpatie per l’Italia. Le autorità serbe, del resto, continuavano ad usare la politica del pugno di ferro verso gli albanesi, provocandone anche eclatanti proteste. Il 12 dicembre 1939, un gruppo di 140 capi di famiglia albanesi musulmani del Kosovo erano giunti a Skopje guidati dagli ex deputati Ilias Prishtina e Mustafà Durgu per reclamare dalle autorità jugoslave un intervento sugli organi
68 Jacomoni a ministero degli Esteri, 5 gennaio 1940, telespr. 398/87, in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Kossovese. 69 SSAA a Belgrado e Tirana, 7 gennaio 1940, telespr. 08084/71, in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Kossovese. 70Appunto per il Ministro, 14 febbraio 1940, in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Kossovese. Il documento reca l’annotazione “SI”.
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esecutivi della riforma agraria che avevano loro intimato di consegnare le terre a coloni montenegrini e che alle loro proteste avevano consigliato di emigrare in Turchia. A Skopje, la delegazione era stata ricevuta dal Bano del Vardar, il quale aveva promesso il suo interessamento e la sospensione temporanea delle espulsioni. Ma gli albanesi avevano ugualmente inviato una delegazione a Belgrado per sollecitare direttamente il governo. Proprio grazie all’interessamento del presidente del Consiglio Cvetković, agli albanesi era stata data soddisfazione: le espulsioni erano state sospese sine die e alcuni agenti erano stati puniti per abuso di potere71 . Questi eventi, tuttavia, non dimostravano, a parere della diplomazia italiana, la scelta del governo jugoslavo di una linea politica radicalmente diversa nei confronti della comunità albanese. Come COPIA PER L'AUTORE prima, la linea della durezza sarebbe prevalsa tanto più che gli albanesi del Kosovo guardavano con simpatia a ciò che stava accadendo in Albania. Ma proprio le simpatie riscosse dall’Italia spingevano le autorità serbe quantomeno ad alleggerire la pressione sulla comunità albanese. Il console italiano a Skopje, Roberto Venturini, che sarebbe divenuto uno degli uomini chiave della politica irredentista albanese di Palazzo Chigi, si spingeva a spiegare la mancanza di reazione da parte della polizia e la condiscendenza del Bano del Vardar di fronte all’eclatante e massiccia protesta di dicembre con il timore serbo che gli albanesi si riversassero in massa a chiedere protezione presso gli uffici del consolato italiano, come risultava per certo che qualcuno di loro aveva proposto72. A fine aprile lo stesso Venturini confermava che la diminuzione delle vessazioni contro gli albanesi cui si stava assistendo, come ad esempio la non
71 Venturini (da Skopje) a Indelli, 13 dicembre 1939, telespr. 1378/217, in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Kossovese. 72 Indelli a Ciano, 20 dicembre 1939, telespr. 5875/1652, in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Kossovese. Venturini a Belgrado, 12 gennaio 1940, telespr. 40/11; Indelli a Ciano, 27 gennaio 1940, telespr. 340/115, ivi.
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applicazione della riforma agraria, era dovuta al tentativo di accattivarsi le simpatie dell’elemento albanese, che tuttavia persisteva nel suo atteggiamento anti-serbo e filo-italiano73 . Con fondamento, insomma, benché con evidente esagerazione, una nota informativa che Jacomoni nello stesso periodo si curò di mandare a Roma, nel tentativo di rafforzare la sua posizione nel braccio di ferro che lo contrapponeva alla legazione a Belgrado sulla questione dell’appoggio all’irredentismo kosovaro, affermava che le minoranze albanesi in Jugoslavia erano “entusiasmate per l’unione dell’Albania all’Italia e hanno vive speranze che anche le loro regioni verranno unite all’Albania Fascista nel quadro dell’Impero romano”74. Oltre alla propizia atmosfera generale, un’ulteriore spinta a incoraggiare Palazzo Chigi a valutare positi-COPIA PER L'AUTORE vamente la ripresa degli aiuti agli albanesi del Kosovo venne da un sicuro passo di Ferhad Bey Draga in direzione della collaborazione con il governo di Roma. L’esponente albanese si era deciso a farlo dopo aver sperimentato inutilmente una serie di iniziative politiche, tutte rimaste però allo stato progettuale. In vista delle future possibili elezioni aveva tentato di organizzare i kosovari in una propria formazione politica, autonoma dal partito radicale governativo e, allo scopo, aveva preso contatti con il Partito croato dei contadini immaginando di creare un simile partito dei contadini albanesi. Questi contatti, tuttavia, erano stati interrotti per le interferenze delle autorità serbe, in particolare dello Stato Maggiore, che aveva usato la minaccia per far desistere singoli notabili albanesi dall’unirsi al disegno. Erano pure falliti i negoziati tenuti da Ferhad Bey Draga con il ministro jugoslavo delle Miniere e Foreste, Dzafer Kulenović, esponente di spicco della comunità slavo-musulmana bosniaca, per la
73 Venturini a legazione a Belgrado, 23 aprile 1940, telespr. 490/102, in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Kossovese. 74 Jacomoni a ministero deli Esteri, 6 aprile 1940, telespr. 10880/3195, in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Kossovese.
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creazione di un’organizzazione musulmana raggruppante anche gli albanesi. Ferhad, infine, aveva trovato opposizione all’idea di un partito politico dei kosovari anche presso gli stessi albanesi favorevoli al partito radicale governativo75 . Difficoltà politiche ed esigenze personali, dunque, spingevano Ferhad Draga verso la collaborazione con l’Italia. A metà aprile, Venturini comunicava che il notabile kosovaro intendeva stabilirsi a Belgrado, sia per vivere vicino all’amante, sia per essere più in contatto con i circoli politici della capitale al fine di procacciarsi sovvenzioni promettendo l’appoggio dei kosovari ai candidati del governo in caso di elezioni. Il console italiano giustificava il rinnovato bisogno di denaro da parte dell’esponente kosovaro con le spese che doveva sostenere per l’amante, con il diminuito reddito COPIA PER L'AUTORE della sua segheria a Kosovska Mitrovica, ormai carica di ipoteche, e con il cessato finanziamento da parte di Zog, dopo un ultimo versamento di 400 napoleoni d’oro nel giugno 1939. Ferhad Draga, dunque, aveva fatto dei passi presso il consolato italiano. Venturini scriveva che egli, pur non pronunciandosi apertamente, era favorevole all’Italia: “non solo non ci sarebbe ostile per principio, ma sarebbe disposto, purché pagato e bene, a riallacciare relazioni analoghe a quelle già avute con il governo albanese”76. La decisione sul sostegno all’irredentismo kosovaro, però, tardò ancora un po’, essendo il riflesso degli orientamenti di fondo della politica dell’Italia verso la Jugoslavia e, più in generale, della sua complessiva politica balcanica. Questi orientamenti maturarono solo nel mese seguente, in maggio, di fronte alle inarrestabili avanzate delle armate germaniche in Francia.
75 Indelli a ministero degli Esteri, 29 febbraio 1940, telespr. 757/233, in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Kossovese. 76 Venturini a Belgrado, 16 aprile 1940, telespr. 465/93, in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Kossovese. A margine, il documento reca l’annotazione: “Ferhad sembrerebbe incline a servirci dietro compensi e si troverebbe in difficoltà finanziarie. Ha fatto proposte in tal senso a Belgrado (legazione)”.