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5. Dal fiasco greco alla campagna di Jugoslavia
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di 25.000 lire54. Ma se lunga era stata la gestazione del piano per gli aiuti ai kosovari, veloce fu l’esecuzione. Palazzo Chigi accreditò sul conto corrente di Mameli 217.000 lire, come al solito prelevate dal Fondo riservato Albania “A”, programmando l’accredito dei successivi versamenti a gennaio, aprile e luglio 1941. Era il 28 ottobre 1940. Le armate italiane stavano entrando in Grecia55 . 5. Dal fiasco greco alla campagna di Jugoslavia La confusione nella preparazione dell’attacco alla Grecia, gli errori commessi, gli inganni e le reciproche illusioni di tutti coloro i quali gestirono l’intera faccenda, a cominciare da Mussolini e Ciano, COPIA PER L'AUTORE sono ben noti. Il 12 ottobre, infatti, dopo l’ingresso tedesco in Romania, e dopo che il maresciallo Graziani ebbe chiesto un temporaneo rinvio della seconda offensiva contro l’Egitto – come suggerisce Minniti56 – prese corpo l’azione contro la Grecia, sempre rinviata, ma mai abbandonata. E questa volta, come noto, Roma si guardò bene dal parlarne in anticipo con Berlino per evitare un ennesimo veto. La risposta, d’altra parte, non sarebbe stata diversa. Era con l’intenzione di convincere Mussolini a procrastinare l’attacco alla Grecia almeno fino alla primavera che Hitler si recò a incontrare il «duce» a Firenze la mattina del 28 ottobre. Ma lì il Führer poté solo apprendere che, al contrario, le ostilità erano già iniziate57 . Iniziava, così, con l’avvio della campagna di Grecia, l’inizio della crisi, come ha scritto De Felice, se non addirittura “il princi-
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54 Si veda DDI, s. IX, vol. VI, DD. 260 e 392. 55 Appunto per il gabinetto dell’Eccellenza il Ministro, a firma di Scammacca, 26 ottobre 1940, n. 71/21431/3591. Appunto Anfuso per Benini, 06204, 31 ottobre 1940, in ASMAE, SSAA, B. 79, f. Sussidi ad albanesi nel Kosovo. 56 V. FORTUNATO MINNITI, Fino alla guerra. Strategie e conflitto nella politica di potenza di Mussolini 1923-1940, Napoli, ESI, 2000, p. 221. 57 Hitler a Mussolini, lettera del 20 novembre 1940, in DDI, s. IX, vol. VI, D. 140.
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pio della fine”, come l’allora ministro italiano ad Atene, Emanuele Grazzi, intitolò il suo libro di ricordi sulle relazioni italo-greche58 . La condotta delle operazioni militari in Grecia, impostata con molta leggerezza, comportò, come noto, a pochi giorni dall’attacco, lo scontro con l’accanita resistenza greca e di lì a poco al rovescio militare59. Agli inizi di novembre, infatti, i greci erano già passati al contrattacco suscitando a Palazzo Venezia sconcerto, rabbia, desiderio di rivincita e la volontà di punire quelli che erano ritenuti i responsabili dell’insuccesso militare. Il fallimento dell’attacco alla Grecia si riverberò con effetti drammatici sul prestigio internazionale dell’Italia e su quello del regime in particolare, per il declino del consenso interno e per le accuse che da più parti si levarono contro l’inettitudine dei militari COPIA PER L'AUTORE e contro l’irresponsabilità di Ciano e degli uomini a lui vicini, indiziati di aver portato alla catastrofe il paese60. Mussolini dovette fronteggiare una drammatica situazione, che direttamente lo chiamava a rispondere dell’insuccesso militare, in un clima politico che divenne presto rovente per le accuse reciproche che si scambiavano, e continuarono a scambiarsi, politici e militari. Sul piano dei rapporti italo-tedeschi, la crisi militare italiana pose Mussolini in evidente imbarazzo61, ben visibile dal tentativo
58 V. sulla guerra alla Grecia l’ormai classico, MARIO CERVI, Storia della guerra di Grecia ottobre 1940-aprile 1941, Milano, BUR, 2001. 59 V. sugli aspetti militari del conflitto, MATTHEW WILLINGHAM, Perilous Commitment. The Battle for Greece and Crete 1940-1941, Spellmount, Staplehurst, 2005, pp. 14-38; LUCIO CEVA, Italia e Grecia 1940-1941. Una guerra a parte, in L’Italia in Guerra. 1940-43, Brescia, Annali della Fondazione Luigi Micheletti n. 5, 1990-91, pp. 191-199. 60 V. DE FELICE, Mussolini, cit., pp. 315, ss. 61 Sulla polemica tra italiani e tedeschi riguardo all’impresa di Grecia e in generale alla situazione balcanica successiva ad essa, v. GERHARD SCHREIBER, “Due popoli una vittoria”? Gli italiani nei Balcani nel giudizio dell’alleato germanico, in L’Italia in guerra 1940-43, Annali della Fondazione Luigi Micheletti n. 5, Brescia, 1990-91, pp. 95-118.
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che fece, ma che certo non ingannò né i leader politici del Reich né lo stato maggiore tedesco, di allontanare la responsabilità per gli esiti della guerra dal governo e dai vertici militari italiani, rigettandola sulla mancanza di combattività dei militari albanesi, sulle improvvise condizioni meteorologiche e sulla mancata cooperazione bulgara, che aveva permesso alla Grecia di trasferire otto divisioni su fronte albanese62. Tre fattori, questi, che certo avevano giocato qualche ruolo, ma che erano lungi dall’essere quello decisivo. Il «duce», d’altro canto, sia per ragioni di prestigio, sia per timore di un’ingombrante presenza tedesca, resistette dall’accettare un aiuto diretto delle truppe tedesche sul fronte albanese, pure proposto da Berlino. Roma, come al solito, preferì richiedere alla COPIA PER L'AUTORE Germania consistenti aiuti in materie prime e materiali bellici, un sostegno che per la mentalità del «duce» appariva meno frustrante e forse anche meno “pericoloso”63. Ciò che sembrava assolutamente indispensabile agli occhi dell’alleato germanico, soprattutto dopo il ripiegamento dell’esercito italiano e l’invasione dell’Albania da parte della Grecia, era di mantenere le posizioni ed evitare che i greci si stabilissero sulla costa albanese64. Anche nelle more della preparazione del passaggio delle truppe tedesche dalla Romania alla Bulgaria, da dove, poi, avrebbero portato l’attacco alla Grecia, per il comando tedesco l’imperativo d’ordine militare degli italiani doveva essere quello di resistere sul fronte di ripiegamento e di non perdere Valona. La perdita di Valona avrebbe significato consegnare ai greci, e quindi ai britannici, una postazione eccezionale per il controllo strategico dell’Adriatico, che sarebbe divenuta una sicura minaccia per l’Italia meridionale e, anche se non lo si diceva esplicitamente, per la stessa Germania. L’attacco tedesco alla Grecia, a partire dalla Bulgaria, infatti, non
62 Mussolini a Hitler, lettera del 22 novembre 1940, in DDI, s. IX, vol. VI, D. 146. 63 V. DDI, serie IX, vol. VI, DD. 258, 309, 323. 64 Appunto di Ansaldo per Ciano, 11 dicembre 1940, in DDI, s. IX, vol. VI, D. 281.
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sarebbe potuto avvenire prima della prima quindicina di marzo. Nel frattempo, un alleggerimento della pressione si sarebbe avuto con l’afflusso delle truppe tedesche in Bulgaria, che avrebbe spinto il comando greco a distogliere una parte delle sue forze dal fronte albanese per concentrarle alla frontiera bulgara65 . Dal punto di vista degli equilibri politici fra i due alleati, le sconfitte militari avevano pesantemente compromesso la posizione dell’Italia. La guerra parallela era definitivamente fallita, almeno nel senso che si era ridotta al minimo la libertà di manovra dell’Italia e bloccata la possibilità di ogni sua ulteriore iniziativa autonoma. Ma ciò non significò, e in questo si può ben concordare con De Felice66, che la fine della guerra parallela segnasse la rinuncia di Mussolini a sfruttare gli spazi di manovra ancora rimasti COPIA PER L'AUTORE all’Italia o quelli che riteneva si sarebbero forse ancora aperti nel corso della guerra e a pensare, dunque, alla politica italiana in termini d’opposizione all’egemonia tedesca in Europa, al contenimento della pressione della Germania sui Balcani, alla difesa dello “spazio vitale” italiano, almeno per quello che ora si poteva costituire. In questo quadro, quindi, il sostegno all’irredentismo kosovaro e alla creazione della Grande Albania diveniva un obiettivo ancora più vitale per gli interessi italiani.
65 Cosmelli a Ciano, 6 gennaio 1940, in DDI, serie IX, v. VI, D. 415, che contiene un rapporto di Marras sul suo colloquio con il generale Jodl. 66 V. DE FELICE, Mussolini l’alleato, cit., pp. 359-362.