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vano le miniere di cromo vicino Skopje, avevano inviato a Tetovo tre ufficiali del genio e un ingegnere per accertarsi della capacità ed efficienza della centrale elettrica che forniva l’energia alle miniere. I tecnici avevano disposto l’invio di un vagone con materiale indispensabile al funzionamento degli impianti. Ciano mise subito in guardia le autorità militari italiane sul fatto che questi sopralluoghi non diventassero alla fine pretesti per influenzare in sede di definitiva delimitazione dei confini l’assetto territoriale stabilito a Vienna59 . 3. Autonomismo macedone versus bulgarismo COPIA PER L'AUTORE A rendere più difficile la posizione del governo bulgaro nei confronti della costituzione della Grande Albania e dell’Italia che ne sembrava l’artefice, non furono meno importanti del nazionalismo interno quello bulgaro-macedone e il desiderio di Sofia di accattivarsene le simpatie spalleggiando al massimo le sue rivendicazioni verso l’Albania. Era questo il risultato anche della difficoltà che incontrò Sofia nella “bulgarizzazione” della Macedonia e nell’accantonamento di ogni desiderio autonomista-indipendentista da parte della popolazione bulgaro-macedone. Come gli albanesi, così i bulgaro-macedoni si erano sentiti oppressi dal centralismo serbo ed avevano resistito alla dominazione di Belgrado. Tutti i bulgaro-macedoni, dunque, avevano auspicato la liberazione dall’oppressione serba, ma si erano divisi tra coloro che desideravano un’annessione alla Bulgaria e coloro che, invece, dopo l’occupazione italiana dell’Albania, speravano, allo stesso modo, di poter creare una entità politica autonoma sotto la protezione dell’Italia. Il console italiano a Bitolj, Castellani, riteneva che questa corrente fosse stata inizialmente molto più numerosa, ben-

59 Ciano a Comando Supremo, 13 giugno 1941, telespr. 71/06012/C, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 2.

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ché in seguito la situazione si fosse rovesciata. L’immagine dell’Italia era ormai assai appannata dalla sistemazione confinaria della Grande Albania. La riconoscenza e le simpatie dei bulgaro-macedoni andavano ora al Reich tedesco che li aveva liberati dall’oppressione serba e aveva permesso il ricongiungimento con i bulgaro-macedoni sottoposti alla Grecia60 . La popolazione macedone aveva accolto con entusiasmo le truppe tedesche prima e quelle bulgare poi, mentre i comitati macedoni-bulgari avevano subito preso possesso di tutti municipi e delle direzioni di polizia escludendo gli altri elementi etnici. Era una dimostrazione palese che essi intendevano riservarsi, e in modo esclusivo, la gestione della cosa pubblica in Macedonia, trascurando gli altri gruppi nazionali, anche il più numeroso di essi, COPIA PER L'AUTORE quello albanese. A differenza di prima, si temeva ora che l’Italia potesse contrastare il programma territoriale massimo bulgaromacedone, schierandosi a difesa delle pretese albanesi. E se prima del crollo jugoslavo i macedoni avevano guardato con favore a un protettorato italiano, in cui sarebbero venuti a trovarsi in condizioni di parità con altri gruppi etnici, ora invece guardavano all’Italia come al paese che imponeva una spartizione della Macedonia o ostacolava il ricongiungimento di tutti i territori macedoni alla Bulgaria, privando il gruppo bulgaro-macedone della posizione egemonica in cui inaspettatamente si era trovato con l’occupazione bulgara61 . Tuttavia, anche la soluzione “totalitaria” bulgara, decisa dopo il crollo jugoslavo, non aveva soddisfatto tutti i bulgaro-macedoni ed era facile prevedere che si sarebbe sviluppato un attrito tra autonomismo bulgaro-macedone e centralismo sofiota. Con il consolidarsi dell’occupazione militare e dell’amministrazione bulgare cominciarono, infatti, i primi sussulti dell’autonomismo macedo-

60 Castellani (console a Bitolj) a Legazione a Belgrado, 5 maggio 1941, telespr. 217/83, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 1, sf. 1. 61 Castellani a Legazione a Belgrado, 5 maggio 1941, cit.

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ne. La centralizzazione imposta dal governo di Sofia provocò un vivo malcontento che gli autonomisti bulgaro-macedoni denunciarono, talvolta aspramente, con manifesti scritti nel dialetto locale, nei quali accusavano i bulgari di essere colonizzatori e oppressori62 . Il pugno di ferro utilizzato dai militari, la corruzione e l’impreparazione di gran parte della burocrazia inviata da Sofia, il gravissimo disagio economico, la persistente paralisi di molte attività produttive, le tasse esose, rendevano difficile l’integrazione dei bulgaro-macedoni nella nuova Grande Bulgaria63. L’atteggiamento dei militari bulgari, che nei confronti degli albanesi si manifestava con soprusi, violenze contro le donne e furti, non di rado ebbe come vittime proprio i fratelli bulgaro-macedoni, destando profonda COPIA PER L'AUTORE riprovazione, indignazione e rancore. Era facile poi, e ancor più indisponente, per la popolazione paragonare quest’atteggiamento a quello corretto e ordinato delle truppe tedesche che ancora rimanevano a Skopje per conservare direttamente il controllo della ferrovia Skopje-Salonicco. Al malcontento per gli eccessi dei soldati si aggiunse quello per l’auspicata ampia autonomia negata da Sofia, per l’esclusione dei capi politici locali dalle più prestigiose e remunerative cariche pubbliche, assunte da funzionari provenienti dalla Bulgaria o da emigrati bulgaro-macedoni tornati dopo molti anni nelle regioni d’origine, per il timore scatenato dai bulgari di vendicarsi di coloro che si erano “venduti” ai serbi, per l’imposizione di cambiare il leva alla pari con il dinaro, mentre il cambio ufficiale era stato stabilito in 100 leva per 160 dinari. I bulgari sembravano non avve-

62 Su ciò, v. PLAMEN S. TZVETKOV, A History of the Balkans. A Regional Overview from a Bulgarian Perspective, cit. pp. 234-235. 63 V. MILLER, Bulgaria during the Second World War, cit., p. 122-123; v. anche, sul senso di forte distinzione sentito dai bulgaro-macedoni nei confronti di Sofia, oltre che delle altre nazionalità vicine, quanto riferiva di prima mano CATALUCCIO, Tempo di attesa al Sateska, cit.

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dersi della maggioranza degli errori che commettevano e si mostravano vieppiù intransigenti. Chi si rendeva conto, almeno in apparenza, della realtà, come il generale d’armata Mikhov, non riusciva ad ottenere dai suoi dipendenti atteggiamenti corretti64 . L’annessione della Macedonia fu tutt’altro che un semplice momento di festa nazionale per l’irredentismo bulgaro. A serbi, montenegrini, greci e romeni si aggiunsero ora gli autonomisti macedoni nella comune aspirazione a rovesciare il “nuovo ordine” imposto dall’Asse nei Balcani. L’attacco della Germania all’Unione Sovietica accese le speranze degli autonomisti che proprio da lì potesse venire un nuovo radicale cambiamento e fece da lievito alle già esistenti forti simpatie per l’ideologia comunista. Autonomismo macedone e comunismo si saldarono nella COPIA PER L'AUTORE lotta contro il nuovo ordine balcanico, benché i due fenomeni non avessero la stessa origine o risultassero sempre collegati. Una parte del movimento autonomista bulgaro-macedone, probabilmente minoritaria e destinata ad assottigliarsi sempre di più, attribuì inizialmente proprio alla presenza bulgara la diffusione di ideologie come il comunismo e l’anarchismo65. Alle spinte autonomiste il governo di Sofia reagì con l’intensificazione della propaganda politica a favore dell’annessionismo, con il sostegno alla Chiesa ortodossa bulgara e, infine, con la riorganizzazione dei vecchi komitadji ilindeici sotto la guida dei vecchi capi dell’Organizzazione Rivoluzionaria Macedone66 . Sia il console Castellani da Bitolj che Venturini da Skopje

64 Venturini a Legazione a Belgrado, 4 maggio 1941, telespr. 402/168, in ASMAE, AP, Jugoslavia, B. 107, f. Situazione in Macedonia. 65 Castellani alla Legazione a Sofia, 23 giugno 1941, telespr. 299/95, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 1, 66 Castellani alla Legazione a Sofia, 18 agosto 1941, n. 448/48, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 1. Ministero degli Esteri a Berlino, 20 ottobre 1941, telespr. 12/ 23090/C, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 1 nel quale si riferiva quanto riportato dal console a Bitolj in data 24 settembre 1941.

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segnalarono la costituzione di bande armate macedoni con a capo i vecchi voivoda devoti a Sofia, bande che erano impiegate per fiancheggiare l’esercito e la polizia bulgari contro tentativi di dissidenza armata da parte di autonomisti macedoni o irredentisti albanesi67. La lotta senza quartiere ingaggiata da Sofia contro l’autonomismo bulgaro-macedone, tuttavia, non dette i frutti sperati. Difficilmente li poteva dare, del resto, viste le molteplici asperità incontrate dal tentativo di normalizzare la situazione a livello locale e la guerra europea che si estendeva a macchia d’olio fino a divenire guerra globale, prima coinvolgendo il colosso russo, poi quelli giapponese e americano. Con l’aggravarsi della crisi politica ed economica dovuta al protrarsi e all’allargarsi della guerra, l’aspirazione autonomistica quindi rimase vivissima e le simpatie COPIA PER L'AUTORE per il verbo comunista guadagnarono sempre più proseliti. Ma la lotta tra autonomismo bulgaro-macedone e “bulgarismo” si rifletté anche sui rapporti con l’Italia e l’Albania. Era gioco forza, infatti, per la propaganda e l’azione anti-autonomista tingersi dei colori più accesi del nazionalismo bulgaro e sposare completamente i desideri bulgaro-macedoni di non rompere l’unità della Macedonia. Di conseguenza, si mantenne costantemente acceso l’irredentismo nei confronti delle terre rivendicate dai bulgaro-macedoni, ma ormai parte della Grande Albania. Non che vi

67 Castellani a Sofia, 9 settembre 1941, telespr. 496/59. Venturini a Sofia, Skopje 20 settembre 1941, telespr. 830/163. Venturini era in grado di fornire a Roma un elenco delle bande con la località di azione e il numero di armati per ognuna. Anche alla fine di ottobre gli italiani vennero informati dell’organizzazione di contro-bande macedoni guidate da ufficiali del Comando Militare di Sofia e destinate a operazioni punitive, per il momento contro i serbi della Macedonia. Magistrati a Ciano, 25 ottobre 1941, telespr. 4927/1393. Venturini e Relli, tuttavia, smentirono che le bande avessero questi compiti, ma confermarono che bande di macedoni filo-bulgari avevano avuto fucili per aiutare l’esercito bulgaro nei compiti di polizia. Venturini a ministero degli Esteri, 6 novembre 1941, telespr. 1034/248 e Relli a ministero degli Esteri, novembre 1941, telespr. 707/109; tutti i documenti citati nella nota sono in ASMAE, SSAA, B. 78.

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