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5. I tentativi italo-albanesi di riunificare il Kosovo
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5. I tentativi italo-albanesi di riunificare il Kosovo
Pochi, tuttavia, nella zona d’occupazione tedesca, erano disposti, al pari di Xhafer Deva, a rassegnarsi all’idea di rimanere dentro i confini della Serbia. In giugno, il sindaco di Mitrovica, Mustafa Shabani, anche in rappresentanza della popolazione albanese di Podujevo e Vuciterni, e il sindaco di Novi Pazar, Aqif Bluta, inviarono alle autorità militari tedesche una petizione in questo senso e per richiedere l’instaurazione di un’amministrazione come quella che si era avuta nel 1915-18 durante l’occupazione austro-ungarica. Le autorità tedesche di Mitrovica ribadirono, però, l’intenzione di restaurare un’amministrazione serba e l’obbligo degli albanesi di collaborare con essa. I due esponenti kosovari, per rea-COPIA PER L'AUTORE zione, respinsero ogni collaborazione con i serbi, invocando l’occupazione italiana e il ricongiungimento alla patria albanese. Vista l’ostinazione degli albanesi, il comando tedesco di Mitrovica sensibilizzò i superiori gerarchici a Belgrado, che a loro volta invitarono i due notabili kosovari a recarsi nella capitale per discutere del loro atteggiamento con il comandante militare della Serbia. Il 16 e 17 giugno Mustafa Shabani e Aqif Bluta furono ricevuti al comando militare tedesco della Serbia, dove tuttavia fu loro confermato quanto sapevano: i quattro distretti albanesi sarebbero rimasti per tutta la guerra dentro i confini della Serbia e sotto l’amministrazione di Belgrado. Gli albanesi erano invitati a collaborare con le autorità civili serbe, con la promessa che dopo il conflitto si sarebbe presa una decisione definitiva. La risposta dei rappresentanti albanesi fu nuovamente negativa e i due ribadirono il desiderio della popolazione che rappresentavano di unirsi alla madrepatria quanto prima. Se ciò non fosse stato possibile, bisognava comunque evitare un’amministrazione serba nei distretti, lasciando l’occupazione tedesca fino alla pace. Forme di autonomia locale, pure riproposte, non sembravano sufficienti ai due rappresentanti kosovari, che giunsero a chiedere l’occupa-
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zione dei distretti da parte degli italiani, rifiutando di firmare ogni impegno alla collaborazione. Alle conversazioni fu chiamato a partecipare anche Xhafer Deva, nel chiaro intento da parte dei tedeschi di trovare una conciliazione tra gli stessi albanesi delle regioni occupate. Di questi passi presso le autorità tedesche gli italiani furono dettagliatamente informati, anche perché i due notabili albanesi invocarono direttamente l’interessamento da parte dell’Italia alla loro causa, pregando per una pronta occupazione italiana e per l’annessione all’Albania sotto la corona dei Savoia76. La situazione nel Kosovo occupato dalla Germania era, dunque, lungi dall’essere pacificata o semplicemente normalizzata. D’altra parte, il governo serbo guidato prima da Ačimović e poi, dall’agosto 1941, COPIA PER L'AUTORE da Nedić, si sarebbe sempre accanitamente opposto a ogni riconoscimento del carattere albanese della zona. Pressioni provenienti da Tirana e il desiderio di accattivarsi l’ala più nazionalista dello schieramento politico albanese spinsero l’Italia a sostenere ripetutamente la causa degli albanesi rimasti dentro i confini del governatorato militare della Serbia. Il governo albanese interessò continuamente Palazzo Chigi alle sorti della regione kosovara non annessa, nella mai sopita speranza di poter estendere in futuro i confini dell’Albania. Personaggi quali Ibrahim Lutfiu, Aqif Bluta, Mustafa Shabani e, soprattutto, Ali Draga, figlio di Ferhad, che era tornato a Mitrovica, tennero costantemente informate le autorità di Tirana dei negoziati che la comunità albanese affrontò con i tedeschi e con i serbi al fine di
76 Theodoli a Berlino, SSAA, Tirana, Comando supremo, 16 luglio 1941, telespr. 02834; Guidotti a ministero degli Esteri, 21 giugno 1941, telespr. 255/127 da Belgrado, in ASMAE, SSAA, B. 78, f. Minoranze. Come si vede, è molto discutibile quanto scrive Fischer che, fuorviato dai documenti tedeschi che ha utilizzato, afferma categoricamente che gli albanesi consideravano l’amministrazione tedesca a Mitrovica come “a model occupation regime”: v. FISCHER, Albania at War, cit., pp. 85-86.
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giungere a una partecipazione degli albanesi all’amministrazione civile. Si iniziò con la costituzione, nel luglio 1941, di un distretto giudiziario a sé stante nel quale potessero essere integrati gli albanesi77, per giungere, infine, il 6 agosto, all’emanazione da parte delle autorità di Belgrado di un decreto per il riordinamento e per l’amministrazione della regione del Kosovo sotto occupazione tedesca78. Come era stato già previsto, i quattro distretti kosovari furono posti sotto la sovranità serba, concedendo però agli albanesi lo status di minoranza etnica. Il nuovo regime amministrativo prevedeva un vice-bano albanese e assicurava agli albanesi la partecipazione alle varie istituzioni preposte all’amministrazione civile, prefetture, tribunali, organi finanziari, municipi, ecc., in proporzione al numero degli albanesi abitanti nei vari centri. Alla comu-COPIA PER L'AUTORE nità albanese veniva concesso, inoltre, il diritto di aprire scuole elementari con maestri albanesi e la creazione di una scuola media a Mitrovica. Ma il riconoscimento di questi diritti non fu in generale accolto con entusiasmo dagli albanesi. Innanzitutto stabilizzava l’assetto politico-amministrativo, cancellando di fatto ogni speranza di un’unificazione futura con il resto dell’Albania o almeno di una scorporazione delle quattro province dallo stato serbo e la creazione di un’amministrazione interamente albanese. In secondo luogo, si sospettava trattarsi solo di concessioni sulla carta, cui non sarebbe stata data attuazione pratica, impedendo una tutela adeguata della compagine etnico-culturale albanese. Il Comitato Kosovaro, dunque, si mobilitò immediatamente presso il governo
77 Comandante militare della Serbia, Verbale delle conversazioni per l’ammissione degli albanesi nella Amministrazione della giustizia serba. Belgrado 12 luglio 1941. Ai negoziati parteciparono per gli albanesi Ali Draga, Aqif Bluta, Xhafer Deva e Mustafa Shabani. 78 Il decreto fu pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale (Novo Vreme) dell’8 agosto 1941 ed era firmato da tutti i commissari serbi. È in ASMAE, SSAA, B. 78, f. Minoranze.
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di Tirana, lamentandosi della situazione e manifestando, nuovamente, quale suo obiettivo finale, l’annessione futura all’Albania79 . Nell’impossibilità di aprire un dialogo fruttuoso con i comandi militari tedeschi circa l’applicazione del decreto, il Comitato Kosovaro, d’accordo con il governo di Tirana, decise di inviare una propria delegazione a Berlino, nella speranza che il governo tedesco fosse più sensibile alle sue istanze. A Tirana fu anche chiesto un contributo di venticinquemila franchi albanesi per poter far fronte alle spese di viaggio. Jacomoni dette subito il suo assenso, a patto che la delegazione kosovara durante il suo soggiorno in Germania facesse capo all’ambasciata italiana a Berlino e che fosse accompagnata da un funzionario albanese del ruolo speciale del ministero degli Esteri italiano, quale ad esempio Shtylla. COPIA PER L'AUTORE Anche Corrias, capo dell’ufficio Albania del gabinetto del ministro80, al quale erano stati affidati gli affari albanesi dopo l’abolizione del sottosegretariato, voluta nel vano intento di rendere più autonoma la Grande Albania, si pronunciò favorevolmente. A suo giudizio, inoltre, la delegazione kosovara poteva approfittare del viaggio a Berlino per chiedere l’autorizzazione alla creazione di sedi del partito fascista albanese nei distretti sotto amministrazione serba, sembrando questo lo strumento più utile per tenere desto l’attaccamento alla madrepatria albanese nelle comunità non annesse fin tanto che esse fossero rimaste nei confini della Serbia81 . Ciano, tuttavia, fece opposizione alla proposta per due ragioni
79 Memorandum del Comitato Kosovaro a Verlaci, in ASMAE, SSAA, B. 78, f. Minoranze. Il memorandum era firmato da Bedri Pejani, Rexhep Mitrovica, Xhelal Mitrovica. 80 Sulla figura di Corrias, v. FRANCESCO CORRIAS, Un diplomatico italiano del novecento. L’ambasciatore Angelino Corrias 1903-1977, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2003. 81 GAB-ALB. Appunto per l’Eccellenza il Ministro, 17 settembre 1941, in ASMAE, SSAA, B. 78, f. Minoranze. Sull’appunto Ciano annotò: “Corrias. Parlarne al mio ritorno a Roma”.
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fondamentali. In primo luogo, pur con le condizioni poste da Jacomoni, non si voleva lasciare spazio a iniziative autonome dei kosovari e del governo di Tirana in campo internazionale, che avrebbero messo in discussione le prerogative di Palazzo Chigi. In secondo luogo, appariva chiara l’inopportunità di una tale missione nei riguardi dell’alleato tedesco, poiché avrebbe mostrato una troppo diretta ingerenza del governo italiano in questioni che di fatto riguardavano solo la Germania. Era pericoloso, anche per gli interessi stessi dell’Italia e dell’Albania, rimettere in discussione l’assetto stabilito a Vienna. Il ministro italiano, dunque, respinse l’idea di una missione a Berlino, ma concordò con una soluzione alternativa propostagli da Jacomoni: Shtylla avrebbe preso contatti con le comunità del Kosovo serbo e avrebbe suggerito che, even-COPIA PER L'AUTORE tualmente, la delegazione fosse inviata a Roma per presentare i loro desiderata a Palazzo Chigi. “A tale viaggio a Roma – si annotava – non dovrebbe essere data molta risonanza, onde evitare di urtare possibili suscettibilità tedesche”. Sarebbe stato poi compito di Ciano decidere se, quando e come affrontare la questione con l’alleato germanico82 . Fondamentale, tra i desideri espressi dagli albanesi, era il mutamento di alcuni articoli del decreto del 6 agosto al fine di renderlo effettivamente applicabile. Ali Draga presentò inutilmente ai comandi tedeschi una serie di petizioni che richiedevano come prioritaria misura l’autorizzazione a servirsi di personale proveniente dal Regno d’Albania. Senza di esso, infatti, si rendeva praticamente irrealizzabile la possibilità di introdurre l’insegnamento in albanese. Il decreto, infatti, prevedeva la scelta di maestri tra gli albanesi che possedevano la cittadinanza serba, ma di albanesi idonei all’incarico non se ne trovavano, stante lo stato di arretratezza in cui la comunità albanese del Kosovo era stata mantenuta
82 Appunto del 24 settembre 1941, in ASMAE, SSAA, B. 78, f. Minoranze. A margine, l’appunto con le proposte reca la scritta “SI”, segno del consenso di Ciano.
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per decenni. Ali Draga propose che i maestri fossero reclutati in Albania e si recassero in Serbia con un contratto particolare83. Ma, di fatto, ancora alla fine del 1941, malgrado nuovi sforzi negoziali da parte della comunità albanese con l’amministrazione tedesca, non risultava che queste richieste fossero state prese in considerazione con esiti positivi84 . La costante ingerenza nelle vicende del Kosovo serbo, per quanto a Roma ci si sforzasse di mantenerla su un tono minore, non fu certo gradita alle autorità tedesche. Lamentarono continue infrazioni del confine da parte degli albanesi del Regno allo scopo di fare opera di propaganda per l’annessione85, e risposero con una serie di iniziative di contro-propaganda che a loro volta urtarono gli italiani. Il Kosovo divenne in breve uno dei tanti terreni di COPIA PER L'AUTORE frizione tra Roma e Berlino, generati dalla sistemazione della penisola balcanica e, più in generale, dalla conduzione della guerra. La propaganda, del resto, come in tutti i Balcani, prendeva le forme più impensabili. In novembre, molte voci, alle quali pareva non fossero estranei agenti tedeschi e dietro cui si sospettava addirittura che vi fosse lo zampino del console generale tedesco a Tirana, Peter H. Pfeiffer, giunsero a Roma per dare come possibile la concessione di una vera e propria autonomia al Kosovo serbo come primo passo per la ricostituzione di un’Albania etnica sotto influenza della Germania. Si parlò di una futura offerta della corona della regione al figlio dell’ex monarca albanese, principe Wied, ora ufficiale tedesco86 .
83 Traduzione di una petizione di Ali Draga al capo della sezione per l’istruzione del Comando miliare della Serbia, KVR, Belgrado, 12 agosto 1941, in ASMAE, SSAA, B. 78, f. Minoranze. 84 Ministero degli Esteri a Tirana, 19 novembre 1941, telespr. 71/13953/386, in ASMAE, SSAA, B. 78, f. Minoranze. 85 Mameli a Ciano, 4 dicembre 1941, t. 11440R/435, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 9, Movimento macedone. 86 Comando generale a Ministero degli Affari Esteri, Promemoria del 4 novembre
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Le autorità tedesche erano anche sospettate di aver dato vita a un piccolo governo albanese a Mitrovica con esuli anti-italiani fuggiti dall’Albania. Le voci furono così persistenti che Palazzo Chigi richiamò l’attenzione di Mackensen su di esse mettendolo in guardia sul rischio di intorbidare le relazioni tra i due paesi. Ciano espresse inoltre la speranza che il Führer cedesse Mitrovica all’Albania, un gesto che avrebbe avuto una eco profonda sia in Albania che in Italia87. Il diplomatico tedesco prese nota delle osservazioni, ma il ministro italiano confidò al suo diario tutti i suoi dubbi circa il fatto che Berlino avrebbe seriamente preso delle misure88 . In realtà, la Wilhelmstrasse si adoperò fattivamente per accertare i fatti. Non vi era, a suo dire, alcuna macchinazione anti-italiana, benché esuli albanesi contrari all’Italia fossero stati utilizzati nel-COPIA PER L'AUTORE l’amministrazione civile della zona. Berlino, tuttavia, impartì chiari ordini alle autorità locali di evitare in ogni modo che Mitrovica divenisse una fonte di conflitto tra italiani e tedeschi89. Il ministero degli Esteri tedesco era però contrario, come Pietromarchi aveva suggerito in una sua visita a Berlino all’inizio di novembre, sia a che Mitrovica fosse occupata da truppe italiane, visto che era lì presente un quartier generale tedesco, sia a che gli italiani inviassero un console a Mitrovica; per la protezione degli interessi albanesi in Serbia bastava l’addetto agli affari albanesi già presente, e con il rango di ministro, alla legazione italiana a Belgrado90 . Il ministro degli Esteri italiano ebbe occasione di parlare direttamente con Ribbentrop delle questioni di diretto interesse italiano
1941, n. 79/B.10-MS, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 2. G. Relli (console a Bitolj) a Magistrati, 29 novembre 1941, telespr. 719/114, ivi. 87 Mackensen a Ribbentrop, 7 novembre 1941, in DGFP, s. D, vol. XIII, D. 456. 88 V. CIANO, Diario, alla data del 7 novembre 1941. Sull’attività anti-italiana effettivamente svolta dai tedeschi, v. FISCHER, Albania at war, cit., p. 86, che riporta notizie tratte dai documenti tedeschi. 89 Woermann a Benzler, 24 novembre 1941, in DGFP, s. D, vol. XIII, D. 495. 90 Ribbentrop a Mackensen, 24 novembre 1941, in DGFP, s. D, vol. XIII, D. 497.