25 minute read

1. Bulgari e albanesi di fronte alla spartizione della Macedonia

V Macedonia contesa 1. Bulgari e albanesi di fronte alla spartizione della Macedonia L’occupazione bulgara, iniziata a fine aprile, si estese rapidamen-COPIA PER L'AUTORE te, secondo gli accordi intervenuti con l’alto comando germanico, fino a una linea che partendo da un punto stabilito tra Skopje e Tetovo andava verso sud fino alla frontiera ellenica, comprendendo le cittadine di Bitolj e Prilep. I limiti della zona di occupazione bulgara furono annunciati il 17 aprile 1941 e il 14 maggio si proclamò l’annessione formale dei territori occupati, che furono poi allargati per includervi Ohrid, dopo un accordo con l’Italia, il 15 maggio1. Contemporaneamente, il 14 maggio, il bollettino di guerra italiano annunziò pubblicamente l’occupazione italiana di Tetovo, Struga e delle altre zone al confine occidentale albanese, dimostrando nei fatti quale fosse la linea di demarcazione tra Albania e Bulgaria raggiunta a Vienna2. Da parte sua la Germania, con un accordo del 24 aprile, stipulato dal suo commissario per gli affari economici, Clodius, si era assicurata diritti minerari e diritti di transito sulle ferrovie e sulle zone occupate dalla Bulgaria3 .

1 V. MILLER, Bulgaria during the Second World War, cit., p. 129. 2 Magistrati a Ciano, 14 maggio 1941, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 1, sf. 1. 3 Il protocollo economico fu firmato da Ribbentrop e Popov il 24 aprile; v. il testo in DGFP, serie D, vol. XII, D. 393.

Advertisement

172

La resa dei conti

Re Boris fu tra i primi a visitare le terre irredente e dopo di lui fu la volta del presidente del Consiglio, Bogdan Filov, che si recò a Skopje e Vels, insieme al ministro degli Interni, Gavrilov, e a quello delle Comunicazioni, Goranov, al fine di organizzare i centri essenziali dell’amministrazione civile. Parallelamente, a partire dal 3 maggio, data in cui assunse ufficialmente il controllo delle chiese ortodosse nei territori occupati di Jugoslavia e Grecia, il Santo Sinodo bulgaro stabilì quattro nuove eparchie, procedendo immediatamente alla nomina di nuovi prelati per le principali sedi vescovili dei territori occupati. Autorità civili e religiose bulgare marciarono all’unisono per l’instaurazione della sovranità bulgara sulle regioni acquisite. Ma l’occupazione bulgara provocò un po’ dovunque violenze e resi-COPIA PER L'AUTORE stenze. I bulgari interpretarono questa fase della guerra come una guerra di liberazione e dettero quasi per scontato che tutta la Macedonia, dalla frontiera bulgara al lago di Ohrid compreso, e dallo Sciar alla frontiera greca, dovesse essere annessa alla Bulgaria. Nel clima di esaltazione nazionalistica, poca attenzione fu posta sul fatto che entro questo territorio, in particolare nelle zone limitrofe al Kosovo o in centri come Skopje e Bitolj, vi erano consistenti gruppi albanesi, per non parlare poi della popolazione greca. Drammatica, infatti, apparve subito la situazione in Tracia, dove la popolazione era in maggioranza greca e con non pochi nuclei turchi4. Vent’anni di dominazione greca avevano teso all’estirpazione dell’elemento bulgaro e alla sua sostituzione con popolazione greca affluita dall’Asia minore in base all’accordo grecoturco sullo scambio di popolazioni, firmato a Losanna nel 1923. Per converso, il compito maggiore che ora si era assegnato il governo di Sofia era quello di riportare l’elemento originario bulgaro-macedone nei luoghi da dove era stato cacciato dai greci. Data

4 Su ciò v. ELISABETH BARKER, Macedonia. Its Place in Balkan Power Politics, London, 1950, pp. 31 ss.; MILLER, Bulgaria during the Second World War, cit., pp. 126-128.

Macedonia contesa 173

questa premessa, l’occupazione bulgara in Tracia non poteva che dare luogo a continui incidenti, violenze e soprusi di cui furono vittime greci e turchi. Dure proteste furono indirizzate a Berlino da parte del neutrale governo di Ankara a causa dei maltrattamenti perpetrati dall’esercito bulgaro contro la popolazione turca. Il governo tedesco, cui giunsero anche accorate invocazioni di aiuto dalle autorità greche di Salonicco e dallo stesso governo di Atene5, fu costretto a intervenire decisamente a Sofia. L’intervento di Berlino provocò la punizione di qualche militare bulgaro e l’invio di istruzioni tese ad evitare il ripetersi di simili incidenti. Ma ciò non arrestò il programma di forzata colonizzazione della Tracia. A fine 1941, il governo bulgaro emanò un decreto in base al quale tutte le proprietà immobiliari, rurali o urbane, e quelle mo-COPIA PER L'AUTORE biliari che appartenevano o a bulgari emigrati come risultato della prima guerra mondiale o a greci che erano fuggiti durante le ultime operazioni militari dovevano essere messe a disposizioni di cittadini bulgari che si volevano stabilire in Tracia e una serie di privilegi erano garantiti ai contadini che avrebbero voluto trasferirsi lì6 . Complicata si presentò da subito anche la situazione nella zona di Ohrid e Struga. Per effetto della politica di snazionalizzazione compiuta da Belgrado, gli albanesi rimanevano in stragrande maggioranza solo nelle campagne di Struga, mentre i bulgaro-macedoni prevalevano sia nelle due cittadine sia nella campagna di

5 Zamboni a Ciano, 29 maggio 1941, in DDI, s. IX, vol. VII, D. 179. Il presidente del consiglio greco, Tsolakoglu, chiese l’intervento del governo di Berlino contro le atrocità commesse dai bulgari contro la popolazione greca. Ma l’Auswärtiges Amt rispose che non intendeva farsi interprete delle proteste greche verso governi esteri, pur autorizzando il suo rappresentante ad Atene, Altenburg, a segnalare a titolo personale i fatti al suo collega bulgaro. 6 Simopoulos a Eden, 3 dicembre 1941, in British Documents on Foreign Affairs, Part III, Series F, Europe, Volume 21, Italy and South-Eastern Europe, July 1940-December 1940, D. 36, p. 443.

174

La resa dei conti

Ohrid. L’occupazione italiana era stata accolta con grande favore da entrambi i gruppi etnici. Il 12 aprile, T. Balabanov e G. Kisselov, rispettivamente presidente e segretario generale dell’Associazione amici dell’Italia, inviarono direttamente a Mussolini un messaggio di auguri e felicitazioni, esaltando il «duce» e l’esercito italiano che restituivano la libertà alla città bulgara di Ohrid7. Ringraziamenti ed esultanza per Mussolini vennero anche dagli originari di Ohrid residenti a Sofia8. La popolazione albanese di Struga espresse da parte sua sentimenti di riconoscenza al «duce» e a Vittorio Emanuele III, inneggiando alla liberazione ottenuta dall’Italia9 . Facile comprendere, con questi presupposti, come la lotta sulla destinazione finale di questi territori si scatenasse ben presto. La regione dei laghi era un’antica aspirazione nazionale albanese, COPIA PER L'AUTORE mentre i bulgaro-macedoni ritenevano, ovviamente, che l’intera regione avrebbe dovuto seguire le sorti della Macedonia, sia che questa, secondo il desiderio di molti fosse stata eretta a stato indipendente, sia che fosse stata annessa alla Bulgaria. Ohrid in particolare aveva un significato importantissimo religioso e culturale per i bulgari: era stata sede dell’antico vescovato ed era la patria e il luogo dove ora riposavano le reliquie di San Clemente, cui era intitolata l’unica università di Sofia. Ohrid era – scrisse Magistrati – la città santa, “La Mecca”, della religiosità bulgara. Dal punto di vista degli interessi albanesi la situazione a Ohrid apparve presto compromessa. Fin dall’inizio dell’arrivo delle truppe italiane, i bulgaro-macedoni della cittadina avevano sostituito il podestà albanese, assente al momento dell’occupazione,

7 Telegramma del 12 aprile 1941 per Mussolini a firma di Ivan T. Balabanov e Giorgio P. Kisselov, e Appunto del SSAA, 13 aprile 1941, in ASMAE, SSAA, B. 31. 8 Scammacca a Jacomoni, 2 maggio 1941, in ASMAE, SSAA, B. 31, f. Rapporti italo-bulgari. Il messaggio di ringraziamento al «duce» reca la data del 24 aprile ed è a firma di Demetrio Tetschkov. 9 Parini a Ministero degli Esteri, 31 maggio 1941, t. 5260/111, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 2.

Macedonia contesa 175

con un podestà bulgaro-macedone e tale iniziativa era stata legittimata dalle stesse autorità militari italiane. Il comandante del reparto occupante aveva stabilito rapporti ufficiali con la nuova amministrazione, recandosi come primo atto a visitarla e mostrando di favorire l’elemento bulgaro rispetto a quello albanese. La lotta interetnica si manifestò, poi, platealmente con l’esposizione di bandiere bulgare da parte della popolazione bulgaro-macedone, la quale, con il sostegno delle autorità di Sofia, era riuscita a bruciare sul tempo anche le iniziative di Tirana. Jacomoni, infatti, aveva disposto l’invio di molte bandiere italiane e di un certo numero di funzionari albanesi, con il fine di abituare lentamente almeno una parte dei bulgaro-macedoni alla prospettiva di una convivenza con gli albanesi nella comunità imperiale di Roma. Era un’idea che COPIA PER L'AUTORE cominciava a guadagnare terreno e che, secondo il luogotenente, avrebbe potuto sanare i contrasti e addirittura superarli. Nel tentativo di rimediare a questa situazione, d’accordo con i militari, nominò un commissario straordinario italiano al comune di Ohrid, mentre le autorità militari decisero di trasferire da Struga a Ohrid la sede del comando del raggruppamento camicie nere del gen. Biscaccianti, che occupava la zona dei laghi. Il quadro generale della Macedonia occidentale si presentò, tuttavia, ben presto molto complicato10. La propaganda bulgara dilagò con una serie di iniziative tese al risveglio dell’irredentismo bulgaro-macedone e all’unione con la Bulgaria. Con il pretesto di rendere omaggio a Biscaccianti, il 19 aprile giunsero a Struga due ufficiali bulgari, il colonnello Tremikov e il tenente Bankov, provenienti da Bitolj. Durante la loro visita un gruppo di circa duecento bulgaro-macedoni si radunò davanti alla sede del comando italiano sventolando, come atto di omaggio, bandiere italiane, tedesche

10 Offre il punto di vista macedone degli avvenimenti in Macedonia in questo frangente, il saggio di TATJANA CRISMAN MALEV, Aspetti di una occupazione: gli italiani nella Macedonia occidentale, in L’Italia in Guerra. 1940-43, Annali della Fondazione Luigi Micheletti, cit., pp. 171-184.

176

La resa dei conti

e bulgare, ma i manifestanti furono invitati a disperdersi per evitare controdimostrazioni da parte degli albanesi. I due ufficiali bulgari, poi, attraversarono la cittadina tra gli applausi della popolazione e ripartirono poco dopo per Ohrid. Qui si replicò la scena. Una folla festante li accolse e li seguì fino al palazzo comunale, dove uno dei due ufficiali, il colonnello Tremikov, arringò la folla dal balcone, promettendo l’arrivo delle truppe bulgare e l’annessione alla Bulgaria. I carabinieri lasciarono fare, ma poi furono costretti, per timore di violenze, a impedire una controdimostrazione che gli albanesi avevano organizzato a Struga. Il 20 aprile, altri due ufficiali bulgari arrivarono in macchina a Ohrid, con un codazzo di civili e, senza presentarsi ai comandi italiani, distribuirono volantini di propaganda. Il 23 aprile, manifesti di propa-COPIA PER L'AUTORE ganda, in cui si inneggiava alla Germania liberatrice, a Hitler, alla Bulgaria e a re Boris, furono diffusi nei principali centri irredenti, quali Kičevo, Gostivar e Tetovo. Il 24, membri del Comitato d’azione centrale bulgaro per la Macedonia provenienti da Skopje furono fermati dai servizi d’ordine italiani e furono loro sequestrate un migliaio di copie del giornale bulgaro Macedonia, campione d’irredentismo11 . La radio ufficiale di Sofia fu molto attiva con quotidiani programmi per pubblicizzare le sue rivendicazioni su Struga, Ohrid, Debar, e su altre località della Macedonia e del Kosovo, che erano abitate pure da albanesi. Da parte sua, anche la popolazione bul-

11 Sorice a Ministero degli Esteri, 17 maggio 1941, 131674/77.2.11, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 2, con allegato manifesto di propaganda bulgara. Altri episodi erano stati segnalati dalla luogotenenza a Tirana. Jacomoni, infatti, informò Roma che il 7 maggio pomeriggio erano giunti a Debar, provenienti da Skopje, un deputato e un giornalista bulgari decisi a andare a Ohrid per fini di propaganda. I carabinieri, anche in questo caso, non avevano dato il permesso. Come era accaduto altre volte, Palazzo Chigi incaricò Magistrati di interessare Sofia al fine di evitare occasioni di incidenti. Anfuso a Magistrati, 21 maggio 1941, t. 17149PR/174, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 2.

Macedonia contesa 177

garo-macedone si mobilitò o fu invitata a mobilitarsi nell’opera di sensibilizzazione in favore del programma nazionale bulgaro. Con un memoriale del 14 maggio, i rappresentanti bulgaro-macedoni di Ohrid, Struga, Debar, Kičevo, Gostivar, Galičnik, Tetovo, tutti centri che – ad eccezione di Ohrid – in base agli accordi di Vienna sarebbero dovuti andare all’Albania, si appellarono, per tramite di Magistrati, al governo di Roma in favore dell’annessione alla Bulgaria, con argomentazione storiche, culturali ed etniche. Si ricordava che durante la prima guerra mondiale Tetovo, Debar e Ohrid erano state annesse alla Bulgaria in virtù dell’alleanza tedesco-bulgara del 1915 e si avanzava, a giustificazione delle rivendicazioni, anche l’argomentazione geopolitica, sull’assurdità di staccare queste cittadine e la regione di Tetovo dal resto della Macedonia. COPIA PER L'AUTORE Per risolvere il problema degli albanesi lì residenti, si proponeva uno scambio di popolazione con i 70.000 macedoni che sarebbero entrati nei nuovi confini dell’Albania12. Al diplomatico italiano chiesero anche maggiore protezione contro eventuali violenze da parte di gruppi albanesi, richiesta che Magistrati girò a Roma con l’invito a fare qualcosa13 . Questi episodi avevano acuito e continuavano ad acuire gli attriti già esistenti tra le nazionalità, incoraggiando i bulgaro-macedoni ad assumere una posizione sempre più filo-bulgara e, per contro, turbando la popolazione albanese fuori e dentro i confini dell’Albania. A Tirana, scrisse Jacomoni dopo pochi giorni di occupazione bulgara, l’opinione pubblica era “sensibilissima alle vicende di quella regione cui rivendicazione all’Albania è delle

12 Appunto per il SSAA, 6 giugno 1941, n. 02001, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 2. Con l’appunto si restituiva al gabinetto il memoriale Esposizione dei Bulgari delle regioni di Ocrida, Struga, Debar, Chicevo, Gostivar, Galitchnik e Tetovo, Sofia, 14 maggio 1941, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 2. Il memoriale recava le firme autografe dei rappresentanti bulgari delle cittadine. 13 Magistrati a Ciano, 17 maggio 1941, t. 4630/469 R.; Magistrati a Ciano, 19 maggio 1941, telespr. 1903/596, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 2.

178

La resa dei conti

meno contestabili anche per ragioni geografiche”. Il governo albanese si interessava appassionatamente alla sorte di Struga e Ohrid e confidava nell’appoggio italiano14. E se in queste due regioni la situazione appariva particolarmente delicata, non era poi troppo diversa da altre zone in cui la popolazione era mista. Il governo di Sofia sembrava mirare alla creazione di fatti compiuti, insediando magistrature municipali e inviando truppe di occupazione nelle località della Macedonia ex greca ed ex jugoslava che gli erano state promesse; oppure, spedendo civili e militari come agenti di propaganda nei centri dove non poteva operare un’occupazione militare, ma che rientravano nelle sue ambizioni nazionali, come ad esempio Debar e Struga, riconosciute come appartenenti all’Albania nelle conversazioni di Vienna tra Ciano e Ribbentrop. COPIA PER L'AUTORE A Roma, dunque, dove ci si preoccupò subito di nuove complicazioni politiche internazionali e scontri interetnici a livello locale, si ritenne opportuno controbattere all’azione bulgara, inviando a propria volta autorità civili nei comuni assegnati all’Albania e al Montenegro a Vienna e, dove necessario, completando le occupazioni militari15. Magistrati, a Sofia, avvertì subito la pericolosità di questi attriti per le relazioni italo-bulgare e l’urgenza di attivarsi per moderarli. Il problema dei confini albanesi-bulgari e della lotta interetnica nella Macedonia occidentale si era ormai posto e si sarebbe riverberato inevitabilmente sui rapporti tra Roma e Sofia. Già a fine aprile, il diplomatico italiano colse l’occasione per parlarne con il ministro degli Esteri bulgaro, Popov, e indurlo a tenere in considerazione anche le eventuali pretese dell’Albania. Popov sembrò al diplomatico italiano del tutto comprensivo e disposto a discutere anche delle rivendicazioni albanesi. A seguito del colloquio, Magistrati poté registrare atti distensivi del governo

14 Jacomoni a Ciano, 23 aprile 1941, t. 3602/R/0043, in ASMAE, SSAA, B. 78, f. Minoranze. 15 Appunto del SSAA, Uff. I, 29 aprile 1941, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 1, sf. 1. L’appunto, inviato a Pietromarchi, fu poi “sospeso”.

Macedonia contesa 179

di Sofia, quali la liberazione di prigionieri dell’ex esercito jugoslavo di origine albanese e la pubblicazione di articoli sulla stampa circa la necessità di mantenere buoni rapporti con l’Italia e di prendere in considerazione le aspirazioni nazionali albanesi, ma solo sul Kosovo e sull’Epiro. Il programma bulgaro di annessione di tutta la Macedonia occidentale, Ohrid e Struga comprese, infatti, rimase fermo. Il quotidiano Zora, diretto dal macedone Krapcev, pubblicò un protocollo siglato nel novembre 1920 dai nazionalisti macedoni e quelli albanesi in cui si concordava la cessione alla Bulgaria delle cittadine di Ohrid, Struga, e Ressen, mentre si stabiliva un plebiscito per decidere della sorte di Debar16 . Su Ohrid, tuttavia, data la sua importanza per la cultura e la religione bulgara, Magistrati suggeriva, se si era orientati a ce-COPIA PER L'AUTORE derla, di farlo subito e prendersi il merito di fronte ai bulgari di un sacrificio in nome dell’amicizia tra Roma e Sofia, evitando di sottostare a una sconveniente mediazione tedesca17. La Germania, infatti, appariva del tutto favorevole a dare le più ampie soddisfazioni all’alleata e fedele Bulgaria. Berlino riteneva impossibile negare Ohrid alla Bulgaria, per non minare l’incerto e infiammato quadro politico interno bulgaro e indebolire ancor di più la figura di re Boris18. Il 4 maggio, Hitler in persona aveva definito legittima l’annessione alla Bulgaria della Macedonia, quale debito storico e morale dei tedeschi nei confronti dei fedeli fratelli d’arme della grande guerra. Effettivamente, come Magistrati aveva auspicato, pur non essendo ancora state rese pubbliche congiuntamente da Italia e Germania le decisioni prese a Vienna, Palazzo Chigi si conformò velocemente ad esse circa la cessione di Ohrid. La presenza italiana nella cittadina fu dunque breve, ma lasciò una traccia significativa.

16 Magistrati a Ciano 24 aprile 1941, in DDI, s. IX, vol. VII, D. 4. 17 Ministero degli Esteri ad ambasciata a Berlino, 5 maggio 1941, telespr. 09761, in ASMAE, SSAA, B. 31, f. Rapporti italo-bulgari. 18 Richthofen a Ribbentrop, 16 aprile 1941, in DGFP, s. D, vol. XII, D. 357.

180

La resa dei conti

In pochi giorni gli italiani avevano organizzato una nuova amministrazione, nominato un segretario federale del fascio, aperto un’agenzia bancaria e diversi uffici pubblici, alimentando, tra l’altro, le aspettative degli albanesi di una definitiva unione della cittadina all’Albania. L’8 maggio si tenne lo scambio di consegne tra il comando italiano e quello germanico a Ohrid e pochi giorni più tardi il comando tedesco cedette le consegne a quello bulgaro. Per l’occasione, la cittadina fu imbandierata a festa con vessilli italiani e tedeschi e tappezzata di ritratti di Vittorio Emanuele III e del «duce». Una dimostrazione di riconoscenza, secondo il console italiano a Bitolj, per il “ricordo indimenticabile” lasciato dalle truppe italiane. Unanime da parte di bulgaro-macedoni e albanesi era stato COPIA PER L'AUTORE il riconoscimento della correttezza e della generosità dei soldati italiani, soprattutto in comparazione con le altre truppe di occupazione, tedesche prima, bulgare poi. Un musulmano turco, scrisse il console, definì gli italiani “non soldati ma fratelli”. Ma la partenza delle truppe italiane, avvenuta quando ormai si riteneva che il destino di Ohrid fosse già deciso in favore dell’Albania, sorprese e preoccupò la comunità albanese. Gli albanesi temevano l’elemento bulgaro-macedone e soprattutto il futuro comportamento delle autorità militari, religiose e civili bulgare, sentendosi, inoltre, ora più esposte di prima per aver scopertamente manifestato le loro simpatie per l’annessione all’Albania e per l’Italia19 . L’evacuazione di Ohrid seminò allarme tra la popolazione albanese di Struga per il timore che anche qui si potesse assistere a una sostituzione delle truppe italiane con quelle bulgare. Qualche piccolo incidente era sorto e se ne temevano di più gravi, stante l’attiva propaganda per l’unione con la Bulgaria esplicata segretamente da ufficiali bulgari in seno al gruppo bulgaro-macedone.

19 Console a Bitolj a Legazione Belgrado, 12 maggio 1941, telespr. 231/87, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 1, sf. 2.

Macedonia contesa 181

La fiducia nell’Albania e nell’Italia, tuttavia, non era stata scossa e la comparsa di Riza Drini, prefetto di Scutari, che il governo di Tirana aveva inviato in ispezione, era stata salutata con vibranti acclamazioni al re, al «duce» e all’Albania e con lacrime di gioia per la libertà riconquistata dopo tre decenni di servaggio. Perplessità destava nella popolazione il fatto che il comando italiano aveva lasciato funzionare l’amministrazione serba. Riza Drini ne chiese l’immediata sostituzione con funzionari albanesi e, come misure provvisorie, l’invio di un funzionario di partito e di un segretario politico con due o tre “camerati” che conoscessero l’italiano, di una decina di insegnanti, e di 2.000-3.000 abbecedari e altri libri di lettura. Fin troppo prevedibile era l’indicazione che dava il funzionario COPIA PER L'AUTORE albanese per normalizzare definitivamente la situazione: pronta annessione di Struga all’Albania e rifiuto di ogni idea, pure ventilata dai bulgari, di tenere un plebiscito solo per il suo circondario. Come non si era fatto alcun plebiscito a Skopje e dintorni, che le truppe bulgare avevano semplicemente occupato, così non era il caso di farlo per Struga. La pianura di Struga, d’altra parte, era il secolare granaio che approvvigionava le montagne di Mokra, Cermenika e una parte delle montagne di Debar ed era il loro principale mercato fin dal 1912. La sua appartenenza all’Albania, dunque, non era discutibile20 . Come le zone di Ohrid, Debar e Struga, anche la regione di Tetovo rientrava tra le zone rivendicate dall’irredentismo bulgaro. A Tetovo, centro a circa 45 km da Skopje assegnato a Vienna all’Albania, i reparti italiani fecero la loro prima apparizione il 9

20 Relazione sulla situazione a Struga e distretto, Struga, 28 maggio 1941, a firma del prefetto di Scutari Riza Drini, in SSAA, B. 77, f. 2. La relazione, insieme ad altre relative alla situazione nei territori occupati dall’Italia, fu, come già detto, rimessa da Verlaci a Ciano con lettera del 4 giugno 1941, n. 625/ 17/18/19. Tutti i documenti sono in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 2. Le relazioni furono date in lettura a Mussolini.

182

La resa dei conti

maggio, accolti con manifestazioni di entusiasmo da parte di migliaia di albanesi. Ma anche qui, ben presto, si diffuse la notizia di scontri, violenze e assassinii, questa volta però perpetrati da albanesi contro i numerosi nuclei di bulgaro-macedoni, e di una prossima marcia di bande armate albanesi su Skopje. Il governo bulgaro si affrettò a chiedere l’intervento di Magistrati a Roma affinché alle truppe italiane giungessero istruzioni per la protezione della popolazione bulgaro-macedone: risultava a Sofia che durante le cerimonie per l’insediamento dei comandi italiani a Tetovo, un gruppo di bulgaro-macedoni era stato attaccato da albanesi armati che avevano fatto 2 morti e 3 feriti21. La notizia, tuttavia, che non fu riportata dalla stampa bulgara, fu nettamente smentita dal comando italiano in Albania. Incidenti durante i festeggiamenti COPIA PER L'AUTORE per l’entrata delle truppe italiane non ve ne erano stati e qualche diverbio che era scoppiato in seguito si era risolto con qualche pugno. La situazione a Tetovo era delicata ma l’ordine pubblico non era mai stato turbato22. Anche secondo la ricostruzione del console Venturini, gli incidenti di Tetovo erano stati di portata minore, mentre la notizia era frutto di una manovra propagandistica della polizia bulgara intesa a rinfocolare l’odio tra albanesi e bulgari. La situazione a Skopje, invece, occupata dai bulgari, si presentava esattamente all’opposto. Le violenze contro gli albanesi erano state subito denunciate sia da Ferhad Draga, sia da Venturini. Agli inizi di maggio, le procrastinate brutalità dell’esercito occupante provocarono ripetuti interventi del console italiano presso le autorità militari bulgare. Ma alle assicurazioni verbali circa la perfetta disciplina dei suoi militari, il generale Mikhov, che comandava la piazza, non fece seguire fatti concreti. Anche un passo presso il co-

21 Benini a Ministero della Guerra, 16 maggio 1941, t.p.c. 16694PR, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 2. 22 Sorice a Ministero degli Esteri, 1 giugno 1941, n. 135708/77.2.15, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 2. Comando superiore forze armate Albania.

Macedonia contesa 183

mando tedesco non aveva dato risultati. Il generale von Lindemann aveva fatto capire al diplomatico italiano che era difficile contenere i bulgari. La prossima partenza delle ultime truppe tedesche, dunque, rischiava di peggiorare la situazione non avendo i militari bulgari più alcun freno. Venturini, dunque, si appellava a Roma affinché nelle trattative ulteriori su queste regioni si tenesse conto del trattamento fatto dai bulgari agli albanesi e “che il governo di Sofia venga indotto a por fine alla persecuzione degli albanesi colpevoli soprattutto di aver avuto e di avere fede nell’Italia fascista”23. Di passi a Sofia il governo di Roma ne fece parecchi, ma la situazione non migliorò. Nel corso di maggio, la tensione tra i due gruppi nazionali si inasprì. Il fatto che migliaia di albanesi avesse intonato il grido COPIA PER L'AUTORE “Skupi! Skupi!” (Skopje) aveva fornito alle autorità bulgare il pretesto per inasprire il loro atteggiamento verso la popolazione albanese nella loro zona di occupazione e in particolare a Skopje, dove si erano registrati violenze in massa e soprusi d’ogni genere. Gli albanesi erano accusati di essere infidi e di portare i loro copricapo tradizionali bianchi, le qeleshe, in segno di sfida e di resistenza. Il quartiere musulmano di Skopje era stato militarizzato, con pattuglie armate sempre in movimento e posti di blocco con mitragliatrici. Chi portava la qeleshe, o anche semplicemente il fez rosso, veniva portato in edifici statali o municipali e percosso con brutalità, minacciato, insultato o trattenuto in arresto. Contemporaneamente, si erano registrati casi di vessatorie perquisizioni notturne, furti e violenze contro le donne. Gli albanesi avevano accolto l’invito di Venturini a mantenere la calma e si erano limitati a inviare una delegazione presso il generale von

23 Venturini alla Legazione a Belgrado, 4 maggio 1941, telespr. 403/169R., in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 1, sf. 1. Allegato al rapporto, Venturini inviava un elenco circostanziato dei casi di violenze su albanesi nei villaggi di Teponica e Korbulic (Gnjilane), in quelli di Aracinovo Lahce, Stracinci e di Rasce (Skopje), e in quello di Tanusevac (Kačanik).

184

La resa dei conti

Lindemann per chiedere protezione. Aveva certo colpito l’attenzione dei militari bulgari il fatto che tutti i membri della delegazione che sfilava in corteo portassero il caratteristico copricapo bianco, ma certo non si era trattato, come le truppe bulgare avevano poi sostenuto, di un tentativo di rivolta in massa. Il console italiano, da parte sua, si era mosso per impedire queste violenze recandosi personalmente dal generale von Lindemann per chiedergli che prima di lasciare Skopje segnalasse al comandante bulgaro l’indegno comportamento delle sue truppe e il danno che ne veniva al prestigio dell’Asse. A seguito del passo, Lindemann era intervenuto, ma la risposta del comandante Mikhov era stata sempre la solita: il soldato bulgaro era perfetto e gli albanesi erano ribelli infidi. Maggiore comprensione Venturini aveva trovato COPIA PER L'AUTORE nell’amministrazione civile bulgara, senza tuttavia che la situazione potesse migliorare. Al console non rimase che appellarsi a Roma per interessare direttamente dei fatti il governo di Sofia e ricevere istruzioni su come atteggiarsi di fronte ad essi24 . Altre violenze furono segnalate in varie zone sotto occupazione bulgara dalla luogotenenza a Tirana e dagli altri consolati in Macedonia: da Bitolj a Presheva, dove la popolazione era stata sottoposta a sevizie, derubata e alcune donne erano state violentate. Insomma, il quadro generale dei rapporti interetnici tra albanesi e bulgaro-macedoni, a nemmeno un mese dalla dissoluzione della Jugoslavia, si presentò così inaspettatamente drammatico, confuso e incerto, che era assai difficile tenerlo sotto controllo: nemmeno le

24 Scammacca a Magistrati, 15 giugno 1841, telespr. 71/06095, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 1, sf. 9. con allegato Venturini a Legazione a Belgrado, 18 maggio 1941, telespr. 436/187. Secondo quanto si apprese a Roma, durante le manifestazioni di Skopje erano stati arrestati in totale 350 albanesi accusati di portare il copricapo bianco come segno di sfida nazionalistica. Su questi episodi v. anche British Documents on Foreign Affairs, Part III, Series F, Europe, Volume 21, Italy and South-Eastern Europe, July 1940-December 1941, D. 61, allegato, pp. 489-490.

Macedonia contesa 185

autorità militari tedesche, scrisse Magistrati, avevano del tutto chiaro cosa stesse accadendo nella Macedonia occidentale25. In questa situazione caotica e di diffusa violenza, più volte il governo italiano, raccogliendo gli inviti dei propri rappresentanti locali o quelli provenienti da Tirana, o quelli del governo bulgaro, si attivò per impedire violenze tra i diversi gruppi nazionali e per fornire adeguata protezione alle popolazioni. Alla metà di maggio, Palazzo Chigi inviò particolari raccomandazioni al ministero della Guerra e alla luogotenenza di disporre ogni misura per evitare violenze da parte albanese contro la popolazione bulgaro-macedone26 . Nello stesso torno di tempo, Ciano incaricò Magistrati di compiere un passo speciale per la protezione degli albanesi di Ohrid, COPIA PER L'AUTORE passata al controllo bulgaro dopo l’evacuazione italiana. Roma fece valere il fatto di non aver mai discusso l’appartenenza alla Bulgaria di Ohrid, dando piena e pronta soddisfazione alle rivendicazioni di Sofia, ma al contempo richiese precise assicurazioni sia per quanto riguardava il trattamento della popolazione albanese presente nella regione di Ohrid stessa, sia per conservare la piena e totale disponibilità delle acque del lago omonimo. Il lago formava con il bacino del Drin un unico complesso per il quale a Roma si stavano eseguendo importanti studi di sistemazione idroelettrica. Dato l’interesse albanese sul lago, Ciano propose di negoziare rapidamente uno scambio di note con il quale si sarebbe dovuto riconoscere all’Italia il diritto di disporre pienamente delle acque del lago stesso e, al contempo, costituire una commissione mista per la determinazione dei confini27. Era il primo tentativo da

25 Magistrati a Ciano, 12 maggio 1941, t. 4327/447, in ASMAE, AP, Jugoslavia, B. 107, f. Situazione in Macedonia. 26 SSAA al Ministero della Guerra e alla luogotenenza a Belgrado, 21 maggio 1941, in SSAA, B. 31, f. Rapporti italo-bulgari. 27 Ciano a Magistrati, 21 maggio 1941, t. 140R./175, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 1.

186

La resa dei conti

parte italiana di risolvere prontamente e con un accordo il problema dei confini, ma anche l’inizio di un negoziato lungo e difficoltoso, che avrebbe impegnato le diplomazie italiana e bulgara per mesi. A fine maggio, le notizie delle incessanti violenze sugli albanesi e l’eco che avevano a Tirana, dove affluivano i profughi della Macedonia, spinsero Ciano a fare un secondo e più deciso passo presso il governo bulgaro sulla necessità di assicurare protezione alle comunità albanesi e inviare subito istruzioni in questo senso alle autorità bulgare in loco, civili e militari28. Magistrati girò la richiesta di Palazzo Chigi a Popov, che prese nota, dando ogni assicurazione al riguardo, benché giustificasse la situazione con gli antichi odi e il comportamento difficile di quelle popolazioni. COPIA PER L'AUTORE Popov, inoltre, si mostrò favorevole all’idea di una commissione militare mista per l’attribuzione all’Albania delle acque del lago di Ohrid e per la definizione delle frontiere. Gettò anche acqua sul fuoco delle manifestazioni irredentiste dei gruppi macedoni integralisti, affermando che il governo sofiota non desiderava certo complicare i rapporti con l’Italia per questioni di così relativo conto. A parere di Magistrati, dunque, l’atteggiamento di Popov confermava che la Bulgaria era inesorabilmente spinta verso l’Italia da una serie di ragioni, quali le difficoltà che incontrava nella “bulgarizzazione” della Tracia e della Macedonia, l’incertezza e la diffidenza sulla sempre più ingombrante influenza della Germania, che aveva sostituito il suo rappresentante a Sofia con un membro del partito nazista, e la grave preoccupazione per la crisi dell’Europa orientale che annunciava una nuova iniziativa hitleriana contro la Russia29. Era assoluto convincimento di Magistrati

28 Ciano a Magistrati, 31 maggio 1941, t. 19002PR/195, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 1, sf. 1. 29 Magistrati a Ciano, 5 giugno 1941, telespr. 2169, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 1, sf. 1.

This article is from: