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2. Roma e Sofia nella tormenta
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che Italia e Bulgaria avrebbero dovuto avere, nella nuova situazione balcanica, un destino di strettissima collaborazione. 2. Roma e Sofia nella tormenta A partire dall’aprile 1941, a causa dei dissidi sulla spartizione della Macedonia, i rapporti tra Roma e Sofia attraversarono un periodo di forte tensione. Il governo bulgaro, in apparenza, non biasimò mai quella stretta cooperazione con l’alleato italiano che a Roma si auspicava, ma in Bulgaria non si poteva celare il fatto che l’Italia rappresentasse e sostenesse la Grande Albania e le sue aspirazioni su territori rivendicati dall’irredentismo bulgaro. Ine-COPIA PER L'AUTORE vitabili sembrarono, dunque, almeno nella fase iniziale, gli attriti con Sofia per via della sistemazione confinaria e le antiche frizioni tra i diversi gruppi etnici in Macedonia. Gli albanesi ricorrevano e sarebbero ricorsi alla protezione di Roma, mentre i bulgaro-macedoni a quella di Sofia. Circolava ancora una grossa quantità di armi dell’ex esercito jugoslavo e la facilità con cui, per tradizione, quelle popolazioni mettevano mano alle armi non rendeva facile il ritorno alla normalità. Consapevole della difficoltà della situazione, il governo bulgaro cercò di inviare, un po’ dovunque, amministratori civili esperti e capaci di gestire rapporti interetnici, oltre che sufficientemente autorevoli per impedire violenze da parte delle truppe di occupazione. A Bitolj, per esempio, era stato inviato Pavlov, ex deputato al parlamento ottomano, nonché ex ministro di Bulgaria ad Ankara fino al 1936. Tuttavia, l’indisciplina delle truppe, che i diplomatici italiani non esitavano a definire elementi di riserva e di scarto, visto che le truppe migliori erano state destinate a sorvegliare il confine con la Turchia, aggravava e avrebbe aggravato in futuro le difficoltà30 .
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30 Magistrati a Ciano, 8 maggio 1941, rapporto dal titolo Italia, Albania e Bul-
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Insomma, si stava assistendo a un periodo molto drammatico nei rapporti tra Grande Albania e Grande Bulgaria e l’Italia si trovò nel mezzo di una tempesta con il solo auspicio che passasse presto. Per questo motivo, fin dall’inizio dell’occupazione bulgara, Magistrati rappresentò a Palazzo Chigi l’urgenza di definire rapidamente e con certezza le questioni di frontiera. Solo quando la disputa territoriale si fosse normalizzata, si sarebbe permesso alla Grande Albania di svolgere quella funzione di ponte tra l’Italia e la Grande Bulgaria a tutto vantaggio dell’influenza economica e politica italiana nei Balcani. La contesa territoriale tra Roma, Tirana e Sofia era prevedibile e scontata, ma non si doveva permettere che essa pregiudicasse il futuro e i frutti della nuova situazione balcanica per l’Italia. La Germania, infatti, secondo il diplomatico COPIA PER L'AUTORE italiano, nonostante la sua enorme influenza economica, culturale e militare non sarebbe mai stata come l’Italia era divenuta, con l’occupazione dell’Albania e del Montenegro, una potenza “integralmente balcanica”. Era questo, in definitiva, il “fatto nuovo” dei Balcani, dopo il crollo della Jugoslavia e della Grecia e la diminutio della Romania. Ne conseguiva che il governo bulgaro non poteva che avvicinarsi all’Italia attraverso l’Albania. Rotti i ponti con Mosca a causa dell’adesione al Tripartito, la Bulgaria, per non divenire uno stato protetto della Germania ed avere ancora un politica estera, non avrebbe avuto altra scelta che cercare una sponda nell’Italia31 . In previsione di ciò, Magistrati invitava Palazzo Chigi a darsi prontamente da fare per ripristinare e moltiplicare i punti di contatto tra Roma e Sofia, che si erano quasi interrotti completamente a causa della guerra. I traffici ferroviari e i servizi postali attraverso l’antica Jugoslavia si erano rarefatti, Sofia era rimasta per 40 giorni senza posta e giornali dall’Italia, i cine-giornali Luce non
garia, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 1, sf. 1. 31 Magistrati a Ciano, 8 maggio 1941, rapporto dal titolo Italia, Albania e Bulgaria, cit.
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arrivavano più e la linea aerea era stata sospesa. L’attuale situazione, quindi, vedeva la Germania in posizione dominante in Bulgaria: comunicazioni ed economia si erano come non mai espansi a causa del passaggio militare tedesco attraverso il suo territorio. Ma questo – a parere di Magistrati – era uno stato “anormale” e il futuro non poteva che prendere la direzione che egli aveva immaginato32. Segnali di attenzione verso l’Italia, che confermavano le idee dell’ambasciatore italiano, erano già venuti da parte bulgara. A fine aprile, parlando del suo viaggio in Macedonia con Magistrati, Filov aveva accennato alla ripresa del progetto di ferrovia diretta tra Sofia e Skopje, primo importante tratto del collegamento ferroviario tra Albania e Bulgaria; collegamento che con il rifacimento dell’arteria stradale avrebbe dovuto costituire COPIA PER L'AUTORE quella parallela “Antidanubio” che poteva far gravitare in Adriatico una parte delle correnti economiche, che altrimenti sarebbero state obbligatoriamente indirizzate verso Salonicco, qualunque fosse stata la sua sorte futura. Era un segno, per Magistrati, che i bulgari comprendevano l’importanza economica di un collegamento tra Bulgaria ed Europa occidentale tramite l’Albania, a tutto vantaggio del miglioramento dei rapporti tra Roma e Sofia33 . L’analisi di Magistrati sul futuro delle relazioni tra Roma e Sofia e sul ruolo di ponte che la Grande Albania avrebbe dovuto svolgere non faceva una pecca, almeno in teoria, e si inseriva pienamente e coerentemente nel disegno da lungo tempo coltivato a Roma di fare dell’Albania il piedistallo territoriale dell’influenza italiana nei Balcani, la base dell’impero. Tuttavia, il presente delle
32 Magistrati a Ciano, 8 maggio 1941, rapporto dal titolo Italia, Albania e Bulgaria, cit. 33SSAA a Luogotenenza, 7 maggio 1941, telespr. 71/04552/910, con il quale si trasmetteva il t. da Sofia n. 0205 del 1 maggio. SSAA alle Ambasciate Berlino, Mosca, Ankara, ecc., 19 maggio 1941, telespr. 12/10870, con il quale trasmetteva quanto riferito da Magistrati il 5 maggio. Entrambi documenti in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 1, sf. 1.
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relazioni italo-bulgare e bulgaro-albanesi era ben lungi dal far sperare una rapida normalizzazione. Intesa come una guerra di liberazione nazionale, la progressiva occupazione della Macedonia34 provocò in Bulgaria un clima di esaltazione nazionale che rese tutti difficilmente disponibili al compromesso. Grandi festeggiamenti si organizzarono per la liberazione delle terre irredente cosicché la popolazione bulgara d’ogni condizione sociale fu sensibilizzata a questi avvenimenti. Il 21 maggio, si svolse una cerimonia ufficiale per il passaggio a Sofia del “Fuoco sacro”, custodito nell’antica capitale bulgara di Preslav, che, come per la fiaccola olimpionica del 1936, venne condotto con un sistema a staffetta fino ai limiti della nuova Bulgaria, ossia Ohrid, Danubio, Mar Egeo e Mar Nero. Re Boris con tutto il governo bulgaro e le principali autorità COPIA PER L'AUTORE presenziarono all’arrivo del Fuoco nella capitale. Il 24 maggio, grandi celebrazioni si tennero in onore di Cirillo e Metodio, i santi creatori della cultura bulgara, con tanto di corteo popolare e di scolaresche e con rappresentanze delle terre liberate35 . Come previsto, l’euforia nazionalista si abbatté anche sulle relazioni tra Albania e Italia da una parte e Bulgaria dall’altra. Una campagna di propaganda incessante, soprattutto da parte delle organizzazioni macedoni più estremiste, venne diretta contro l’Italia, accusata di condurre, a differenza della Germania, una guerra “imperialista” ai danni delle aspirazioni bulgare. Si distinse in questo senso il giornale Zora e il suo direttore Krapcev, che, tra l’altro, si diceva avesse venduto parte della prima pagina e parte
34 Benini a Luogotenenza, 15 maggio 1941, in SSAA, B. 77, f. 1, sf. 1. Magistrati informava che il comando superiore tedesco aveva autorizzato l’occupazione da parte bulgara di una striscia di territori serbi nella regione della Morava sulla direttrice verso Niš, che il governo bulgaro avrebbe annunciato in parlamento l’acquisto territoriale e che un vescovo bulgaro sarebbe subito stato inviato a Ohrid. 35 Ministero degli Esteri ad ambasciata a Berlino, 28 maggio 1941, t.p.c. 1847281, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 1, sf. 1.
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della terza del giornale agli americani. In occasione dei festeggiamenti per i santi Cirillo e Metodio, l’Associazione delle Fratellanze Macedoni inviò a Magistrati un telegramma, a firma del suo presidente, il generale Kosta Nikolov, per sollecitarlo a promuovere presso Palazzo Chigi l’annessione alla Bulgaria delle terre ingiustamente occupate dall’Italia, quali Gostivar, Tetovo, Kičevo. Manifestini vennero diffusi nei quali si accusava l’Italia di negare le aspirazioni bulgare e si potevano leggere esclamazioni come “Abbasso la guerra imperialistica italiana! Viva la Germania e la Russia!”36 . I circoli responsabili, comunque, condannarono queste manifestazioni e, in generale, almeno in apparenza, erano più disposti a valutare serenamente i problemi e a trarre anche soddisfazione dai COPIA PER L'AUTORE risultati che si erano raggiunti. Né da parte della corte, né da parte di membri del governo o da altre alte cariche pubbliche venne mai pubblicamente messa in discussione la demarcazione territoriale raggiunta a Vienna. L’unica eccezione era stato il pubblico appello a riconoscere le ambizioni bulgare rivolto al popolo italiano dal presidente del parlamento sofiota, la Sobranje, Logofetov, che però gli era costato le dimissioni e la sua sostituzione con Hristo Kalkov, politico più moderato e ritenuto notoriamente filo-italiano. Kalfov era subito sceso in campo per gettare acqua sul fuoco e aveva ispirato il suo discorso del 27 maggio a toni di riconoscenza verso l’Italia e le sue truppe. Lo stesso Alexander Stanischev, influente capo delle Organizzazioni macedoni e presidente dell’Associazione bulgaro-tedesca di Sofia, ammise che la Bulgaria aveva ottenuto più di quanto si aspettasse e che era giusto che l’Italia tutelasse gli interessi albanesi. Il ministro degli Esteri, Popov, aveva minimizzato la propaganda anti-italiana come originata da persone di scarso rilievo
36 Magistrati a Ciano, 28 maggio 1941, telespr. 2051/635, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 1, sf. 1.
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politico e di poca presa sulla popolazione37. Secondo Magistrati, dunque, benché l’opinione pubblica bulgara fosse ormai convinta che l’Italia fosse stata e rimanesse un ostacolo per le sue aspirazioni nazionali, la situazione non andava drammatizzata, soprattutto perché le condizioni internazionali spingevano sempre più Sofia verso Roma. La frizione tedesco-russa, infatti, creava grave imbarazzo in Bulgaria e, man mano che si accentuava, privava Sofia dell’appoggio sovietico, lasciandola sola di fronte alla Germania: se la Bulgaria non voleva divenire un Reichsprotektorat – ribadiva il diplomatico italiano – non poteva che appoggiarsi anche all’Italia. Lo strappo che si era verificato per il contenzioso territoriale si sarebbe ricucito, quindi, con il tempo e le ostilità propagandistiche verso l’Italia si sarebbero attenuate. COPIA PER L'AUTORE Magistrati rimarcava nuovamente l’importanza di dare maggiore attenzione alla Bulgaria per bilanciare l’influenza che, sotto ogni aspetto, stava assumendo la Germania. Era necessario mettere mano al ripristino delle vie di comunicazioni tra Roma e Sofia attraverso l’Albania, ristabilire un collegamento aereo Roma-TiranaSofia-Bucarest, inviare una delegazione commerciale italiana al fine di rivedere gli accordi economici tra i due paesi e accogliere degnamente a Roma la delegazione bulgara che doveva provve-dere all’applicazione dell’accordo culturale. “Ma soprattutto – scriveva il diplomatico – quello che stimo necessario fare presente all’Eccellenza Vostra è l’opportunità che un giorno, in una epoca da destinarsi con calma, possa avvenire una visita ufficiale dei dirigenti bulgari a Roma. La Bulgaria, firmataria del patto Tripartito e quindi alleata dell’Italia, è la sola Nazione, a quanto mi sembra, con la piccola e poco significativa Slovacchia, che sia rimasta fino ad ora lontana da Roma. Lo stesso re Boris e la regina Giovanna, che prima della guerra compivano frequenti visite private e famigliari nel
37 Magistrati a Ciano, 28 maggio 1941, telespr. 2051/635, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 1, sf. 1.
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nostro Paese, hanno da due anni sospeso quella loro abitudine. E in questo anno i ministri bulgari, come del resto lo stesso sovrano, non hanno fatto che ascendere la montagna di Berchtesgaden e sostare nella città di Volfango Amedeo Mozart. Tutto ciò va ad un certo momento rotto, perché qui, per forza di cose, quell’uomo della strada, al quale ho sopra accennato, non creda veramente che ormai le sorti del suo paese dipendano unicamente, e in regime di monopolio, dal Terzo Reich”38 . Il governo italiano accolse gli inviti di Magistrati e moltiplicò gli sforzi per accelerare la conclusione di un trattato italo-bulgaro. Re Boris fu in visita da Vittorio Emanuele III alla metà di giugno, i governanti bulgari si recarono a Roma a fine luglio, ma il tutto non portò, come diremo, ai risultati sperati. Il momento scelto per COPIA PER L'AUTORE il negoziato italo-bulgaro fu tutt’altro che propizio e l’esaltazione nazionalista che si respirava in Bulgaria dava quantomeno ragione alle ritrosie del governo di Sofia. In giugno, la propaganda “irredentistica” verso le zone passate sotto il controllo italiano si risvegliò con vari articoli sul quotidiano Utro, con la fondazione di un nuova testata a Skopje dal titolo La Bulgaria integrale (Zelokupna) e con l’accesa rivendicazione della regione di Tetovo compiuta dal giornale Macedonia di Sofia39 . Il 16 giugno, a Ohrid, durante il corteo in onore della festa del principe ereditario Simeone, erano sfilate cinque donne in abito nero da lutto e con catene alle mani, e sul petto cartelli indicanti i nomi di Tetovo, Gostivar, Kičevo, Struga e Debar40. Ancor più
38 Magistrati a Ciano, 2 giugno 1941, telespr. 2109, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 1, sf 1. Sulla pesante influenza raggiunta dalla Germania in Bulgaria, v. Rendel a Halifax, 21 settembre e 2 e 11 ottobre 1940, in British Documents on Foreign Affairs, Part III, Series F, Europe, Volume 21, Italy and South-Eastern Europe, July 1940-December 1940, DD. 9, 13 e 12. 39 Venturini a Legazione Sofia, 29 giugno 1941, telespr. 571, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 2 40 Magistrati a Ciano, 28 giugno 1941, telespr. 2593/784 in ASMAE, SSAA,
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preoccupante apparve il fatto che l’ufficiale Accademie delle Scienze di Sofia stesse preparando un memoriale a carattere storico-geografico relativo alle origini bulgare delle cittadine di Tetovo, Gostivar, Kičevo e Struga. Magistrati fece un passo diretto sul ministro degli Esteri bulgaro, il quale, pur professando ignoranza circa l’iniziativa, assicurò che il memoriale non sarebbe stato pubblicato. Il ministro bulgaro, tuttavia, chiese maggiore protezione per la popolazione bulgara delle zone sotto occupazione italiana, lamentando la perdurante apertura di scuole serbe e il fatto, già denunziato dagli albanesi, che a Struga vi fosse ancora un prefetto serbo e un’amministrazione di lingua serba. Il 19 giugno, Ciano incaricò il comando supremo e la luogotenenza di verificare i dati e di provvedere, se del caso, alla sostituzione del personale COPIA PER L'AUTORE serbo con maestri e funzionari albanesi nelle scuole e nell’amministrazione41 . Benché utile per non peggiorare i rapporti tra Roma e Sofia, pur sempre due alleati, questa attività diplomatica, in definitiva, lasciava il tempo che trovava. La propaganda bulgara sembrava inarrestabile. Il comando dei carabinieri di Tetovo denunciò la scoperta attività filo-bulgara del nuovo pope di rito bulgaro Veniaminov, giunto dopo l’occupazione tedesca e divenuto di fatto capo del clero locale. Il religioso, infatti, aveva ordinato ai fedeli di pregare ogni giorno per re Boris e stava tentando con ogni mezzo di far tornare al rito bulgaro, esistente sotto la dominazione ottomana fin dalla nascita dell’esarcato nel 1870, tutti i bulgaro-macedoni che avevano aderito al rito serbo poiché al tempo della Jugoslavia tutti i pope erano di rito serbo. Il pope di rito serbo, Raganović, data la situazione, non vedeva altra scelta che partire42 .
B. 77, f. 2. 41 Ciano a Comando supremo e Luogotenenza, 19 giugno 1941, 71/06355/C, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 1, sf. 6. 42 Luogotenenza a Ministero degli Esteri, 11 giugno 1941, telespr. 8657/3659, in
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E la cosa non era priva di implicazioni anche per Roma. Il sottosegretariato per gli affari albanesi si allarmò per il comportamento del pope bulgaro. Era evidente che bisognava prendere immediati provvedimenti d’accordo con la chiesa autocefala ortodossa albanese per fare cessare questa attività e rimuovere gli ecclesiastici sospetti. Ed era naturale che l’autorità della chiesa autocefala albanese si estendesse ora anche sui territori ex jugoslavi passati all’Albania e che, dunque, non fosse tollerata alcuna ingerenza della chiesa bulgara43 . Da Pristina, addirittura, il generale D’Aponte segnalò infiltrazioni di militari a scopo di propaganda, con volantini tendenti a mettere in luce le origini comuni bulgare, la convenienza economica che Pristina fosse legata a Skopje, la debolezza dell’esercito COPIA PER L'AUTORE italiano in rapporto a quello bulgaro, l’occupazione italiana del Kosovo avvenuta solo grazie all’aiuto bulgaro. La propaganda mirava a far presa sui sentimenti delle classi più basse della popolazione, le quali lamentavano il comportamento dei militari italiani, sia per la consegna delle armi cui erano state sottoposte, sia perché era stato loro impedito il tentativo, compiuto anche dagli albanesi, di imporsi sugli ex dominatori serbi e procedere all’immediata occupazione dei terreni da questi posseduti e coltivati44 . Lo stesso Pirzio Biroli, comandante superiore delle forze armate in Albania, denunciava al comando supremo la propaganda anti-italiana e albanese compiuta dall’esercito, dalla radio e dalla stessa chiesa ortodossa bulgari45. Divenne ben presto chiaro ai comandi militari italiani, che al di là delle smentite del governo
ASMAE, SSAA, B. 77, f. 1. 43 SSAA a Luogotenenza, 24 giugno 1941, t.p.c. 26098PR, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 1. 44 Comando divisione Puglie (generale A. D’Aponte) a comando del XIV corpo d’armata, 26 giugno 1941, 2696, in ASMAE, SSAA, B. 77. 45 Alessandro Pirzio Biroli al Comando supremo, 2 luglio 1941, n. 7396/0p. in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 1.
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bulgaro, l’azione metodica e continua della propaganda nelle zone di occupazione italiana, a cominciare da Struga, riscontrava, se non il placet, certo forti connivenze nel governo di Sofia46 . D’altro canto, gli abusi sulla popolazione albanese commessi dalle truppe bulgare non smisero di turbare i rapporti tra Tirana, Roma e Sofia. Ferhad Draga era stato tra i primi ad attirare l’attenzione di Roma su quanto stava accadendo nella Macedonia sotto occupazione bulgara; Verlaci, si ricorderà, aveva trasmesso agli inizi di giugno a Ciano una serie di relazioni compilate da funzionari albanesi con una chiara denuncia delle sofferenze causate alla popolazione albanese dai militari bulgari47; una perorazione forte era venuta dalla delegazione albanese per i confini, quando si trovava a Roma, per la protezione degli albanesi della zona di COPIA PER L'AUTORE Skopje, con una riaffermazione del carattere albanese della regione: a Skopje c’erano 28.000 albanesi, 11.000 bulgaro-macedoni e 30.000 serbi che odiavano i bulgari, che a loro volta reagivano con soprusi e violenze48. A queste sollecitazioni Ciano non aveva mancato di rispondere, inviando a metà giugno, come aveva fatto in precedenza, specifiche istruzioni ai consoli a Skopje e Bitolj di prendere tutte le iniziative necessarie per la salvaguardia della popolazione albanese, e sensibilizzando il governo di Sofia a prendere i provvedimenti necessari per moderare il contegno dei suoi soldati49 . Nonostante ogni buona volontà, però, gli incidenti continuaro-
46 Luogotenenza a Ministero degli Esteri, 4 giugno 1941, telespr., in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 1, sf. 1. 47 Verlaci a Ciano, 4 giugno 1941, n. 625/17/18/19, in SSAA, B. 77, f. 2. Il documento fu dato in lettura a Mussolini. 48 Promemoria della Missione per le rivendicazioni albanesi presso il Ministero degli Esteri a Ciano, 10 giugno 1941, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 2. 49 Scammacca a Magistrati, 15 giugno 1941, telespr. 71/06095, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 1, sf. 9, con telespr. 436/187di Venturini alla Legazione a Belgrado, 18 maggio 1941. Ciano a Verlaci, lettera del 18 giugno 1941, n. 71/06301/2682, con cui rispondeva alla lettera 625 del 4 giugno, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 9.
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no a scandire la vita della Macedonia “liberata”, rendendo impossibile il ritorno alla normalità di quelle zone e dei rapporti internazionali tra i nuovi contendenti dell’area. Tra albanesi e bulgari non pareva esserci nemmeno una possibilità di conciliazione e di convivenza50. A metà giugno, il comando dei carabinieri segnalò che nel settore del Dibrano, in alcuni centri a circa 40 km da Neprosteno, gli albanesi, di fronte ad una perquisizione da parte dei soldati bulgari, si erano ribellati dando luogo a un pesante conflitto a fuoco con morti e feriti, sedato in ultimo dal brutale intervento delle truppe tedesche che avevano raso al suolo quattro villaggi51 . Agli inizi di luglio vi fu una nuova segnalazione di soprusi, questa volta su albanesi nella zona ad est del lago di Prespa, che avevano subito minacce, intimidazioni per la consegna delle armi e obbligo COPIA PER L'AUTORE di far uso della lingua bulgara52 . E nel torno di tempo in cui si tentò il negoziato italo-bulgaro sui confini non era mancato nemmeno un grave incidente tra le truppe italiane e quelle bulgare. Si verificò la notte tra il 10 e l’11 luglio a causa della richiesta da parte del comando italiano a Tetovo a quello bulgaro di Skopje di evacuare la zona della miniera di cromo a Jezerina, nei pressi del monte Ljuboten, e far posto all’occupazione italiana. L’addetto militare italiano a Sofia fu immediatamente informato che il presidio militare bulgaro avrebbe opposto resistenza armata ad un’eventuale avanzata italiana. Magistrati fu subito convocato al ministero degli Esteri, dove il
50 Si veda ancora sulla difficile situazione etnica in Macedonia occidentale e soprattutto sui timori bulgari per il passaggio delle zone sotto occupazione italiana all’amministrazione albanese, le testimonianze coeve di FRANCESCO CATALUCCIO, Tempo di attesa al Sateska, Giuntina, Firenze, 1943, pp. 195-199. 51 Luogotenenza a ministero degli Esteri, 17 giugno 1941, telespr. 9072/3767, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 1, sf. 9. 52 Luogotenenza (Meloni) a ministero degli Esteri, 1 luglio 1941, telespr. 10218/4087, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 1.
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segretario generale gli spiegò che il governo bulgaro non poteva accettare un’intimazione da parte di un comando militare e, dunque, non poteva cedere all’improvvisa richiesta. La questione si poteva, invece, discutere a livello dei due governi in futuro. Il diplomatico italiano sdrammatizzò l’affare e pregò di impartire istruzioni al presidio bulgaro di non far uso delle armi. Il rischio di un conflitto diretto tra militari italiani e bulgari fu alto, ma l’incidente si chiuse senza dare luogo alle temute conseguenze e venne risolto velocemente con un accordo tra gli stessi comandi militari italiano e bulgaro53. Non c’era, ovviamente, né da parte di Roma, né da parte di Sofia il desiderio di alzare la tensione fino ad un livello incontrollabile. L’incidente di Ljuboten, infatti, era stato subito portato a conoscenza di Mussolini. Proprio dietro suo con-COPIA PER L'AUTORE siglio, Ciano dette direttive di far cadere la cosa, relegandola a una disputa tra militari e lasciandola dal punto di vista politico impregiudicata54 . L’urto, però, rimaneva, a parere di Magistrati, forte indizio di un dissenso esistente tra militari e governo bulgaro circa la futura sistemazione confinaria. I militari bulgari avevano enfatizzato l’incidente e influito negativamente sui politici per dimostrare l’esistenza di una minaccia italiana, essendo convinti che il possesso da parte dell’Albania della regione di Tetovo aveva una punta offensiva contro la Bulgaria. Le preoccupazioni degli strateghi di Sofia circa la nuova insicura configurazione del confine si appuntavano sul fatto che il territorio della Grande Albania si incuneava
53 Magistrati a Ciano, 11 luglio 1941, t. 6861R. /645-646, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 2. 54 Appunto di Scammacca per Pietromarchi, 11 luglio 1941, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 2. Scammacca si preoccupò anche di chiedere a Meloni di accertarsi che non si trattasse della miniera di Jezerina, oggetto di richieste da parte dell’AMMI, perché, se così fosse stato, la cosa non avrebbe riguardato i bulgari, ma i tedeschi, presso quali erano stati già fatti passi. Appunto per l’Eccellenza il Ministro, 11 luglio 1941, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 2
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nel massiccio dello Sciar. All’addetto militare italiano era stato fatto esplicitamente notare che il possesso di Tetovo, che dominava la conca di Skopje e la valle del Vardar, sembrava rappresentare “un concetto offensivo antibulgaro”55 . Data la ritrosia dei militari a nuove rettifiche nella regione a nord di Skopje, l’episodio, dunque, rischiava di compromettere il contemporaneo negoziato per l’accordo italo-bulgaro sui confini, dal quale gli italiani, come si dirà, speravano di ottenere una rettifica della linea di Vienna nei pressi di Kačanik. Contribuivano a fortificare la posizione dei militari, sia le discrepanze tra la linea di demarcazione stabilita sulle carte utilizzate a Vienna e quella marcata nelle carte che i tedeschi avevano poi dato ai bulgari, sia la convinzione che in caso di controversie la Germania avrebbe COPIA PER L'AUTORE dato loro ragione56. Effettivamente, il governo bulgaro informò subito Berlino dell’incidente, presentando le rivendicazioni territoriali italiane e chiedendo ed ottenendo sostegno nel rifiutarle57 . Per il governo tedesco non vi era alcun dubbio, né ci poteva essere alcun malinteso con gli italiani sul fatto che la miniera di cromo di Jezerina rientrasse nel territorio bulgaro e fosse sfruttata dalla Germania in base agli accordi economici bulgaro-tedeschi58 . La linea di confine tracciata a Vienna sembrava essere messa in discussione da tutte le parti. Non piaceva agli albanesi e nemmeno ai bulgari e vi erano timori che anche i tedeschi, per loro specifiche ragioni, potessero chiederne una rettifica a favore della Bulgaria. Con molta preoccupazione, Ciano aveva ricevuto comunicazione dal comando supremo che le autorità militari tedesche, che dirige-
55 Magistrati a Ciano, 2 giugno 1941, telespr. 2109, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 1, sf 1. 56 Magistrati a Ciano, 11 luglio 1941, t. 6892R./652 in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 2. 57 Memorandum Woermann, 11 luglio 1941, in DGFP, s. D, vol. XIII, D. 94 e nota 1. 58 Clodius a Ribbentrop, 14 luglio 1941, in DGFP, s. D, vol. XIII, D. 106.