Macedonia contesa
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fosse un problema di irredentismo da parte dei bulgaro-macedoni entrati nei confini albanesi: questi, secondo gli osservatori italiani, non potevano che constatare in favore dell’Italia la ormai troppo nota e stridente differenza nell’amministrazione tra l’occupazione italiana e quella bulgara. Diversa invece era la situazione all’interno della Grande Bulgaria, dove i toni della propaganda nazionalista e anti-autonomista facevano propri ed esasperavano gli slogan di quella bulgaromacedone, dirigendosi contro l’Italia accusata di aver commesso un’ingiustizia e di aver strappato a favore della Grande Albania terre bulgaro-macedoni68. La propaganda bulgara aveva, insomma, molte ragioni per mostrare un’Italia nemica, ma il riverbero sui rapporti tra Sofia e Roma non poteva che essere negativo.
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4. Il tentativo di accordo italo-bulgaro Fu proprio nel momento di massima tormenta che Roma e Sofia avviarono, come abbiamo visto, i primi passi per un negoziato che sistemasse definitivamente e di comune accordo le questioni confinarie. Il tempo forse non era adatto per iniziative di tal genere, ma a Roma si contava, convenendo con le considerazioni di Magistrati, che quanto prima si fosse stabilizzato definitivamente il confine, tanto prima si sarebbe normalizzata anche la situazione, sia a livello locale che internazionale. Da qui le proposte che Ciano aveva indirizzato a Sofia a fine maggio e che avevano trovato, almeno a parole, la disponibilità del governo bulgaro. Ma Palazzo Chigi sottostimò pesantemente il peso delle correnti nazionaliste e della stessa opinione pubblica dentro e fuori della Macedonia sul governo bulgaro. Ministero degli Esteri a Comando supremo, 17 novembre 1941, telespr. 25396/C, in ASMAE, SSAA, B. 77, f. 1. Il Ministero riferiva ancora quanto riportato dal console in Bitolj il 21 ottobre. 68