SUBSTRATO - Il Parco Archeologico di Roca Vecchia

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L'Impianto Museale L’intervento è caratterizzato dalla progettazione di uno spazio che si configuri come un impianto museale diffuso nel paesaggio, contrapposto al modello predominante del museo come edificio contenitore. Tale impianto prevede il susseguirsi di spazi espositivi ibridati con quelli di servizio e ricezione, organizzando sì i reperti secondo tematiche espositive, ma annullando la separazione tra ambienti museali e spazio pubblico aperto. L’idea è stata quindi quella di concepire tale intervento come ipogeo, come un susseguirsi di spazi coperti e aperti senza nette distinzioni. La morfologia dell’impianto museale si ispira al paesaggio salentino. In esso predomina lo sviluppo lineare: le radure, le campagne e i boschi sono dominati dall’orizzontalità, le alture sono rade e poco sviluppate. Gli unici elementi che, al di fuori del tessuto urbano, si innalzano oltre la linea d’orizzonte, sono di fattura antropica: le masserie, le torri colombarie, le specchie e le pagghiare appaiono come sentinelle silenti e isolate, all’interno del paesaggio. Ma ciò che contraddistingue forse di più il territorio in questione è il substrato geologico; al di sotto della terra rossa il terreno è composto soprattutto da calcareniti e pietre sedimentarie, materiali da costruzione utilizzati da tutti i popoli che hanno abitato nei millenni queste terre. Data tale composizione geologica, il territorio è quindi disseminato di grotte naturali utilizzate fin dalle prime manifestazioni umane, escavazioni artificiali come neviere e cisterne ma è soprattutto caratterizzato dalla presenza di estese cave per l’estrazione della pietra leccese che si aprono improvvisamente all’interno del territorio. L’impianto museale si sviluppa quindi in ipogeo a partire dalle impronte nel substrato lasciate dagli edifici esistenti, scava la pietra interessando aree non occupate da reperti e resti archeologici seguendo due direttrici ortogonali, lasciando poi a vista le sezioni stratigrafiche dello scavo. Il vuoto risultante viene diviso da setti murari realizzati con calcestruzzo gettato a strati che ha come componenti Il Progetto

inerti le pietre e le polveri di risulta dagli scavi precedenti. Le coperture, progettate come grandi piastre rivestite internamente da lastre di pietra leccese, vengono forate in alcuni punti per portare la luce al livello ipogeo e coperte dal terreno. Unici elementi elevati oltre al piano di campagna sono il parallelepipedo sospeso al di sopra dell’ambiente principale che, rivestito anch’esso di pietra leccese, anticipa ai visitatori la presenza dell’impianto e i parapetti dei fori dei patii; tali elementi appaiono come blocchi monolitici affioranti dal terreno e diffusi nel paesaggio. Il risultato è un museo ipogeo, tutt’uno con il terreno, i cui ambienti principali sono messi in comunicazione da una piazza principale e in cui gli spazi coperti sono alternati a patii e spazi con luci zenitali. Lo scenario che si delinea è quello di un architettura che si rifà alla spazialità delle masserie ma integrata nel paesaggio come fosse una cava.

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