Salvare le memorie e le tradizioni fiumane • di Marino Micich
La Società di Studi Fiumani e il mondo della scuola
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Quando, nel lontano 1963, i padri fondatori dell’Archivio Museo storico di Fiume si accinsero nell’impresa, di raccogliere documenti, cimeli, quadri, fotografie, libri e ogni genere di testimonianza concernente la propria città natale e il territorio istro-quarnerino per conservare e tramandare la civiltà fiumana di carattere italiano, non avrebbero mai potuto prevedere il crollo del Muro di Berlino nel 1989. La Società di Studi Fiumani era risorta a Roma poco tempo prima nel 1960 e la rivista di studi fiumani "Fiume", grazie all’opera di Giorgio Radetti, di Enrico Burich, Renato Biasi, Enzo Brazzoduro e dell’editore Pietro Blayer (ebreo fiumano), aveva visto la luce addirittura nel 1952. L’Archivio Museo storico di Fiume divenne sin dalla sua fondazione proprietà della Società di Studi Fiumani che, a tutt’oggi, ne cura le attività e la conservazione in comunione d’intenti con l’Associazione per la Cultura Fiumana Istriana e
Dalmata nel Lazio. Nel 1972 L’Archivio Museo fiumano ottenne l’alto riconoscimento di "sito di eccezionale interesse storico e artistico" con decreto del Ministero per la pubblica istruzione n. 103089 (Ministro Oscar Luigi Scalfaro) al quale, nel 1987, fece seguito il decreto nr. 103111 della Soprintendenza archivistica per il Lazio che ne confermava il notevole interesse storico. Infine, nel marzo 2004 l’Archivio Museo storico di Fiume fu riconosciuto dalla legge nr. 92 nota come "Il Giorno del Ricordo". L’istituzione degli esuli fiumani nel tempo ha coinvolto sempre più studiosi e simpatizzanti non solo di origini fiumane perché la cultura e la storia appartengono a tutte le persone, e in particolare a quelle che vogliono apprendere per amore della verità fatti spesso taciuti e deformati per ragioni ideologiche. Come ricordato in apertura, nel 1989 iniziò un profondo mutamento politico in Europa e nel mondo.
Le coordinate geopolitiche stabilite dalla "guerra fredda", che sembravano fisse e immutabili, si dissolsero. Un gruppo di esuli fiumani si chiesero se Fiume e la sua anima italiana costretta ad intraprendere la via dell’esilio poteva rimanere confinata nella nostalgia e nei ricordi personali. I fiumani in esilio erano condannati solo all’estinzione? Considerando che a Fiume, anche negli anni più duri del regime jugoslavo, sopravviveva una minoranza esigua di italiani rimasta in città per varie motivazioni e non solo ideologiche come per lungo tempo si era voluto credere, si poteva dare a luogo, con il beneplacito di alcuni ambienti ministeriali, da una operazione di ricongiungimento culturale. L’identità fiumana di carattere italiano dunque sopravviveva, sia in esilio sia nella città quarnerina, che dopo il 1945 aveva cambiato profondamente volto e oltre a perdere l’87% della sua popolazione si apprestava ad essere unita alla vicina e rivale Sussak. Molto ormai è stato scritto sul dialogo intrapreso sin dal 1990 dalla Società di Studi Fiumani in accordo con il Libero Comune di Fiume in esilio, all’epoca presieduto da Oscarre Fabietti. Un dialogo sviluppatosi inizialmente alla Scuola Media Superiore Italiana con l’istituzione del premio letterario "San Vito" e culminato col riconoscimento nel 2016 della Targa d’Oro Città di Fiume ad Amleto Ballarini, che nell’ ideare il dialogo mise tutto l’impegno possibile, affrontando con i suoi collaboratori ( Stelli e Micich) i nodi più difficili e controversi da sciogliere: la ricer-