LA TORE 29

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Giacomo Scotti: i novanta anni di un poeta • di Gianfranco Miksa

Il più fiumano di tutti i fiumani

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La Comunità degli Italiani di Fiume, in occasione della Settimana della cultura fiumana di quest’anno – che si articola dal 9 al 17 giugno – dedica una giornata al poeta, narratore, saggista, storico, traduttore letterario giornalista Giacomo Scotti alla soglia di 90 anni di vita e 70 di "produzione letteraria". Un "particolare" che lo pone fra i più eminenti scrittori della comunità italiana in Croazia e Slovenia. Abbiamo perciò voluto intervistarlo, cominciando da una "scontata" domanda sui motivi e lecircostanze che nel lontano 1947 lo portarono nelle nostre terre, stabilendosi a Fiume. "Perché e come giunsi in Istria e a Fiume, nell’autunno del 1947, l’ho scritto nell’autobiografia ‘Per caso e per passione’ edita a Trieste nel 2013. Vi si legge che rimasi orfano di madre all’età di due anni, che persi mio padre all’età di dodici. Ero il penultimo di nove figli dei quali quattro sposati. Alla fine di marzo

del 1941, mio fratello sottufficiale della Marina da guerra – con base a Pola – perì nelle acque greche di Capo Matapan con l’incrociatore ‘Zara’. Sua moglie e due figli di sei e due anni lasciarono il capoluogo istriano e furono accolti nella nostra casa a Saviano presso Napoli. Qui, dai miei nipotini poco più piccoli di me imparai la prima canzoncina istriana: ‘El mi marì xe bon, el xe tre volte bon, soltanto la domenega el me onze col baston’. Prima e durante la guerra, ogni volta che veniva in licenza, mio fratello marinaio ci parlava dell’Arena di Pola e dell’Istria. Nove mesi dopo la scomparsa in mare del figlio, papà morì di crepacuore per la sua perdita. Ci fece da padre un fratello celibe, geometra. Nel settembre 1943, all’età di 28 anni, anche lui ci fu strappato. Rastrellato e deportato dai tedeschi in ritirata, non fece più ritorno. In casa restammo cinque bambini orfani, una ragazza adulta e la ve-

dova che ci faceva da madre. Io lasciai il ginnasio superiore appena terminato per aiutare la famiglia: presi a lavorare come mascotte in un battaglione scozzese nelle retrovie del fronte e anche dopo la guerra. Nell’estate del ‘47 – svestita l’uniforme – raggiunsi dapprima Monfalcone, dove feci un mese di carcere per ‘passaggio illegale del confine’ del TLT, ma fui liberato il 15 settembre con la partenza degli angloamericani e l’arrivo dei bersaglieri. Poi ci fu la calamita di Pola, i1 desiderio di scoprire i luoghi raccontati dalla vedova di mio fratello e dai suoi figli. Seguirono peripezie che mi portarono varcare il confine non ancora ben tracciato. Trascorsi due mesi in una ‘base di emigranti italiani’ presso Vipacco, mi mandarono a Pola, di là passai a Fiume". Come si trovò a Fiume e come s’inserì nella vita sociale? "Intanto conobbi le coste dell’Istria, perché da Pola – dove ero arrivato da Lubiana – approdai a Fiume dopo aver viaggiato su una nave ex moto peschereccio. Non c’erano ancora linee di bus. Giunsi portando in tasca una ‘raccomandazione’ dello scrittore Eros Sequi, allora segretario generale dell’Unione degli Italiani con sede nella città dell’Arena. Sequi mi disse che a Fiume mi attendeva il lavoro di correttore di bozze nella tipografia de ‘La Voce del Popolo’. Non sapevo neppure il significato di correttore. A Fiume, poi, vivendo senza famiglia, senza conoscenti né amici, li cercai fra i compagni di lavoro e fra gli altri connazionali che frequenta-


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