S&A 136 Luglio-Agosto 2019

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SE POTESSIMO VOLARE OGGI NON RISCHIEREMMO DI PRECIPITARE Con particolare attenzione e ricerca, in questo fascicolo - che come di consueto dedichiamo alle opere di scavalco - proponiamo articoli e temi inerenti interventi di progettazione, riabilitazione e rinnovamento delle infrastrutture. In Italia, vi sono decine di migliaia di ponti costruiti negli anni Cinquanta e Sessanta e quindi giunti alla fine della loro vita di progetto. Per realizzare una rete stradale e ferroviaria di trasporto il nostro territorio collinare e montagnoso necessita, un forte impegno economico e realizzativo per la loro costruzione e mantenimento. Cedimenti strutturali come quelli del viadotto Polcevera, che ha un’origine ben precisa che si chiama Gronda di Genova, costituiscono un pericolo che accomuna Europa e resto del mondo. Nel nostro Paese, ancora più che in altri, per il gran numero di opere costruite, esiste quindi un drammatico problema di assunzione di responsabilità da parte delle Pubbliche Amministrazioni, delle Concessionarie, dei Politici e Società private coinvolte per la decisione di agibilità di ponti, viadotti e sovrappassi che quindi devono essere controllati e monitorati per garantire la loro piena funzionalità e sicurezza. A questo punto, si presenta il rischio di mantenere il tratto in esercizio, oppure ridurre carichi in transito, il numero di carreggiate o addirittura chiudere al traffico le strutture. Un grande numero di interventi di riqualificazione è oggi pressante: corriamo il rischio di ridurre notevolmente il numero di ponti agibili, quindi penalizzare la rete di trasporto in esercizio. Ci sono opere per le quali una mancata manutenzione straordinaria a breve comporterà interventi molto onerosi che sono assolutamente da evitare. Il problema, oltre alle condizioni di aggressività ambientale e all’inquinamento, che aumentano il degrado di ponti e viadotti, è l’impiego in crescita di mezzi pesanti nel trasporto su gomma. Non tutti i cedimenti o i crolli sono causati dalla corrosione e dalla mancata manutenzione. Tuttavia, essa rappresenta una seria minaccia poiché è un fenomeno subdolo, talvolta difficile da valutare. Pensiamo alle costruzioni in calcestruzzo armato: sono necessarie tecnologie appropriate con adeguati monitoraggi per valutare lo stato corrosivo delle armature, tecniche non sempre note agli operatori del settore civile. Per prevenire e mitigare la corrosione bisogna intervenire già in fase progettuale.

EDITORIALE

La vita utile per cui una struttura è stata progettata si basa sulle Normative e sulle tecnologie disponibili nel momento in cui la si progetta e implica che, a un certo punto, si debba manutenere queste opere ben oltre la loro vita utile prevista. Ciò impone di considerare la progettazione non solo nei tradizionali termini strutturali ma anche come durabilità, con l’utilizzo di materiali innovativi, tecnologie e sistemi di protezione aggiuntivi tra cui l’utilizzo di rivestimenti protettivi, di additivi specifici e con la protezione catodica sulle armature. Hanno destato meraviglia le analisi effettuate nei laboratori prove di Zurigo incaricati di fare analisi sui materiali del viadotto Morandi crollato lo scorso anno. Si sono infatti riscontrate resistenze molto elevate dei calcestruzzi, da 60 a 90 MPa. Quindi decidere senza appello di demolire tutto forse non è stata la decisione migliore. Anche la scelta di avere un ponte con tre corsie in una autostrada a due corsie (un ponte largo in una autostrada stretta) è stata una decisione che va in controtendenza alla previsione di traffico su gomma perché non avremo più i tassi di crescita degli ultimi decenni. Le corsie di emergenza saranno utilizzate come “corsie dinamiche” da usare alternativamente in funzione ai cambi di flussi di traffico, anche perché la corsia di emergenza ha poco senso in quanto le autovetture oggi difficilmente si rompono. Inoltre le nuove tecnologie Smart Road sull’infrastruttura che si interfaccia con le auto a guida assistita o autonoma permetteranno di aumentare il deflusso dei veicoli a parità di sezione della strada. Due domande mi assillano e mi tornano insistentemente alla mente: la prima è com’è possibile che l’Italia viva questo blocco dei lavori frutto di un “divieto ideologico” e non riesca a liberarsi di coloro che coltivano queste teorie, che producono solo danni, in nome di un ambientalismo di facciata che poco ha a che vedere con la realtà. La seconda è l’evidente volontà, rispettabilissima ma estremamente dannosa, del “non fare”, magari in attesa dell’ennesima analisi costi benefici, in omaggio al principio della decrescita felice. Il Paese è fermo e la stagnazione è evidente e non ci sono chiare visioni sul futuro. Ma se si sostiene che non servono le grandi opere e i progetti strategici per lo meno mettiamo in sicurezza le nostre infrastrutture di scavalco.

Claudio Capocelli


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