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Bohinjski Predor, il traforo dimenticato

gallerie&tunnelling Eugenio A. Merzagora

BOHINJSKI PREDOR,

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IL TRAFORO DIMENTICATO

LA FERROVIA TRANSALPINA CHE COLLEGA ČESKÉ BUDĚJOVICE A TRIESTE È CARATTERIZZATA DA DUE TUNNEL MOLTO NOTI - IL TAURI E IL KARAWANKEN - E DA UN TERZO, IL BOHINJ, PRESSOCHÉ SCONOSCIUTO

La Ferrovia Transalpina fu realizzata dall’Impero Austro-Ungarico in alternativa alla Trieste-Vienna, gestita dall’”Imperial regia privilegiata Società delle ferrovie meridionali” (Kaiserlich königliche privilegierte Südbahngesellschaft, storicamente nota come Südbahn), una Società privata il cui capitale era composto da banche non austriache (tra cui quelle facenti capo ai Rothschild, a Talabot e ai Bastogi). Il fine era di svincolarsi dalle onerose tariffe imposte dalla Südbahn nonché, avendo perduto Venezia nel 1866, di creare un secondo collegamento ferroviario diretto tra Trieste - divenuto il porto più importante dell’Impero - e l’Europa Centrale. La realizzazione della Transalpina fu approvata con una legge del 6 Giugno 1901. Di seguito analizzeremo la parte più meridionale della Transalpina, la tratta Trieste-Jesenice, altrimenti nota come Wocheinerbahn in tedesco o Bohinjska Proga in sloveno [1]. La linea collega il Capoluogo giuliano con la località posta all’imbocco sloveno del Karawanken Tunnel via Nova Gorica e le Valli dell’Isonzo e del Baccia.

ATTRAVERSO LE ALPI GIULIE

Dalla Triest Staatsbahnhof, che sostituì la stazione di Sant’Andrea e che dal 1923 è chiamata Trieste Campo Marzio, la linea con una salita fino al 2,7% raggiunge Villa Opicina per poi dirigersi verso Monrupino (Repentabor). Attualmente, questi 15 km sono gli unici in territorio italiano, ma il tratto risulta chiuso al traffico ferroviario dall’Aprile 2014 a causa di alcuni cedimenti nei tunnel. Nell’ottica di garantire anche in caso di emergenze il transito verso il porto triestino, RFI ha intrapreso una serie di interventi per riattivare la linea (si veda “S&A” n° 135 Maggio/ Giugno 2019), la cui riapertura è data per imminente mentre andiamo in stampa.

1. Il tratto italiano della linea Trieste-Jesenice Il portale Sud del Bohinjski predor

2. Il ponte ferroviario di Salcano (Solkanski most), in primo piano davanti all’omonimo ponte stradale, è il ponte ad arcata unica in pietra più lungo del mondo

3. Il portale meridionale del tunnel di Vintgar 4. La Ferrovia Transalpina in una cartina degli inizi del Novecento. In rosso la tratta Trieste-Jesenice (Assling sulla mappa). In verde l’ubicazione della galleria di Wochein, ribattezzata galleria di Piedicolle dopo la Grande Guerra e galleria di Bohinj al termine della Seconda Guerra Mondiale GALLERIE FERROVIARIE

Da Monrupino il tracciato storico tocca poi San Daniele del Carso (Štanjel) e quindi, con una discesa del 2,67% lungo la Valle del Vipacco (Vipavska dolina), raggiunge Nova Gorica. Superato l’Isonzo tramite il ponte di Salcano (Solkanski most), che per inciso è a tutt’oggi il ponte ad arcata unica in pietra tagliata più lungo del mondo (85 m), la ferrovia ne segue poi la valle fino a Santa Lucia d’Isonzo (Most na Soči), per poi risalire - con una pendenza fino al 2,6% - la Valle del Baccia (Baška grapa), fino a Piedicolle (Podbrdo). Il Wocheintunnel permette di superare lo spartiacque alpino e di raggiungere Bohinjska Bistrica (Wocheiner Feistritz), dalla quale - con un cambio di livelletta - si arriva dapprima a Bled e quindi, oltrepassato il culmine di Dobrava (Vintgar) grazie all’omonimo tunnel (1.131 m) a Jesenice, dopo un tragitto di 144 km. La linea è a scartamento ordinario e a trazione termica. La Trieste-Jesenice, che contempla 33 gallerie e 65 ponti, fu inaugurata alla presenza dell’Arciduca Francesco Ferdinando il 19 Luglio 1906; durante la Prima Guerra Mondiale (scoppiata proprio in seguito all’assassinio dell’Arciduca a Sarajevo) subì però gravi danni a causa della vicinanza del fronte, in particolare nella zona di Gorizia, snodandosi lungo moltissimi luoghi delle Battaglie dell’Isonzo. I trattati di Saint-Germain (1919) e di Rapallo (1920) portarono alla divisione della linea tra Italia e Jugoslavia, e il confine fu posto all’interno del Wocheintunnel, che venne rinominato traforo di Piedicolle. L’evento penalizzò la linea che in breve tempo perse importanza e volumi di traffico. Al termine della Seconda Guerra Mondiale, il Trattato di Parigi (1947) determinò una nuova suddivisione della linea: all’Italia, come anticipato, rimase il solo tratto tra Trieste, Villa Opicina e il valico di Monrupino, mentre sotto il controllo jugoslavo finì la sezione tra Monrupino e il traforo di Piedicolle, che cambiò nuovamente la propria denominazione in Bohinjski predor, nome con il quale è ancora oggi identificato.

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LA GALLERIA DI BOHINJ

Come gli altri principali tunnel della Ferrovia Transalpina (Tauri, 8.550 m e Karawanken, 7.976 m), anche il Bohinj fu progettato a canna singola ma a doppio binario (il resto della linea fu concepito a binario singolo per motivi economici). Il progetto dell’Ing. Carl Wurmb prevedeva una galleria di 6.336 m che si snodasse con un andamento pressoché rettilineo - a eccezione di una curva verso destra al portale meridionale - tra i 525 m di altitudine del portale settentrionale di Bohinjska Bistrica e i 504 m del portale Sud di Podbrdo.

All’interno del tunnel viene raggiunta la massima altitudine della linea (534 m). Dal portale Nord i binari sono in salita dello 0,2% per 3.693 m, per poi discendere con una pendenza dell’1% per 2.643 m. La massima copertura rocciosa è di 1.000 m. Gli scavi iniziarono dal portale settentrionale il 20 Settembre 1900, e il mese seguente da Podbrdo. Il tunnel fu realizzato secondo il metodo austriaco, a sezione parzializzata. Dapprima veniva scavato lo strozzo, attraverso il quale veniva estratto lo smarino e drenate le venute d’acqua. A un’interdistanza di 66,5 m sulla parte superiore dello strozzo erano poi scavati dei pozzi che consentivano di realizzare il cunicolo superiore, che veniva poi allargato, collegato allo strozzo e rivestito con pietre squadrate in sezioni di 8,4 m di lunghezza. Le forti venute d’acqua costrinsero a scavare anche un canale di drenaggio. Inizialmente l’avanzamento fu di circa 1 m al giorno, e veniva controllato con precise misure geodetiche, effettuate nelle festività quando venivano interrotti gli altri lavori. Lo smarino era trasportato all’esterno tramite vagoncini, poi sollevati tramite un escavatore a vapore [2]. Nel Maggio 1902, quando erano stati scavati 700 m di tunnel, la direzione dei lavori venne affidata all’Imprenditore Giacomo Ceconi e alla sua Bauunternehmung G.V. Ceconi & Co., che lavorava al progetto dall’Agosto 1901. Venne definita anche la scadenza per il breakthrough - 1 Febbraio 1905 - e per il completamento dei lavori - nei sette mesi successivi. Circa 2 km di galleria furono scavati manualmente. Dopodiché, nel tunnel di Bohinj e in quello del Karawanken - realizzato pressoché contemporaneamente - furono usate per la prima volta nella storia delle perforatrici elettriche a quattro bracci Siemens-Halske, progettate da Theodor Hauber, e perfezionate nel corso dei lavori. Il 27 Maggio del 1903 si iniziò a usare la Siemens-Halske dal portale Nord, e poco tempo dopo anche dal fronte di Podbrdo, consentendo avanzamenti di 6-7 m/giorno. L’elettricità necessaria (1.500 W) veniva fornita da una piccola centrale situata a Bohinjska Bistrica. Un modello di questa perforatrice, originariamente presentato all’Esposizione universale di St.Louis del 1904, è attualmente conservato nel Technisches Museum di Vienna. Il 13 Ottobre 1903 un’eccezionale venuta d’acqua interruppe i lavori per 25 giorni, per cui si rese necessario scavare uno speciale drenaggio. Il cantiere venne esaminato da un’apposita commissione giunta da Vienna. La perforazione proseguì da entrambi i fronti fino al 18 Maggio 1904. Gli ultimi metri vennero scavati dal solo fronte di Bohinj, e l’ultima carica fu fatta detonare dall’Arciduca Leopoldo Salvatore d’Asburgo-Lorena, il 31 Maggio 1904. Il Bohinjski predor, in esercizio dal Luglio 1906, è tuttora la più lunga galleria ferroviaria interamente in territorio sloveno, sebbene abbia oggi una lunghezza leggermente inferiore: alla fine

5. La Stazione di Bohinjska Bistrica, in prossimità del portale settentrionale 6. La perforatrice Siemens-Halske in una cartolina d’epoca. Un modello è conservato al Technisches Museum di Vienna

7A e 7B. Il portale settentrionale del tunnel di Bohinj nel 1906 e all’epoca del nostro sopralluogo

8. Un treno-navetta all’imbocco del portale meridionale del tunnel di Bohinj GALLERIE FERROVIARIE

della Seconda Guerra Mondiale, infatti, i soldati tedeschi in ritirata fecero saltare il monumentale portale settentrionale. Il tunnel fu ripristinato a singolo binario, pur mantenendo la sagoma originale per il doppio, e presenta ora un’estesa di 6.327,4 m (contro i 6.336 originali). Un servizio di treni navetta per i veicoli attivo tra Bohinjska Bistrica e Podbrdo - con alcuni prolungamenti a Most na Soči e Nova Gorica - consente di evitare l’ascesa ai 1.277 m del Bohinjsko sedlo. Sono passati 113 anni dall’inaugurazione del tunnel: la Slovenia ha celebrato sia il centenario del breakthrough - con una mostra fotografica - nel 2004, sia il primo secolo di esercizio, mentre nel Belpaese le ricorrenze sono passate pressoché inosservate. Wang Shu, primo Architetto cinese a vincere il Premio Pritzker, disse che “perdere il passato significa perdere il futuro”. Una simile opera di ingegneria, per di più realizzata anche da italiani e parzialmente in territorio italiano per oltre un quarto di secolo, avrebbe meritato di essere adeguatamente ricordata: ma il Bohinjski predor, o se preferite la galleria di Piedicolle, parrebbe essere un traforo dimenticato. n

Bibliografia

[1]. P. Petronio - “Transalpina. Die Wocheinerbahn. Bohinjska Proga. La linea di Wochein”, Trieste, Edizioni Italo Svevo, 1997. [2]. T. Budkovič - “Vzpon Bohinja pred Zatonom Avstro-ogrske”, 2004.

Giacomo Ceconi, un self-made man friulano

Uomo di umili origini, nacque nel 1833 a Pielungo (PN), in Val d’Arzino. Appena diciottenne si trasferì a Trieste dove iniziò a lavorare come assistente edile, frequentando nel contempo corsi serali e investendo i suoi primi guadagni in manuali di tecnologia costruttiva stradale, ferroviaria e civile. Ottenne in breve tempo la fiducia dei suoi capi e la qualifica di muratore. Nel 1857 si mise in proprio e partecipò alla costruzione della Südbahn tra Klagenfurt e Zagabria e del viadotto ferroviario di Borovnica. Nel 1865 ottenne alcuni appalti sulla linea del Brennero - erigendo tra l’altro le stazioni di Vipiteno, Colle Isarco, Brennero e Gries -, in Croazia e in Ungheria, sulle ferrovie Ödenburg-Sopron e Steinamanger-Szombathely. Poiché nel 1866 il Veneto e il Friuli Occidentale (e, conseguentemente Pielungo) furono annessi al Regno d’Italia, Ceconi per poter partecipare con la sua Impresa alle gare d’appalto dell’Impero Austro-Ungarico spostò la residenza a Gorizia, e nel 1879 gli fu concessa la cittadinanza austriaca, mettendo così a tacere le proteste che una certa imprenditoria asburgica aveva sollevato contro “il Costruttore straniero che prevaleva sui concorrenti”. Tra il 1869 e il 1879 realizzò le linee ferroviarie Kreuzstatten-Mislitz, Hrušovany nad Jevišovkou-Znojmo, PontebbaTarvisio e Regen-Zelezna Ruda, oltre alle stazioni di Fiume, San Pietro del Carso (Pivka), Pontafel (Pontebba) e Tarvisio. L’apice della fama come Costruttore ferroviario Ceconi lo raggiunse probabilmente negli anni successivi: il 23 Dicembre 1880, infatti, furono esaminate le offerte per il traforo dell’Arlberg (10.249 m). I lavori furono aggiudicati alle Imprese di Giacomo Ceconi per la parte orientale e dei fratelli Lapp per il tratto occidentale. Il tunnel doveva essere completato entro il 15 Agosto 1885, con una penale di 800 Fiorini per ogni giorno di ritardo. Orbene, il 25 Giugno 1881 era già stato scavato il primo chilometro; il 19 Novembre 1883 fu effettuato il breakthrough e il 14 Maggio 1884 fu posata l’ultima pietra. Il 20 Settembre 1884 fu inaugurata ufficialmente la tratta Landeck-Bludenz, quasi un anno in anticipo sulla scadenza prevista. Ceconi ricorse a molte innovazioni tecnologiche, soprattutto nel campo della sicurezza. Nel 1885 l’imperatore Francesco Giuseppe gli conferì il titolo di Nobile di Montececon. Alla fine dell’Ottocento, la sua Impresa era diventata un colosso dell’edilizia con cantieri sparsi in tutta Europa e annoverava circa 16.000 persone, molte delle quali provenienti dai suoi luoghi d’origine. Sono di questo periodo i lavori di ristrutturazione del porto di Trieste e di alcune baie in Sardegna. Non sorprende quindi che nei primi anni del nuovo secolo fosse chiamato a realizzare la galleria di Bohinj, completata tra l’altro con otto mesi di anticipo sui termini contrattuali. Nel frattempo, sostituendosi alle istituzioni, aveva anche realizzato una nuova strada tra la Val d’Arzino e Tolmezzo, valicando Sella Chianzutan. Lo stesso Ceconi predispose il progetto e il 18 Settembre 1889 fece esplodere la prima mina che aprì il varco alla nuova strada. Gli 11 km del tracciato furono inaugurati il 15 Novembre 1891 e Ceconi intitolò la strada alla Regina Margherita; il re Umberto I lo insignì del titolo di Conte della Corona d’Italia. Alla sua memoria sono state intitolate numerose vie e l’Istituto Professionale di Stato di Udine.