ANNO IX - NUMERO 17 - GIUGNO 2020

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I giorni tristi

Il vento

Questi giorni tristi che non finiscono mai. Molti cuori spezzati e tante lacrime negli occhi innocenti. C'è molto lutto, dolore, preghiere e speranza che oggi andrà bene e domani sarà migliore.

Nel componimento intitolato “L’assiuolo”, Giovanni Pascoli fa della voce onomatopeica “chiù” non la semplice riproduzione del canto di questo uccello notturno, ma l’incarnazione di un messaggio esistenziale: il suono cupo e inquietante, acuito dall’accento posto sull’ultima vocale, che oltretutto è una vocale chiusa, vuole rendere “musicalmente” la sensazione di un’atmosfera lugubre, angosciante, che preannuncia la morte, di cui l’assiolo stesso è presagio nella credenza popolare. La poesia che segue ricalca esattamente la forma metrica e ritmica de “L’assiuolo” e ne riprende l’idea dell’onomatopea portatrice di un significato che va oltre la parola stessa. La “voce” che qui parla – resa con il versicolo onomatopeico “fii” – è quella del vento, l’unico vero testimone della tragedia di cui l’umanità è vittima, perché è l’unico a poter liberamente vagare da un posto all’altro, senza limiti, ascoltando e portando con sé le angosce, le preoccupazioni e le paure di tante persone costrette in casa. Non solo, oltre che testimone è anche mediatore: tra l’essere umano e la Natura, che è totalmente indifferente alla sofferenza che le sta attorno e, “intatta”, cioè incontaminata, prosegue il proprio corso – i fiori sbocciano come ogni anno, anche se non c’è nessuno ad ammirarli – e tra l’essere umano e il Cielo, con cui dialoga per avere qualche parola di conforto da trasmettere. E questa parola consiste sempre nell’onomatopea “fii”, che solo alla fine rivela il suo vero significato.

Per fare due passi: lavarsi le mani, mascherine, guanti, tenersi a distanza, coprirsi la bocca se starnutiamo… Verrà presto il giorno in cui usciremo, incontreremo i nostri cari, per abbracciarci, per giocare, per comprare di nuovo, per andare al lavoro, forse per dire tante cose che non abbiamo detto prima. Troppa paura ha messo in noi questo maledetto virus. Ha preso tante vite, ma noi torneremo più forti di prima, perché la vita non si ferma mai.

Adela Dov’era l’Umano? Serena Natura lasciava l’inverno intatta da un mal che avvelena, e, ignara, procede all’Eterno; il vento soltanto diffonde un senso di angoscia fin qui, e, solo, al silenzio risponde: “Fii…” E' difficile parlare del tempo ha mille sfaccettature. D’intorno le strade deserte, C'è quello che vorremmo passasse velocemente, claustrali edifici in cemento: o si fermasse un po’ di anime si odono incerte C'è quello dei tempi con le trecce, lamenti portati dal vento, il tempo delle mele. che bussa agli stipiti muti, Verranno tempi migliori si dice. sperando che si aprano un dì, Specialmente nel tempo che stiamo vivendo ora. Ma che tempo! Piove, ma che tempo, fa troppo caldo! del Cielo invoca gli aiuti: “Fii…” Non siamo mai contenti. Ognuno lo vorrebbe a modo suo E dentro le case dormienti, per il proprio comodo. un brivido di ansia e paura Il tempo potrebbe essere un bel signore trapassa i cuori dolenti, che comanda il tempo secondo i suoi capricci, custodi nutriti di Cura; oppure uno scapestrato giovanotto ma il vento riporta dal Cielo che gioca con le nostre vite. un canto profeta così: Ma che idea! carezza di serico velo… Io che ho un bel po' di anni ricordo spesso “Fii…” il tempo passato e cerco di rendermi simpatica al futuro. Profeta di ciò che sarà, Sicuramente ho tralasciato altre sfumature, sussurra: “Fii… finirà!” se vi piacesse cercatele voi con pazienza. Federica Frigerio

Parliamo del tempo.

Angelica Maesani Il Paese 13


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