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Tempo di pausa e di cambiamento

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Scuola di scacchi

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Tempus tantum nostrum est”. “Soltanto il tempo è nostro”. Secondo Seneca il tempo è l’unico bene di cui l’essere umano può davvero vantare il possesso: si è padroni del proprio tempo nella misura in cui si sceglie liberamente come utilizzarlo, come sfruttarlo al meglio, fa- cendo delle proprie occupazioni opportunità sempre nuove per accrescere e maturare la propria esperienza di vita. Il tempo è un bene “pretiosissimum”, un dono gratui- to della natura, ma è proprio questa gratuità a fare più nascosto il suo vero valore, perché all’uomo il tempo appare come un qualcosa di naturale, che c’è di per sé e sempre ci sarà. In questo senso si potrebbe dire che il tempo semplice- mente “è”: è ciò che, nel proprio scorrere, garantisce l’esistere del genere umano in ogni istante presente e permette il cambiamento, la crescita. Non solo, il modo in cui si gestisce il tempo rivela molto del rapporto che ognuno di noi ha con la propria vita e con se stesso, tanto che potrei affermare, forse un po’ azzardatamente, che saper dare un senso al proprio tempo significa dare senso all’esistenza. In una società come questa, la quotidianità divora l’essere umano e lo bombarda attraverso una serie interminabile di proposte, stimoli, attività, tanto che, normalmente, lo scorrere del tempo diviene un qual- cosa di impercettibile, e spesso si desidererebbe averne di più, si vorrebbe che i giorni fossero più lunghi, per poter adempiere ad ogni dovere in modo adeguato, senza rinunciare a qualche momento di riposo. Ma quando il mondo esterno, con tutte le sue proposte, viene tolto, non si sa più che farsene di tutte quelle ore che compongono la giornata. Ecco allora che, davanti al tempo preso nella sua più scarna essenzialità, come puro scorrere di istanti, come divenire ancora privo di finalità, l’essere umano sprofonda in un terribile senso di angoscia e di vuoto.

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Possibile che in questo periodo di “isolamento” non siano tanto gli anziani, ma i ragazzi e i bambini – no- nostante non manchino loro stimoli quali compiti e studio, libri e tecnologie varie, anche per mantenere i contatti con gli amici – a rischiare di cadere in depres- sione a causa del distanziamento sociale? Premettendo che la situazione che siamo costretti a sopportare ora sia, senza dubbio, faticosa e innaturale, possibile che bastino due mesi a casa – provvisti di ogni comodità – per crollare? Possibile che tutto questo tempo, così tanto desiderato fino a qualche mese fa, ora venga visto solo come un enorme contenitore vuoto da riempire? È incredibile come, ossessionati da questo “horror vacui”, non si consideri questo momento di “pausa” come un’opportunità per riprendere fiato – non solo da un punto di vista concreto, ma direi, soprattutto, da un punto di vista interiore – e per pensare a tutte quelle attività edificanti per la persona, a cui magari la frenesia quotidiana non permette di dedicarsi. La tendenza non è sfruttare il tempo per fare qualcosa, ma fare qualcosa per impegnare il tempo… considerazione a dir poco inquietante, ma che può far emergere la condizione in cui si trova la società attuale: una società che ha impostato la propria “sopravvivenza” principalmente in funzione di una mondanità effimera, tanto piacevole e redditizia, quanto fragile e pronta a crollare in qualsiasi momento. È bastato un morbo invisibile per far collassare l’inte- ro sistema economico mondiale! Così come l’acqua versata in un contenitore apparen- temente intatto, infiltrandosi nelle fessure più piccole, fuoriesce, mettendo in luce la presenza di imperfe- zioni che a occhio nudo non si erano notate, anche questo virus sta testando la solidità del genere umano in tutti gli aspetti della vita, e da questa prova stanno emergendo non poche falle. Ma proprio qui sta la grande occasione che ci viene offerta: guai a voler tornare “come prima”, abbiamo l’opportunità di ricominciare tutto da zero, per fonda- re finalmente una società impostata su ciò che è davvero importante. Allora non sprechiamo questo tempo di “pausa” e permettiamo al senso di vuoto di lavorare dentro di noi, suscitando determinate domande per conoscere noi stessi, per capire cosa sia superfluo e cosa no, per ritornare all’essenziale e ritrovare la Sostanza. Angelica Maesani

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